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Autore: Beautiful Disaster    08/12/2007    3 recensioni
Elo, una ragazza piena di problemi. Un angelo che arriva nella sua vita e lei crede che sia possibile 'ricominciare'. Protagonisti una delle mie band preferite, i MCR.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Non aveva mai piovuto così tanto, che io mi ricordi, da quando sono qui. Sembra che stia per venir giù il cielo. Accidenti. Corro con le mie tele sottobraccio con un lembo del mio misero cappotto che sto tenendo su cercando di riparare i miei lavori. Si, in effetti mi importa più di loro che della mia testa. Urto un passante, anche lui corre in cerca di un riparo “Mi scusi” dice distratto mentre continua la sua affannosa ricerca. Troppo tardi per far qualcosa, le mie tele sono già finite nell’unica pozza che ho cercato invano di evitare. Ore ed ore di lavoro andate. Il colore sciolto si mischia all’acqua piovana, colorando tutto intorno, arrivando alla punta dei miei scarponcini. Almeno ho avuto l’idea di metterli al posto delle solite, care, comode scarpe da ginnastica. Le raccolgo come posso, evitando di finire io stessa nella pozza…ci mancherebbe anche questa oggi. Continuo la mia ricerca terminata nell’infilarmi nel primo bar capitatomi a tiro. Entro, mi scrollo l’acqua di dosso stile cane infreddolito, le imprecazioni non le conto nemmeno più, scivolano via da sole come il colore dalle mie tele. I camerieri mi stanno praticamente uccidendo con gli occhi per aver inzuppato il pavimento…ma vadano al diavolo loro nelle loro uniformi strette e asciutte. Uno di loro si avvicina comunque per offrirmi aiuto “Mi dia il cappotto signorina, è fradicia. Vuole un asciugamani?” non sopporto questa finta premura “No, solo un caffè” continua a guardarmi come se avessi la peste. “Puo’ accomodarsi in fondo, il tavolo sulla destra” fa per prendere le tele “No, queste no. Grazie.! Sono gelosa, quasi ossessivamente, delle mie tele, specialmente quando sono ancora delle bozze ed io stessa evito di guardarle se non quando le appoggio sul cavalletto pronta a continuare, rivedere o modificare il mio lavoro. Mi avvio al tavolo indicatomi, mi siedo, poggio le tele sulla sedia di fianco alla mia e cerco invano di mettere apposto i capelli, che adesso cadono gocciolanti sulle mie spalle. Mi raggiunge una cameriera “vuole ordinare?” i capelli biondissimi raccolti in un toupè, qualche lentiggine sul naso e sulle gote “si, mi porti un caffè”. Mentre si allontana noto il suo corpo perfetto ed il passo aggraziato. Avrà più o meno 17 anni, a vederla così d’impatto e la prima cosa che mi passa per la testa è che sia una delle tante ragazze europee portata qui con la promessa del sogno americano, un film, una passerella importante…con la cruda realtà di esser poi buttata in mezzo ad una strada. Perlomeno le è andata bene. Non credo di vaneggiare, proprio per nulla, non mi faccio da tre giorni…sono solo i suoi occhi di un buio blu. Spenti. Rieccola che interrompe i miei pensieri e non saprà mai che erano incentrati su di lei…magari ci riderebbe anche su dicendomi di essere una ricca ereditiera ribelle che ha scelto quel lavoro per fare un torto al padre. “Ecco il suo caffè” “Grazie” le rivolgo un sorriso mentre si è già avviata verso un altro tavolo. Bevo un sorso, è bollente. Guardo le mie tele, avrebbero dovuto essere già a casa al sicuro. È tutto quello che ho, l’unica speranza perché possa continuare a star qui. I soldi, Dio santissimo sono quasi finiti…non posso nemmeno tornarmene in Italia in caso di fallimento. Fallimento. Non sarebbe una cosa tanto dolorosa da affrontare…terminare e ricominciare, come ho sempre fatto fin’ora qualsiasi cosa abbia fatto. Ho mal di testa, probabilmente avrò già qualche linea di febbre, ma il cielo non mi permette di andarmene da qui, sembra quasi lo faccia apposta. Mi incatena qui, in questo stupido bar di snob…non è nemmeno di classe, fa praticamente schifo. 

