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Autore: _MrS_HyDe_    09/12/2007    4 recensioni
"Questa storia non è una bella storia.parla di persone perdute, di persone che perdono e di persone che si perdono." fino a che punto può spingerci l'amore? può spingerci sino alla pazzia? può giustificare la vendetta? [NaruXHina] [NaruXSasu]
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1- no more Moon, no more Stars

“Ma quanti anni vive l’uomo?
Vive mille anni o uno solo?
Vive una settimana o più secoli?
Per quanto tempo muore l’uomo?
Che vuol dire per sempre?”
PABLO NERUDA
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Questa storia non è una bella storia.
Non ci sono fate, né magie, né incantesimi.
Non parla né di principi, né di principesse.
Parla di gelosia, della gelosia più estrema e orribile,
parla di pazzia e di pazzi,
parla di amori distrutti, di amori non ricambiati,
parla di odio e di vendetta,
parla del dolore più grande,
parla di persone perdute,
 di persone che perdono e di persone che si perdono.
Questa storia non è una bella storia.
Questa storia è una storia vera.
Ma, se non volete che vi si spezzino i sogni e vi si infrangano le speranze,
non leggetela.
Riponetela in un cassetto e lasciatela lì,
nel mezzo
tra i sogni dimenticati
e quelli infranti.



Hinata sapeva ascoltare. Era questa la sua qualità più grande, e non era cosa da poco: la maggior parte delle persone finge di ascoltare, o non ascolta proprio. Prese da loro stesse, non badano a ciò che gli si dice o gli si viene confidato. Al primo momento, s’insinuano nel colloquio e lo trasformano in un soliloquio. Parlano e parlano, senza una meta precisa, senza un punto d’arrivo, come, del resto, senza nemmeno un punto di partenza. Hinata no: aveva la rarissima e preziosa dote si saper tacere e, al momento opportuno, sì, parlare, ma sussurrando le parole, in modo da farle ascoltare solo al diretto interessato, e renderle, così, speciali. Quando parlava, poi, non erano parole vane, ma piccole gemme che lei intagliava nei suoi lunghi silenzi.
Naruto, invece, non sapeva ascoltare, sapeva solo parlare, e neanche con tanto criterio: parlava per ore interminabili, senza sapere quando fermarsi e nessuno, sebbene vi tentasse con i migliori propositi, riusciva ad ascoltarlo fino in fondo. Tranne Hinata. Lei sapeva stare per ore accanto a lui ad imparare il suono della sua voce, cogliendone le più piccole sfumature e accompagnandole alle espressioni del suo bel viso.
Era iniziato tutto così: un pomeriggio che Naruto aveva voglia di parlare e voglia che qualcuno l’ascoltasse davvero. Si erano seduti su un muretto, all’ombra di uno dei tanti alberi secolari che ornavano la città, mentre attorno a loro aleggiava il silenzio caldo dei giorni d’estate. Di solito Naruto non prestava troppa attenzione ad Hinata, ma quel pomeriggio non fu così: mentre parlavano, o meglio, mentre lui parlava e Hinata ascoltava silenziosamente, annuendo di tanto in tanto e ridendo alle sue battute, Naruto aveva preso ad osservarla minuziosamente. Quel caldo e prezioso pomeriggio di piena estate, Naruto si accorse che la piccola bambina impacciata di così poco tempo prima era diventata una splendida ragazza, dai lineamenti gentili e la pelle candida e i capelli neri e leggeri. E ad incrociare lo sguardo con quella piccola donna si ritraeva spaventato, quasi, dalla sua bellezza, e arrossiva e incurvava dolcemente i lati della bocca, e intanto continuava a parlare, cercando disperatamente un argomento dopo l’altro, nel timore che al primo silenzio imbarazzato sarebbe corsa via, come quel tempo malvagio che scorreva così velocemente e sottraeva loro quei momenti così belli.
Infine, quando le ombre erano così lunghe che parevano volersi allontanare dai loro corpi, Naruto tacque, col cuore in gola. Allora Hinata gli riservò il primo di tanti sorrisi che avrebbe dedicato solo a lui e, come sempre, sussurrò la sua piccola gemma:
- sono d’accordo con te -
- su cosa? –
- su tutto –
- … -
- … -
- Hinata? –
- …? –
- credo di essermi innamorato di te –
E lei, lei piccola, lei indifesa, lei dolce, lei imbranata, lei inutile, lei come la luna, lei preziosa, lei silenziosa, lei bellissima, lei che ascolta, lei che tace, lei che piange, lei che ride, lei, che di speciale non aveva proprio nulla,lei che di prezioso aveva solo lui, lei che di meritarsi, non s’era mai meritata nulla, lei che lui non meritava o non meritava lui, lei, non ci pensò due volte.
Svenne all’istante.



