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Autore: F_Morgana    21/05/2013    1 recensioni
Dopo la fine della serie un possibile continuo.
"Artù rinascerà. Ma un'ultima grande sfida è in serbo per lui. Un ultima sfida che segnerà o il suo totale trionfo o la sua definitiva distruzione."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Morgana, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Capitolo 10

Morgana guardava Sarah dormire sul letto e ripensava a ciò che era accaduto poco prima.
La ragazza era arrivata correndo, disperata, e con il volto graffiato per la traversata nella foresta. Quando aveva sbattuto la porta, sconvolta, inizialmente la strega era stata trionfante ma vedendo il suo dolore… le era dispiaciuto averla fatta soffrire così tanto. Ma era stato necessario.
Improvvisamente Sarah si mosse e pian piano apri gli occhi, ancora gonfi e arrossati per il pianto. Strega e ragazza si guardarono, incerte sul cosa dire o fare. La donna provò ad offrire un bicchier d'acqua alla sua ospite ma questa sembrava non essere presente. Tutto era immobile e fermo, come se il tempo si fosse rallentato e il silenzio avesse preso potere sul mondo, quando improvvisamente, Sarah abbracciò Morgana, di slancio, bisognosa di un conforto di qualsiasi tipo.
La sacerdotessa restò rigida e fredda come un ghiacciolo: un abbraccio… da quanto tempo era che non si sentiva stringere così. Da quanto tempo che non sentiva un abbraccio sincero, caldo, morbido… si staccò deliacamente dalla ragazza, turbata da quel contatto, e le domandò come stava.
- Bene – rispose lei e dopo una pausa aggiunse -Fisicamente…
Morgana scrutò quel volto stravolto dal dolore e sentì per la prima volta in tanti anni il morso dei sensi di colpa. Quella ragazza le ricordava se stessa e non avrebbe voluto farla soffrire gratuitamente… “Basta” si impose “era necessario e quello che è fatto è fatto”.
- Non ti preoccupare – provò a consolarla – avremo la nostra vendetta. È questo che vuoi dopo tutto, no?
Sarah la guardò… vendetta, omicidio… non poteva… pensò poi a quello schizzo rosso, a Artù che senza troppi problemi impugnava la spada e…
- Si, è tutto ciò che chiedo: vendetta.
Morgana abbozzò un sorriso: era ora di passare all’azione.


Morgana si guardò intorno: tutto iniziava di nuovo. Odiava fare quello a cui stava andando in contro ma non c’era scelta. Aveva funzionato con Helios, aveva funzionato con Odin… tutti gli uomini erano uguali e anche Lot alla fine avrebbe ceduto. Avanzò nella notte fino a raggiungere la grata che cercava. Guardò l’immenso castello del re delle Orcadi: non era come quello di Camelot, bianco e maestoso, era massiccio, scuro, quasi maligno. Un perfetto ritratto del suo signore.
Si concentrò un secondo sulla grata e questa saltò in aria, come una piuma al vento. Entrò silenziosa e furtiva nel castello e seguì il percorso che ormai aveva imparato. Era da settimane che frequentava Lot, settimane che aveva piantato nella mente del re l’idea di attaccare Camelot, settimana che gli negava ciò che lui voleva… ma quella sera era diverso. Quella sera lei sarebbe andata da lui. Attraversò i corridoi fino a giungere alle stanze del sovrano. La porta era chiusa ma alla strega bastò una parola per far scattare i cardini. Entrò e si trovò davanti un Lot alquanto stupito.
- Morgana cosa diavolo ci fai nelle mie stanze a quest’ora?
- Oh… Lot… Non mi conosci ancora? Affari.
Il re restò immobile qualche altro secondo ma poi si riscosse dalla sorpresa, chiamò una serva e le fece portare del vino.
Pochi minuti dopo Morgana sedeva accanto al sovrano, che le domandò subito il motivo della sua visita.
- Niente di che Lot, sono venuta dirti solo poche parole: prepara l’esercito.
- Morgana, Morgana… Sei così testarda. Te l’ho ripetuto tante volte… senza certezze attaccare Camelot sarebbe un suicidio…
- Ma noi abbiamo certezze - puntualizzò la strega.
L’attenzione del sovrano si destò.
- Non posso divulgarmi troppo, il tempo non è molto, ma ti dico solo che il Destino si è voltato a nostro favore.
- Morgana non provare a mentirmi solo per convincermi…
- Lo giuro sull’Isola dei Beati stessa.
I dubbi del re si dissiparono in parte; una sacerdotessa del suo rango non avrebbe mai osato mentire su certe cose e l’Isola dei Beati era una di queste, ma ancora non era sicuro delle parole della strega.
- Bene. Potresti dirmi cosa ha fatto il Destino per favorirci?
- Per parlare la tua lingua Lot… diciamo che ci ha dato un arma.
Il re guardò Morgana combattuto, l’idea di riuscire a sottomettere Camelot…
- E quanto sarebbe alta la potenza di quest’… “arma”?
- Abbastanza da uccidere Artù stesso.
- Non saprei…
- Andiamo… tutto a un tratto il coraggio ti è scappato come un topolino di fronte a un lupo famelico?- proseguì poi con voce suadente – Pensa… oro, potere, rispetto, onore… la testa del re che tanto ti ha dato da fare in passato… io te le potrei garantire con certezza. Ne abbiamo parlato così tante volte…
Il sovrano fremette. La sacerdotessa capì che iniziava a cedere.
- Bene cara la mia Morgana – rispose – ma da patti le ricchezze di Camelot spettano per due terzi a me.
La strega sorrise e bevve un sorso di vino – Non mi interessano le ricchezze… io voglio solo il trono e il mio caro fratellino – finì di bere e quando alzò lo sguardo dalla coppa trovò gli occhi di Lot che la fissavano avidi. Era il momento…
- Certo le ricchezze non sono l’unica cosa che mi interessa…- iniziò a dire Lot. Si alzò dalla sedia e si posizionò dietro Morgana, accarezzandole lentamente i lunghi capelli lucenti e sciolti. La strega si alzò a sua volta e si piazzò davanti al sovrano
- Signore delle Orcadi abbiamo allora un accordo?
Ma il re non sembrava più interessato alle trattative…
- Si – mormorò appena, con poca convinzione. Tutto un tratto l’uomo attirò a se Morgana e la strega senti le sue labbra calde sul collo, le mani viscide sul corpo. Represse l’impulso di mollare uno schiaffo: in condizioni normali avrebbe usato anche la sua magia, ma questa non era una condizione normale. O Lot si piegava ai suoi ordini o Camelot non sarebbe mai stata sua. Chiuse gli occhi pregando che quella tortura finisse alla svelta e mentre sentiva le mani del re slacciarle la veste strinse la mascella, per l’improvviso freddo. Un sussurro le arrivò all’orecchio:
- Sii mia, non chiedo altro…
- Ai tuoi ordini mio signore – rispose freddamente, iniziando a sciogliere le fibbie dell’armatura di Lot.

