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Autore: puntoeacapo    23/05/2013    2 recensioni
Tra me e Ian Somerhalder non c’era nulla se non un bel principio d’amicizia. Già.
Quando smetterò di avere pensieri poco amichevoli su quelle labbra o su quei occhi, forse.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un chicco di Caffè.

Nelle ultime tre settimane erano successe un sacco di cose. Il mese di giugno era quasi finito ed eravamo agli sgoccioli.
La prima puntata della seconda stagione non sarebbe andata in onda prima di metà settembre ma, nonostante questo, l’intrusione della fan fiction nella Storyline aveva comportato un bel po’ di lavoro in più.
Era più faticoso di quanto avessi mai potuto anche solo immaginare ma – di pari passo- era anche incredibilmente gratificante.

Sorrisi cliccando l’icona ‘Salva’ per il documento Word che era sotto le mie mani in quel momento.

Julie mi aveva affidato un compito preciso: trasformare una semplice fiction in un vero e proprio copione, con la struttura corretta, la terminologia esatta e così via. Mi aveva aiutato molto rileggere quelli della prima stagione, ma ero comunque agli inizi.
E no, non era così facile: quasi ogni giorno c’era la riunione degli scrittori e sceneggiatori del cast dove proponevamo milioni e milioni di idee e, farle incastrare tra loro alla perfezione, era arduo.
Però non c’era nulla di scoraggiante nello stare seduta a quel tavolo circolare con dei fogli davanti, il cercapersone legato alla vita, una penna sempre carica in mano e uno sguardo attento alla ‘lavagna- storm’[1].
Mi sentivo a mio agio: eravamo in cinque nella crew di scrittori – senza contare Julie e Kevin che facevano di tutto per presenziare ad ogni riunione.
Il lavoro di squadra era qualcosa di fenomenale e ne ero rimasta completamente abbagliata. Era incredibile.

E me la stavo cavando. Ci stavo riuscendo – non mi sentivo più un pesce fuori d’acqua; tempo due giorni e mi avevano accolta tutti in maniera talmente calorosa da farmi commuovere come una sciocca davanti ad un film romantico.

E – tutto questo- era molto più di quanto avessi mai desiderato.
Amavo far parte di quella grande famiglia; era speciale, ed io ero la ragazza più fortunata al mondo che era entrata a farne parte quasi senz’accorgersene. Era stato naturale e sorprendente, in un mix di emozioni che mi aveva travolto senza preavviso.

E avevo anche un ufficio!

Mi piaceva chiamarlo ufficio, soprattutto perché  gli dava un’aria pomposa che faceva ridere. In realtà era solo una stanza, con una scrivania e due poltrone davanti, neanche troppo grande, che usavo quando – dopo qualche riunione del cast, o in qualche sprazzo d’ispirazione- dovevo buttare giù qualche idea o qualche pezzo di copione, e mi serviva un po’  di silenzio.
Avevo una portafinestra dietro di me, che potevo aprire quando volevo accedere alla terrazza enorme che faceva da comunicante con le stanze dall’altra ala degli Studios. Niente di troppo naturale, molto cemento e poco verde, ma da lì mi piaceva guardare il cielo quando c’era bel tempo –era particolarmente suggestivo, poi, di sera,  in quell’esatto istante in cui sentivo la giornata finire.
Comunque non me l’avevano affidato da tanto tempo –  otto giorni, al massimo- ma io avevo già sistemato qualche foto sulla scrivania e ci avevo infilato dentro il ficus che mi aveva regalato Nina – perché era fashion avere un ficus in ufficio- prendendomi clamorosamente in giro.

Adesso quel ficus si chiamava Eddie e, anche lui come me, faceva parte della squadra.

Ridacchiai al ricordo ma fui bloccata all’istante quando sentii bussare alla porta.

Esclamai un “Avanti!” mentre mi sfilavo gli occhiali da vista e mi massaggiavo per qualche secondo le palpebre.

“Non è che stai lavorando troppo, genius?”

Alzai lo sguardo con uno scatto e Ian - che mi fissava a metà fra il divertito e il perplesso, con una spalla appoggiata alla porta e le braccia incrociate al petto- mi fece un cenno di saluto con la testa e un sorrisino sghembo.
Nonostante il cuore impazzì nel giro di due secondi, non ero realmente sorpresa di vederlo lì. Ormai era diventata una specie di tradizione, pensai, dato che durante le ultime due settimane ci incontravamo sempre a metà giornata per fare pausa.

