In
un chicco di Caffè.
Nelle ultime tre settimane erano successe un sacco
di cose. Il
mese di giugno era quasi finito ed eravamo agli sgoccioli.
La prima puntata della seconda stagione non sarebbe andata in onda
prima di
metà settembre ma, nonostante questo, l’intrusione
della fan fiction nella
Storyline aveva comportato un bel po’ di lavoro in
più.
Era più faticoso di quanto avessi mai potuto anche solo
immaginare ma – di pari
passo- era anche incredibilmente gratificante.
Sorrisi cliccando l’icona ‘Salva’
per il documento Word che era sotto le mie mani in quel momento.
Julie mi aveva affidato un compito preciso:
trasformare una
semplice fiction in un vero e proprio copione, con la struttura
corretta, la
terminologia esatta e così via. Mi aveva aiutato molto
rileggere quelli della
prima stagione, ma ero comunque agli inizi.
E no, non era così facile: quasi ogni giorno c’era
la riunione degli scrittori
e sceneggiatori del cast dove proponevamo milioni e milioni di idee e,
farle
incastrare tra loro alla perfezione, era arduo.
Però non c’era nulla di scoraggiante nello stare
seduta a quel tavolo circolare
con dei fogli davanti, il cercapersone legato alla vita, una penna
sempre
carica in mano e uno sguardo attento alla ‘lavagna-
storm’[1].
Mi sentivo a mio agio: eravamo in cinque nella crew di scrittori
– senza
contare Julie e Kevin che facevano di tutto per presenziare ad ogni
riunione.
Il lavoro di squadra era qualcosa di fenomenale e ne ero rimasta
completamente
abbagliata. Era incredibile.
E me la stavo cavando. Ci stavo riuscendo
– non mi sentivo più un pesce fuori
d’acqua; tempo due
giorni e mi avevano accolta tutti in maniera talmente calorosa da farmi
commuovere come una sciocca davanti ad un film romantico.
E – tutto questo-
era
molto più di quanto avessi mai desiderato.
Amavo far parte di quella grande famiglia; era speciale,
ed io ero la ragazza più fortunata al mondo che era
entrata a farne parte quasi senz’accorgersene. Era stato
naturale e
sorprendente, in un mix di emozioni che mi aveva travolto senza
preavviso.
E avevo anche un ufficio!
Mi piaceva chiamarlo ufficio,
soprattutto perché gli
dava un’aria
pomposa che faceva ridere. In realtà era solo una stanza,
con una scrivania e
due poltrone davanti, neanche troppo grande, che usavo quando
– dopo qualche
riunione del cast, o in qualche sprazzo d’ispirazione- dovevo
buttare giù
qualche idea o qualche pezzo di copione, e mi serviva un po’ di silenzio.
Avevo una portafinestra dietro di me, che potevo aprire quando volevo
accedere
alla terrazza enorme che faceva da comunicante con le stanze
dall’altra ala
degli Studios. Niente di troppo naturale,
molto cemento e poco verde, ma da lì mi piaceva guardare il
cielo quando c’era
bel tempo –era particolarmente suggestivo, poi, di sera, in quell’esatto
istante in cui sentivo la giornata
finire.
Comunque non me l’avevano affidato da tanto tempo – otto giorni, al massimo-
ma io avevo già
sistemato qualche foto sulla scrivania e ci avevo infilato dentro il ficus che mi aveva regalato Nina
–
perché era fashion avere
un ficus in
ufficio- prendendomi clamorosamente in giro.
Adesso quel ficus si chiamava Eddie e, anche lui
come me, faceva
parte della squadra.
Ridacchiai al ricordo ma fui bloccata
all’istante quando sentii
bussare alla porta.
Esclamai un “Avanti!” mentre mi
sfilavo gli occhiali da vista e mi
massaggiavo per qualche secondo le palpebre.
“Non è che stai lavorando
troppo, genius?”
Alzai lo sguardo con uno scatto e Ian - che mi
fissava a metà fra
il divertito e il perplesso, con una spalla appoggiata alla porta e le
braccia
incrociate al petto- mi fece un cenno di saluto con la testa e un
sorrisino
sghembo.
Nonostante il cuore impazzì nel giro di due secondi, non ero
realmente sorpresa
di vederlo lì. Ormai era diventata una specie di tradizione,
pensai, dato che
durante le ultime due settimane ci incontravamo sempre a
metà giornata per fare
pausa.
Gli sorrisi all’istante “In
realtà ho appena finito.” Lo informai
“Giusto in tempo per il caffè. Visto come sono
puntuale?”