Morgana era stesa di fianco sul letto. Forse Lot, alle sue spalle, credeva che dormisse ma lei era ben vigile. Stava immobile, con gli occhi socchiusi, aspettando che il re si stancasse di accarezzare monotonamente le sue morbide curve.
Pensò a quella notte e con ripugnanza pensò a cosa si era dovuta spingere. Non sopportava ricorrere a certi mezzi pur di ottenere ciò che voleva ma, se sua sorella le aveva insegnato qualcosa, aveva appreso che gli uomini erano lussuriosi e avidi e la loro avidità poteva essere sfruttata a suo vantaggio.
Ripensò alla bocca del re che esplorava avida il suo corpo, al suo peso che la schiacciava contro il letto e al corpo che si muoveva contro il suo…. rabbrividì. Quanto avrebbe voluto ucciderlo seduta stante… ma per quanto grandi e terribili fossero i suoi poteri nemmeno lei poteva sottomettere Camelot da sola. E ormai era troppo vicina all’obbiettivo per lasciarselo sfuggire dalle mani come fumo argenteo solo perché non riusciva a accettare alcune condizioni. E ogni tanto si trovava costretta a rinunciare al suo orgoglio pur di collezionare vittorie.
Attese ancora e a un certo punto sentì il braccio di Lot fermarsi e cadere inerte sotto la curva del suo seno: si era addormentato. Morgana sgusciò via dalla sua stretta, si vestì rapidamente coprendo le nudità e sbirciò fuori dalla finestra: era quasi l’alba e doveva affrettarsi. Attraversò velocemente i corridoi e una volta uscita dal castello montò sul suo cavallo bianco, spronandolo al galoppo.