Gli sorrisi all’istante “In realtà ho appena finito.” Lo informai “Giusto in tempo per il caffè. Visto come sono puntuale?”

Mi alzai andando ad afferrare la borsa che avevo lanciato sul divanetto nero accostato alla parete destra, e lo raggiunsi in poche falcate - sempre con quel sorriso ebete stampato in volto. Probabilmente mi sarebbe venuta una paresi a furia di tenermelo lì, in faccia, con i muscoli che quasi facevano male.

Scossi leggermente la testa, quasi rassegnata.

Non posso evitarlo. Non quando c’è lui nei paraggi.

Lui mi lanciò uno sguardo di disapprovazione “Sei una caffeinomane, per questo sei sempre così esaltata!”

Io risi apertamente chiudendomi la porta alle spalle “Ehi, non sono esaltata! Sono solo molto vivace.”

“Ti metti a saltare strepitando-”

“-solo quando succede qualcosa di bello!”

“C’è qualcuno che non hai abbracciato in uno slancio d’improvvisa felicità, da quando sei arrivata?”

Scoppiai a ridere “E’colpa vostra che mi avete accolto con così tanto amooore.” Gli spiegai divertita, marcando il mio accento italiano sull’ultima parola.

Lui borbottò un “Ragazzina” ma ormai eravamo arrivati nella sala relax – e mi stupii, come sempre, allargando gli occhi come una bambina, constatando il calore che arrivava da qualcosa di così familiare.

“Ragazzi!” Ad uno dei tavoli c’era seduto Paul che – appena ci vide- fece un cenno di saluto con  la mano.

Ian lo raggiunse all’istante, mentre io andavo al bancone in ceramica color rame e mettevo l’acqua per prepararmi il mio super-concentrato di caffè quotidiano alla macchinetta di lusso di cui non riuscivo ancora a pronunciare il nome.
Intanto che aspettavo fosse pronto, raggiunsi i ragazzi che avevano cominciato a parlare di questa o di quella novità; Paul mi salutò ancora con il solito sorriso “Ehi, Annie. C’era del caffè appena fatto, non hai visto?”

Aprii la bocca per rispondere, ma Ian fu più veloce e m’intercettò “Ohi, man. Non hai ancora imparato? Questa qui beve solo esplosivo.”

Gli lanciai un’occhiata piccata ma fui costretta ad annuire, sovrastata dall’evidenza “Il segreto è: tanta miscela e niente acqua. Ed ecco il vero caffè.”

“Voi Italiani..”

Alzai gli occhi al cielo e, con quel gesto, vidi la figura della Dobrev all’entrata della sala “Ehi Nina!” Mi sbracciai in maniera esagerata, dato che la stanza era deserta e neanche troppo grande, ma ormai era diventata un’abitudine quindi ci feci poco caso.

“Ragazzi, cercavo proprio voi!” Salutò tutti con un bacio sulla guancia ma non diede il tempo a nessuno di ricambiare il buongiorno, che cominciò a parlare a raffica “Ho una notizia sensazionale! Non ci crederete ma ho incontrato Julie mentre venivo qui e mi ha dato l’ok! Insomma, è meraviglioso-”

“Caffè, caffè, caffè!” Mio malgrado interruppi l’esaltazione dell’attrice nell’esatto momento in cui sentii il forte profumo di caffè nell’aria – e praticamente mi lanciai ad afferrare una tazza per potermene versare un po’.
Già che ero lì, presi anche una ciambella e ritornai al tavolo più in fretta che potei.

Mi dovetti scontrare con gli sguardi dei miei nuovi colleghi e arrossii all’istante. Mormorai uno “Scusa.” soffocato, dato che avevo in bocca già il primo morso della brioche.
Tirai una gomitata ad Ian quando lo sentii ridacchiare e deglutii con forza – rischiando di strozzarmi- e spronai l’altra ragazza a continuare “So, what’s up?

Mi lanciò un’occhiataccia, ma riuscii comunque ad intravedere il sorriso sulle sue labbra quindi mi tranquillizzai all’istante perché non si era arrabbiata. Non sul serio, almeno.

“Quindi.. come stavo dicendo prima, ho avuto l’ok.”

Ok, per cosa?” Chiese Paul, corrugando la fronte,perplesso come me e Ian.

