Anime & Manga > Card Captor Sakura
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Autore: Sakura94    08/12/2007    3 recensioni
- Potresti regalarmi il tuo orsacchiotto? Lui si avvicina, imbarazzato e incerto. Le porge il peluche e le loro mani si sfiorano. Gli ultimi ricordi di Lee rimbombano nella sua mente come un' eco incessante. Le lacrime scorrono lente e inesorabili dai suoi occhi, mentre dice addio al suo unico amore. I sentimenti e le emozioni dei due ragazzi visti dagli occhi di Lee. Ma una nuova speranza si accende nei loro cuori e forse, il destino, deciderà di farli rincontrare...
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kero-chan -Cerberus, Lee Shaoran, Meiling, Sakura, Sakura Kinomoto, Tomoyo Daidouji
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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The sunset in your eyes





1. Dimentica il passato


In lontananza scorgevo Tomoeda avvolta dalla nebbia. Mi bruciavano gli occhi per le troppe lacrime represse. Strinsi le mani, a formare un pugno, per riprovare quella carezza che Lei mi aveva fatto. La sua mano affusolata aveva sfiorato la mia, lasciando un orma indelebile sulla mia pelle e nei miei ricordi.
Come avrei voluto rimanere in quella città, ma gli ordini di mia madre non si discutono. Finalmente una lacrima spuntò, scorrendo veloce sul profilo della mia guancia e raggiungendo l' angolo destro della mia bocca. Assaporai il suo gusto salmastro sulle labbra.
Chiusi gli occhi, sognando l' immagine stupenda che avevo di Lei. Credo che arrossii.
Mi abbandonai alla stanchezza, che mi trascinò in un lungo e profondo sonno.
Quando mi risvegliai stavamo sorvolando un grazioso paese vicino a Hon Kong. Osservai le piccole case di legno costruite vicino al fiume; ogni edificio aveva una lanterna rossa all' entrata.
Oltre il paese si estendeva un' enorme pianura, incorniciata da piccoli altopiani. Il cielo stava diventando scuro e si stava popolando di mille stelle. Desiderai essere lì sotto con Sakura. Lei avrebbe apprezzato quel meraviglioso quadro naturale. Aprii il mio zainetto e guardai all' interno: merendine, acqua, libri...Niente che potesse alleviare la mia nostalgia.
Finalmente, in lontanaza, scorgemmo l' imponente aeroporto di Hon Kong, illuminato da centinaia di lampadari. Mi spuntò un lieve sorriso sulle labbra: dopotutto ero a casa.
L' aereo frenò bruscamente, continuando a muoversi per qualche metro. Poi si arrestò, facendo sobbalzare tutti quelli che erano in piedi. Dopodichè si aprirono le porte, con un rumore freddo e metallico. Tutti i passeggeri, compresi io e il mio magiordomo, si alzarono, ostruendo le uscite.
Le scale erano una ventina, ma gia da quell' altezza scorsi Mey-Ling che si dimenava tra la folla. Le feci un cenno col braccio, poi corsi giu per la scalinata raggiungendo mia cugina.
- Oh Lee! Non sai quanto mi sei mancato!
Mi abbracciò forte, in una stretta quasi mortale, che mi avvolse tutto.
- Ehm...Ciao...
- Ehi, Lee...cos'hai? Ti vedo giu!
- Bhe, è difficile a dirsi. Anzi, è meglio se te lo racconto a casa.
Mey-Ling rimase stupita da quello che le avevo detto, ma non avevo voglia di parlare. Le parole si erano serrate in gola, e se avessi parlato avrebbe notato che la mia voce era rotta dal pianto. Si, avevo una terribile voglia di piangere, ma non lo feci, frenato dall' orgoglio che serbavo.
Mia cugina mi raggiunse, facendosi largo tra la folla. Giungemmo al taxi, dove James ci stava aspettando. Salimmo, e notai che Mey mi osservava con insistenza, forse cercava di leggere nei miei occhi quello che provavo. E forse ci era riuscita.
Durante tutto il viaggio stettimo in silenzio, anche se si respirava benissimo un' aria appesantita dalla preoccupazione.
Dopo una mezz' oretta buona, il taxi si arrestò. James pagò il conto e scendemmo sul marciapiede. L' auto ripartì seguita da una scia di fumo.
Davanti a noi si ergeva la nostra casa, imponente e colossale in perfetto stile cinese. Mey-Ling percorse veloce le scale e sgattaiolò fugace dentro l' edificio. Io la seguii arrancando. Porsi le valigie a James e salii mogio la scalinata.
Finalmente arrivai davanti al portone di legno scuro. Esitai, poi spinsi e si aprii ai miei occhi uno spettacolo che non vedevo da tempo: la mia casa. I mobili erano lucidi e antichi come sempre, il pavimento cerato e scivoloso e le centinaia di quadri appesi erano al loro posto.
Entrai, lasciando la porta aperta per il magiordomo che sopraggiunse dopo qualche minuto.
Una donna dai lineamenti delicati, il viso pallido e un trucco pesante, mi si appostò davanti.
- Ciao tesoro.
Disse, abbracciandomi. Stavolta sentii un morbido calore avvolgere il mio corpo e un profumo delicato si insinuò nelle mie narici.
Ero a casa.

  
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