Capitolo 6
Ferita dell’animo.
Drawstring.
Durante la notte, come
previsto, attraversiamo l'isola costeggiando un area piuttosto tortuosa.
Al sorgere del
sole giungiamo al porticciolo dove ci attendono Juan e Robert, gli uomini
incaricati da Jack per recuperare il suo
ordine.
I due pirati salgono a bordo,
come programmato con il pacco richiesto dal Capitano che si assicura venga
riposto nella stanza da lui indicata.
Osservandoli bene sono certa
di non aver mai conosciuto entrambi!
Mi trovo sul castello di prua
intenta ad armeggiare col sartiame, è ancora presto e sul ponte regna
un’atmosfera tranquilla, Andrè in cucina può benissimo cavarsela da solo con
tutta calma.
Ormai sono
diventata abbastanza abile in questi lavoretti manuali, riesco persino a
intrecciare le cime con una discreta velocità senza guardare quello che faccio
proprio come sto agendo in questo momento.
E poi mi ricorda tantissimo
come prendeva seriamente anche una piccola cosa come questa il mio dolce
Dylan.
In delle corde di canapa
consumate rivedo le sue manine arrossate dal ruvido cavo, che si insinuano
benissimo nelle piccole fessure, realizzando con una facilità sorprendente anche
un Gassa d’amante (nodo simile al cappio ma con una
funzione diversa NdAutori) , e poi disfarlo come nulla fosse. Dio
quanto mi manchi, piccolino.
A volte vorrei
avere anche solo la metà del coraggio da te dimostrato, dove hai trovato tutta
la forza per affrontare ciò a cui sei andato in contro con la tua
scelta?
Ah, ma non temere. Un giorno
troverò il modo per chiedertelo! La tua Mozzarella ti troverà ovunque tu
sia.
Sono
sopravissuta alla pistola del temibile Hayez Nick, non c’è nulla che mi possa
fermare. Attraverserei a nuoto anche l’immenso mare dei nove cieli celesti per
giungere fino a te.
Così tu, piccolo birbante,
potrai essere il mio testimone di nozze. Io ti cucinerò le patatine fritte con
il ketchup, le mangeremo insieme a Jack ed infine ci racconterai come te la
passi nel tuo secolo lontano.
Sappi che non
perderò la speranza di rincontrarti fin quando non avrò anche solo un’unica
particella d’aria nei polmoni o la vitalità di un battito nel mio
cuore!
Fantastico su questi miei
desideri in silenzio, con un lieve sorriso sottilmente amareggiato che sfocia in
qualche lacrima che non riesco davvero a
trattenere.
So bene che il mio funghetto
detesterebbe vedermi piangere, perciò porto una mano al viso per asciugarmele in
fretta, ma il mio gesto viene ostacolato da un appiglio: l’intreccio nodale che sto creando si attorciglia a
un sottile laccio nero che porto legato intorno al
polso.
Ridacchiano
divertita lo sciolgo e rimango a contemplarlo per un istante rammentando la
scorsa notte:
“Tieni
questo!”
“Che cos’è Jack, filo
interdentale seicentesco che hai ricavato sfilacciando una vela della tua
preziosa nave?!”
Ricevetti da lui
un’occhiataccia sinistra, mentre dentro di me risi a più non posso, cercando di
non darlo a vedere.
JACK: “No viziata
saputella…”
IO: “Cosa?!? 3
parole 2 insulti? Sei scorretto!” ammonii
ingiuriata.
JACK: “Pirata” ribadì
orgoglioso con un sorrisino sornione.
Dopo riavermi messo il
broncio, continuò in tono pacato: “Apparteneva al tuo coraggioso fratellino!”
“Cos…?” Mi si spezzò
letteralmente la voce in gola mentre porsi la
mano per prenderlo.
JACK: “L’ho conservato perché
supponevo che ti avrebbe fatto
pi-…”
“Grazie Jack!”
l’interruppi quasi con gli occhi pieni di
lacrime.
“Di nulla dolcezza.” Rispose
dolcemente.
Nella
commozione non riuscii quasi a tenerlo fra le mani, così affinché non lo
perdessi il Capitano si preoccupò di tenerlo al sicuro intorno al mio
polso.
