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Autore: Beautiful Disaster    08/12/2007    1 recensioni
Elo, una ragazza piena di problemi. Un angelo che arriva nella sua vita e lei crede che sia possibile 'ricominciare'. Protagonisti una delle mie band preferite, i MCR.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Non accenna a calmarsi, maledetta pioggia. Ho i piedi gelati, mi sento la febbre e questo dannato autobus non vuole passare. E quel ragazzo, quel Frank. Dannato angel, mi ha rovinato una serata. Idiota. Ecco, adesso ho anche le allucinazioni…oppure è davvero lui che sta correndo verso di me. È davvero lui. Questa figura minuta, così buffa…non è altissimo, ha un giubbotto di jeans, probabilmente imbottito e il cappuccio della felpa in testa. Io morirei di freddo al suo posto, con queste temperature. Vengo dal Mar Mediterraneo, io. Mi chiedo ancora cosa ci faccio qui. Nemmeno mi volto, mi sento quasi indispettita mentre l’imbarazzo mi attanaglia le viscere. Le gocce sul mio viso stanno evaporando, ne sono sicura. Sono ridicola. Si avvicina per ripararsi sotto la cupola di plastica della fermata, è affannato. Cerca di dire qualcosa, poi si ferma e riprende fiato “Non mi…hai nemm…nemmeno detto…come…ti chiami…” riesce a sibilare tra i respiri affannati. È piegato sulle ginocchia, con le mani sulle coscie. Tenta di riprender fiato ancora una volta e d’istinto lo tiro su da un braccio “Ti senti bene?” sono quasi in ansia adesso. Per un tipo che ho conosciuto cinque minuti fa. Mi sorride quasi per rassicurarmi “Si, è tutto ok” sorride ancora. Sorride sempre, quasi avesse voglia di regalarmi un po’ della sua innata gioia. “Puoi chiamarmi Elo” “E’ un piacere Elo” afferra la mia mano destra con tutte e due le mani e la scuote gentilmente. Emana calora, sia dalle mani sia dai suoi bei sorrisi, sembra una stufetta, ma se sta qui si raffredderà anche lui. “Vieni con me” dice tirando fuori un mazzo di chiavi. “Scusa?” spero di aver ben simulato un finto tono sorpreso, perché ho capito che vuole offrirmi un passaggio. Angelo che non sei altro. Mi sembra di conoscerti da una vita. “Su, ti do un passaggio” “No aspetto l’autobus…grazie per il pensiero”. Non ho voglia di relazionarmi adesso, così, in un periodo che più storto di così non potrebbe essere. Non mi va di mostrare le mie debolezze, perché quello che ne uscirebbe sarebbe esclusivamente quello. Mi guarda quasi divertito “L’ultimo autobus è passato quasi un’ora fa” Accidenti. “Non sei della zona vero?” Quante cose vorrei dirti se solo… “In effetti no” “Dai andiamo” con una mano mi prende le tele, l’altra la tende a me. È un contatto che mi turberebbe non poco Frank. Con un movimento quasi incerto mi cinge il polso, lievemente, lasciando poi scivolare la sua mano nella mia. Adesso la stringe forte. La stringo forte. “Al mio tre inizia a correre più che puoi” dice sornione, quasi stessimo per fare una marachella. Mi sta quasi contagiando con la sua allegria. “Un, due, tre…VIA!”. Iniziamo a correre sotto la pioggia, manca un niente che scivoliamo arrivando col sedere nella famosa pozza, davanti la porta del bar dove il cameriere in ghingheri sull’uscio scruta il costante scendere della pioggia, sempre più intensamente cade giù. Lo sorprendiamo a guardarci impalato e scioccato, chi se l’immaginava che avrebbe detto qualcosa! “EHI! A LUI LE FAI TENERE LE TUE TELE PERO’!” mi urla contro. È così divertente che un dito medio alzato non glielo toglie nessuno! Adesso Frank sta ridendo a squarciagola mentre i capelli fradici gli si sono appiccicati sul volto. Ed io con lui. Sto ridendo. Per un momento, in questo dannato meraviglioso momento è come se fossi tornata dieci anni indietro, ai tempi dell’oratorio duranti quegli assolati pomeriggi domenicali passati a correre, ridere e giocare a calcio coi maschietti. Spensieratezza dove sei? Sarebbe tutto perfetto se tu fossi qui. Adesso le cose sono due: o rapisco quest’angelo e lo porto via con me o mi godo appieno questo momento come fosse l’ultimo della mia vita. Ma so già che non farò nessuna delle due cose.