Mi alzai andando ad afferrare la borsa che avevo
lanciato sul
divanetto nero accostato alla parete destra, e lo raggiunsi in poche
falcate - sempre
con quel sorriso ebete stampato in volto. Probabilmente mi sarebbe
venuta una
paresi a furia di tenermelo lì, in faccia, con i muscoli che
quasi facevano
male.
Scossi leggermente la testa, quasi rassegnata.
Non posso
evitarlo. Non quando c’è lui nei paraggi.
Lui mi lanciò
uno sguardo di disapprovazione “Sei una caffeinomane, per
questo sei sempre
così esaltata!”
Io risi apertamente chiudendomi la porta alle
spalle “Ehi, non
sono esaltata! Sono solo molto vivace.”
“Ti metti a saltare
strepitando-”
“-solo quando succede qualcosa di
bello!”
“C’è qualcuno che non
hai abbracciato in uno slancio
d’improvvisa
felicità, da quando sei arrivata?”
Scoppiai a ridere “E’colpa
vostra che mi avete accolto con così
tanto amooore.” Gli
spiegai
divertita, marcando il mio accento italiano sull’ultima
parola.
Lui borbottò un
“Ragazzina” ma ormai eravamo arrivati nella sala
relax – e mi stupii, come sempre, allargando gli occhi come
una bambina,
constatando il calore che arrivava
da
qualcosa di così familiare.
“Ragazzi!” Ad uno dei tavoli
c’era seduto Paul che – appena ci
vide- fece un cenno di saluto con
la
mano.
Ian lo raggiunse all’istante, mentre io
andavo al bancone in
ceramica color rame e mettevo l’acqua per prepararmi il mio
super-concentrato
di caffè quotidiano alla macchinetta di lusso di cui non
riuscivo ancora a
pronunciare il nome.
Intanto che aspettavo fosse pronto, raggiunsi i ragazzi che avevano
cominciato
a parlare di questa o di quella novità; Paul mi
salutò ancora con il solito
sorriso “Ehi, Annie. C’era del caffè
appena fatto, non hai visto?”
Aprii la bocca per rispondere, ma Ian fu
più veloce e m’intercettò
“Ohi, man. Non hai ancora
imparato?
Questa qui beve solo esplosivo.”
Gli lanciai un’occhiata piccata ma fui
costretta ad annuire,
sovrastata dall’evidenza “Il segreto è: tanta
miscela e niente acqua. Ed ecco il vero
caffè.”
“Voi Italiani..”
Alzai gli occhi al cielo e, con quel gesto, vidi la
figura della
Dobrev all’entrata della sala “Ehi Nina!”
Mi sbracciai in maniera esagerata,
dato che la stanza era deserta e neanche troppo grande, ma ormai era
diventata
un’abitudine quindi ci feci poco caso.
“Ragazzi, cercavo proprio voi!”
Salutò tutti con un bacio sulla
guancia ma non diede il tempo a nessuno di ricambiare il buongiorno,
che
cominciò a parlare a raffica “Ho una notizia
sensazionale! Non ci crederete ma
ho incontrato Julie mentre venivo qui e mi ha dato l’ok! Insomma, è
meraviglioso-”
“Caffè, caffè,
caffè!” Mio malgrado interruppi
l’esaltazione
dell’attrice nell’esatto momento in cui sentii il
forte profumo di caffè
nell’aria – e praticamente mi lanciai
ad afferrare una tazza per potermene versare un po’.
Già che ero lì, presi anche una ciambella e
ritornai al tavolo più in fretta
che potei.
Mi dovetti scontrare con gli sguardi dei miei nuovi
colleghi e
arrossii all’istante. Mormorai uno
“Scusa.” soffocato, dato che avevo in bocca
già il primo morso della brioche.
Tirai una gomitata ad Ian quando lo sentii ridacchiare e deglutii con
forza –
rischiando di strozzarmi- e spronai l’altra ragazza a
continuare “So, what’s up?”
Mi lanciò un’occhiataccia, ma
riuscii comunque ad intravedere il
sorriso sulle sue labbra quindi mi tranquillizzai all’istante
perché non si era
arrabbiata. Non sul serio, almeno.
“Quindi.. come stavo dicendo prima, ho
avuto l’ok.”
“Ok,
per cosa?” Chiese
Paul, corrugando la fronte,perplesso come me e Ian.