“Questo filo intercostale
come dici tu…”
“I-n-t-e-r-d-e-n-t-a-l-e
Jack, interdentale! Non intercostale!” lo corressi
ridendo.
“E io cosa ho detto?!” sbottò
infastidito. “…Serve anche per ricordarti che al calar del sole sulla linea
dell’orizzonte sei unicamente mia!”
Unicamente
tua eh…
Argh, razza di gelosone
sentimentale che non sei altro…! Non ti sei mai reso conto che lo sono dal primo
istante in cui chissà per quale motivo sono incappata in una delle celle della
tua nave?!
“HEYLA’!”
Un vocione alticcio mi fa
sussultare notevolmente.
“Salve
zuccherino…”
Zuccherino a
chi?!?
Nonostante il viso arrossato
e gonfio riconosco alla distanza di pochi passi da me quell’infame manigoldo
di nome Albert che poco tempo fa si è permesso
di contestare il mio poco amore verso il rhum coinvolgendo anche il povero Andrè
che non ne aveva colpa.
Mi metto in
guardia assumendo una postura più rigida e uno sguardo minaccioso, per quanto
possa servire nei confronti di un ubriaco fradicio.
Compie squallidamente
parecchie vedute complete del mio corpo, come se alla pari di Superman potesse
vedere al di sotto dei miei vestiti, dopo di che inizia a parlare con voce
impastata e sguardo ammiccante, stringendo con forza a se il bottiglione di
liquore del tutto vuoto per l’eccitazione.
Se solo prova
a sfiorarmi ho una gamba libera e pronta a sferrargli un calcio, dopo il quale si
ritroverebbe un mio stivale in gola e almeno la metà dei denti che ora
possiede!
ALBERT: “Posso…hic…Aiutarti
magari, diciamo… Ad impiegare il tempo in miglior
modo…?”
Perché nessuno
mai di questa ciurma mi offre una tazza di the o che so
io!?!
IO: “Siete ‘gentile’, signore.
Ma come vede sono già ben occupata!” controbatto
innervosita.
ALBERT: “Ne
siete davvero certa, cara?” insiste avvicinandosi ancora un po’ di più, cercando
di assumere una intonazione libidinosa.
Una sensazione di nausea
m’invade, dalle narici percepisco il suo cattivo odore misto a sterco, cenere,
alcool e sudore.
Diiiiiio mio,
ecco perché questi tizi non vivevano a lungo: se li rinchiudevano tutti in una
stanza morivano asfissiati, sono peggio dei lacrimogeni, sono armi a distruzione
di massa!!!
Ok Jen, non vomitare non
vomitare non vomitare, trattieni il respiro più che puoi e pensa a
qualcosa!!!
“B-bhe…”
balbetto cercando di tapparmi il naso, senza attirar
l'attenzione.
Mentre cerco
di allontanarmi a piccoli sforzi dalla sua nube maleodorante, abbasso lo sguardo
a terra e scorgo il Gassa di diamante che ho intrecciato prima. Mi è venuta
un’idea!
“In effetti… Potresti essermi
utile tu per qualcosa…” sussurro suadente sbattendo più volte le
ciglia.
ALBERT: “Davvero?!”
controbatte stupito.
Mi sto per
pentire amaramente di ciò che sto per fare, ma trovo sia l’unico modo per
levarmi una latrina ambulante di dosso. dato che questo maledetto ponte quando
serve è sempre vuoto. Dannazione!
IO: “Oh si, bel
stallone [piano Jen, così esageri! Se lo viene a sapere Jack mi attacca una
palla di piombo al piede…] “Avvicinati un pò di più…” esorto in un sussurro,
muovendo avanti e indietro l’indice.
Non’appena
compie un passo in più, il suo piede si attorciglia nel complicato nodo. Sei in
trappola, puzzone!
Con uno strattone faccio in
modo che si stringa intorno alla sua caviglia e quando lo è abbastanza, tiro
ancora bruscamente la corda, in modo da far finire quel delinquente per terra a
pancia all’aria.
Mi sento un
po’ Indiana Jones, mi manca solo il cappello da
Cow-boy.
