Fandom: Glee
Autore: warblerslushie –
potete trovare il terzo capitolo in lingua proprio QUI
Titolo: When We’re
Older
Pairing: Blaine
Anderson/Kurt Hummel
Genere: Drama; Hurt;
Comfort
Rating: T
Avvertimenti: MPREG
Note dell’autrice: ora abbiamo sentito un po’ della
versione dei fatti
Kurt, ma c’è ancora tanto da raccontare a riguardo! Lasciate una
recensione,
per favore, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Grazie a chi ha
recensito i
precedenti capitoli.
Disclaimer: non
sono RIB quindi non possiedo né Glee né nessuno dei suoi personaggi. Se
altrimenti, sarei ricca e probabilmente non scriverei fanfictions!
Inoltre, il
gene Reddin che menziono in questa storia è basato sul personaggio di
Reddin
del film Junior del 1994. Dovreste proprio vederlo se vi piace la
tematica. È
un buon film, lo prometto – su cui, per inciso, non ho nessun diritto.
Traduzione
a cura di Killing
Loneliness.
When We’re
Older
Capitolo
3
La fredda pioggia
autunnale investì Kurt mentre camminava
per le trafficate strade di New York City.
Tutti gli altri passanti
avevano un ombrello con
cui proteggersi dall’acquazzone ma Kurt, quando aveva lasciato la
propria abitazione,
si era scordato delle previsioni metereologiche per quel pomeriggio ed
ora si
stava inzuppando.
Ad ogni modo, riusciva a
malapena a trovare un
motivo per cui dovesse importargliene qualcosa.
Era fuggito via nonostante
lui e Blaine si
fossero promessi l’un l’altro di non andarsene mai nel bel mezzo di un
litigio
– se mai si potesse etichettare qualsiasi dannata cosa fosse successa
nell’appartamento come tale.
Meno di un’ora prima, Kurt
era rientrato a casa
ed aveva trovato qualche di test di gravidanza sparsi sul ripiano del
bagno e,
nell’istante in cui aveva notato quelle doppie linee e quei segni
positivi
sugli stick, era entrato nel panico.
E poi si era infuriato.
Si sentiva come se fosse
stato ingannato.
Blaine aveva sempre saputo
che l’idea di avere
dei figli era fuori discussione in quel momento, Kurt aveva chiarito di
non
volere creare una famiglia fino a quando non sarebbero stati
economicamente più
stabili o avessero trovato un posto più grande in cui vivere.
Inoltre non era pronto per
un bebè, non quando
c’erano ancora così tante cose che aveva progettato di fare con Blaine.
Erano ancora giovani,
entrambi poco più che
trentenni, avevano un sacco di tempo per pensare ai bambini.
Eppure Blaine poteva
essere gravido ed era come
se tutti i piani di Kurt fossero stati gettati nello scarico.
Accigliandosi, Kurt si
ritrovò schiacciato tra un
paio di passanti che si erano staccati dal gruppo omogeneo di pedoni e
si
strinse nella giacca con più forza, tremando.
Se fosse stato più furbo e
meno impulsivo avrebbe
potuto prendere una giacca più pesante o un poncho o persino un dannato
ombrello ma il suo cervello, in quel momento, era stato logorato dal
pensiero
di un bambino e se n’era completamente dimenticato.
Ora ne stava pagando le
conseguenze.
“Questo non
sta succedendo a me. Non adesso”
La sua mente era un
vortice di pensieri.
Si riparò sotto il tendone
da sole di una
caffetteria e prese il cellulare, fissando lo schermo spento.
Blaine non lo aveva ancora
chiamato e Kurt era
piuttosto certo che suo marito non l’avrebbe fatto tanto presto, non
visto il
modo in cui si era comportato prima di lasciare la scena.
Con ogni probabilità,
Blaine stava ancora
piangendo tanto disperatamente da farsi uscire gli occhi dalle orbite
e, anche
se a Kurt faceva male pensarci – Dio, aveva sentito Blaine scoppiare in
lacrime
prima ancora di chiudere la porta –, non aveva alcuna intenzione di
ritornare a
casa.
Non fino a quando non si
fosse calmato un po’.
Scrollando la propria
fradicia figura, Kurt rimise
nuovamente il telefonino in tasca ed entrò in caffetteria, dove ordinò
il caffè
più forte, nero e lungo che avevano.
Si infilò nel separé in
angolo e lasciò cadere il
capo tra le mani.
