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Autore: bowiess    23/05/2013    5 recensioni
La sua vita era su quella copertina, quella copertina su cui aveva pianto, sudato e sperato. 
Quella copertina era la causa della sua gioia, ma non capiva che quella copertina sarebbe stata anche la causa della sua fine.
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«E quale sarebbe il tuo sogno?» si avvicina a me e riesco a vedere la rabbia nei suoi occhi, pronta a scatenarsi su di me. «Camminare davanti ad un gruppo di tossicodipendenti con la speranza di finire di qualche rivista da quattro soldi? Oppure quello di morire di bulimia a vent'anni?»
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Vogue è tutto quello che desidero.
Vogue è tutto quello che voglio essere.
Vogue è tutto quello che sarò.

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Nessuno dei protagonisti è famoso in campo musicale, spero che la storia vi piaccia!
Buona lettura dolcezze, 
-a.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Salve ragazze♥♥
Volevo dirvi che siamo arrivati al cinquantunesimo capitolo (giura??) ovvero, l'ultimo
Quindi si, con questo capitolo, la storia finisce e volevo dirvi alcune cose;

Innanzitutto, scusatemi;
Scusatemi se a volte ho aggiornato in ritardo.
Scusatemi se ho scritto male dei capitoli.
Scusatemi se questo capitolo vi deluderà, sappiate solo che ho fatto del mio meglio.
In ogni caso, scusatemi.

Poi volevo ringraziarvi;
Grazie per le recensioni che avete lasciato e che lascerete.
Grazie per avermi incitato a continuare.
Grazie per aver seguito la storia fino alla fine.
Senza voi non sarei mai riuscita a continuare.
Quindi, grazie.

Adesso mi levo dalle scatole, così potete leggere in santa pace. 
Grazie ancora e buona lettura!
-

 The last vogue. 



Apro il mascara, strofinando il pennellino con le ciglia, allungandole e vestendole di nero. Nero. Come gli anni che ho trascorso davanti ad uno specchio, nero come tutto ciò che vedevo dentro di esso al posto di una graziosa bambina dagli occhi azzurri.
Poi, mi affretto tracciare una riga bianca sulla palpebra. Bianca. Non era un semplice colore. Era una voglia, un circolo vizioso, un passaggio segreto. Una droga.
E poi, lentamente, percorro con un rossetto le mie labbra, trasformandole in una fiamma. Rossa. Rossa come il sangue, quello che fuoriusciva dalla mia bocca e quello che, successivamente, usciva dalle mie vene il giorno in cui arrivai all’ospedale. Un ago nel braccio non era affatto ciò che desideravo, ma comunque, questo era sicuramente ciò che desideravo.
Sciolgo i capelli, dividendoli con le mani e portando alcune ciocche sul petto. Ho scelto io l’abito, ho scelto io le scarpe, ho scelto io, insomma, perché, diciamocelo, tutto ciò che conta è ciò che sono diventata io, non ciò che è diventato un po’ di cotone.
Sono lì per me. Per guardare l’esempio di quello che può accadere quando fai della tua vita una vera e propria sfilata, quando firmi un patto col diavolo, quando vendi te stessa per qualcosa che non sei. Io non ero questo. Io non ero la bellezza. Questa non era la mia storia, per quanto io volessi che lo fosse. È così brutto desiderare qualcosa che non puoi avere. Eppure mi sentivo bene, mi sentivo me stessa in un mondo che non era il mio, ero felice. Avevo raggiunto il mio obiettivo e non volevo smettere. Ma, le regole sono regole, e se non fai come tutti quante, non hai futuro.
Cosa ci ho guadagnato in tutto questo? Forse il fatto di pensarci, prima di criticare un tossicodipendente o di prendere in giro una ragazza in sottopeso. Forse il fatto di vedere oltre una semplice rivista di moda e sfogliare la vita di quel faccino sbattuto in copertina. Il fatto di sapere cosa c’è dietro la passerella, cosa c’è dietro quei vestiti ben fatti, cosa si nasconde insomma. Ma io sapevo tutto, è questo il problema. Lo sapevo. E mi piaceva.
Quindi, che dire, è colpa mia.
 