La stanza fu improvvisamente abbagliata  dal sorriso della ragazza che annunciò alzando la mano a pugno “Per la nostra vacanza!”

Io - che avevo scelto proprio quel momento per bermi il primo sorso di caffè bollente- cominciai a tossire con violenza dato che mi era andato tutto di traverso. Ringraziai con gli occhi Paul che prese e battermi una mano sulla schiena e finalmente riuscì ad esalare un “ V-vacanza?”

“Oh, andiamo.” Ci spronò lei “E’ estate! L’unico momento all’anno in cui abbiamo un po’ di tempo libero, non possiamo sprecarlo!”

E tutto fu chiarito. Sentii una bolla di calore esplodermi in faccia e sgranai gli occhi, con un piccolo ‘oh’ sulle labbra.
Era ovvio: loro erano attori – durante le riprese erano super impegnati ed era logico che volessero godersi le loro ferie.  

“E dove andrete?” Chiesi curiosa, solo un po’ delusa perché non avrei pensato di passare i successivi due mesi senza nessun’altro con cui avere la pausa caffè. Ma alla fine potevo essere contenta per loro, senza problemi.

Nina mi guardò confusa, corrugando la fronte “Dove andremo, semmai. Non dirmi che hai già altri impegni?”

“N-no certo che no, ma pensavo-”

“Non pensare, ti fa male.” Mi consigliò Ian, con un sorrisetto scanzonato che mi fece venir voglia di prenderlo a sberle. O baciarlo, a seconda dei casi.

Le mie guance raggiunsero lo stato ‘peperone’ e bofonchiai un “Ah-ah. Divertente.” osservando la tazza che avevo tra le mani come se fosse la cosa più interessante nell’universo.
Poi Paul s’intromise e io lo guardai recuperando la ciambella “In realtà avevo già organizzato qualcosa con Torres.”

La Dobrev a quel punto sgranò gli occhi “Quando?” Pretese di sapere, all’istante. In quel netto secondo.
O si sarebbe trovato senza gel per il resto della stagione.

“Oh, take it easy.” Non seppi come Paul riuscì a rimanere tranquillo sotto quello sguardo, e mi appuntai un tanto di cappello nei suoi riguardi “La casa è grande, ci staremo tutti.”

Ci fu un momento di silenzio in cui potei giurare di sentire il cervello di Nina assimilare la notizia, per poi sorridere di nuovo e abbracciare il collega con rinnovato entusiasmo, esclamando nell’orecchio del povero attore un “Che bello! Grazie, grazie!”

Ridacchiai a quella scena ma la mia attenzione fu presto attirata dalla figura di Ian – come succedeva spesso da quando lo conoscevo- che aveva dipinto sul volto un sorriso morbido e dolce, dal quale non riuscii a distogliere lo sguardo. Ancora non avevo scoperto quante diverse pieghe potesse prendere la sua personalità, ma mi ero ritrovata a cercarne ogni sfumatura con – forse-  più interesse di quanto fosse lecito.
Poi lui si voltò verso di me e i miei occhi viaggiarono nei suoi come da protocollo.

Tutto questo è molto controproducente.

Cercai di riscuotermi e gli  indirizzai una domanda, per provare a distrarmi “Tu non avevi impegni?”

Nina lasciò libero il povero Paul all’istante, e puntò i suoi occhi da cerbiatta sul corvino “E’ vero. Non dovevi andare dalla tua famiglia?”

Ian fece spallucce “Nop. Cambio piani: I miei genitori sono in crociera nel Mediterraneo, mentre Robyn e Robert hanno il loro da fare con la loro prole; probabilmente mi rapiranno a Natale.”

“Quindi sta accadendo seriamente?” Fece lei, cercando un’ultima rassicurazione “Andremo in vacanza insieme?”

Feci per aprire bocca ma mi tagliò sul nascere “Non provare ad obbiettare Di Marco!”

Io ridacchiai “Vorrà dire che chiederò  a Julie se posso lavorare a distanza quindi.”

“Certo che lo farai.” Annuì lei “E mi aspetto che inviti anche Kris e Puck. Senza fare storie.”

Sorrisi annuendo. Ormai – con tutte le volte che mi erano venuti a trovare- erano di casa almeno quanto me.

“Però avrei lo stesso una domanda.”

“Spara.”

Mi voltai verso Paul, curiosa “Dov’è che andiamo?”

