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Autore: rossella93    21/05/2013    0 recensioni
Nel mondo in cui vive la principessa Daphne gli dei, i vampiri e i lupi mannari non sono leggende ma realtà. Lei appartiene alla grande stirpe delle pantere, il cui sangue è considerato il più sacro di tutte le creature soprannaturali, in grado di guarire e dare la forza. Dopo che la tribù delle pantere della Francia è stata completamente sterminata dai Ribelli, i licantropi più temuti al mondo, Daphne scappa insieme a Lydia, la sua serva e all'umano che era stato catturato dalle pantere per il rito del concepimento. Il suo intento è raggiungere l'ultima tribù di pantere risiedenti in Grecia, la terra sacra, e unirsi a loro per continuare una stirpe che sta ormai per estinguersi. Ma lei non sa che i ribelli sono sulle sue tracce poichè Ade, il grande dio degli inferi, li ha assoldati per rapirla.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano passate due settimane e Daphne non era mai uscita dalle sue stanze. Era ansiosa di sapere come stesse Lydia, ma se l'avesse chiesto alla madre si sarebbe nuovamente infuriata con lei poiché era una principessa, non era di suo interesse lo stato di salute di una delle serve, anche se aveva messo a rischio la sua vita per lei.
Andava avanti e indietro nella sua stanza tutto il giorno. Pensava alla volontà della regina di renderla madre per responsabilizzarla. Daphne era furiosa, considerava la legge del rito una barbaria.
Scegliere un povero umano e sottoporlo all'accoppiamento contro la sua volontà per poi martoriare il suo corpo e sacrificarlo a Zeus, sperando che un giorno le perdoni per il torto subito in passato.
Ma non c'era modo di evitarlo, doveva sottostare alla volontà della madre senza discutere. Aveva commesso un grave errore ed era giusto che rimediasse.
Finalmente si decise ad aprire la tenda e spalancò gli occhi per ciò che vide.
Le foglie degli alberi erano rinsecchite, i fiori appassiti e i sentieri innevati, eppure la primavera era arrivata già da molto.
Il canto degli uccelli era cessato e le temperature supponeva si fossero abbassate, anche se essendo la sua temperatura corporea alta non se ne era resa conto.
Daphne sapeva che la dea Persefone era sulla terra per circa sei mesi l'anno per far germogliare i suoi frutti e allora perché stava accadendo il processo inverso?
Vide quattro donne del corpo di guardia della regina guidare un carro con dietro una prigione di legno.
Daphne si spostò per poter guardare meglio e vide un uomo.
Aveva i capelli biondi un po' arruffati, gli occhi le sembravano chiari anche se non riusciva a capire di colore, ma l'abbigliamento fu quello che la colpì.
La piccola principessa non aveva idea di come dovesse vestirsi un uomo poiché la loro specie era di sole donne, ma era sicura che l'abbigliamento dello straniero non fosse del tutto usuale.
Portava dei pantaloni neri di pelle con una camicia rosso acceso, e un fazzoletto nero legato al collo.
Ogni tanto dalla gabbia urlava di voler uscire ma le guardie lo ignoravano.
Inaspettatamente alzò lo sguardo e guardò verso di lei, Daphne fu colta alla sprovvista e il suo cuore iniziò a battere all'impazzata, tuttavia non si mosse di un passo. Lo straniero fece una sorta di inchino come segno di rispetto ma lei non reagì, era paralizzata lì accanto alla tenda e seguì tutto il tragitto del carro fino alla grande entrata.
Chiuse le tende di colpo, aveva visto già troppo. Era meglio non affezionarsi a quell' umano visto che presto sarebbe morto.
Due giorni più tardi una serva venne a bussare alla sua porta.
— La regina vi attende nella sala grande mia signora —
Seguì la serva nella sala grande e vi trovò la regina intenta a consumare la colazione.
— Siediti — le ordinò continuando a consumare il suo pasto.