Quando Hinata disse a Naruto che era incinta, fu la volta in cui toccò a Naruto svenire. Quando rinsavì, non disse nulla e andò via senz’altro, pallido come se avesse visto un fantasma, o peggio. Hinata si rinchiuse in camera sua e pianse a lungo: pensò di aver perso Naruto davvero. S’addormentò tra le lacrime. A sera si svegliò, e sentì un brusio di voci nella grande casa. Uscì allora dalla sua stanza e, curiosa, si avviò nella sala principale, da cui provenivano le voci. Arrivò giusto in tempo per udire l’inizio dell’impacciato e confusionario discorso di un inusuale Naruto, in abito da cerimonia (troppo grande per lui, a dirla tutta: doveva averglielo prestato qualcuno, forse Neji, che lo osservava facendo in silenzio il tifo per lui) e dalla voce impastata, ma lo sguardo deciso:
- signor Hyuuga – iniziò – sono qui, oggi, per domandarle la mano di sua figlia Hinata –
Silenzio nella sala. Oltre a Hiashi, pochi altri membri del clan.
- e cosa ti fa pensare di essere il più adatto a pretendere la mano di Hinata? –
La domanda suonava retorica, velatamente irrisoria, ma Naruto non prese mai domanda più sul serio di quella: alzò deciso il capo, illuminato da uno di quegli sguardi che la sua Hinata amava tanto e che solo lui era in grado di fare, e disse quella frase che Hinata non avrebbe mai più scordato in vita sua:
- non sono di certo il migliore di questo villaggio, né mai credo che lo sarò, ma non ho dubbi: sono quello che ama sua figlia più di ogni altro –
Il capoclan hyuuga stette in  silenzio ancora, così Naruto aggiunse:
- se sono qui, è per pura cortesia, perché vede, signor Hyuuga, se Hinata sarà d’accordo, non mi fermeranno tutti gli eserciti del mondo dal portarla via con me, qualunque cosa lei dirà –
Fu allora che la sala si accorse che Hinata era sul ciglio della porta. Ella entrò, senza timore, e andò al fianco di Naruto: il suo sguardo non aveva bisogno di domande. Naruto si alzò in piedi.
Hiashi Hyuuga osservò ancora i due innamorati, in silenzio. Poi, s’alzò anche lui, voltò loro le spalle e s’avviò verso la porta bianca.
- solo, non fatelo ad agosto: qui a Konoha, d’estate, si muore davvero – e uscì, richiudendo la porta dietro di sé.

Il giorno del suo matrimonio, Hinata Hyuuga era bellissima, e anche il giorno dopo, e tutti i giorni che venivano. Quando le venne il pancione, Hinata si vergognò moltissimo, ma Naruto continuò a ripetere che era la più bella. Quando nacque la loro bambina, disse che era la creatura più meravigliosa che ci fosse al mondo, lei e sua madre. O almeno, questo era ciò che pensava Naruto. Ciò che pensava la gente non discordava però di molto da quel che pensava il giovane uomo: non c’era alcun dubbio sul fatto che Naruto, Hinata
e la piccola Risa fossero la famiglia più bella di Konoha. Belli come il Sole,
la Luna e le Stelle, dicevano, e non c’era mai stata verità più giusta di quella.


Ora, vorrei terminare qui il mio racconto
scrivere il
vissero per sempre felici e contenti,
ma ho scritto che questa è una storia vera
e non sarei leale verso i miei venticinque lettori
se terminassi in questo modo.
Ho fatto giuramento di verità e lealtà,
quindi continuerò a scrivere,
nonostante mi si strazi il cuore
al solo pensiero.
Voi che leggete,
però,
 siete ancora in tempo.
Ancora in tempo
Per ignorare la realtà
e perché la realtà,
come vi auguro,
ignori voi.


