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Autore: Gertie    09/12/2007    2 recensioni
“Cosa farai quando sarai adulto?”
“… Il cavaliere.”
“E tu?”
“Anche io farò il cavaliere.”
“E massacreremo i sassoni insieme!”

La storia di Elynor, la sorella adottiva di Lancillotto.
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Dodicesimo
Nel quale Elynor e Ginevra si trovano a fronteggiare il fatto di essere ormai cresciute

Lancillotto mi prese una mano fra le sue, alzò il capo e mi guardò coi suoi occhi neri e brillanti.
“Elynor…” cominciò.
Mi mancò il respiro. Ero già sconvolta, e non avevo neanche idea di quello che stava per accadere.
“Io… Io… Ho vissuto con te i momenti più belli della mia vita…” disse con voce tremante.
Provai un senso di vertigini e una stretta al petto.
“Sei la donna a cui ho donato il mio cuore, e ora ti chiedo… Sarei onorato se tu…” Lancillotto deglutì, visibilmente agitato “… Se tu diventassi mia moglie…”
Le sue parole giunsero attutite alle mie orecchie, e credetti di aver capito male.
“Forse ho bevuto troppo vino… Sto sognando.” mi dissi.
“…Elynor, vuoi sposarmi?”
Adesso però non potevo più sbagliarmi, aveva pronunciato il mio nome!
La folla aveva tratto un sospiro di eccitazione, aspettando la mia risposta.
Cosa dovevo fare? Cosa dovevo dire?
Inaspettatamente era cresciuto in me uno strano senso di panico.
Chiusi gli occhi.
L’unica certezza che avevo avuto fino a quel momento era stata quella di amare Lancillotto.
Sentivo le sue mani calde a contatto con la mia. Tremavano.
Mi chinai accanto a lui.
Era lì, teso e un po’ spaventato.
I suoi occhi profondi, i suoi riccioli neri… In un lampo mi sembrò di vedere l’inquieto ragazzino che era stato.
“…Sì!” avevo quasi urlato, nel silenzio più assoluto della scena.
Gli presi il volto tra le mani.
“Certo che lo voglio, non c’è qualcosa che io desideri di più di questo…” gli occhi mi si offuscarono di lacrime.
Lo abbracciai, e lui ebbe un sussulto.
Scoppiammo a piangere di gioia entrambi, tra gli applausi della gente e le urla di giubilo dei cavalieri, schierati in prima fila.
Ci alzammo in piedi.
Con la coda dell’occhio scorsi l’espressione attonita sul volto di Ginevra, quando anche Artù si inginocchiò davanti a lei.
Poi tornai con lo sguardo su Lancillotto.
Alto, forte e bellissimo… Aveva scelto me.
Quella sera, quando la festa finì e tutti si ritirarono nelle loro capanne, tranne Bors che ubriaco fradicio era crollato in mezzo al cortile e nessuno era riuscito a smuoverlo di lì, mi ritrovai con Ginevra, nella nostra stanzetta.
“Ehi… Non riesco a crederci!” esclamò la mia amica, gettandosi sul letto.
Mi sdraiai accanto a lei.
“Neppure io.”
Rimanemmo lì in silenzio, illuminate dal chiarore tremolante delle candele.
Guardavo le ombre rincorrersi sul soffitto, quando Ginevra mi fece una domanda inattesa.
“Tu… Tu sai cosa succede… La prima notte di… Di nozze, vero??”
Sussultai e mi girai a fissarla.
Deglutii.
Non avevo ancora fatto caso a ‘quel’ discorso, ma più o meno sapevo come andavano le cose…
Ricordai con un po’ di imbarazzo che anni prima, quando ancora mi trovavo al lago per l’addestramento, mi ero accorta di aver macchiato la tunica nella parte inferiore. Di rosso. Di sangue.
Ero corsa da Merlino, presa dal panico. Lo sciamano mi aveva allora spiegato come la natura faceva il suo corso, come i corpi delle fanciulle cambiavano, e il perché delle strane trasformazioni.
Quanto mi ero sentita stupida, e imbarazzata!
Merlino invece aveva sorriso con fare paterno, e mi aveva rassicurata dicendo che tutto era perfettamente normale.