- Artù! -
Ma il re non sembrava essere presente. Merlino si sedette vicino a lui:
- Anche io ci penso… e capisco come vi sentiate…
- No, Merlino. Non puoi capire. È colpa mia.
- Non è colpa vostra, sire. Riuscirà a capire. Tornerà.
Merlino pronunciando queste parole simulò una sicurezza che non aveva affatto. Al posto di quest’ultima regnava infatti uno stato di allerta e… paura. Tutto ciò che aveva passato aveva accresciuto i suoi timori… forse era solo perche non voleva rivivere più la stessa esperienza due volte. Di notte sognava ancora Mordred che colpiva Artù, il peso morto del suo amico tra le braccia, le sue ultime parole… Da quando Sarah era scappata aveva passato le notti a fissare la pallida luna e a chiedersi cosa il futuro avrebbe riservato loro. Davanti a se non vedeva altro che tenebre: aveva già provato in passato quella sensazione di impotenza che derivava dal lottare contro il destino. Ma aveva imparato sulla sua pelle che era una battaglia persa in partenza, come provare a nuotare conto la corrente impetuosa e spumeggiante di un fiume di montagna.
Dopo tanti anni Merlino sentì nuovamente la paura, i brividi che provocava il non poter fare nulla…
- Merlino sei più spaventato di me. Cosa c’è?- chiese il re, notando l’espressione che si era dipinta sul volto del suo servo.
Il mago esitò prima di rispondere: non poteva dire ciò che sapeva. Non poteva dire che molto probabilmente la ragazza era già nel covo di Morgana a tramare vendetta. Non poteva dire ciò che il destino aveva stabilito per lei. Non poteva.
- Niente sire. Spero solo che stia bene.
- Anche io, Merlino. Anche io.
La mattinata passò normalmente, tra allenamenti e consigli, ma l’atmosfera era diversa. Si vedeva da come tutti bisbigliavano sull’accaduto nei corridoi e al passaggio del re chiudevano immediatamente le bocche. Si vedeva da Evan che girava in su e in giù per il campo di addestramento, aspettando una persona che mai sarebbe arrivata. Si vedeva dal silenzio che regnava nelle stanze di Gaius e dalla faccia del medico, non più con sorrisi per le battute di Sarah, ma da un espressione assorta nel lavoro corrente, senza alcuna distrazione.
Quella sera Merlino rincasò tardi, a causa di un presunto ratto nelle stanze di Artù. Quando arrivò nelle stanze del medico lo accolse la voce di Gaius, da dietro la porta della dispensa:
- Merlino! Eccoti! Iniziavo a preoccuparmi, la cena si è freddata ormai.
- Non importa, grazie comunque. Potevate mangiare voi…
- Ti volevo aspettare prima.
- Grazie… - e sedendosi si avvicinò al piatto pieno di zuppa d’avena
– Buon appetito allora - Mangiarono in silenzio ma il medico sembrò notare l’espressione corrucciata che Merlino si portava dietro da quella mattina.
- Merlino tutto bene?
- Certo che si! – rispose il mago con un sorriso forzato che non sfuggì all’altro.
- Merlino! Mi stai nascondendo qualcosa?
- No! Cosa ve lo fa pensare?
- Il fatto che di solito lo fai…
- Non siamo già incappati in questa discussione una volta…?- provò a sgattaiolare il giovane
- Si, e avevo ragione io, mi stavi nascondendo qualcosa. Che è successo?
Il mago tacque. Guardò il medico negli occhi e in un solo sguardo capì che si poteva fidare di un uomo che mai l’aveva tradito. Così distolse gli occhi dalla scodella e iniziò a spiegare.
Il silenzio calò nella stanza dopo il discorso del giovane. Gaius pensava, insicuro anche lui sul da farsi.
- Merlino… sai che il Destino non è scritto su pietra e che può essere cambiato.
- Non ci credo più ormai, Gaius. Non dopo tutto quello che ho passato. Ho come la sensazione di essere niente di più che un burattino nelle mani del Fato. Ci illudiamo di poter contare qualcosa ma alla fine… è una battaglia persa in partenza. Ci affanniamo per le nostre frivole cose ma il destino ci insegue ovunque. Non possiamo aggirarlo, non possiamo combatterlo, non possiamo influenzarlo. Esso si avvererà così come vuole, indifferente dei dolori che farà provare, indifferente delle sofferenze altrui, indifferente a tutto.
- Merlino, non parlare così. La speranza è un bagliore che, anche se debole, mai sparirà dal mondo degli uomini e tu stesso non dovresti mai abbandonarla. Abbi fiducia nel futuro di Albion e Artù non cadrà.
Il mago rimase in silenzio per un po’.
- Forse, ma non posso ignorare tutto.
E detto questo si alzò e si avviò verso la sua camera, sbattendosi la porta alle spalle.


Morgana guardava il cielo nuvoloso: di lì a poco sarebbe scoppiato un temporale e se Sarah non fosse tornata veloce con legna secca avrebbero passato la notte al gelo. Scrutava ancora le nuvole quando una piccola chiazza nera si avvicinò verso di lei, rallentando pian piano. I suoi occhi fecero fatica a distinguerla ma quando la distanza si ridusse le apparve chiaro che era un corvo di Nishgle, addestrato per portare i messaggi senza mai sbagliare. Attese che l’uccello atterrasse e si avvicinò curiosa all’animale. Alla zampa recava legato un fagottino con uno stemma che riconobbe immediatamente: il serpente delle Orcadi, Lot. Aprì il sacco e dentro trovò tutto eccetto quello che si aspettava. All’interno, sistemato accuratamente, c’era un singolo bocciolo di una rosa rossa, privato delle spine e legato a sua volta a un biglietto. Le dita di Morgana si strinsero attorno a quel foglietto di pergamena giallastra. All’interno c’erano poche scritte:
Questa proviene dal giardino reale ed è rossa, come il sangue dei nostri nemici che bagnerà la terra. Il giorno del trionfo è vicino e allora potremo finalmente festeggiare… a dovere.”
Morgana chiuse lo scritto e lo strinse nel pugno. Lo stupido re non aveva ancora capito nulla ma meglio così, il burattino non doveva ribellarsi al burattinaio.
Uno schianto la fece voltare: Sarah veniva verso di lei, le braccia cariche di rametti secchi.
- Vieni mia cara, sta per piovere.
La ragazza obbedì, stringendosi alla spalla della strega, come per trovare un appoggio al senso di vertigine che ormai da giorni regnava nelle sua vita.
  
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