La principessa non se lo fece ripetere due volte. — Il tuo momento è arrivato, presto il rito avrà luogo e tu dovrai essere pronta. — la informò la regina. — Nel caso non ti ricordassi il codice — proseguì con leggera provocazione — per dieci giorni dovrai consumare carne ovina a ogni ora dei pasti, così potrai essere più fertile il giorno del concepimento. Tuttavia ti è severamente vietato vedere l'umano. —
— Quando sarà il giorno? — chiese Daphne ansiosa.
— Ho riunito il consiglio e abbiamo ritenuto il giorno 15 il più favorevole. — concluse la regina. Ora continuava a consumare la propria colazione senza degnarle più attenzione, segno che la conversazione era conclusa.
Daphne si diresse nuovamente verso le sue stanze con gli occhi lucidi, senza accorgersi dello sguardo preoccupato della regina che l'aveva seguita fin fuori la sala.
 
Il giorno della vigilia del rito Daphne era irrequieta. Le batteva forte il cuore e non riusciva a stare ferma.
Mise da parte il suo orgoglio e uscì dal palazzo per respirare un po' d'aria.
Indossava un semplice abito bianco di cotone che le lasciava le braccia e le spalle scoperte, molto simili agli abiti che indossavano le donne greche dell'antichità. Nonostante il freddo pungente non sentiva il minimo bisogno di coprirsi.
Il bosco questa volta era addirittura innevato, ogni pianta o fiore del giardino era morto.
Era chiaro che era accaduto qualcosa di tanto grave da far ritornare la dea Persefone negli Inferi.
Tolse le scarpe e proseguì la propria passeggiata affondando i piedi nella neve. Era una sensazione fresca e rilassante.
Poi però notò delle tracce di piedi umani che la incuriosirono e le seguì. Finivano vicino al grande cancello di ferro dove delle tracce di zampe proseguivano fin dentro il bosco.
Non capiva perché mai una pantera doveva recarsi al di fuori del palazzo se non per cacciare.
Forse la regina aveva mandato qualcuno a procurare nuove provviste nel caso il freddo durasse a lungo.
Daphne decise che non era il caso di preoccuparsi e continuò la sua passeggiata nel giardino.
Dopo essersi rilassata abbastanza entrò nuovamente nel palazzo quando sentì la voce del prigioniero rinchiuso nelle celle sotterranee.
— Dannazione! Ci mancava solo che fossi imprigionato da un branco di svitate! Dietro a tutto questo ci sarà sicuramente quel bastardo di Red Jack! Dannazione, dannazione e ancora dannazione! — tuonò con rabbia.
La sua voce s'insinuò con forza nella sua mente, come se qualcuno le stesse urlando forte nei timpani. Si allontanò di corsa verso la sua stanza non sopportando un attimo di più quel frastuono.
— Mi chiedo come facciano le donne di guardia a sopportare le sue urla tutto il giorno — pensò ammirando quelle povere donne per la loro resistenza.
Si stese sul letto aspettando che il suo destino si compiesse, ormai era inutile sperare che il giorno seguente non arrivasse.
 
La notte la principessa dormì ben poco, facendo strani sogni di donne primitive che giravano attorno al fuoco invocando il loro dio.
La mattina non mangiò nulla a colazione e in men che non si dica le lancetta dell'orologio segnavano già le sedici pomeridiane.
Una serva la condusse nella stanza delle spose. Lì ogni pantera si preparava per il grande evento. In ogni angolo c'era una statua di Zeus con due pantere ai suoi piedi che ricordava a ogni sposa lo scopo per cui dovevano procrearsi.
La regina così come ogni pantera era convinta che il signore degli dei un giorno le avrebbe perdonate, che non tutto era perduto, dovevano continuare a procrearsi e aspettare il grande giorno.
— Venite, mia signora. Sedetevi qui e non vi muovete. Clara, Letty! Chiamò con un battito di mani — venite qui! La principessa deve essere pronta in meno di due ore. — ordinò con fermezza.
Le due serve iniziarono ad aggiustarle i capelli in lunghi boccoli che scendevano morbidi sulla schiena e a truccarle leggermente il viso.