La stanza fu improvvisamente abbagliata dal sorriso della ragazza
che annunciò
alzando la mano a pugno “Per la nostra vacanza!”
Io - che avevo scelto proprio quel momento per
bermi il primo
sorso di caffè bollente- cominciai a tossire con violenza
dato che mi era
andato tutto di traverso. Ringraziai con gli occhi Paul che prese e
battermi
una mano sulla schiena e finalmente riuscì ad esalare un
“ V-vacanza?”
“Oh, andiamo.”
Ci spronò
lei “E’ estate! L’unico momento
all’anno in cui abbiamo un po’ di tempo libero,
non possiamo sprecarlo!”
E tutto fu chiarito. Sentii una bolla di calore
esplodermi in
faccia e sgranai gli occhi, con un piccolo ‘oh’
sulle labbra.
Era ovvio: loro erano attori – durante le riprese erano super
impegnati ed era
logico che volessero godersi le loro ferie.
“E dove andrete?” Chiesi
curiosa, solo un po’ delusa perché non
avrei pensato di passare i successivi due mesi senza
nessun’altro con cui avere
la pausa caffè. Ma alla fine potevo essere contenta per
loro, senza problemi.
Nina mi guardò confusa, corrugando la
fronte “Dove andremo,
semmai. Non dirmi che hai già altri
impegni?”
“N-no certo che no, ma pensavo-”
“Non pensare, ti fa male.” Mi
consigliò Ian, con un sorrisetto
scanzonato che mi fece venir voglia di prenderlo a sberle. O baciarlo,
a
seconda dei casi.
Le mie guance raggiunsero lo stato
‘peperone’ e bofonchiai un
“Ah-ah. Divertente.” osservando la tazza che avevo
tra le mani come se fosse la
cosa più interessante nell’universo.
Poi Paul s’intromise e io lo guardai recuperando la ciambella
“In realtà avevo
già organizzato qualcosa con Torres.”
La Dobrev a quel punto sgranò gli occhi
“Quando?”
Pretese di sapere, all’istante. In quel netto secondo.
O si sarebbe trovato senza gel per il resto della stagione.
“Oh, take it
easy.” Non
seppi come Paul riuscì a rimanere tranquillo sotto quello
sguardo, e mi
appuntai un tanto di cappello nei suoi riguardi “La casa
è grande, ci staremo
tutti.”
Ci fu un momento di silenzio in cui potei giurare
di sentire il
cervello di Nina assimilare la notizia, per poi sorridere di nuovo e
abbracciare
il collega con rinnovato entusiasmo, esclamando nell’orecchio
del povero attore
un “Che bello! Grazie, grazie!”
Ridacchiai a quella scena ma la mia attenzione fu
presto attirata
dalla figura di Ian – come succedeva spesso da quando lo
conoscevo- che aveva
dipinto sul volto un sorriso morbido e dolce, dal quale non riuscii a
distogliere lo sguardo. Ancora non avevo scoperto quante diverse pieghe
potesse
prendere la sua personalità, ma mi ero ritrovata a cercarne
ogni sfumatura con
– forse- più
interesse di quanto fosse
lecito.
Poi lui si voltò verso di me e i miei occhi viaggiarono nei
suoi come da
protocollo.
Tutto
questo è molto controproducente.
Cercai di riscuotermi e gli
indirizzai una domanda, per provare a distrarmi
“Tu non avevi impegni?”
Nina lasciò libero il povero Paul
all’istante, e puntò i suoi
occhi da cerbiatta sul corvino “E’ vero. Non dovevi
andare dalla tua famiglia?”
Ian fece spallucce “Nop.
Cambio piani: I miei genitori sono in crociera nel Mediterraneo, mentre
Robyn e
Robert hanno il loro da fare con la loro prole; probabilmente mi
rapiranno a
Natale.”
“Quindi sta accadendo seriamente?”
Fece lei, cercando un’ultima rassicurazione
“Andremo in vacanza insieme?”
Feci per aprire bocca ma mi tagliò sul
nascere “Non provare ad
obbiettare Di Marco!”
Io ridacchiai “Vorrà dire che
chiederò a
Julie se posso lavorare a distanza quindi.”
“Certo che lo farai.”
Annuì lei “E mi aspetto che inviti anche
Kris e Puck. Senza fare storie.”
Sorrisi annuendo. Ormai – con tutte le
volte che mi erano venuti a
trovare- erano di casa almeno quanto me.
“Però avrei lo stesso una
domanda.”
“Spara.”
Mi voltai verso Paul, curiosa “Dov’è
che andiamo?”