Naruto camminava, anzi, quasi correva, ansioso di tornare a casa. La missione era stata più dura del previsto ed era stanco morto. Nella strada buia e deserta, il freddo si divertiva a insinuarsi nei suoi vestiti. Quanto sognava il bel caldo di casa sua! Immaginava già la tavola ancora apparecchiata apposta per lui, la cena da scaldare nel forno, la sua bambina persa nel futon troppo grande, sua moglie addormentata tra le lenzuola calde. Allungò ancora il passo, assumendo un’andatura quasi ridicola, poteva parere un fuggitivo, ma il sorriso sul suo volto lo tradiva parecchio.
Quando ormai non mancava molto a casa sua, vide un piccolo capannello di persone, ma la cosa non lo preoccupò più del necessario, nonostante l’ora tarda. Mano a mano, però, che avanzava, i gruppetti si facevano più numerosi. Era piuttosto insospettito, ma, per una volta, la sua voglia di tornare a casa superò la sua vorace curiosità. Immaginò qualche disgrazia a qualche poveraccio e se ne dispiacque, poi, come tutti facciamo quando qualcosa non riguarda noi stessi, se ne dimenticò. Tanto più che a casa c’erano ad aspettarlo la sua dolce mogliettina e la sua bellissima creatura. Decise senz’altro di andare avanti, ma non poté ignorare uno Shikamaru piuttosto affannato e un po’ spaventato corrergli incontro. Si fermò, di malavoglia, e sorpreso esclamò:
- Shika? Ma che…? –
- Naruto… - lo chiamò,e indugiò un poco per trovare le parole.
- che è successo? –
Il ragazzo abbassò lo sguardo, tormentandosi le mani. Naruto non lo aveva mai visto così in difficoltà. Sembrava non saper che fare e questo spaventò Naruto più di tutto: Shikamaru era sempre stato il più veloce a prendere le decisioni, anche quelle più difficili; mai lo aveva visto indugiare e, comunque, se l’era sempre cavata ben presto e con relativa facilità. Vederlo così spaesato lo terrorizzò, come se gli mancasse il terreno sotto ai piedi, e si sentì salire anche un moto di inspiegabile rabbia.
Shikamaru indugiava ancora, gli occhi sul terreno, le mani frenetiche, alzando di tanto in tanto lo sguardo, come se si fosse risolto a prender una decisione, prendendo fiato, ma subito la chiudeva, mordendosi il labbro. Ma Naruto aveva perso la pazienza già da un pezzo e sentiva un terribile presentimento salirgli dalle viscere: intuiva vagamente un familiare odore di morte e già gli pizzicavano gli occhi e la gola.
- Shikamaru, porca miseria, vuoi dirmi che diavolo è successo? – gli intimò, scotendolo dalle spalle.
Lo shinobi lo guardò finalmente negli occhi e Naruto indietreggiò: non gli aveva mai visto uno sguardo così sofferente. Pareva lo avesse colpito una profonda disgrazia o, e all’idea tremava, gli fosse stato incaricato un compito terribile, di cui, sulle spalle curve e la testa china, Naruto distingueva i vaghi contorni della morte.  
- ehi, Shika, dai… che cavolo, così mi spaventi sul serio… senti, dai… io vado, ci sono Hinata e Risa che mi aspettano, me lo dirai domani, ok? – ma non si mosse, legato da quell’attrazione fatale che oi uomini sviluppiamo per il pericolo e la morte e che, nonostante la netta sensazione di dover scampare, non riusciamo a ignorare.
Shikamaru si morse il labbro e finalmente parlò, di una voce così triste che Naruto se ne sentì trafitto:
- Naruto… non credo che Hinata e Risa ti stiano aspettando… -
Naruto rimase un attimo intontito, poi, ottusamente, chiese:
- ah, sì? E dove sono andate allora? Sono per caso con Ino o con Sakura? –
Shikamaru sospirò, per farsi coraggio. Sapeva benissimo che Naruto non era stupido come lasciava a pensare: rifuggiva solo la realtà. Ma serviva a ben poco: finché si è vivi non la si può ignorare.
- No, non sono con nessuna di loro due – disse, con immensa fatica.
- ah, si? E allora dove sono? - chiese Naruto, ridacchiando come suo solito. Ma quel falso sorriso si spense subito quando vide l’espressione ancora più addolorata dell’amico.
- Shikamaru, dov’è Hinata e dov’è Risa? – domandò di nuovo l’uomo, senza più ridere, ora – Shikamaru, dimmi dove diavolo sono mia moglie e mia figlia! – ripeté, ormai gridando. Quando Shikamaru scosse la testa, corse via, ed era già lontano quando lo sentì scusarsi:
- Naruto… mi dispiace… mi dispiace davvero… -
“ma sono tutti impazziti?” si chiese, camminando a passi svelti e pesanti verso casa sua, scansando la folla che s’andava infittendosi. Ad ogni viso muto che vedeva, carico di dispiacere e pietà per lui, non faceva che irritarsi sempre di più: perché mai tutta quella gente s’era riunita a quell’ora della notte? perché, poi, sembrava avessero scelto come luogo di ritrovo la sua casa? Ma soprattutto, perché mai nessuno gli diceva niente?
Scansò anche Sakura ed Ino, in lacrime, sorrette da Kiba e Choji, quanto mai pallidi. Quando lo videro, sembrarono sul punto di dirgli qualcosa, ma anche loro tacquero. Ancora più irato, Naruto si fece largo tra l’ultima fila di persone e finalmente vide.
Vide ciò che né Shikamaru, né Kiba, né Choji né nessun altro avevano voluto dirgli. Vide ciò che mai avrebbe voluto vedere. Vide ciò che non avrebbe mai voluto ricordare, e che mai si sarebbe tolto dalla testa. Vide tutto ciò che c’era di più doloroso e di più orribile al mondo. Vide, e avrebbe solo voluto non aver mai visto.
L’urlo che gli squarciò il petto, credeva l’avrebbe ucciso. Le lacrime che gli cadevano dagli occhi, pensava non le avrebbe mai più fermate. Ma il dolore che provava al cuore, quello lo sapeva per certo, non gli sarebbe mai più passato.
Vide sua moglie e sua figlia, stese sull’asfalto bagnato dalla luna. Erano distese, in terra, gli occhi spalancati, le iridi e le cornee si fondevano, come nei ciechi, la pelle era bianchissima, tirata, pareva finta, di porcellana, come quella delle bambole e Risa lo pareva davvero, la sua bambina, con quei capelli biondi e quel viso tondo. Hinata, invece, era piena di lividi e croste, ma, entrambe, erano riverse in un lago di sangue, sorgente dai loro ventri e dalle loro viscere.
Abbracciò i corpi di Hinata e di Risa: erano freddi e leggeri così che credeva gli sarebbero volati via di tra le mani e li strinse allora ancor più forte. Se li premette contro il petto. I loro bei ventri bianchi erano ornati da orribili fiori rossi, accecanti. Non usciva sangue: non v’è n’era più nei corpi. Accarezzava i loro capelli, neri dell’una, biondi dell’altra.
Non aveva parole, dalle sue labbra usciva solo un lamento straziante e continuo. Una cantilena maledetta che ripeteva, dondolando avanti e indietro. E piangeva. Piangeva sua moglie, l’unica donna che avesse mai amato davvero, l’unica che lo avesse mai ascoltato, l’unica che lo avesse sempre preso sul serio, l’unica. Piangeva sua figlia, di appena cinque anni, così pochi, che era ancora immacolata. Pareva un fiocco di neve, la sua bambina, quella che cullava tra le braccia le notti di tempesta, quella che la sera gli correva incontro, abbracciandolo e chiamandolo “papà”. Piangeva le persone più importanti della sua vita.
E, nel groviglio di sentimenti, nel groviglio di dolore e disperazione e rabbia e orrore, un solo pensiero andò a delinearsi nella sua mente: vendetta.
Ma contro chi? Contro chi accanirsi? Di chi straziare le carni? Di chi affondare le mani nel sangue? A chi far provare anche solo un briciolo del dolore che stava provando lui? Chi distruggere? Chi odiare?
Sasuke avanzò tra la folla, sguardo triste e pietoso, come mille altri attorno a lui. Naruto alzò lo sguardo bagnato su di lui, speranzoso. Che dicesse qualcosa, almeno lui! E lui aveva poche parole, ma erano quelle giuste:
- è stato Itachi –
Naruto alzò ancora lo sguardo, sul cielo nero, senza più Stelle, senza più Luna. E il cielo iniziò a piangere, assieme a lui.