 

***

Quattro giorni più tardi avevo la valigia alla mano, pronta già da mezz’ora a partire ma irrimediabilmente bloccata sulla soglia di casa, per colpa di un leggero ritardo.

Kristine Clara Gordon!” Urlai esasperata “Sbrigati o perderemo l’aereo!”

Sentii un “Sì, sì. Sono pronta!” tutto in altre faccende affaccendato.

La vidi praticamente volare già dalle scale con due bagaglioni rosa acceso, e arrivare sana e salva sul pianerottolo del soggiorno – anche se ancora in precario equilibrio per il peso delle due valige.

Inarcai un sopracciglio “Ti serve davvero tutta quella roba?”

Lei, nonostante avesse quasi il fiatone, riuscì a guardarmi male  “Stiamo andando nella Città degli Angeli, Annie. Mi serve davvero tutta questa roba, sì.”

Risi “ Ok, ok. Non ti scaldare tanto!”

“Io non riesco a crederci!” Sbottò lei “E’ Los Angeles!  E tu sei così fredda; certe volte mi chiedo come fai ad essere tanto insensibile.”

“Non sono insensibile.” Replicai a tono “Sei tu che sei andata a L.A mille volte e ancora non riesci a preparare una valigia.”

“Io riesco a-”

“Ho detto una valigia, Kris.”

Lei sbuffò “Antipatica.”

“Dai andiamo, ci aspettano.”

“Chi, il tuo principe azzurro?”

“No, ma ti do un paio d’indizi: è enorme, ha permesso all’umanità di volare e – se non ci sbrighiamo- ci lascerà in Georgia per il resto dell’estate.”

“Il tuo senso dell’umorismo fa’ schifo.”

“Il tuo tempismo è ancora peggio.”

Poi Puck abbaiò con tanta forza da zittirci entrambe e costringerci a guardare il trasportino in contemporanea. Poi ci fissammo nuovamente negli occhi e durammo, sì e no, quattro secondi, prima di scoppiare a ridere come due deficienti.

“Dai andiamo!”

***

L’abitacolo della macchina era riempito da allegria e canzoni che davano il benvenuto all’estate, cercando di creare nuovi tormentoni ma mandando in radio quelli più storici – come l’intramontabile soundtrack di Grease.
Io e Kris non eravamo così moralmente forti da non seguire la massa e, quindi, era strettamente logico il fatto che stessimo cantando a squarciagola dal momento in cui aveva messo in moto.

Era passato un quarto d’ora buono dalla nostra partenza e avevo già mandato un messaggio a Ian, avvisandolo che stavamo per arrivare.

Poi Kris si zittì, mancando l’attacco al ritornello e aggrottando la fronte “Ehi, Anns?”

“Mh?”

“Io non mi sono mai chiamata Clara..”

Non mi scomposi più di tanto. Mi voltai verso di lei completamente seria, e la ragguagliai “Quando si urla il nome di una persona, in determinate circostante, è più artistico aggiungere un secondo nome.”

“E quindi te lo sei inventato?”

“Già.”

Passarono alcuni secondi.

“..mh. Mica tutti i torti.”

Risi apertamente, continuando a cantare “Ramma lamma lamma ka dingity ding da dong!”

E lei mi seguì subito dopo, senza sbagliare un accento “Shoo bop shoo wadda wadda yippity boom da boom!”

***

 

Grazie alla guida spericolata di Kristine arrivammo all’Hartsfield-Jackson  con mezz’ora di anticipo – e lo fece apposta, così da rinfacciarmi come fossimo perfettamente in orar-issimo.

“Wow. Quante persone..” Mormorai sbalordita, sentendo tutta confusione intorno a me.

“Stai bene?”

Mi voltai verso la mia migliore amica con il miglior sorriso rassicurante “Ovvio. Mi sono preparata a tutto questo.”

Con cipiglio serio mi mise una mano su una spalla e mormorò con tono di scusa “Prima ti ho chiamato insensibile-”

“Kris, per favore dai-”

“No, voglio solo sapere se hai tutto sotto controllo. Questa.. – fece un gesto veloce con l’altra mano – questa cosa.. è ok?”

Sorrisi, rincuorata e in qualche modo commossa da quella preoccupazione, e annuii con il capo “Ho avuto ben quattro giorni per organizzarmi. Ho studiato la struttura di quest’aeroporto e tutta la cartina di Los Angeles!”