***
Quattro giorni più tardi avevo la
valigia alla mano, pronta già da
mezz’ora a partire ma irrimediabilmente bloccata
sulla soglia di casa, per colpa di un leggero ritardo.
“Kristine Clara
Gordon!”
Urlai esasperata “Sbrigati o perderemo
l’aereo!”
Sentii un “Sì, sì.
Sono pronta!” tutto in altre faccende
affaccendato.
La vidi praticamente volare già dalle
scale con due bagaglioni
rosa acceso, e arrivare sana e salva sul pianerottolo del soggiorno
– anche se
ancora in precario equilibrio per il peso delle due valige.
Inarcai un sopracciglio “Ti serve davvero
tutta quella roba?”
Lei, nonostante avesse quasi il fiatone,
riuscì a guardarmi
male “Stiamo
andando nella Città degli
Angeli, Annie. Mi serve davvero
tutta
questa roba, sì.”
Risi “ Ok,
ok. Non ti
scaldare tanto!”
“Io non riesco a crederci!”
Sbottò lei “E’ Los
Angeles! E
tu sei così
fredda; certe volte mi chiedo come fai ad essere tanto
insensibile.”
“Non sono insensibile.”
Replicai a tono “Sei tu che sei andata a
L.A mille volte e ancora non riesci a preparare una valigia.”
“Io riesco a-”
“Ho detto una
valigia,
Kris.”
Lei sbuffò
“Antipatica.”
“Dai andiamo, ci aspettano.”
“Chi, il tuo principe azzurro?”
“No, ma ti do un paio d’indizi:
è enorme, ha permesso all’umanità
di volare e – se non ci sbrighiamo- ci lascerà in
Georgia per il resto
dell’estate.”
“Il tuo senso dell’umorismo
fa’ schifo.”
“Il tuo tempismo è ancora
peggio.”
Poi Puck abbaiò con tanta forza da
zittirci entrambe e
costringerci a guardare il trasportino in contemporanea. Poi ci
fissammo
nuovamente negli occhi e durammo, sì e no, quattro secondi,
prima di scoppiare
a ridere come due deficienti.
“Dai andiamo!”
***
L’abitacolo della macchina era riempito
da allegria e canzoni che
davano il benvenuto all’estate, cercando di creare nuovi
tormentoni ma mandando
in radio quelli più storici – come
l’intramontabile soundtrack di Grease.
Io e Kris non eravamo così moralmente forti da non seguire
la massa e, quindi, era
strettamente logico il fatto
che stessimo cantando a squarciagola dal momento in cui aveva messo in
moto.
Era passato un quarto d’ora buono dalla
nostra partenza e avevo
già mandato un messaggio a Ian, avvisandolo che stavamo per
arrivare.
Poi Kris si zittì, mancando
l’attacco al ritornello e aggrottando
la fronte “Ehi, Anns?”
“Mh?”
“Io non mi sono mai chiamata Clara..”
Non mi scomposi più di tanto. Mi voltai
verso di lei completamente
seria, e la ragguagliai “Quando si urla il nome di una
persona, in determinate
circostante, è più artistico
aggiungere un secondo nome.”
“E quindi te lo sei inventato?”
“Già.”
Passarono alcuni secondi.
“..mh. Mica tutti i torti.”
Risi apertamente, continuando a cantare “Ramma lamma lamma ka dingity ding da
dong!”
E
lei mi seguì subito dopo, senza sbagliare un accento
“Shoo bop shoo wadda wadda yippity
boom da
boom!”
***
Grazie alla guida spericolata di Kristine arrivammo all’Hartsfield-Jackson con mezz’ora di anticipo – e lo fece apposta, così da rinfacciarmi come fossimo perfettamente in orar-issimo.
“Wow. Quante persone..” Mormorai sbalordita, sentendo tutta confusione intorno a me.
“Stai bene?”
Mi voltai verso la mia migliore amica con il miglior sorriso rassicurante “Ovvio. Mi sono preparata a tutto questo.”
Con cipiglio serio mi mise una mano su una spalla e mormorò con tono di scusa “Prima ti ho chiamato insensibile-”
“Kris, per favore dai-”
“No, voglio solo sapere se hai tutto sotto controllo. Questa.. – fece un gesto veloce con l’altra mano – questa cosa.. è ok?”
Sorrisi, rincuorata e in qualche modo commossa da quella preoccupazione, e annuii con il capo “Ho avuto ben quattro giorni per organizzarmi. Ho studiato la struttura di quest’aeroporto e tutta la cartina di Los Angeles!”