«Miley! Un minuto!» urla Lucas dietro la porta. Prendo un respiro profondo e mi alzo dalla sedia, rimanendo in contatto con il mio riflesso.
È finita.
Tocca a me.
Adesso è davvero finito tutto. Addio alle copertine, addio alla bellezza, addio alla perfezione, addio sfilate, viaggi, fotografi, flash, occhi addosso. È una cosa brutta. Ma gli addii sono anche delle cose belle. Perché non c’è niente di più bello che dire addio alla droga, all’alcool, alla solitudine, ai ricatti, agli abusi. Un giorno, fra venti, trenta, quarant’anni, o magari domani, tutta questa bellezza, questa che vedo allo specchio, sparirà. Per sempre. E avrei detto comunque addio a tutto ciò.
È tutta una fregatura e, si, sembra tutto così perfetto ed elegante eppure così falso, assassino, stupido.  
La moda mi ha fatto male, mi ha resa insicura, mi ha fatto soffrire, mi ha fatto perdere chili su chili, mi ha spiattellato in faccia la verità, mi ha cambiata, mi ha fatto capire che non sono mai abbastanza, bisogna essere sempre di più. Ma l’ho amata. L’ho amata da morire, ho amato ogni singolo passo che ho fatto sulle passerelle, ogni singola foto che mi hanno scattato, ogni vestito che ho indossato, ogni complimento ricevuto, ho amato tutto questo e, adesso, non rimpiango niente.
Mi avvicino di più allo specchio, verificando che ogni singolo centimetro della mia pelle sia a posto. Noto con piacere che la mia pelle è a dir poco perfetta, sebbene piena di ogni tipo di cosmetico. Ma comunque, per quanto finta possa essere la moda, chi se ne frega della mia faccia. Stendo le braccia lungo i fianchi e spengo la luce del camerino, precipitandomi fuori.
«Ah, eccoti.» Lucas mi viene in contro, prendendomi per mano e tirandomi verso la passerella. Mi posiziona davanti a lui, in modo da guardarmi dritto negli occhi. «Ultima voga, queste sono le parole a cui devi pensare. Ok?»
«Si.» sussurro, un po’ nervosa. L’ultima modella rientra, annoiata. Naturalmente. Per lei è una sfilata come le altre.
Lentamente, mi avvicino alla passerella, consapevole di essere ad un passo dalle luci. Chiudo gli occhi.
 
Ricordo ogni offesa.
«Sei grassa, Miley.»
Davo troppo peso a queste parole e, quando vedevo quello stupido numero sulla bilancia, mi accorgevo che il peso che davo a quelle parole, era mio.
 
Ricordo tutto.
«E quale sarebbe il tuo sogno? Camminare davanti un gruppo di tossico-dipendenti con la speranza di finire su qualche rivista da quattro soldi? Oppure quello di morire di bulimia a vent’anni?»
Ricordo quando ho creduto di non farcela. Ogni parola, ogni inutile tentativo di mandare giù parole troppo pesanti, più di me forse.
 
Ricordo quando sentivo le mie mani tremare, mentre reggevo a malapena il telefono.
«Vogue Agency, cosa posso fare per lei?»
«Vorrei entrare a far parte dell’agenzia.»

 
Ricordo la prima sfilata, la prima volta, la prima voga. La prima volta che ho sentito le mie gambe tremare per qualcosa di bello, non per il digiuno –cosa molto frequente. La prima volta che mi sono sentita perfetta. Buona a qualcosa. Bella. Importante. La gioia che provavo guardando le luci dei flash accavallarsi non era niente a confronto con quello che poteva farmi provare un uomo.
Stavo mettendo in secondo piano anche Nick.
 
Ricordo la prima volta che ho visto la mia malattia negli occhi di Demi.
«Tu non hai idea di quanto ti invidiavo, eri così bella con le tue curve sottili e delicate, mentre io ero una grassona che ti aiutava. Una stupida grassona che ti dava i consigli giusti e ti osservava mentre ti complessavi allo specchio!»
Lì mi sono resa conto di averla trasformata. Lei soffriva. Ed era per colpa mia.
 

Ricordo la prima volta che ho assunto quello schifo e la prima volta che ho sniffato, tutte impresse nella mia mente.
Succhio il polpastrello, asciugandolo poi sull’abito. Non è niente di che, fino a quando non sento il mio cervello vibrare. Una leggera scossa che mi ricorda che fuori di qui, mi hanno appena insultata.
 