— Permettetemi di dirvi mia signora che avete un viso incantevole — le disse Clara con tenerezza. Aveva più o meno la sua stessa età e anche lei l'anno prima si era sottoposta al rito.
Daphne la osservò e non notava tracce di infelicità sul suo volto. E allora perché a lei sembrava che la sua vita stesse finendo? Avrebbe voluto aspettare qualche anno in più per potersi divertire ancora senza avere la responsabilità di una figlia, non era ancora pronta a compiere quel grande passo.
Una lacrima scese lentamente sul suo viso rovinando il trucco appena applicato.
— Mia signora perché piangete? Capisco che per voi è un giorno importante ma non dovete preoccuparvi. — la consolò Clara sistemando il trucco sciolto — presto vi ritroverete una bella cucciolotta da accudire. —
A quelle parole Daphne pianse ancora facendo sciogliere nuovamente il trucco da poco aggiustato con tanta cura.
 
Intanto in una regione selvaggia della Croazia vi era un grande castello, che da oltre settecento anni era la sede dei licantropi più temuti al mondo.
Non sottostavano alle leggi della loro razza e per questo erano soprannominati i "I ribelli"
Erano temuti dai popoli confinanti ogni qualvolta vi era la luna piena poiché in quei giorni andavano a caccia per nutrirsi delle giovani vergini.
Gli altri licantropi li consideravano solo dei selvaggi e anni prima avevano anche dichiarato guerra, ma dopo decine e decine di morti decisero di battere ritirata.
Nessuno era mai riuscito a sconfiggerli e per questo Ade aveva deciso di assoldare proprio loro per la missione.
— Stasera i nostri attaccheranno, sire. — Igor era inginocchiato ai piedi del capo dei ribelli. — grazie a delle informazioni sicure siamo riusciti a scovare il luogo. —
— Molto bene Igor. — gli occhi del sire si illuminarono di una luce sinistra — una volta conclusa la missione il nostro piano si compierà e il mondo sarà nostro — concluse con un ghigno sardonico.
Igor rise anche lui come se qualcuno gli avesse appena raccontato una cosa divertente, nella sua stupidità non aveva ben capito il piano del sire ma sperava che i ribelli andati in missioni gli conservassero un po' di sangue.
 
Il rito era iniziato, l'oscurità era calata e Daphne se ne stava seduta accanto alla regina nel suo abito bianco come la sua purezza, ad aspettare che l'umano fosse legato a terra sui tronchi di legno dove sarebbe avvenuto il concepimento.
Un fuoco era stato acceso al centro del grande cortile, i tamburi suonavano una lenta musica tribale e cinque pantere giravano lentamente attorno al fuoco.
Lanciò uno sguardo spaventato alla madre che per la prima volta non la fissava con severità.
— Non temere, sentirai un lieve dolore ma presto passerà. — la rassicurò con dolcezza prendendole la mano.
— Madre, io non sono sicura di essere capace di crescere una figlia. Non sono ancora pronta. — la voce di Daphne era terrorizzata.
La madre abbandonò la dolcezza di poco prima e ritornò a essere la regina gelida che lei conosceva fin troppo bene.
— Non dimenticare che quando avevo la tua età tu eri già nata. Anche io ero spaventata dall'idea di avere una figlia, non avevo una madre o qualcuno che mi aiutasse. Ho impiegato tutte le mie energie per crescerti a dovere e ora devi dimostrarmi che non ho fallito. — Questa volta la voce della madre era più una supplica che un ordine.
Daphne la fissò e per la prima volta la vedeva per quello che era realmente, una donna sola che aveva sofferto e che avevo deciso di mascherare le sue debolezze con la freddezza.
Non poteva deluderla, sentiva di provare ammirazione per quella grande donna, doveva dimostrarsi forte e fiera proprio come lei.
Si alzò dal trono sentendo l'impulso di abbracciarla.
La regina si sorprese di quel gesto e lo apprezzò. — Ora però siediti, questo non è il luogo adatto. — le sussurrò dolcemente all'orecchio ritirandosi dall'abbraccio.