Albert mugola dal pavimento
qualche verso di dolore per la forte botta alla testa, anche se gli effetti
inebrianti non gli fanno cogliere lucidamente il compiersi della mia
azione.
IO: “Ben ti
sta. Se fossi in te userei almeno una volta all’anno un briciolo di sapone.
Sai, almeno per decenza!” suggerisco disgustata prima di abbandonare lì quel
miserabile, ancora del tutto sconvolto e scosso, senza alcun minimo accenno di
soccorso.
-
Really bad eggs.
Dopo una
veloce colazione, dal ponte finalmente animato della Black Pearl si può vedere
quel piccolo frammento di terra prender vita
lentamente.
I pescatori
hanno rimosso le reti da pesca già durante il nostro arrivo ed ora si dirigono,
come noi, verso il mercato che è allestito nella piazza al centro del paese.
Io, Jack e altri cinque
membri della ciurma siamo scesi a terra, doveva esserci anche il caro Albert, ma
stranamente accusava un fortissimo mal di testa che ha
riconosciuto come un effetto post-sbornia. Sono fiera del mio
lavoro!
Camminiamo un po’
scompostamente per le strette stradine lastricate in pietra, seguiamo una sorta
di flusso migratorio creato dall’eccedente via-vai dove tutti si accalcano per
conquistarsi prima di ogni altro un angolo del mercato dove piazzare la propria
bancarella o farvi visita.
Durante il nostro passaggio
però succede qualcosa che mi ferisce profondamente: per raggiungere la piazza
dobbiamo attraversare il centro abitato e qui ci imbattiamo per caso in dei
ragazzini. Questa parte dell’isola sembra non essere particolarmente ricca, bensì
piuttosto disagiata.
Non ho ancora avuto occasione
di osservare i bambini di quest’epoca, mi ritrovo a soffermarci lo sguardo con
un luminoso sorriso involontario.
Gli altri pirati proseguono,
solo Jack vedendo che ho rallentato il passo mi aspetta
paziente.
Quei giovincelli vestiti di
pezze stanno giocando con una specie di trottola di legno molto arcaica, ma che
loro si contendono un po’ a testa, ritenendola più prestigiosa del cibo.
Rallento fino a fermarmi
dinanzi loro con aria trasognante, appoggiata distrattamente alla parete di
un’umile casa.
Non hanno neanche dei
scarponcini ai piedi, ma solo dei calzari di stoffa consunti e infangati, nei casi
migliori, altrimenti sfoggiano dei piedini neri e callosi.
Giocano in un punto un po’
pericoloso: proprio in mezzo alla strada, luogo che non si può di certo dire
sicuro e confortante, ma probabilmente è tutto ciò che
hanno…
Sono molto vispi e attenti,
seguono i movimenti circolari del giocattolo come se da quello dipendesse la
loro vita stessa, e ascoltando i loro discorsi seppur storpiati da uno strano
accento che non capisco perfettamente sembrerebbe che ci apportino delle specie
di scommesse.
In palio c’è una buccia di
frutta o un mezzo biscotto, non hanno altro per il quale
ambire.
Improvvisamente uno di loro
eletto “sentinella del gruppo” incrocia lo sguardo con il mio e sbianca in
volto.
Tramortisco anche io per la
sorpresa, che succede?
Il fanciullo di vedetta
scuote tutti gli altri atterrito mantenendo lo
sguardo fisso su di me. Quando assume l’attenzione generale, sussurra balbettante ,
in un accento che interpreto come spagnolo o messicano:
“Pirata”.
Pirata io?!? NO! Oh si, Ne ho
tutto l’aspetto a dire il vero.
Nel giro di un secondo quei
14 occhietti vispi che osservavo spensierata, ricordandone altri 2 uguali ai miei
(Dylan NdAutori), sono incollati completamente sulla mia figura.
Chi di loro
spaventato, tremante oppure solo zittito.
Sta di fatto che la mia mente
farà fatica a dimenticare quei 7 sguardi colmi di
terrore.
I miei arti si pietrificano e
dallo stomaco mi giunge una fitta di dolore misto a dispiacere… Che cosa hanno
fatto di così terribile i pirati a questi poveri bambini per farli reagire in
tal modo?