Un forte mal di testa
stava sbocciando dietro ai
suoi occhi chiusi e, appena ricordò l’espressione ferita di Blaine
durante il
loro litigio, si sentì nauseato dai suoi stessi sensi di colpa.
Blaine era sembrato spaventato all’idea che Kurt scoprisse della sua
gravidanza, come
se avesse pensato di nascondergli l’intera faccenda fino a quando non
sarebbe
stata troppo evidente da poter essere ignorata, cosa che di per sé lo
fece
stare malissimo e non perché desiderasse davvero un bambino in quel
momento, ma
perché Blaine aveva paura della sua opinione e di lui.
In quanto suo marito,
Blaine non avrebbe mai
dovuto temere ciò che Kurt pensava ma era ovvio che fosse così, e di
questo
Kurt si sentiva un po’ infastidito – per non dire indignato.
Amava Blaine con tutto il
cuore e gli aveva
liberamente restituito il proprio dopo che lui gliel’aveva brutalmente
spezzato
durante il suo primo anno a New York e, anche se aveva cercato di non
pensare
alla passata infedeltà di Blaine, a volte questa strisciava su Kurt
come un
mostro nel buio.
Ecco perché si vergognava
ad ammettere che il
primo pensiero che gli era passato per la mente fu che quel bambino non
potesse
essere suo: perché usavano sempre i preservativi e Blaine prendeva la
pillola.
Ma Kurt sapeva che Blaine
non lo avrebbe mai
tradito di nuovo – e poi la contraccezione non era sempre efficace.
Aveva visto in prima
persona quanto il tradimento
e la conseguente rottura avevano distrutto emotivamente Blaine, eppure
quella
terribile idea gli era balenata in testa appena aveva trovato quella
fila di
test di gravidanza.
Ku si odiò per aver
persino preso in
considerazione quell’ipotesi.
Sospirando, fece scorrere
le dita sullo schermo
del cellulare e diede una scorsa ai messaggi tra lui e suo marito,
soprattutto
a quelli che si erano scambiati negli ultimi due giorni.
Gli sms di Blaine erano
corti e dolci, visto che
li inviava quando era sveglio e non mentre stava male come un cane, e
rileggendo quei messaggini, Kurt non poté fare a meno di sorridere.
Amava Blaine così tanto...
Se solo fosse riuscito a
desiderare veramente
quel bambino, per quanto terribile suonasse...
****
«Seriamente,
Kurt, dovresti essere grato che tu e Blaine non abbiate ancora dei
bambini. La
vita cambia quando ci sono dei pargoli di mezzo»
Kurt annuì
mentre sorseggiava il proprio Martini, distogliendo per un secondo lo
sguardo
da Chase per guardare il suo bellissimo marito, che stava
chiacchierando con
Isabelle all’altro lato della sala da ballo.
Riportò la
propria attenzione su Chase, accigliandosi quando si rese conto che non
aveva
ancora smesso di parlare.
«Voglio
dire, quando io e Paul abbiamo parlato di avere dei figli nostri, avevo
pensato
che magari avremmo potuto aspettare giusto un po’ ma lui era
determinato ad
averne subito, e quando siamo riusciti ad avere un surrogato e a
concepire,
sapevo che lui era entusiasta... ma io ero terrorizzato. E quando
Anastacia è
nata, mio Dio, è stato come se il nostro mondo si fosse capovolto.
Tipo, hai
idea quanto costa crescere un bambino? Tutta la tua vita ruota intorno
a lui...
e, beh, io amo Stacia con tutto il mio cuore ma a volte vorrei solo che
avessimo aspettato un po’, sai?»
«Mh»
mugugnò Kurt, abbassando il proprio drink per succhiarsi il labbro
inferiore.
Osservò
Blaine per qualche altro secondo prima di tornare alla conversazione.
«Blaine
vuole dei bambini, lo so. È un portatore e – »
«Blaine ha
il gene Reddin?»
«Mh,
l’abbiamo scoperto poco prima di sposarci. Siamo attenti quando si
tratta di
intimità e Blaine prende la pillola, però a volte fa qualche allusione
sull’avere un bambino nonostante gli io abbia già detto che non sono
ancora
pronto per un passo del genere e che quindi dovremmo aspettare, ma lui
sembra
riluttante all’idea di posticipare la cosa»
«Dubito che
Blaine possa fare niente che metta in pericolo il vostro matrimonio. Mi
ricordo
della situazione tra voi due e della vostra rottura quando tu eri
appena stato
assunto come stagista. È impossibile che possa incasinare di nuovo le
cose»
«Oh, lo so,
ma – » Kurt sorrise quando incontrò lo sguardo di Blaine, ricevendo uno
smagliante sorriso di rimando «So che vuole dei bambini... e parecchi.