I tamburi iniziarono a suonare più velocemente e una specie di zattera con sopra legato l'umano avanzava lentamente tra la fila di donne ormai tutte mutate in pantere.
— È solo un brutto sogno, è solo un brutto sogno, è solo un brutto sogno. — Daphne riusciva a sentire debolmente la voce dell'uomo al di sopra dei tamburi — presto arriverà Margot e mi dirà che devo alzarmi per sistemare il letto! — poi guardò stralunato le belve — Spero di non essere il loro pasto! —
L'umano fu delicatamente poggiato a terra e la principessa vide che guardava le pantere con aria terrorizzata.
— Gesù so di non essere stato un buon fedele, ma ti prego salvami! Non farmi sbranare da queste bestiacce. Giuro che diventerò un uomo rispettabile, che non barerò più e che troverò un lavoro onesto, ma ti prego salvami! — continuava a ripetere l'uomo, tuttavia Daphne non vedeva le sue labbra muoversi, probabilmente perché era troppo buio.
La regina, abbandonato il suo trono, avanzava lentamente con il suo passo regale verso il sacrificio.
— O Zeus, re di tutti gli dei, che risiedi in alto sull'Olimpo, ti preghiamo di ascoltarci e di accettare questo nostro sacrificio. — lo invocò a voce alta così che tutte potessero sentirla. — Dacci l'opportunità di sottostare ancora vicino ai tuoi candidi piedi e allevierai così la nostra pena. —
Al termine della preghiera tutte le pantere ruggirono e i tamburi si alternavano alle voci del coro.
La regina ora guardava la figlia avanzare anche lei verso l'uomo, ma qualcuno interruppe la procedura.
— Che povere illuse — una voce maschile irruppe nel cortile — credete davvero che uccidendo quel povero essere possiate tornare di nuovo dal vostro dio. Ah ah ah ah non ho mai visto nulla di più ridicolo in vita mia! —
— Chi sei tu? — urlò la regina. — Come sei arrivato qui? —
L'uomo continuava a sorridere beffardo e a camminare tra le pantere senza il minimo terrore, fino a porsi accanto a Sylas, la serva frustata l'anno prima per la sua impertinenza.
— Calmati mia regina, sono venuto a prendere la mia dolce colomba. — Si giustificò stringendo con un braccio la serva, come fosse sua proprietà.
La regina guardava con occhi interrogativi Sylas che a sua volta rispose — Sì, mia regina. Questa notte abbandonerò il branco per fuggire con lui, noi ci amiamo! — questa volta la serva non ebbe il minimo timore di guardarla negli occhi. Ancora ricordava delle 200 frustate sulla sua candida schiena per aver guardato con impertinenza la regina, anche se molte avevano ritenuto quel gesto estremo, poiché correva l'anno 1897 e durante i 6000 anni trascorsi i popoli erano andati sempre più civilizzandosi, ma la loro stirpe aveva preferito conservare le antiche tradizioni.
Questo era il momento giusto per vendicarsi.
"Vi sbranerò tutte, una a una." disse l'uomo, ma nessuno sembrava aver udito poiché ognuno non mosse un passo.
Daphne guardò perplessa la madre e a quanto pare anche lei sembrava far finta di non aver udito.
— Mi dispiace per te umano. Ma qui quelli della tua razza non sono ammessi, dobbiamo ucciderti! Riguardo a te Sylas sarai condannata a morte per aver rivelato a un umano il nostro nascondiglio — fu la sentenza della regina.
"Uccidere, uccidere. " "Mi nutrirò del loro sangue" "Prometto che verrò tutte le domeniche a messa!"
Tutte queste voci s'insinuarono nella testa di Daphne, senza capire da dove provenissero. Cercava di fermarle ma aumentavano sempre di più. "Il mondo sarà nostro!" "Quando dà il segnale quel babbeo" ma nessuno sembrava udirle. Forse l'emozione le giocava brutti scherzi.