Dischiudo la bocca per dire
qualche parola che dovrebbe risultare rassicurante, ma ne fuoriescono solo suoni
indistinti i quali non risolvono proprio nulla.
Jack interviene arrivando
alle mie spalle, non’appena mi si avvicina i bambini afferrano le pochissime
cose che possiedono e scompaiono come ombre negli stretti vicoli di West
Caicos.
JACK: “Vieni, tesoro… andiamo. Ogni uomo che indietro rimane indietro viene lasciato!” sussurra crucciato una volta da soli, trascinandomi via per riprendere il passo del resto della ciurma.
Sono ancora
confusa e del tutto mortificata, ma seguo l’esortazione del comandante senza
tirarmi indietro.
Mi avvolge dalle spalle prendendomi sotto
la sua ala custode e ci incamminiamo allontanandoci sempre più da quel stretto
vicolo, diretti alla piazza principale.
Prima che sparisca dalla
nostra visuale mi volto in fretta ad osservare ciò che ci lasciamo alle spalle:
la stradina è ancora interamente vuota, a causa mia quei bambini non vi faranno
mai più ritorno.
Riporto lo sguardo afflitto
dritto di fronte a me, ma non riesco a tenerlo più alto della punta dei miei
stivali.
La reazione di quei
giovinetti mi ha lasciato un grandissimo vuoto e un senso di inadeguatezza quasi
lancinante.
Essendo pirati sapevo di non
essere ben visti dalla gente, li disprezzavo anche io che non dovevo conviverci
nel mio tempo, ma non credevo così! Li temono come la
peste…
Lascio che la mia nuca si
pieghi lentamente fino ad appoggiarsi sul petto di Jack ricercando un soffio di
sicurezza almeno in lui.
“Cosa intendevi con quella
tua affermazione?” domando con tono spento di ogni
emozione.
JACK: “Il codice dei pirati è
chiaro!” sostiene spavaldo.
Il cosa?!
“Esiste un codice di voi
pirati?!?” domando frastornata.
JACK: “E’ solo
una sorta di traccia…” conviene chiudendo in fretta il
discorso.
Non mi convince affatto, lo
dice solo perché mi crede troppo ingenua. Oppure questo fatto non gli va
particolarmente a genio, (infatti è così!!! Lol Riguardo paparino Teague :P
NdCapitana) Jack Sparrow non è uomo da sottomettersi a precise regole, neanche
se fosse Dio in persona a dettarle. Persino il suo cognome è una chiara
allusione alla libertà!
Nel corso del
tragitto, mentre ci avviciniamo sempre di più al mercato, noto che alcune case
hanno subito dei gravi danni: segni evidenti di saccheggiamenti, vetri rotti,
stanze devastate, porte diroccate…
Ora ho un’allettante conferma
e motivazione della reazione a cui mi han
sottoposta.
Anche se, riflettendoci bene…
Le persone che vivono in questo luogo non dovrebbero essere abituate a
scontrarsi spesso con certi individui? Come mai si sono spaventati in quel modo
dinanzi a me, cosa sarà mai accaduto qui?
“…Secondo te… Per quale
motivo quei bambini hanno reagito in modo così atterrito vedendomi?” domando al
Capitano in un mesto filo di voce.
JACK: “Perché non hanno mai
visto un angelo alla luce del giorno!” confuta guardandosi intorno evitando il mio sguardo.
Probabilmente nemmeno lui sa
qualcosa di quest’isola, altrimenti me l’avrebbe riferito con il suo
atteggiamento saccente.
IO: “Non è il momento di fare
il sentimentale sai… Io sono seria!” l’avverto con una nota
spazientita.
Finalmente abbassa la nuca su
di me e mi rivolge un'occhiata eloquente: “D’accordo dolcezza, come vuoi tu!”
stabilisce altezzoso.
Corrugo la fronte in
un’espressione interrogativa, cosa vorresti dire?
JACK: “E’ perché… Siamo
pecore nere, gente spietata…” canticchia con un vocione sorniona, mettendomi
il sorriso.
“…Trinchiamo allegri
yo-ho!” conclude quasi saltellando sul posto giocoso, provocando in me una
risata.