Sono già le 8, sarà una mezz’oretta di strada da dove siamo adesso a casa mia. Siamo già partiti da una decina di minuti. La pioggia non accenna a fermarsi, continua asbattere sul parabrezza ad una velocità tale che i tergicristalli faticano a tirarla via tutta. “Dimmi qualcosa” esordisce lui dopo quasi un quarto d’ora di totale silenzio. “Cosa vuoi sapere?” non vorrei farlo, ma il mio muro sta per alzarsi nuovamente. Si volta verso di me e mi sta a guardare con la smorfia di chi si sta sforzando di trovare qualcosa di intelligente da dire. “Cosa ci facevi da queste parti?” Uhm, impiccione. Tenero impiccione. “dovevo far vedere le tele ad un…esperto” quell’attimo di scetticismo misto a titubanzabasta per permettergli di capire che l’incontro non è andato bene. No, tutt’altro. Bell’esperto mi ha lasciato anche il suo biglietto da visita ‘Pupa, chiamami se cambi idea’ è stata l’ultima cosa che mi ha detto mente sbattevo la porta del suo lurido appartamento alle mie spalle. È a pochi isolati da qui il suo locale a quanto ho capito. No, non sono ancora tanto disperata da andarmi a spogliare nel suo locale. Ma proprio per nulla. Che idiota! Se ci penso adesso, mi viene da ridere… “Perché sorridi?” mi dice Frank riportando la mia attenzione su di lui. Si acciglia leggermente mentre mi osserva incuriosito. È disarmante quando mostra queste piccole, intense movenze. “Niente, lascia stare…” gli dico sorridendo. “Sei proprio strana” mi dice annuendo vistosamente. “ Mi sarei stupita se non me l’avessi detto!” ecco di nuovo la sua risata, solare e infantile. Cattura.

“Accosta, siamo arrivati” gli dico prontamente facendolo saltare quasi in aria. Spegne l’auto e mi fissa preoccupato. “Ma non ci sono case qui…” dice guardandosi intorno mentre i suoi occhi cadono su fabbriche in disuso e vecchi hotel. “Si, nella traversina più avanti. È una strada senza uscita, per questo ti ho fatto fermare qui”. Mi guarda perplesso, ma non ribatte. Non ci penso minimamente ad espormi così…quel quartiere desolato, il mio buco. Non voglio che il ragazzo dal Rolex magico veda dove abito. “Aspetto che imbocchi il vicolo e poi vado”. Ha un tono apprensivo, quasi preoccupato. La sua mano ora è appoggiata sulla mia spalla. Mi volto a guardarlo mentre infila una mano nel taschino del giubbotto. Tira fuori le sigarette e ne sfila una dal pacchetto. “Tieni.” Il suo tono è estremamente dolce. E la mia mano titubante nel prenderla. “ Ma come facevi a…” sorride “Ho visto che le fissavi quando ti sei avvicinata al mio tavolo”. Tremendo! “Allora mi avevi vista?!” “Si…”mostra di nuovo quel sorrisino di chi la sa lunga. “Grazie” gli mostro una smorfia indispettita, prendo la sigaretta e scendo dall’auto. L’aria è ancora gelida, anche se ha appena smesso di piovere, come se il cielo aspettasse un mio…segno di vita per smettere di piangere.
   
 
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