— È qui che ti sbagli, sarai tu a morire questa volta! — proseguì l'uomo, con sguardo crudele.
"Uccidere, uccidere, uccidere!" "Diventerò il lupo più forte dopo aver bevuto il loro sangue!" "Prometto che non toccherò più una donna!"
— È un lupo, madre! — urlò la principessa ma era troppo tardi.
I licantropi uscirono dal loro nascondiglio e attaccarono le pantere.
Daphne era paralizzata, la scena davanti ai suoi occhi non le sembrava reale.
Molte pantere, essendo pacifiche e non abituate a combattere, morirono all'istante.
Uno dei lupi corse verso la sua direzione per attaccarla ma la regina, avvistato il pericolo, si lanciò per fare da scudo alla figlia, lasciando che il lupo affondasse le sue fauci nella sua gola.
La principessa fuggì in lacrime di fronte a quella scena straziante.
Si rinchiuse nel palazzo, non sapendo cosa fare quando si ricordò di Lydia. La serva, ancora debole, era stata rinchiusa nelle sue stanze finché il giorno della punizione non sarebbe arrivato.
Era arrivato il momento di estinguere il suo debito con lei, aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per salvarle la vita.
Corse per le scale non facendo caso agli oggetti che cadevano al suo passaggio. Quando aprì la porta della sua stanza la trovò tremante accanto alla finestra.
— M-mia signora, ma cosa è successo! C-come è possibile! — la sua voce era rotta dal pianto, anche lei era incredula per ciò che stava accadendo, nessuno se lo aspettava.
— Lydia ora non c'è tempo per le spiegazioni, dobbiamo trovare il modo di fuggire. Siamo state attaccate da un branco di lupi, non so come ci abbiano trovato ma suppongo ci sia lo zampino di Sylas. Sono assetati del nostro sangue. Dobbiamo trovare il modo di arrivare nella foresta senza che ci scoprano! —
Daphne era meravigliata dalla sua voce fredda e distaccata, ma doveva assolutamente fuggire da quel posto.
Ripensò alla madre che aveva sacrificato la sua vita per lei, di sicuro il più grande gesto d'amore che le aveva dimostrato.
Ora voleva che quel gesto non fosse stato inutile, doveva salvarsi al più presto, doveva farlo per lei.
Fuggirono verso l'entrata ma la porta fu spalancata da tre lupi. Daphne e Lydia si nascosero dietro una colonna sperando di non essere viste.
— Principessa — la chiamò una voce con fare cantilenante. — Principessa, è inutile che ti nascondi, sappiamo che sei qui. — proseguì con voce calma — Sento il tuo odore. — e fiutò l'aria così come gli altri due lupi ritornati umani.
"Dove diavolo è quella puttanella, se non la trovo lui si arrabbierà!" questa volta la voce penetrò violentemente nei timpani di Daphne, proprio come era successo il giorno prima con l'umano.
— Ehi capo, credo di averla trovata! —
Un uomo alto almeno due metri si parò davanti alle due pantere completamente nudo bloccando loro il passaggio. Era calvo con occhi spietati, i suoi denti d'argento erano ancora macchiati del sangue delle pantere che aveva ucciso e Daphne non stentava a credere che presto non avrebbe avuto pietà a uccidere anche loro.
"Ma che bel bocconcino, peccato che non possa mangiarla!" anche se Daphne aveva udito la sua voce le sue labbra non si erano mosse minimamente.
Pensava alla sua tribù perduta per sempre a causa di quegli animali e dentro di sé la rabbia aumentò sempre di più, fino a spingerla a mordere il braccio e dare un calcio nello stinco dell'uomo dai denti d'argento.
— Presto Lydia, scappiamo! —
Le due pantere approfittarono della distrazione dei lupi e scapparono verso l'uscita. Gli altri due uomini non appena le videro mutarono il loro aspetto e partirono al loro inseguimento.
La principessa e la sua serva bloccarono la porta d'entrata con un asse di legno, sperando di riuscire almeno a rallentare i loro nemici.