È già buio, sono le 7 passate e il bar è già semivuoto, solo due anziani nel tavolo vicino la porta mentre accanto al mio c’è ancora quel ragazzo che da quando sono arrivata non ha alzato un attimo gli occhi. Continua a tamburellare con le dita sul tavolo assorto nelle sue riflessioni, di tanto in tanto beve un sorso dalla sua tazza. Un ciuffo ribelle gli cade sul viso nascondendo i suoi occhi. Continua a fissare quei fogli, pensoso. Un pacchetto di Camel Light sul tavolo. Cristo, devo chiedergliene una. Non so se è il caso che mi avvicini, sembra stia facendo qualcosa di importante. Tanto, peggio di così non potrà mai andare questa giornata, al limite mi prenderà per una barbona e mi caccerà col gesto di una mano. Scosto la sedia, cerco di darmi un attimo un aspetto che sembri accettabile, mi preparo il sorriso più falso della mia vita. Tutto per una dannata sigaretta. Non fa una piega, non si è nemmeno accorto che c’è qualcuno in piedi davanti a lui. Non posso fare a meno di fissarlo per qualche secondo, quieto, chino sui suoi fogli. Note, frasi…è un musicista. Potrei rimanere impalata qui a guardarlo per ore se solo potessi e se solo il richiamo della nicotina me lo permettesse. Imbarazzo. Distolgo lo sguardo per tornare alla realtà. Che sciocchezze mi passano per la testa! Non ho proprio tempo per queste cose…cioè, una volta gli avrei anche chiesto il numero di telefono, ma la vecchia mè lo avrebbe fatto. Non io, non ne ho voglia. Non più. Attiro la sua attenzione con un finto colpo di tosse ed eccolo che alza il viso. Si scosta i capelli dagli occhi. Due occhi furbi, grandi e verdi. Nel momento stesso in cui il suo sguardo incontra il mio tutto diventa buio lasciando così modo a quei fari di esplodere di luce tutto intorno. Credo che potrei passare tutta la vita al suo fianco…fortuna per me che il cinismo sviluppato in questi ultimi due anni della mia vita non mi permette di credere nei colpi di fulmine. Ma in realtà, non ci ho mai creduto. E poi che sciocchezze vado pensando…guarda che cazzo di Rolex ha al polso. Povera disgraziata. Un sorrisone si fa spazio sul suo viso…non è da tutti accogliere in questo modo una perfetta sconosciuta, fradicia e che per giunta ti sta bagnando tutti gli appunti col gocciolare dei cappelli. “Scusami…io…non volevo…” mi ritraggo imbarazzata. Bene, questa figuraccia non era prevista nell’elenco delle sfighe di oggi. “No è tutto ok…” prende i fogli e li accartoccia “Tanto faceva pena”. Mi guarda. “Ciao!” mi tende la mano “Io sono Frank”. Accidenti, cioè…l’ho disturbato, ho rovinato il suo lavoro…e lui…incredibile. “Sai parlare?” la sua battuta mi coglie di sorpresa, ma almeno rompe il mio divagare. Sento che non posso continuare a sostenere questa situazione. La mia totale insicurezza davanti una persona così…bella in questa situazione imbarazzante e ridicola in un momento nel quale vorrei essere rintanata nel mio buco di casa, asciutta nel mio letto a lavorare sulle mie bozze non sciolte! Però trovo lo stesso il modo di rispondergli. Imbarazzata come prima. “Si…ehm…scusa, ti avevo scambiato per un’altra persona” Ma che scusa idiota! Si mette a ridere, sornione “Ma come, sei seduta lì da un’ora, davanti a me…” anche la beffa adesso. Però mi aveva vista…probabilmente allora era davvero un lavoro riuscito male se ha avuto il tempo di accorgersi di me. “Scusa, devo andare” volto le spalle per andar via. Meglio correre a casa. Piove ancora, tanto sono già bagnata…aspetterò l’autobus qualche fermata più vanti in questo stesso isolato. Imbraccio le mie tele, pago il conto mentre un cameriere mi restituisce il cappotto. Il ragazzo alle mie spalle cerca di dirmi qualcosa ma faccio finta di non sentirlo. Per stasera ne ho passate già troppe… mi ci mancava solo un piccolo angelo con gli occhi grandi e l’ironia serrata che mi svolazza intorno! 
   
 
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