“…Sì… All’incirca… Ma io non ho mai…” articolai.
“Neanche io…” disse Ginevra, sottovoce.
Ci fu qualche istante di imbarazzo generale.
“Ho un po’ paura.”
Ginevra mi si avvicinò, e mi abbracciò.
“Sorellina… Lo sai cosa mi ha detto Vanora?”
Aggrottai la fronte, curiosa.
“…Se ritieni che un uomo osi troppo… Basta che gli tiri un bel calcio tra le gambe, e lo rimetterai in riga!”
Scoppiammo a ridere.
Ci furono dei colpi alla porta, e la voce di Merlino tuonò.
“E’ tardi, dormite! Domani sarà un grande giorno per le mie due piccole guerriere!”
Sorrisi tra me, poggiai la testa sul cuscino e mi addormentai quasi subito.
Mi svegliò l’allegro canto di un galletto nero, che si era arrampicato fino sul tetto della nostra capanna, facendo un baccano infernale.
Un po’ intontita mi vestii, e lasciando Ginevra ancora immersa nei suoi beati sogni uscii all’aperto.
L’aria fresca mi scivolò sulla faccia e s’insinuò tra le pieghe dell’abito facendolo ondeggiare.
C’era il sole!
E questo non accadeva mai, in una terra da sempre avvolta dalla nebbia o spazzata dai venti…
Merlino aveva ragione. Quello sarebbe stato un grande giorno. Il primo giorno di pace.
Attraversai il villaggio camminando lentamente, cogliendo quelle piccole cose che non avevo più rivisto una volta lasciato Graeth; l’odore del pane fresco, del fumo che usciva dalla cima dei tetti in fili grigi, il chiocciare delle galline…
Era un quadro quasi sovrannaturale.
Giunsi al limitare di un folto boschetto, illuminato dai primi tiepidi raggi di sole e rallegrato dal gorgheggiare degli uccelli.
Camminando sentivo il muschio morbido e le foglie secche che crocchiavano delicatamente sotto i miei piedi.
Scorsi una quercia dal tronco largo e robusto con alcune fronde basse, e quasi d’istinto cominciai ad arrampicarmi, fino a raggiungere un ramo contorto sul quale mi sedetti, lasciando penzolare le gambe nel vuoto.
Quella quercia…
Somigliava molto a quella che sorgeva non lontano da Graeth, dove un giorno…
“Anche tu qui, Elynor?”
Sussultai.
Due mani si posarono sulle mie spalle, e accanto al mio volto riconobbi i riccioli neri di Lancillotto.
Per un istante si udì solo il frusciare della lieve brezza mattutina.
Lancillotto mi si sedette accanto, rivolgendomi un sorriso complice.
Anche lui ricordava.
Ogni volta che guardavo nei suoi occhi di ossidiana non potevo fare a meno di pensare a tutto quello che avevamo passato assieme, dai tempi in cui ci avventuravamo per le prime volte nei boschi attorno a Graeth, fino agli attimi di turbamento quando ci eravamo ritrovati dopo quindici anni…
Le nostre vite erano sempre state legate in un unico nodo che si era stretto, si era allargato… Ma non si era mai sciolto; e a dimostrazione di questo c’era ancora la piccola e cara cicatrice bianca sul pollice.
“Ehi ma ci pensi?” sussurrai “Stiamo per… Per… Sposarci!”
“E chi l’avrebbe mai detto…” disse lui con fare ironico “Che avrei perso la testa per un ragazzaccio come te!”
Stavo per ribattere, ma lui me lo impedì con un bacio vellutato che mi lasciò leggermente stordita.
Udii la voce di Vanora che mi chiamava, così balzai a terra.
“A dopo….” salutai Lancillotto, che mi sorrise.
Il dopo che ci attendeva. Sospirai emozionata.


Santo Cielo! Da quanto tempo era che non aggiornavo più?!
Mi vergogno di me stessa -___- Vi prego non uccidetemi! Mi sono messa di buona lena, ho tutte le intenzioni di portare a termine questo racconto senza ulteriori pause letargiche >____< Promesso!
Ringrazio molto monypotty e GiuEGia che continuano a seguirmi ^__^
A prestissimissimo!

Gertie
  
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