Ogni
volta che siamo in compagnia dei figli dei nostri amici, Blaine diventa
tutto
pimpante ed il suo sguardo si ravviva ed i bambini lo adorano. È
strano. So che
sarà un padre fantastico... ma più avanti, capisci? Io non sono pronto»
«Ti
capisco» disse Chase, facendo tintinnare il proprio bicchiere contro
quello di
Kurt «Al potere dell’attesa!»
****
Kurt bevve ciò che
rimaneva della sua terza tazza
di caffè, ben due ore dopo essere arrivato alla caffetteria.
Dovevano essere passate
tre, forse quattro ore da
quando era uscito di casa e non aveva ancora sentito niente da parte di
Blaine
– nemmeno un messaggio del tipo “Stai
bene?” o che altro.
“Deve
essere incazzato con me” si disse Kurt mentre
buttava il bicchiere di carta ed usciva dal
locale.
La pioggia aveva da tempo
smesso di cadere ma le
strade erano ancora bagnate e scivolose; una fredda foschia era calata
sulla
città e Kurt incrociò le braccia all’altezza del petto mentre si
sbrigava a
tornare al palazzo in cui viveva.
La gente si affrettava e
si agitava sulla propria
strada di casa, e le luci della città lampeggiavano vivaci intorno a
lui, come
se la vita notturna si fosse appena concretizzata.
Girò intorno ad un gruppo
di persone che si erano
fermate a scattare qualche fotografia e sveltì il passo, praticamente
correndo
verso l’appartamento.
Gli ci volle un po’ ma
aveva finalmente raggiunto
la sua destinazione e, dopo diversi tentativi spesi a provare ad aprire
quella
dannata serratura, spalancò la porta ed entrò...
In una casa avvolta in un
silenzio di tomba.
«Blaine?»
****
«Blainey?»
Cooper forzò la porta del
proprio appartamento ad
aprirsi e guardò il proprio fratellino incespicare all’interno, in una
mano
stringeva saldamente una borsa di lana e nell’altra una piccola valigia.
L’uomo più giovane
sembrava completamente
distrutto, i suoi occhi erano rossi e gonfi e i capelli erano
appiattiti dalla
pioggia.
Cooper aspettò che Blaine
appoggiasse la sua roba
nell’atrio prima di avvicinarsi lentamente alle sue spalle.
«Stai bene? È successo
qualcosa con Kurt?»
«So-sono gravido» sussurrò
Blaine, incrociando
lentamente le braccia sull’addome.
Appena quelle parole gli
uscirono di bocca scoppiò
a piangere, addossandosi pesantemente contro il muro.
Cooper lo travolse,
avvolgendo il fratello in un
abbraccio.
«Oh, Blainey! Stai per
avere un bambino! O mio
Dio!» strinse il ragazzo un po’ più forte prima di bloccarsi e
lasciarlo andare
«Aspetta... sei qui con le valigie e tutto il resto... no, col cazzo,
non dirmi
che Kurt ti ha lasciato? Giuro su di Dio che lo ammazzo! Ammazzerò quel
piccolo
bastardo con la faccia d’angelo il secondo esatto che lo vedo, lo giuro
su – »
«Coop, smettila» lo
supplicò Blaine,
accasciandosi contro il fratello maggiore «Possiamo non parlare di lui
per il
momento? Ho solo... ho bisogno di stendermi. Mi sento male»
«Certo, come no,
fratellino» Cooper fece
scivolare un braccio intorno alla vita di Blaine e lo trascinò verso il
salotto, abbassandolo lentamente sul divano prima di correre nella
propria
stanza e raccogliere un paio di coperte di riserva.
«Mi dispiace che tu debba
dormire sul divano. Non
ho ancora disfatto la mia camera da letto, quindi tutto è un po’
incasinato, ma
la pulirò da cima a fondo e domani, se vorrai, potrai dormire là»
Blaine sorrise, guardando
il fratello con i suoi
grandi occhi lucidi.
«Grazie, Coop» mormorò
abbassando le palpebre
appena avvertì Cooper rimboccare le coperte calde sul suo corpo stanco
«Lo
apprezzo tantissimo»
«Riposati un po’, Blainey.
Sarò qui al tuo
risveglio» Cooper passò gentilmente una mano tra i capelli umidi di
Blaine,
roteando gli occhi quando sentì il gel bagnato ricoprirgli le dita.
