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Autore: Isa0ic    22/05/2013    0 recensioni
«I nomi sono importanti quando vivi in un mondo come questo», mormorò, il viso adombrato dal chiaro di luna mentre fissava la sigaretta, le dita, la terra. «Un nome può esserti utile. Lo puoi vendere, lo puoi scambiare, lo puoi usare. Sono vere e proprie merci che non dovresti sottovalutare».
In un mondo diverso da quello che conosciamo, gli esseri della notte convivono... non così pacificamente. Le tenebre avvolgono il Bastione in un abbraccio amaro e del sapore del ferro, mentre il sangue scorre e minaccia di interrompere un filo sottile che lega insieme le entità soprannaturali. I Cacciatori ascoltano e il cambiamento sta per arrivare... Sarà un gruppo di ragazzi a dover affrontarlo tra avventura, sangue e passione.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
Capitolo I

~Anna~


Otto anni fa
 
La pioggia batteva forte e io ero ferma.
Ero ferma da non ricordo quanto.
Passavano i secondi, i minuti, le ore, i giorni. Io rimanevo rannicchiata contro la corteccia dell’albero su cui avevo giocato così tante volte negli ultimi anni.
Dopo non so quanto tempo, arrivò qualcuno.
Era un uomo alto, probabilmente intorno alla trentina. Folti capelli castani incorniciavano un volto segnato e triste, mentre una benda nera fasciava il suo occhio destro e una lunga cicatrice dello stesso colore attraversava la guancia immediatamente sotto. La sua ombra incombette su di me, ma ero troppo stanca per scappare. Alzai lo sguardo fino a incontrare il suo, illuminato da…
Illuminato dalle sue mani.
L’uomo si accovacciò di fronte a me e mi scostò una ciocca di capelli, costringendomi a chiudere gli occhi per la luce improvvisa.
«Anna?». Disse con una voce incredibilmente gentile per una figura tanto imponente. In qualche modo sapeva il mio nome, ma non potevo rispondere. Non sapevo cosa dire.
«Sei Anna, giusto?». Questa volta aprii lentamente gli occhi e lo guardai. Lui continuò a fissarmi, aspettandosi probabilmente una risposta.
Annuii.                           
La sua espressione si addolcì. Io sentii qualcosa smuoversi dentro di me. «Io e queste persone dobbiamo finire di perlustrare la zona. Dopo andremo a casa, in un posto sicuro». Silenzio, e poi, «Vorrei portarti con me, Anna».
Mi accorsi solo in quel momento di tutte le figure che si trovavano dietro l’uomo. Mantenevano una certa distanza, emanando una strana luce dai palmi delle mani. Ritornai a osservare il signore che mi trovavo di fronte, la mente completamente vuota.
Non sapevo cosa dire.
Annuii di nuovo.
Questa volta l’uomo accennò un sorriso. «Michelangelo», disse, e un ragazzino dai capelli folti e scuri che doveva avere all’incirca la mia età si fece avanti, fissandomi con curiosità. «Rimani con lei mentre noi diamo un’ultima occhiata qui in giro. Non devono essere molto lontani».
Michelangelo si raddrizzò tutto d’un colpo, avvicinandosi e sedendosi a gambe incrociate accanto a me. Tirò fuori un coltello un po’ troppo grande per lui e, con aria decisa e un po’ goffa, assunse un’espressione corrucciata sul viso finché anche i suoi palmi non si illuminarono.
Volevo imparare a farlo.
«El ti terrà d’occhio per qualche minuto. Aspettami qui».
Guardai attentamente l’uomo ancora una volta. Non sapevo chi fosse, ma non credevo avesse cattive intenzioni, altrimenti avrebbe già agito. Inoltre il modo in cui si rivolgeva a me, il modo in cui mi stava guardando…
Il male non aveva il suo sguardo. Il male aveva gli occhi della notte.
Passò ancora qualche secondo durante il quale l'uomo continuò a studiarmi. Poi, con una nuova decisione negli occhi, si alzò e a passi lenti e decisi si allontanò, tutte le altre figure al suo seguito.
A quel punto sentii il ragazzino accanto a me (Michelangelo?) tirarmi una ciocca di capelli finché non mi voltai verso di lui.
Lo fissai.
Mi guardava con la stessa curiosità di prima, unita questa volta a un sorriso incerto che gli increspava le labbra. «Io sono Michelangelo Arael, piacere». Bisbigliò, aggiungendo subito dopo, «e quello di prima era Brant».
Continuai a fissarlo.
«Pensavo volessi saperlo». Disse, ritornando tutto a un tratto serio e scrutando il buio di fronte a noi. «Puoi stare tranquilla, nessuno oserà avvicinarsi».
Io non risposi, ma rimasi a fissarlo ancora per un po’. Aveva occhi di un azzurro chiarissimo. Non avevo mai visto nulla di simile.
Lui aggrottò le sopracciglia e mi lanciò un’occhiata veloce prima di tornare nella stessa posizione di prima. «Mi metti ansia, non fissarmi così».
Questa volta non riuscii a trattenere una piccola risata, la prima dopo tanti giorni. Lui tirò fuori un sorriso a ventiquattro denti e, guardandomi di sottecchi con le sopracciglia alzate, disse con tono di scherno, «Cos’era quello, un grugnito?».
Immediatamente lo fulminai con lo sguardo, girando la testa dall’altra parte e stringendomi ancora di più le ginocchia al petto. Sentii un leggero movimento accanto a me e poi il suo respiro sui capelli. «Scherzavo, dai. Almeno mi diresti il tuo nome?».
Non gli risposi e, anzi, mi raggomitolai ancora di più su me stessa. Lui si allontanò, probabilmente rimettendosi in posizione, e rimanemmo fermi così per quel che sembrò un’eternità.
«Anna Mend». Bisbigliai alla fine, sicura che non mi avesse sentita. Iniziai a sentire le palpebre pesanti e chiusi gli occhi.
«Piacere, Anna». Disse lui, prima che il sonno mi separasse dalla realtà.
 