Ma io come devo fare con te?!
Riesci sempre a dipingermi il riso sulle labbra, non si può tenerti il muso per
più di dieci minuti. Come diceva Dylan sei l’uomo della mia vita e anche il più
prezioso degli scrigni perché dentro di te racchiudi un bene prezioso: tutta la
mia felicità!
Marciando
ancora per pochi metri raggiungiamo la piazza del mercato: un modesto spiazzo
affollato da un grande afflusso di persone e una bercia indistinta ci investono
vista ed udito quasi intontendoci.
Non riusciamo
quasi a stare fermi, riceviamo spintoni da tutte le parti, abbiamo imboccato una
via di passaggio critica, dobbiamo allontanarci da
qui!
Persone di
ogni gruppo sociale formano una sorta di fiume umano in piena che ad ogni costo
cerca di entrare ed allontanarsi il prima possibile dal luogo in cui ci
troviamo.
IO: “Ma che
diavolo succede?” sbotto rabbiosa, cercando di ribellarmi dalle incuranti
percosse che ricevo su tutto il corpo.
JACK: “Stanno
per passare di qui le giubbe rosse della compagnia delle indie, la maggior parte
dei commercianti che si sistemano in questa piazza non hanno un permesso scritto
per starci, sono illegali. Perciò la gentaglia di qui si affretta a comprare ciò
che può prima che li scoprano e mettano dietro le sbarre.” Mi spiega a gran
voce e con fatica, dato che lui sta subendo il mio stesso trattamento. Riusciamo
a stare “vicini” solo attraverso una salda stretta di
mano.
Se qualcheduno
di questi individui cadesse a terra morirebbe calpestato da tutti gli altri,
trovo ciò a dir poco assurdo.
Improvvisamente un forte strattone proveniente dalla mano
di Jack mi conduce in una stretta nicchia fra due case costruita in
mattoni.
Riprendo fiato
ancora tramortita, osservando ad occhi sbarrati la furiosa “corrida” che si
verifica davanti ai nostri occhi.
Quando anche
il Capitano riacquista la quiete si scusa dispiaciuto: “Perdona il gesto poco
delicato chérie, ma era l’unico modo di tirarci fuori da quel mezzo
inferno.”
IO mutando subito il mio sorriso
rassicurante in uno beffardo: “Uhm, per questa volta ti perdono…” rispondo
incrociando le braccia sul petto, trattenendomi il più possibile dal
ridere.
JACK erompe
alterato: “Dovrei essere io quello che ti deve ancora perdonare per ieri sera.
Con quella cuscinata ho temuto per il mio osso del
collo!”
IO: “Oddio
tesoro, ti fa ancora male?” mi accerto preoccupata tastando delicatamente il suo
mento con la punta delle dita.
Dopo avergli
chiuso la porta in faccia ho creduto per un secondo di essere al sicuro, ma una
porta serrata a chiave non è cosa da fermare Capitan Jack
Sparrow!
Soprattutto se
ti dimentichi l’entrata secondaria aperta.
Nel giro di
trenta secondi, mentre avevo gli occhi ancora del tutto offuscati dalle lacrime
per il tanto ridere, me lo sono ritrovato davanti con un ghigno
furioso.
E’ iniziata
un’agguerrita battaglia di cuscini tra minacce digrignate ridendo, morbide
percosse ed inevitabili dispetti.
Jack preso
dall’astio per l’ingiuria appena subita, ha rovesciato a terra l’olio di una
lampada sul comò, servendosi del cuscino, provocando altresì la caduta di alcuni
oggetti lì depositati, con il solo intento di farmi
cadere.
Ma è toccato a
lui soccombere della beffa, infatti mentre mi rincorreva, dopo aver ricevuto una
mia cuscinata proprio sulla nuca con l’intento di allontanarlo, è scivolato
sulla sua stessa diabolica pensata, urtando un oggetto appuntito e causandosi da
solo un bel buco nel mento.
Ho dovuto
convocare in piena notte Andrè affinché medicasse il riluttante
Capitano.
“Nooo,
FERMA! Quel francese eunuco non oserà sfiorarmi neanche con un dito, ti
proibisco di chiamarlo!!!” si dimenò in panico come un bambino sulla poltrona
del dentista.