Provai a farla ridere e ci riuscii, “Adesso basta preoccupazioni.” Dissi poi “Ora chiamo Ian e ci facciamo raggiungere.”

Lei scoppiò a ridere “Sì, sì. Chiamiamo OcchiBlu e facciamoci venire a prendere. Di sicuro già sentite la reciproca mancanza!”

A quella scoccata sentì il cuore cadermi nello stomaco senza preavviso , e dovetti darle immediatamente le spalle - cercando di non pensare a quanto avrei desiderato fosse realmente una cosa reciproca.

***

Dopo  sette ore di volo salimmo sull’utilitaria che Paul aveva messo a disposizione, ma ero talmente distrutta che non feci caso al viaggio in macchina.

L’unica cosa che sapevo era che alla mia sinistra c’era Kristine che teneva Puck sulle gambe e alla mia destra avevo Ian che guardava fuori dal finestrino oscurato.
Sentivo lontanamente anche il vociare leggero di Nina e Paul, seduti davanti che armeggiavano con chissà quale stazione radiofonica, ma era chiaro che stavo per addormentarmi.

L’ultima cosa che percepii fu una voce divertita che mi chiamava “Ragazzina.” e la presenza di un braccio rassicurante intorno le mie spalle.
Mi addormentai con la testa poggiata sul petto di Ian, contando il numero dei suoi respiri nella più completa calma. Non avevo bisogno di tener sotto controllo il mio problema – per quanto fosse improbabile, mi bastava sentirmi lui accanto e tutto quello di cui avevo paura svaniva all’istante.

Forse, con quella vacanza, avrei scoperto anche perché proprio lui, ma, in realtà.. in realtà non m’importava.

E la cosa mi andava bene.

 



 

 

 

 

 

 

[1] Lavagna-storm xD In pratica ho recuperato gli argomenti di psicologia che ho studiato l’anno scorso e ho usato il brainstorming:  è una tecnica di creatività di gruppo per far emergere idee volte alla risoluzione di un problema. Tutti i partecipanti lanciano le proprie idee – scritte sulla lavagna- e alla fine di ogni riunione si sfoltiscono sempre di più – fino ad arrivare ad un episodio completo.
Ammetto che non è farina del mio sacco:  In una delle tante convention che ho guardato sul Tubo, ho scoperto che è davvero così che funziona la faccenda!
Spero che vada bene, anche perché mantenere il realismo rimane uno dei miei obbiettivi principali!

Seconda cosa: il Ramma lamma lamma ka dingity ding da dong!”   e “Shoo bop shoo wadda wadda yippity boom da boom!” Non sono frutti della mia schizofrenia, ma parti del testo We go together del sopra-nominato musical Grease.

Ok, che altro dire?
Per tornare in carreggiata ho usato un capitolo di passaggio – che ho voluto tenere leggero, provando a lasciare un’atmosfera serena all’interno dell’arco narrativo.
In un chicco di caffè’ anche per cercare di trasmettere le abitudini, la familiarità che Annie è riuscita a conquistare in questo mese di lavoro in Georgia.
Essere amica della crew è quasi naturale per lei e, lentamente, questo legame si sta approfondendo sempre di più. Nonostante tutto sembra non aver smesso di fangirleggiare ogni volta che sta’ con Ian – nei prossimi capitoli vedremo cosa vorrà fare riguardo la situazione, stay tuned!

Spero di non essere caduta troppo nel banale (o troppo nello zucchero xD) e che comunque vi sia piaciuto.
Per i consigli sono disposta a tutto! Fatevi sotto, gente :)

Ah, un ringraziamento super-speciale  a quelle meravigliose ragazze che mi hanno spronato a continuare questa fic , via messaggio personale.
E’ una cosa che mi ha sciolto come un cubetto di ghiaccio al sole di ferragosto; se ho ripreso in mano Vincitrice molto lo devo a voi.
Grazie di cuore. Siete state fantastiche :)

A presto, folks!
LoveYouSoMuch <3

PS: Ho revisionato il capitolo precedente, prima di scrivere questo. Quindi ho aggiunto delle cose e sistemato delle altre, se non avete proprio nulla da fare potete andare a lanciare un occhio e dirmi se magari devo riportarlo allo stato ‘originale’ :P

 

Besos,
-{Eyes

 

 

 

   
 
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