Corsero più veloce che potevano versi i cancelli, poiché una volta oltrepassati scappare nella foresta sarebbe stato molto più semplice.
— Aspetta! — gridò un uomo — Ti prego, aiutami! — continuò, poiché Daphne non accennava a fermarsi.
Questa volta riconobbe la voce dell'umano e si voltò a guardarlo. Lo vide sbucare da dietro un cespuglio, cercando di non essere visto dai licantropi.
La principessa alzò lo sguardo alle finestre della fortezza e dietro le tende scorse lo sguardo di tre lupi intenti a guardarli. Presto ruppero i vetri e uno alla volta si lanciarono nel vuoto per ucciderle.
— Sbrigati! — urlò Daphne ma sapeva che non avrebbe mai fatto in tempo a raggiungerle, quindi corse verso di lui. — Quando mi sarò trasformata salta su di me e aggrappati forte! — gli intimò una volta raggiunto.
L'umano seguì le sue istruzioni e salì a cavalcioni su di lei, aggrappandosi alla sua schiena.
Un enorme lupo nero interruppe la loro fuga. Si scagliò su Lydia con l'intento di ucciderla ma con stupore di Daphne e l'umano, fu la serva a ferire il lupo.
Oltrepassarono i cancelli e fuggirono nel bosco. Una puzza di fumò le investì e le due pantere si voltarono giusto in tempo per vedere la loro fortezza andare a fuoco e sentire i licantropi ululare fieri della vittoria.
Continuarono a fuggire con la tristezza nel cuore, sperando di riuscire a trovare il modo di sopravvivere.
 
— Ehi, capo! Abbiamo trovato Gabor, è stato ferito dalle due pantere scappate! — urlò l'uomo calvo con i denti d'argento.
— Non preoccuparti Vlado, il bosco è grande e dubito che sopravvivranno per molto! — Goran, il licantropo più forte di tutti, pronunciò le sue parole con perfetta calma. Era proprio quello che più spaventava di lui, anche dinanzi al pericolo non mostrava il minimo accenno di preoccupazione.
— Se non troviamo un modo per curarlo, presto morirà. Ha perso troppo sangue! — continuò Vlado.
Lo sguardo spietato di Goran si spostò su Sylas, la pantera che aveva rivelato il nascondiglio ai lupi.
— Presto si riprenderà, ne sono certo. — le parole furono pronunciate quasi come un sussurro. I suoi occhi ora erano intenti a guardare la sua amata, ma non con fame come gli altri licantropi. No, era perfettamente in grado di gestirla. La guardava per la prima volta con crudeltà.
Sylas capì le sue intenzioni e iniziò a piangere e a urlare — No, ti prego. Non farlo, avevi promesso che non l'avresti fatto. Avevi promesso che sarei stata al tuo fianco! Ti prego, non uccidermi!"
Goran si avvicinò lentamente a lei e la fissò — Mia dolce colomba. — la zittì — non posso darti torto, avevo promesso che se mi avessi rivelato il luogo in cui si trovava la fortezza ti avrei risparmiata, è vero. Tuttavia — proseguì con il suo solito tono pacato — uno dei miei uomini sta morendo e il tuo sangue è l'unico che può salvarlo. — Sylas pianse più forte e Goran le accarezzò dolcemente il mento con la mano. — Mi dispiace mia dolce colomba, ma la vita dei miei uomini è molto più preziosa. Uccidetela. — Più che un ordine fu quasi un sospiro. Tolse la mano e non la degnò più di uno sguardo. Ignorando le sue urla isteriche, si diresse in cortile seguito da Vlado.
— Ehi capo. Però non ho ancora ben capito, se il sire vuole la principessa viva, dovremmo andare nel bosco e cercarla. Altrimenti morirà! —
Il licantropo si girò lentamente e per la prima volta nei suoi occhi apparve la furia, ma ben presto la fece sparire — Ti risulta che io abbia mai fallito? —
— N-no capo, certo che no! —

— Bene, il sire vuole la principessa? E allora la avrà! Dovessi cercarla in ogni luogo della terra! —
  
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