“Tranquilla,
tesoro. Sto benissimo, vedi? Non esce più neppure il sangue!” negò furbesco
davanti l’evidenza, mentre un rivolo vermiglio si spandeva fino al solino della
sua camicia, lungo tutto il collo.
Io l’osservai
tralice con un sopracciglio alzato e la mano appoggiata sulla maniglia della
porta.
Infine in un
gesto fulmineo spalancai la porta, mi precipitai lungo il corridoio e poi sul
ponte alla ricerca di rinforzi prima che potesse
trattenermi.
Con quel solco
nella mascella non l’avrei di certo lasciato così a versare una cascata di
sangue per tutta la notte, avevo bisogno del mio caro
dandy.
Che dopo
qualche minuto si presentò sul pianerottolo della nostra cabina, le membra gli
tremavano e i suoi occhi grigi gonfi di sonno tralasciavano l’impressione di
sapere che il suo superiore sarebbe stato molto astio nei suoi
confronti.
ANDRE’: “I-i-il est
permis?” (E’ permesso? NdAutori) balbettò a testa bassa.
Jack con in
viso un’aria truce dal primo momento in cui lo vide stette per cacciarlo via, ma
intervenni in tempo da non scoraggiare il gentile cuisinier : “Il
Capitano avrebbe bisogno del tuo aiuto, Andrè!” chiarii, definendo ogni singola
lettera a denti stretti verso Jack, per fargli capire di non essere sgarbato.
ANDRE’: “Pour
vous tuto l’aiuto che seRve, mademoiselle!” rispose solenne in un dolce
sorriso.
JACK: “Il
Capitano non vuole il tuo aiuto Andrè!!!” controbatté adirato in
falsetto.
Lui per
fortuna non gli diede ascolto e con il mio appoggio riuscì, seppur a fatica, nel
suo intento di medicare la ferita non proprio superficiale del
comandante.
“Mi avete
chiamato apena en tempo, la feRita non ha fato enfesione, ma dovRete teneRla
desinfetata almeno una volta ogni oRa adeso che est encore apeRta!” mi
raccomandò dopo la medicazione.
IO: “Grazie
mille, Andrè. Come faremmo senza di te? Anche Jack ti è molto grato, anche se non
lo da a vedere.” lo rassicurai prima che lasciasse di nuovo la cabina per
procurare i necessari medicamenti per tener pulita la ferita.
All’interno
della nostra camera da letto Jack si stava dimenando buffamente per strappare un
pezzo di stoffa dalla sua camicia, ormai ridotta a una maglia consunta e
rossastra.
IO: “Dunque ho
fatto bene o meno a far intervenire Andrè?!” domandai mordace, portando le mani
ai fianchi.
JACK: “Sì, la
volevo una medicazione, ma non di certo da quello!!!” rispose con un broncio
offeso tamponando il lembo di stoffa sopra la ferita, per fermare il sangue che
stava fuoriuscendo di nuovo.
IO: “Un
perfetto uomo di mare come te non è al corrente che certe lesioni così profonde
non si guariscono da sole?”
Domandai
contrariata andandogli incontro.
JACK: “Volevo
che la medicassi tu con le tue manine delicate…” mi beffeggiò in un sorriso
malizioso.
Forse fu
quello a convincermi di abbandonarmi sulla sedia al suo fianco e prendermi cura
io stessa della ferita che stava
peggiorando.
IO: “Argh!
Lascia fare alle mie manine delicate, se continui a premere in quel
modo rozzo finisce che il povero Andrè deve rimanere qui un’altra mezzora a
medicarti!” lo rimproverai prendendo mano alla
situazione.
JACK: “Certo,
gioia. Tu non preoccuparti di questo cane che muore dissanguato. Pensa al
tuo francofono impotente che perde preziosi minuti di sonno!” ribatté
sprezzante.
IO: “Andrè
doveva metterti dei punti sulla bocca, altro che sul mento" dissi avversa,
lanciandogli contro il lembo di stoffa, sul punto di
andarmene.
La sua mano mi
trattenne prontamente e in tono pacato si scusò pregandomi di
rimanere.