***
 
Mi affacciai allo sbocco del vicolo, con discrezione, fissando il buio di fronte a me. Una delle note positive dell’aver sviluppato i propri sensi di Cacciatore era data dall’avere una vista cristallina della notte, aiuto fondamentale quando, arrivato il momento di perlustrare la zona, si presentavano situazioni simili.
Peccato però che i miei, di sensi, non fossero così sviluppati.
Il gocciolio proveniente dal buio era ormai un suono ritmico, incessante, diversamente dai gemiti oramai spenti. Avevo assistito a una scena simile solo altre due volte nella mia vita: la prima era stata a poche ore dall’alba, in uno dei distretti abbandonati della città – seguita da un’esaltante decapitazione nei giorni più floridi per i Cacciatori.
La seconda era stata in una notte di due anni prima che volevo solo dimenticare.
«Aiuto…».
La voce non fu altro che un sussurro leggero come una piuma, che si perse nel vento. Pensai di averla immaginata, ma un passo in avanti mi confermò quel che pensavo: qualcuno stava mormorando una vecchia preghiera, rivolgendola al cielo. L’avevo sentita altre volte prima di allora, ma mai con così tanto fervore, con così tanto desiderio.
La persona, chiunque essa fosse, stava chiedendo perdono.
Mi decisi ed entrai nel vicolo infrangendo tutte le promesse mentali fatte a me stessa ormai da tempo, decidendo che se davvero qualcuno fosse stato in pericolo, magari avrei potuto fare qualcosa. Mi unì alla preghiera dell’uomo – perché dal tono di voce doveva trattarsi di un maschio – e chiesi al Signore, se esisteva, di risparmiarmi l’incontro con un succhiasangue dopo la nottata appena trascorsa: non sapevo come avrei reagito alla vista di uno di quei mostri e certamente non ne volevo incontrare uno affamato.
Dopo pochi secondi decisi che, a quanto pareva, Dio esisteva e io dovevo pregare più spesso perché davanti a me si presentò una scena che, per quanto macabra e altamente sconsigliata alla visione dei minori, non era un faccia a faccia diretto con uno dei peggiori incubi di questo quartiere.
Un uomo dai capelli grigi come la cenere giaceva supino sulla nuda terra, gli occhi di un nero spettrale rivolti al cielo, la preghiera morente sulle labbra pallide che si muovevano senza sosta anche se il suo dio lo aveva ormai abbandonato. A quella distanza riuscivo a studiare i lineamenti vecchi e stanchi dell’uomo, li vedevo stendersi e agitarsi sotto una pelle diafana ricoperta da cicatrici, pelle che lentamente ma inesorabilmente stava assumendo colori cinerei che ricordavano tanto le macerie dei palazzi di un tempo andati ormai distrutti, palazzi che appartenevano a epoche passate, anni in cui al mondo era difficile assistere a scene simili.
L’uomo spalancò ancora di più gli occhi stanchi, inarcando la schiena e gettando un urlo che mise ben in mostra quel che avevo sperato di non dover più rivedere.
Canini.
Le preghiere, come pensavo, non avevano funzionato neppure stavolta.
