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Autore: addictedtokenji    20/05/2013    3 recensioni
'Era una ragazza così carina, dolce e premurosa, e proprio non riuscivo a capire perché aveva avuto la pazza idea di ospitare un tipo come me nella sua, a parer suo, umile dimora.'
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chester Bennington, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                          Capitolo 3.


“Dopo che sentii la porta sbattere, piansi ancora di più. Non potevo essermi legata a Chester così fortemente in pochi giorni, non potevo. Pensai alla mia vita prima di incontrarlo; piansi. Michelle e Jacob.

‘Non devi pensarci. Più.’ Mormorai tra me e me.

Pensai a Chester e alla sua situazione, piansi. Perché quella sostanza doveva risucchiare anche lui? Jacob non le era bastato. No. Pretendeva anche Chester, ma io non glielo avrei permesso. Mi sarei comportata da ragazza matura, avrei dimenticato i ricordi, li avrei lasciati alle spalle per salvare una vita, che stava giocando davvero un ruolo importante, nella mia.
Uscii dal bagno per dirigermi vicino la tv, e girai le foto. Troppo dolore, non potevo versarne nuovamente. Non ne avevo più, ero vuota, vuota dentro. 

Mi sedetti sul divano: pensavo a dove sarebbe potuto essere Chester, a come mi ero comportata da bimba, a rintanarmi a piangere chiusa in bagno, e lasciarlo solo, per l’ennesima volta. Sarà stata l’ultima. Davvero. Non lo lascerò mai più solo. Sentii il campanello della porta bussare. Guardai dallo spioncino, e sì, era Chester. Aprii la porta, e mi sorrise mostrandomi fiero il gelato comprato.

‘Dovevamo scendere per prenderlo assieme…’ mi sorrise.

‘Scusami…’ Riuscii a sorridere tristemente.

‘No. Scusami tu, sono stato un idiota. Ti ho trattato malissimo, e me ne rendo conto.’ Mi disse con la mano destra testa in avanti. 

Mi scostai dalla porta per farlo passare, ma mi abbracciò. Mi stava abbracciando. Cosa significava quel gesto? Scusami non lo farò più? Aiuta un povero idiota? Riesci ancora a credere in me?

Ricambiai l’abbraccio e ci sedemmo felici sul tavolo da noi riordinato due ore fa per poterci gustare il nostro gelato. Chester alternava lo sguardo tra me e la mensola. 

‘Sei sposata?’ Mi chiese timido indicando le foto, girate.

Ecco. Lo sapevo. Andavamo a parare là. Lo avrei dovuto immaginare. 
Il pistacchio si era bloccato in gola e non riuscivo a respirare, iniziai a sentire lo stomaco indolenzito, le gambe tese e chiusi gli occhi per svariati secondi.

‘Scusa. Forse è meglio la domanda: ti piace più il cioccolato o l’amarena?’ 

‘No, scusa io. Devo imparare a parlarne… ma ancora non sono pronta.’ Rivelai.

‘Facciamo così…’ disse, per poi portarsi il cucchiaino pieno di cioccolato alla bocca. ‘Tu mi racconti della tua vita… ed io ti racconto la mia.’ Concluse.

Annuii, e ne approfittai per gustarmi un bel po’ di nocciola, prima di cominciare il ‘fantastico’ racconto.

‘Allora, sono nata e cresciuta in Italia fino all’età di tredici anni, precisamente ad Imola.’ Lui annuì.

‘Purtroppo mia madre morì per cancro quando io avevo quattordici anni, così , io e mio padre decidemmo di trasferirci qui, a Phoenix, negli Stati Uniti.’ Continuò ad annuire, era curioso, ed aveva uno sguardo triste.

‘Crescevo con lui, fin quando non incontrai Jacob, il ragazzo che vedi con me in fotografia.’ Aggiunsi.

‘Con lui ebbi una bambina, Michelle, che morì all’età di tre anni per un tumore. Da quel giorno, io e Jacob non fummo più gli stessi. Lui iniziò a farsi. Io, invece, fortunatamente tornavo tardi a casa a causa del lavoro e sapevo come… beh, come distrarmi, mentre lui era davvero in pessime condizioni; così un giorno, quando rientrai a casa, notai che la droga aveva risucchiato nel suo tunnel anche mio marito, dal quale però non uscì più. Per sempre.’ Conclusi.

Mi guardò triste, e mi strinse la mano. Era un racconto che sì, con il mio sguardo ed i miei singhiozzi, riusciva ad intenerire perfino un tossicodipendente.”




 
“Non riuscivo a credere alle parole che mi aveva detto. In tutta la sua vita aveva perso la madre, il compagno e la figlia, ma nonostante tutto riusciva ancora a sorridere. Come faceva? L’ammiravo per questo, era una ragazza forte. L’abbracciai nuovamente, mentre lei iniziava a piangere. Nascose il suo viso nel mio collo e rimanemmo così per molti minuti. Le asciugai le lacrime con le dita della mano e la baciai in fronte. Mi sorrise tristemente. 

‘Ora tu devi raccontarmi la tua, però, di storia.’ Mi disse in maniera tenera.