“Promettimi di
chiedere a scusa anche al tuo medicatore!”
JACK: “Uhm,
forse… Un giorno o l’altro…” rimase vago.
Premetti di
più sulla ferita lasciandogli sfuggire un lamento di
dolore.
JACK:
“D’accordo cherié, come vuoi tu. Mi hai convinto…” si arrese smaltendo il male a
denti stretti.
Sorrisi
soddisfatta, per una volta riuscii a
raggirarlo!
Passarono
alcuni minuti che trascorremmo in silenzio, si sentiva solo il moto ondoso
cullare dolcemente la nave e la ciglia corvina della Black Pearl infrangere la
distesa d’acqua senza alcun dissesto.
Percepivo gli
occhi di Jack fissi su di me, ma fingevo di occuparmi della ferita per non farci
caso.
JACK: “…Sei
così bella che fai male” spezzò la quiete con voce roca e lievemente
assonnata.
Ebbi come un
sussulto e per un secondo sentii quasi il cuore fermarsi, non mi aspettavo che
erompesse così con certe affermazioni.
Mi trattenei dall’arrossire e risposi
distogliendo lo sguardo: “E’ il mento a farti male, non
io…”
JACK: “No,
sento male al cuore! Il mento è molto aldilà del dolore ormai” concluse ridendo
amaramente di se stesso.
Rimasi qualche
istante senza parole, poi presa dall’imbarazzo scelsi di rispondere in modo
ponderato: “La bellezza è una cosa futile e temporanea, nemmeno io non sarò così
per sempre, Jack.”
Annuì non
potendo negare il fatto, ma subito dopo disse accorto: “Ecco perché in tutto
questo tempo non avevo mai trovato la donna giusta!”
Corrugai la
fronte interrogativa non afferrando il significato della sua
affermazione.
“Non era
ancora nata!”
Ho trascorso
tutta la notte a svegliarmi continuamente per prendermi cura della voragine
nella mascella del Capitano, ma fortunatamente grazie alla giusta accortezza,
ora è migliorata fino a richiudersi, anche se non del
tutto.
JACK: “Avanti,
non dicevo sul serio dolcezza! Ti sei già fatta perdonare abbastanza
quest-..”
Mentre tentava di rimediare
alla sua precedente affermazione inopportuna (“Dovrei
essere io quello che ti deve ancora perdonare per ieri sera!! Con quella
cuscinata ho temuto per il mio osso del collo!!!” NdAutori) qualcuno ci urta entrambi e ricade sul Capitano
allontanandoci del tutto.
Io mi aggrappo
al muretto che ci circonda e riesco subito a riprendere l’equilibrio per
accorgermi di cosa accade.
Al mio fianco
invece vedo Jack chinarsi su una donna con un mantello grigio.
L’estranea è piegata a terra, intenta a raccogliere delle verdure che ripone frettolosamente
nel grembiule, impiegato come busta della
spesa.
No, ancora lei.
“E NON FARTI
PIU’ RIVEDERE INTORNO ALLA MIA BANCARELLA, LURIDA SQUATTRINATA!!!” un vocione
furioso e ingiuriato proveniente da un fruttaiolo a poca distanza da noi insulta
la donna, inginocchiata a terra e
singhiozzante.
Una stretta mi
chiude lo stomaco, sgrano gli occhi incredula, come l’altra mattina, incapace di
muovermi.
Il Capitano si
china su di lei domandandole aiuto, sento mancarmi il respiro, cosa diavolo sta
facendo?
Ma lei non si
volta nemmeno a guardalo in volto, balbetta un grazie e fugge nella folla
divenendo parte d essa.
Non era
lei.
Nota delle Autrici:
Felice 2008 a tutti voi dalla Capitana e il Capo!!! ^^
Oggi concludiamo la seconda parte del capitolo 6 ma ce ne saranno altre 2 che posteremo prossimamente, non finisce qui :P
Nel mio profilo d efp vi abbiamo lasciato un regalino per tutti voi =D
Fateci sapere cosa ne pensate di questa prima parte romantica *w*
Grazie a tutti, buona lettura e auguroniii!!!!
Kela and Diddy
(Capitana and Capo)