Il vampiro gridò per diversi minuti prima di sbattere violentemente a terra, gettando il capo più volte all’indietro, colpendo il terreno con la nuca fino a sanguinare in una chiara dimostrazione di follia. Io mi avvicinai ancora, fermandomi a pochi passi da lui e vedendolo irrigidirsi, gli occhi ancora fissi sul cielo ma ora concentrati sui propri sensi, il naso che inspirava a fondo, la mascella che si serrava e liberava ritmicamente.
I due piccoli fori sul suo collo erano adesso in evidenza, e con riluttanza rimisi insieme i pezzi di ciò che doveva essere accaduto.
Era stato attaccato.
Avevo sentito storie su quel che succedeva quando un vampiro ne mordeva un altro. Alcuni parlavano di paralisi temporanea, altri di morte istantanea: chiaramente nella prima ipotesi vi era realmente un fondo di verità, perché l’uomo – il vampiro – non aveva ancora mosso un muscolo verso di me, rimanendo invece supino e subendo il dolore che il suo volto cercava di nascondere.
Sapevo che i vampiri fossero esseri spietati… ma trattare così uno dei loro? Per quale motivo?
«Hai finito di fissarmi, mocciosa?». Sibilò l’uomo a denti stretti, gli occhi neri e cechi fissi sulla volta notturna.
Mi avvicinai ancora e tirando fuori tutta la mia temerarietà gli misi un piede sul petto. Lui ringhiò e io inarcai le sopracciglia. «No», dissi con calma e un pizzico di ironia. «Non ancora».
L’uomo rise – una risata amara e, fosse stato in un altro contesto, terrificante. Le vene che gli attraversavano la gola pulsavano rapidamente in modo malato e sotto il mio piede il cuore batteva il ritmo lento e mortale della sua gente. «Sei fortunata che non possa alzarmi e spezzarti il collo. Lo farei volentieri e poi ti prosciugherei, godendo nel dolce suono delle tue urla».
«Macabro». Osservai.
«E dopo… dopo ti farei a pezzi per mostrarti ai tuoi cari. Un occhio, magari. Di che colore sono i tuoi occhi, mocciosa?».
Aggrottai le sopracciglia. Non ero più abituata alle frasi sadiche e scontrose dei vampiri, soprattutto considerando come non tutti loro amassero giocare con le parole. Evidentemente questo era un tipo particolare.
«Il colore del tuo sangue», risposi, facendo pressione sulla sua cassa toracica, vedendolo digrignare i denti. Sorrisi. «Sai, è un rosso acceso. Ti dona».
Il vampiro serrò i pugni, rimanendo però immobile. «Ti ucciderò».
«Morirai prima». Gli feci notare.
Lui si irrigidì se possibile ancora di più, sputando maledizioni in una lingua che non compresi. Per un momento pensai di farglielo notare, ma dopo pochi secondi ritornò a parlare nella lingua Nazionale.
«Vigliacchi. Vigliacchi tutti. Non esistono più le pretese di un tempo, questo mondo è andato a puttane. Meglio morire ora che continuare a viverlo».
Incuriosita dalle sue parole mi accovacciai accanto a lui, piegando la testa di lato e osservando le forme oblique delle cicatrici che gli incorniciavano il viso, i buchi sulla gola. «Chi ti ha ridotto così?».
Il vampiro si zittì, rilassando i muscoli e continuando a fissare il cielo. Stranamente, sembrò calmarsi.
Sembrò diventare più fanatico di quanto pensassi.
«La fine arriverà anche per loro, donna. Arriverà per tutti voi. Non si prendono in giro gli dei».
«Cosa intendi dire?».
«Sono la rovina della nostra specie. La rovina, la condanna».
