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Autore: amrty    21/05/2013    1 recensioni
Rumori e luci. Voci confuse. "Dove cavolo mi trovo?"
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La memoria è tutto, ci definisce, ci guida, ci racconta chi siamo e da dove veniamo.
E se improvvisamente tutto il nostro passato venisse cancellato? Cosa o chi potrebbe ricordarci chi siamo?
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Letta e riletta questa storia non funziona. Non riesco a modificarla, né a cancellarla… La pubblico tutta e amen. Verranno lavori migliori…spero!


Si siedono a un tavolo del bar. Dean racconta a Sam quel poco che sa: l’ospedale, le cure, l’amnesia, l’andare di città in città per cercare il suo posto. Per capire chi era, chi è. Si fa chiamare John, e a Sam scappa un sorriso.
Gli dice anche che in questa città si era fermato più a lungo del solito.
“Ti sembrerà strano, patetico. Ma sentivo una qualche vibrazione con questo posto…. E poi sei arrivato tu.”
È ancora dubbioso, Sam se ne rende conto dalla sua faccia, che conosce a memoria.
“Sembra incredibile lo so. Lawrence è dove siamo nati, John è il nome di nostro padre. John Winchester. Ed io sono Sam, tuo fratello, praticamente l’unico parente che ti rimane.”
Il silenzio si protrae a lungo. Si osservano.
“Scusa, perdonami, non riesco a capire. Se sei mio fratello… dove eri? Quando sono finito in ospedale, quando sono scomparso… perché non mi hai cercato? Messo qualche avviso? Qualsiasi cosa?”
“Perché… perché ti credevo morto.”
“Morto.”
“Si”
Dean/John si alza.  Non gli crede. Sam vorrebbe dire qualcosa per convincerlo, per suonare convincente, per non perderlo di nuovo.
“Dean aspetta…”
“Scusa Sam, se questo poi è il tuo nome, ma io sono John, e non so chi tu sia ne cosa vuoi da me. Ma ora me ne vado e non voglio rivederti mai più intesi? Non so a che gioco tu stia giocando ma non ho soldi ne altro quindi rinuncia al tuo gioco perverso.”

“Dean! Non è un gioco! È la verità! Dammi una possibilità, una sola! Vieni con me, ti mostro cosa facciamo, come viviamo… la tua macchina! Vieni a vedere la tua macchina, e se non ti dice niente, allora… allora poi te ne potrai andare.”
Ma Dean sale in auto e va via, senza mai voltarsi.
Pensava di averlo perso per sempre e invece lo aveva appena ritrovato. Ma la gioia del ritrovo era stata subito soppiantata da un dolore maggiore. Dean non si ricordava di lui, non si ricordava chi era e cosa faceva. E se n’era andato. Di nuovo.
Ma non lo avrebbe perso, non ancora. Non importava l’amnesia. Dean prima o poi avrebbe ricordato. Con le buone o con le cattive. Doveva.
Sorrise.
Dean era vivo.
E presto sarebbe tornato da lui, lo sentiva.
 

 
Di tutti i pazzi che ci sono in giro proprio a lui doveva capitare ?
Era sconvolto. Quel tipo, quel Sam lo aveva lasciato davvero perplesso. E incazzato.
Che cosa voleva da lui? Non aveva soldi, proprietà, niente da dargli. Perché quindi inventarsi quella stupida storia? Dove loro erano fratelli ?
Perché non sei venuto a cercarmi allora?
Perché pensavo fossi morto.
Ma che patetica scusa. Se uno pensi che sia morto prima te ne accerti no?
Salma, funerale, quelle cose lì insomma!
Decide di ripartire immediatamente. Non vuole rimanere un secondo di più in quella città. Altro che vibrazione. Quella città era piena di matti!
I suoi sonni iniziano a farsi più agitati. Immagini sfuocate iniziano a farsi luce nella sua coscienza. Ma rimangono ancora confuse, indefinite.
Inizia anche a sentire una voce. La sua voce. Che lo chiama. A volte urla, disperato. A volte supplica.
John/Dean è proprio furioso con quel tipo. L’ha così influenzato che ora inizia a sentirne la voce mentre dorme. Come se davvero fosse parte del suo passato che torna alla vita nella sua mente. Lo odia. Potrebbe aver inquinato per sempre la sua possibilità di ricordare chi era.
E poi le immagini diventano più chiare, più nitide. Ma rimangono senza senso.
Pistole, caccia, vampiri, zombie. Deve esserli andato in pappa il cervello. Non può essere la sua vita, probabilmente era un appassionato di film dell’horror, o di video games del genere. Ma non ha senso.
E in quelle immagini, sempre presente, c’è quel Sam.
Possibile che?
Che affermasse la verità?
 