- Itachi Uchiha…
...giuro che t’ammazzo –



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Storia strappalacrime, ebbene sì. Pensate che sia una stronza? Non avete ancora visto il peggio. Perché? Perché sono terribilmente depressa, pensavo che trasmettere un po’ della mia tristezza su queste pagine mi avrebbe aiutata…. Sono un’egoista vero? XD
Titolo pertinente col primo capitolo, vagamente pertinente col resto della storia. Purtroppo, non mi veniva in mente nient’altro…. Caratteri OOC per i fini della storia e perché non credo che se a naruto ammazzassero Hinata e la figlia sarebbe ancora così tanto allegro… se vi piace, continuerò a pubblicare questa storia. Sarà di circa 8 capitoli, credo, più l’epilogo. A inizio di ogni capitolo ci saranno una o più citazioni, un flashback e la storia vera e propria. purtroppo non aggiornerò molto spesso: sono abbastanza in alto mare! (e te pareva! Ma quand’è che ne fai una giusta, te? Nd Jekyll) (kyaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!! Credevo di essermi liberata di te!! Nd me) (guarda che siamo la stessa persona, cretina! Nd Jekyll) (allora ti sei data della cretina da sola!!ahahahahaha!!! Nd me) ( -_-“ vedo che, come al solito, mostri la maturità di una bimba dell’asilo ndJekyll) (ahahahahahahahahahahahahahah!!!! Nd me) ( -__-“ nd jekyll)
Spero davvero vi piaccia, ci ho messo tutta me stessa!
Baci,
_MrS_HyDe_
  
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