Continuò ad accarezzargli
i riccioli ribelli e
sospirò leggermente appena avvertì il respiro di Blaine regolarizzarsi.
«Cosa ti ha fatto?» gli
chiese, aggrottando le
sopracciglia, mentre osservava le sue palpebre gonfie e le guance
rigate dalle
lacrime.
Accigliato, si alzò dal
divano e si precipitò
come una furia in camera da letto, dove prese il telefono dal comodino.
Aveva un conto in sospeso
con il marito di suo
fratello.
****
Kurt aveva aperto ogni
singola porta
dell’appartamento, dagli armadi ai bagni, senza trovare alcuna traccia
di
Blaine.
La loro camera da letto
era vuota, le lenzuola
ancora spiegazzate nello stesso modo in cui le aveva viste prima ed i
test di
gravidanza che Kurt aveva gettato sulla scrivania erano lì, intoccati.
Era come se Blaine fosse
sparito e la sola idea
gli fece accapponare la pelle.
«Blaine? Blaine, non è
divertente! Se sei qui,
rispondimi!»
Infilò la mano in tasca ed
estrasse il cellulare,
premendo il tasto per la chiamata rapida.
La chiamata andò a vuoto e
l’ansia artigliò lo
stomaco di Kurt.
Provò ancora ed ancora,
fermandosi solo quando il
suo cellulare squillò tra una telefonata e l’altra.
Cooper.
«Coop? Blaine è – »
«Che cazzo hai fatto a mio
fratello?»
«Io non... cosa? Io – »
«Si è presentato a casa
mia in lacrime, distrutto
e-e mi ha detto di aspettare un bambino! Ho dovuto fare due più due
perché non
sono riuscito a strappargli una parola di bocca e tu stai cercando di
dirmi che
non c’entri niente?»
Kurt chiuse gli occhi e si
lasciò cadere
all’indietro sul letto, il batticuore che andava calmandosi ora che
finalmente sapeva
dov’era Blaine.
«Sono uscito. Avevo solo
bisogno di un po’
d’aria, n-non volevo che se ne andasse!»
«Beh, l’ha fatto ed ora è
qui a Providence; sta
di merda ed è tutta colpa tua!»
«Lo so, mi dispiace!»
gridò Kurt, stropicciandosi
gli occhi «Ho bisogno di parlare con lui. Ho bisogno di dirgli che mi
dispiace
e... aspetta, hai detto che è a Providence? Intendi a Rhode Island?»
«Sì, è qui, e no, non puoi
parlare con lui in
questo momento. Sta dormendo. Vedrò se vuole chiamarti domattina ma non
esiste
proprio che io lo svegli per te»
«Cooper, per favore!»
«No, fottiti, Kurt. Non ho
idea di cosa tu abbia
fatto o detto per sconvolgere Blaine così tanto, ma se ha messo il culo
su un
autobus o un treno o come diavolo è arrivato fin qui e si è mostrato
alla mia
porta come un cucciolo abbandonato, sono dannatamente certo di non
volerti
offrire alcuna comprensione in questo momento»
«Coop – »
La comunicazione si
interruppe e Kurt urlò,
sbattendo il cellulare sul pavimento.
Sbatté il pugno sul
materasso prima di coprirsi
il viso con un braccio.
Questa volta aveva davvero
mandato tutto a
puttane.
Note della traduttrice
Ho poco, pochissimo tempo
a mia disposizione per
cui bando alle ciance e passiamo a ciò che è veramente importante:
ringraziarvi.
Grazie mille a chi legge
in silenzio, a chi
preferisce, a chi ricorda, a chi segue. È sempre bello vedere qualcuno
apprezzare
e supportare un progetto come questo.
E, come sempre, un
ringraziamento davvero
sentitissimo va a chi ha speso parte del proprio tempo per lasciarmi un
parere
su quest’incredibile storia e sulla mia, spero decente, traduzione:
ragazze, lasciate
che vi dica che “Credo che sia adorabile.
Voi siete adorabili” – così, giusto per ficcarci una citazione
proprio a
caso, eh xD
A questo punto, vi ricordo
che siete sempre
invitatissimi a farmi sapere la vostra opinione e che per qualsiasi
domanda
potete inviarmi un messaggio :)
Il prossimo aggiornamento
è previsto, tocchiamoci
in segno di scaramanzia, per domenica – spero di avere più tempo per
scambiare
un paio di parole in più!
A presto.
Killing
Loneliness.