 



“Ciao sono Sam, lasciate un messaggio dopo il bip….. Ehm Ciao Sam sono John, cioè tu dici che sono Dean. Ho trovato il tuo numero infilato dentro l’auto e… ok. Vediamoci. Ti offro una birra e ascolto quello che hai da raccontarmi… fammi sapere se sei nei dintorni di Phoenix.”
Finalmente!
Erano mesi che lo seguiva. In disparte, senza dare nell’occhio. In questo modo era sempre pronto nell’eventualità che Dean volesse dei chiarimenti. E finalmente aveva chiamato. Infilare il suo numero di telefono nella macchina era stato un azzardo, le probabilità che Dean lo buttasse erano altissime, ma a quanto pare non era andata così.
S’incontrarono in un pub, entrambi impacciati… Dean ancora sospettoso, Sam nervoso, sapeva che quella era la sua unica possibilità. E ora come faceva a farsi che suo fratello credesse alla sua storia? Quante volte la avevano raccontata alla gente che poi gli fissava come se fossero dei pazzi?

Sam prende coraggio e inizia a raccontare.
Dean non lo interrompe mai, non dice niente, non fa commenti. Lo lascia finire. Per poi guardarlo esattamente come tutti gli altri. Questo è pazzo, sta pensando sicuramente.
Dean/John scuote la testa.
“Pensavo fossi un po’ suonato, ma ora… caro mio… lasciatelo dire hai dei seri problemi!”
“So che è dura da accettare, che ti sembra strano ma… questa è la verità. Non hai detto anche tu che l’appartamento, il lavoro stabile… non faceva per te? Tu sei un cacciatore, un bravissimo cacciatore, il migliore.”
“Ho solo perso tempo con te! Le tue balle mi stanno friggendo il cervello!”
Esce di corsa, come a volersi allontanare alla svelta da quell’idiota che gli sta solo facendo perder tempo con strani racconti dell’orrore. Sta per montare in macchina quando si blocca. Parcheggiata accanto alla sua auto ce una bellissima Chevrolet Impalanera del 1967 .  Si ferma a rimirarla, come attratto, ne sfiora il cofano e gli suona…. Familiare.
“È  la tua macchina. La tua baby. Il tuo unico amore praticamente.”
“La mia macchina?”
“Si, Dean, la tua macchina. Dai andiamo a fare un giro.” E gli lancia le chiavi.
 
 

 
Una volta seduto è come se non avesse guidato altro in tutta la sua vita. E forse è così.
Perché quella macchina è sicuramente la sua auto.
La sente sua sotto le mani, la sente rispondere ai suoi comandi.
L’ha sognata notte dopo notte fin dai primi giorni in ospedale.
Un loop instancabile dei suoi sogni: quella macchina e quella voce. Una voce sconosciuta ma che sapeva di casa.
Dean sapeva fin da subito che quel Sam aveva ragione. Ma gli sembrava tutto così surreale!
Ma quel giorno a Lawrence quando lo aveva fermato per strada chiamandolo Dean… aveva riconosciuto la voce. E quel nome. Lui era Dean.
“Io sono Dean.”
“Sì, ed io sono tuo fratello, Sam”
“Sammy”
Scendono dall’auto. Dean ora non lo guarda più come se fosse pazzo.
 
Dean era davvero tornato da lui. Non era morto, era lì. E si ricordava di lui. Di tutto. Era tornato. Da lui.
Era tornato. Sapeva chi era, e non era solo. Sam. Sammy lo aveva ritrovato e riportato a casa. Da lui.
 
“Jerk…”
“Bitch..”
 
Si abbracciarono. Ed era così giusto. Così apposto.
Erano finalmente a casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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