Provai a farla ridere e ci riuscii, “Adesso basta preoccupazioni.” Dissi poi “Ora chiamo Ian e ci facciamo raggiungere.”
Lei scoppiò a ridere “Sì, sì. Chiamiamo OcchiBlu e facciamoci venire a prendere. Di sicuro già sentite la reciproca mancanza!”
A
quella scoccata sentì il cuore cadermi nello stomaco senza
preavviso , e dovetti darle immediatamente le spalle - cercando di non
pensare
a quanto avrei desiderato fosse realmente
una cosa reciproca.
***
Dopo sette ore di volo salimmo sull’utilitaria che Paul aveva messo a disposizione, ma ero talmente distrutta che non feci caso al viaggio in macchina.
L’unica
cosa che sapevo era che alla mia sinistra c’era
Kristine che teneva Puck sulle gambe e alla mia destra avevo Ian che
guardava
fuori dal finestrino oscurato.
Sentivo lontanamente anche il vociare leggero di Nina e Paul, seduti
davanti
che armeggiavano con chissà quale stazione radiofonica, ma
era chiaro che stavo
per addormentarmi.
L’ultima
cosa che percepii fu una voce divertita che mi
chiamava “Ragazzina.” e la presenza di un braccio
rassicurante intorno le mie
spalle.
Mi addormentai con la testa poggiata sul petto di Ian, contando il
numero dei
suoi respiri nella più completa calma. Non avevo bisogno di
tener sotto
controllo il mio problema – per quanto fosse improbabile, mi
bastava sentirmi
lui accanto e tutto quello di cui avevo paura svaniva
all’istante.
Forse,
con quella vacanza, avrei scoperto anche perché
proprio lui, ma, in realtà.. in
realtà non m’importava.
E la cosa mi andava bene.
[1]
Lavagna-storm xD In pratica ho recuperato gli
argomenti di psicologia che ho studiato l’anno scorso e ho
usato il brainstorming: è
una tecnica di creatività di gruppo per far
emergere idee volte alla
risoluzione di un problema. Tutti i partecipanti lanciano le proprie
idee –
scritte sulla lavagna- e alla fine di ogni riunione si sfoltiscono
sempre di
più – fino ad arrivare ad un episodio completo.
Ammetto che non è farina del mio
sacco: In
una delle tante convention che ho guardato
sul Tubo, ho scoperto che è davvero così che
funziona la faccenda!
Spero che vada bene, anche perché mantenere il realismo
rimane uno dei miei
obbiettivi principali!
Seconda
cosa: il “Ramma lamma lamma ka dingity ding da
dong!” e “Shoo bop
shoo wadda wadda yippity boom da boom!” Non
sono
frutti della mia schizofrenia, ma parti del testo We
go together del sopra-nominato musical Grease.
Ok,
che altro dire?
Per tornare in carreggiata ho usato un capitolo di passaggio
– che ho voluto
tenere leggero, provando a lasciare un’atmosfera serena
all’interno dell’arco
narrativo.
‘In un chicco di caffè’
anche per
cercare di trasmettere le abitudini, la familiarità che
Annie è riuscita a conquistare
in questo mese di lavoro in Georgia.
Essere amica della crew è quasi naturale per lei e,
lentamente, questo legame
si sta approfondendo sempre di più. Nonostante tutto sembra
non aver smesso di fangirleggiare
ogni volta che sta’ con
Ian – nei prossimi capitoli vedremo cosa vorrà
fare riguardo la situazione, stay tuned!
Spero
di non essere caduta troppo nel banale (o troppo nello
zucchero xD) e che comunque vi sia piaciuto.
Per i consigli sono disposta a tutto! Fatevi sotto, gente :)
Ah,
un ringraziamento
super-speciale a
quelle meravigliose ragazze che mi
hanno spronato a continuare questa fic , via messaggio personale.
E’ una cosa che mi ha sciolto come un cubetto di ghiaccio al
sole di ferragosto;
se ho ripreso in mano Vincitrice molto lo devo a voi.
Grazie di cuore. Siete state
fantastiche :)
A presto, folks!
LoveYouSoMuch <3
PS: Ho revisionato il capitolo precedente, prima di scrivere questo. Quindi ho aggiunto delle cose e sistemato delle altre, se non avete proprio nulla da fare potete andare a lanciare un occhio e dirmi se magari devo riportarlo allo stato ‘originale’ :P
Besos,
-{Eyes