‘Beh, okay.’ Sospirai. ‘Che ne dici se ne parliamo giù, mentre passeggiamo?’ Aggiunsi sorridendo.

Mi annuì felice, e ripose il gelato nel freezer, per poi prendere la giacca e dirigersi verso la porta, assieme a me. Il calore del sole era tiepido; si stava abbastanza bene. Camminammo per un po’ per la calda, ma non troppo, Phoenix. 

‘Beh, allora?’ Mi domandò. 

‘Mmh, da dove posso iniziare? La mia vita non è travagliata come la tua… te lo dico.’ Iniziai così. Lei mi annuì.

‘Sono nato e cresciuto qui a Phoenix con i miei genitori. Quando ero piccolo, mio padre se ne andò di casa, e non ebbi più sue notizie. Mia madre era diventata depressa e non mangiava; tornava tardi dal lavoro e non aveva tempo per me e mio fratello. Così, sono cresciuto in questo ambiente familiare, in questa tensione; dove il nostro legame era sempre ciondolante su di un filo, che ognuno di noi poteva sgarrare con la minima cazzata. E così feci io. Me ne andai di casa. Conobbi una ragazza, Elka, con la quale ebbi un figlio. Ero un ventenne e mi sentivo immaturo, così abbandonai sia lui, che lei; ancora non riesco a credere a ciò che ho fatto. Lei mi chiedeva i soldi, io non li avevo; non avevo un lavoro per mantenere me stesso, figuriamoci altre due persone. Iniziai a dormire in macchina, poiché l’affitto della casa si stava facendo sempre più costoso. E beh, questo è uno dei motivi principali per cui ora sono in queste condizioni.’ Dissi.

Mi aveva guardato con compassione per tutto il tempo; il suo sguardo era perso nei miei occhi e ci guardavamo come se fossimo stati entrambi privati di un dono prezioso: la felicità.

‘E l’altro dei motivi?’ Mi domandò, mentre si guardava le punte delle scarpe.

‘E’ ancora presto per parlarne, ma saprai tutto.’ Confessai, lei annuì.

‘Voglio aiutarti.’ Mi disse secca. 

‘Come fai?’

‘Il ragazzo di una conoscente del ragazzo di Anne, una mia carissima amica, lavora in centri di riabilitazione.’ Si fermò un attimo. ‘Magari potrei chiedere informazioni.’ Mi disse sorridendo.

‘Non entrerò mai in un centro di riabilitazione, Alessandra.’ Rivelai serio.

‘Perché allora chiedi di essere aiutato, se sei così testardo?’ Rise.

‘Voglio essere aiutato, beh, da persone, che… so di cui, come dire, potermi fidare.’ Dissi.

‘Ah, e sentiamo, io entro in quella categoria?’ Mi chiese portandosi le mani ai fianchi.

‘Sì.’ Dissi in maniera semplice.

Camminammo ancora per un breve tratto di strada. Le vie di Phoenix erano abbastanza affollate, specialmente di pomeriggio. 
Ci sedemmo su una panchina di un piccolo parco, a guardare i bambini giocare ed i cani correre liberi.
Ale aveva uno sguardo triste, soprattutto verso i bimbi che ridevano spensierati. Sorrise tristemente senza distogliere loro lo sguardo.

‘Come fai?’ Le domandai.

‘A fare cosa?’ Mi chiese appoggiando la testa alla mia spalla. 

‘Ad essere così forte.’ 

‘Devi solo comprendere le conseguenze di una tua determinata azione.’ Mi disse. ‘Se ti fai, sai che morirai di overdose, prima o poi. Questo è un buon motivo per smettere, no?’ Aggiunse, socchiudendo gli occhi. Non risposi.

Era dannatamente bella, avrei voluto starle vicino per sempre, rimanere in questa posizione in eterno. 
Vedevo i suoi occhi chiudersi delicatamente, e la sua sottile bocca inarcarsi in un leggero sorriso. 
Avrei voluto uscire da quella dipendenza, essere un uomo libero, come quel cane che ora scodinzola felice vicino al padrone. Ma, purtroppo non lo ero. 
Dovevo imporre a me stesso questo obiettivo: uscirne. 
Ma come? 
L’amore che provavo per Ale era fortissimo, e credo che, unito alla mia volontà, avrebbe sconfitto perfettamente questi stimoli, che mi stavano riducendo ad una totale merda ambulante.”
 

______________________________________

Buonasera gente, come state?
Prima di tutto, vorrei iniziare col dire che questo capitolo mi è abbastanza piaciuto, soprattutto mentre lo scrivevo.
Ora avete scoperto il passato di Alessandra, auhauhauha, e nel prossimo capitolo ci sarà, ahimè, una brutta sorpresa.
MA VEDRETE CHE SI RISOLVERA' TUTTO. *fate come se non ho detto niente*
Detto questo, avete sentito la notizia di Chester negli STP? 
Aw, ci sono rimasta abbastanza male, ma sono contenta per lui, in fondo, era il suo sogno questo, e sono contenta se 
è riuscito a realizzarlo. :3
Credo di aver detto tutto, ah, dimenticavo la cosa più importante: grazie a tutte voi che mi recensite, perché mi fate felicissima, asdfghkl.
Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, 
rage&love.
Ciao!
  
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