Il
tempo. In fondo cos’era il tempo? Qualcosa di impercettibile, impalpabile,
eppure scorreva via inesorabile, senza sosta, incurante delle vicende umane. Da
sempre gli uomini avevano cercato un modo per rendere tangibile il passare del
tempo, per misurarlo e potere così, in un certo qual modo, controllarlo. Per
questo motivo erano state inventate meridiane, clessidre, e infine gli orologi…
Sollevò
lo sguardo dal suo banco di lavoro e rivolse un’occhiata soddisfatta alla sua
bottega. Orologi di ogni sorta ticchettavano diligentemente tutt’intorno a lui.
Li aveva realizzati da solo, uno per uno.
La
gente li ammirava per la bellezza dell’involucro esterno; ma egli sapeva che le
lancette dorate, gli intagli del legno, l’eleganza della forma non erano altro
che specchietti per le allodole, piccole astuzie per convincere ricchi
compratori ad acquistarli.
La
vera meraviglia, ciò che contava realmente, erano i complicati meccanismi che
li facevano funzionare, gli ingranaggi, le molle, i contrappesi. Ogni singolo
pezzo doveva essere realizzato con assoluta precisione, e poi montato con cura;
e ciò richiedeva una vista molto acuta e mano ferma, poiché si trattava di
parti molto piccole e delicate. Terminato questo lavoro di infinita pazienza,
ecco bastava caricarlo e l’orologio iniziava a marciare, preciso, con un
leggero ticchettio che era musica per le sue orecchie.
Solo
uno dei suoi orologi non era in vendita, ed egli lo serbava per sé. Si trattava
di un orologio da taschino in vetro trasparente, che lasciava intravedere al
suo interno il lento funzionamento delle ruote dentate e degli innumerevoli
altri congegni. Fragilissimo, lo teneva chiuso in un cofanetto foderato di
velluto, e di tanto in tanto lo tirava fuori per guardarlo.