Ricordo la prima volta in copertina, su Vogue. Tecnicamente quello era il mio obiettivo, il colmo. Appunto, la Voga.
È in assoluto la giornata migliore della mia vita, sono così felice, non riesco a non piangere, davvero. Finalmente qualcosa di buono, finalmente qualcosa di cui essere felice, finalmente il mio sogno. Devo ammettere che un pò anch’io sono fiera di me.
Ero talmente contenta che non ho pensato a quello che sarebbe potuto accadere dopo, quando la magia finisce, quando devi pagarne il prezzo. Se tutto questo fosse stato una sfilata, quello sarebbe stato il momento in cui una modella da le spalle al pubblico, rientrando nel suo spiacevole mondo, che si presume sia quello più viscido.
 
Ricordo quando ho sniffato. Sniffato davvero. Droga, droga vera, non roba da adolescenti. Quella era roba seria. Roba da modelle e insieme a quell’orrendo vizio, c’era la mia inseparabile ombra, la mia tipica ossessione, a quello c’ero abituata. Ma giuro, mi sentivo male al solo pensiero che mi avevano imposto di perdere peso e non ero io quella che aveva deciso.
«Cos’è? È un fottutissimo numero che supera i quarantacinque, hai presente? È lì, davanti a te, e devi farlo scomparire!» inveisce, mentre io rimango impassibile, stranamente. «Hai scelto di fare la modella, bene, le modelle non aprono bocca.»
 
E poi ricordo quando sono arrivata al limite. Al limite di tutto. Limite di bugie, limite di peso, limite della pazienza. Era come se mi rimanessero pochi giorni di vita. Poche ore, anzi. Come se stessi cercando di prolungare la sofferenza, consapevole che la morte sarebbe arrivata a momenti.
«Miley, dobbiamo parlarti.» aggiunge il dottore dispiaciuto. «Ma credo che certe cose le sai meglio di me.» prende un respiro profondo e ricomincia a parlare, «Hai digiunato per più di cinque giorni, questo ha fatto molto male al tuo organismo ma la cosa peggiore è stata l’incredibile quantità di cocaina che abbiamo trovato nel sangue.» ogni parola, un pugno al petto. Credo di non essere mai stata peggio di ora. La mamma di Jessie abbassa lo sguardo, immaginando sua figlia al mio posto. Non è bello. «Devi rimanere per qualche settimana qui, dobbiamo risolvere alcune cose e poi andrai in un centro di riabilitazione mentale per tossicodipendenza.»
 
Fine.
 
Ad un certo punto, luci.
Senza accorgermene, mi ritrovo a fine passerella. Osservo il pubblico alzarsi, battere velocemente le mani. Cerco i miei familiari tra la folla, e dopo aver scrutato tutta l’area, li vedo davanti a me, che applaudono fieri.
Realizzazione.
Tutta questa strada per un momento così breve. Rimarrei qui per sempre, a sentire le mani battere e i flash illuminarmi il volto.
Batto le mani un paio di volte. Sento un liquido caldo sfiorarmi gli occhi.
Lo sapevo.
Piangerò a momenti, ma stavolta non mi nasconderò, lascerò vedere a tutti quello che significa aver lottato per qualcosa, e per “lottato”, non intendo un’adolescenza passata allo specchio o una cinquantina di dollari di pillole dimagranti. Io ho lottato sul serio, ho sofferto sul serio, ho sperato per tutta la vita di essere questo. Non ho mai pensato ai soldi, alla droga, ho solo pensato a me ed è quello che molti non capiranno. E poi chi è che non sbaglia? Ci sono caduta anche io, sono rimasta fottuta, ho capito cosa può succedere quando si crede di essere imbattibili. Ci sono stata male. Ma allora perché non me ne pento?
Semplice.
Io volevo quello. Solo quello. A costo di finire in un centro di riabilitazione per tossicodipendenza, il mio sogno doveva diventare realtà.
 
E lo è diventato.




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"L'abito ha bisogno di un'anima, chi sfila fa vivere il vestito, che da solo non potrebbe portare il messaggio giusto."
Donatella Versace
 
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kisses,
Becool.

  
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