La loro specie era già abbastanza condannata, ma evitai di farglielo notare. L’uomo aveva ricominciato a pregare, ora più velocemente, gli occhi chiusi e le labbra sottili che si muovevano nella stessa lingua sconosciuta di poco prima.
Qualcosa mi turbava in questa situazione. Oltre all’aver trovato un vampiro che aveva inveito pesantemente e di fronte ai miei occhi sulla sua stessa razza, ora non stava facendo più nulla per allontanarmi, per mordermi, per…
Non sembrava un vampiro.
«Hey, tu», lo puntellai con un dito, e lui aprì gli occhi che, improvvisamente, sembrarono più chiari di prima.
Impossibile… I vampiri avevano gli occhi del colore della pece.
Lui inclinò la testa, fissandomi ma non vedendomi come erano soliti fare molti succhiasangue. Non si rendevano neppure conto di quanto fosse realmente inquietante quando ti guardavano con quel loro sguardo assente, costringendoti a domandarti cosa diavolo stessero pensando.
Il vampiro richiuse gli occhi, la guancia ispida premuta contro la dura terra. «Cosa vuoi, umana?». La sua voce fu quella di un uomo stanco, così stranamente normale che mi sentii intimidita, come se non avessi realmente il permesso di rispondere.
Lo feci comunque.
«Chi è stato a farti questo?».
«Non sono affari che ti riguardano».
«Perché glielo hai permesso?». Dissi, irritata dalle sue risposte e oppressa dal resto della nottata.
Perché un succhiasangue avrebbe dovuto permettere a un suo simile di ridurlo in quello stato?
Dannazione.
Il vampiro riaprì gli occhi, ora di una sfumatura ancora più chiara di quella di prima. La pece che di solito rispondeva allo sguardo stava ora ritirandosi al centro, a formare lentamente l’iride.
Qualcosa che un vampiro non dovrebbe avere.
All’improvviso, il suo volto inizialmente inespressivo assunse un’espressione confusa. Mi guardò come se potesse davvero vedermi, senza rispondere alla mia domanda ma aprendo la bocca come nel tentativo di dire qualcosa. Rimase tuttavia in silenzio, fissandomi, e io fui sul punto di riporre la domanda quando, finalmente, parlò.
«Germar Bohm». Mormorò, prendendo un lungo respiro che causò la ferita alla gola di sanguinare ancora più copiosamente.
Era strano da vedere. Non avresti mai detto che una ferita così piccola potesse essere così letale.
«E hai gli occhi castani, ragazza».

 

***

Note: Con questo capitolo si aprono ufficialmente le danze. La storia mostrata ai miei adorati beta, tempo fa, era leggermente diversa da quella che apparirà qui, poiché ha subito dei cambiamenti nel tempo - spero in positivo. In queste prime pagine ha fatto capolino la figura del vampiro, che nel mondo di Anna ha la caratteristica della cecità - verrà approfondita in seguito. Alla fine del capitolo, però, qualcosa di strano è avvenuto, e ora le cose si movimenteranno un po' nella vita della nostra protagonista. Spero vivamente che abbiate voglia di seguirci e scoprire come con noi!
P.s. I capitoli che vengono inseriti sono editati in toto da me, per cui se dovesse essermi sfuggito qualche errore chiedo scusa in anticipo! :)
Grazie a tutti, per tutto.
Kisses, Isa.

  
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