Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: NoaLillyORiordan    25/05/2013    2 recensioni
Come possono cambiare due vite con un solo incontro? Ed è davvero possibile? Due sconosciute, piene dei loro silenzi si incontreranno prima sul campo sportivo, compagne di squadra, amiche e poi? Questa è la storia di due anime che prese dalla difficoltà della vita, finiranno per incontrarsi e scontrarsi...come potrebbe capitare a tutti noi, del resto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ritorni.

Chiara aprì la porta di casa. Non rimase a guardare Michela schizzar via. Non sapeva dire se era più arrabbiata o delusa, dispiaciuta o ferita. Era una mistura di sentimenti. Lo stomaco era stretto in una morsa, la testa le girava. Cento ore di sonno non avrebbero alleviato lo stato d’animo.
Posò le chiavi, e si avviò verso il bagno. Camminava piano, era ormai una abitudine, anche quando lui non c’era.
Poco meno di ventiquattr’ore prima Michela era in quella casa. L’aveva vista nel suo letto e leggendo il biglietto si era sentita nuda. Ora aveva distrutto tutto per sempre. Chiara era confusa: non si sentiva del tutto colpevole. Si chiedeva cosa avrebbe fatto Michela al posto suo. Era facile parlare dal di fuori. Queste considerazioni rendevano Chiara più confusa e nervosa. Era cosi in sovrappensiero che solo quando sospinse la porta della sua stanza, invece che quella del bagno, si rese conto del chiacchiericcio e dei risolini che erano ben udibili, in realtà, in tutta la casa.
“Oh, oh” disse una donna bionda, seminuda stesa sul suo letto. “E lei chi è?”
“Lei è Chiara”. Giovanni non si premurò di specificare quale legame li legasse. I due erano, evidentemente e pesantemente ubriachi. La donna aveva solo un corpetto nero e cingeva la schiena dell’uomo con le gambe. Lui era completamente nudo, puntellandosi sulle ginocchia e tenendo ferme le braccia della donna con una mano.
“Perché non ti unisci a noi?” chiese zuccherosa e melliflua la donna. Le risate erano impastate. Non erano stupiti ne si vergognavano di quello stato.
A Chiara girò lo stomaco. Erano ubriachi, nudi e stavano facendo sesso sul suo letto. La ragazza venne presa da un attacco di nausea. Si sentì sporca. Pensò che non sarebbe bastato dare fuoco alle coperte per non sentirsi più cosi. Pensò che non sarebbe bastato dare fuoco all’intero appartamento. Rischiuse la porta e andò a rifugiarsi in cucina. Con le mani sul tavolo, cercava di cancellare quella immagine. Che Giovanni la tradisse lo sapeva e non le importava. Il loro non era nemmeno un rapporto d’apparenza. Era solo convenienza. Si sentiva sempre più male e avrebbe voluto rimettere. Impossibile avendo lo stomaco vuoto. Doveva cancellare quella scena. L’avrebbe dovuto fare, perché in quel letto ci avrebbe dovuto dormire comunque, una volta chiusa quella situazione. Ma più cercava di non pensarci più i due restavano incisi, come marchiati a fuoco, nelle retine della ragazza.
“Ehi, dove vai?” disse la donna “Torna qui zuccherino!”
Giovanni si avviò verso la cucina. Chiara sentiva pesanti passi dietro di lei, ma non si voltò. Sapeva che era Giovanni: camminava sbattendo i talloni a terra, e il suo arrivo sembrava sempre la carica di una mandria.
“Vieni immediatamente di la” ordinò duro Giovanni. L’ebrezza aveva cambiato rapidamente il suo stato d’animo. Ora era furioso.
“No” Chiara fu secca e diretta, dandogli ancora le spalle. Giovanni le prese un braccio e la fece girare bruscamente.
“Come osi contraddirmi?”
“Lasciami!” urlò la ragazza. I due cominciarono a litigare pesantemente. Più lui la strattonava più lei si divincolava. Era nauseata, disgustata. Voleva solo scappare da quella casa.
Stavano già discutendo da un po’, quando lui spazientito cominciò a diventare più violento e alzò un braccio. Chiara istintivamente, in un attimo parò le braccia davanti, non voleva subire ulteriori violenze. Era stanca e urlò istintivamente “Non farlo. Sono incinta!”. Giovanni abbassò il braccio e fece un passo indietro. Anche Chiara fece cadere le barriere. Ma si rese subito conto dell’errore. Giovanni infuriato allungò un ceffone. Chiara non sentì molto. Si rese solo conto che stava arrivando. Tutto il resto fu il buio delle profondità oceaniche.
 
Solo entrando in casa si rese conto da quanto tempo era mancata. La notte precedente l’aveva passata per metà a casa di Chiara e per metà a vagare in moto fino a prima mattina per poi buttarsi sul divano del locale, a dormire, con i piedi penzoloni, mentre l’impresa di pulizie continuava rumorosamente a fare il suo dovere.
“Cagnone, scusami per l’assenza”
Michela si guardò intorno. Laura era seduta vicino il tavolo e leggeva. Fingeva di leggere per ignorarla. Per fingere di ignorarla. Ma non alzò lo sguardo dalle sfuocate righe che aveva davanti agli occhi.
“Hai fatto mangiare Cagnone?”
“Certo” disse secca.
Entrambe stavano ricordando gli avvenimenti della sera prima. E non avevano voglia di riaffrontare l’argomento.
“È stata una brutta giornata, vado in camera”. Michela sentiva di doversi scusare. In un certo senso voleva scusarsi. O credeva di volerlo. In questo stato d’agitazione, non prendeva nulla sul serio. L’insidia e il pericolo erano all’angolo e non voleva fare cazzate. Ne aveva già fatte fin troppe.
Si rese conto anche che era la seconda sera che non faceva una doccia. – Mamma faccio proprio pietà – si disse. Cosi detto, si infilò sotto un getto di caldissima acqua. Davanti ai suoi occhi l’acqua apparve torbida. Non era solo lo sporco, era la delusione, le ferite che perdevano ancora. Restò nuda ed immobile ancora molto tempo, mentre l’acqua, che poco a poco diventava rovente, scrosciava e scivolava sul suo corpo. Fissava le mattonelle per un tempo indefinibile; poi, senza insaponarsi ne null’altro, chiuse l’acqua, prese una asciugamano e si asciugò.
 
“Di chi è?”
Chiara faceva fatica ad aprire gli occhi. Si sentiva un lato della faccia gonfio e le faceva male una tempia. La bocca asciutta ma impastata come se avesse un milione di gomme secche in bocca. Scosse il capo: ebbe un conato di vomito dalla nausea. Il dolore alla tempia s’intensificò.
“Dove sei stata?”. L’uomo era in canotta e jeans. Chiara non poté fare a meno di notare che almeno aveva avuto la decenza di vestirsi e non di farle l’interrogatorio nudo come un verme.
Chiara cominciava a mettere a fuoco la stanza. Era seduta sul divano, messa scomposta, probabilmente Giovanni ce l’aveva buttata senza troppa cura.
“Allora?” chiese spazientito.
“È tuo, brutto stronzo”
Giovanni scattò e le fu subito addosso. Le strinse le guance tra le dita. Chiara sentì una fitta lancinante e resistette all’impulso di vomitargli addosso. Fu così improvvisa e violenta la presa che i denti ferirono le guance e la ragazza cominciò a sentire un brutto sapore di ferro in bocca.
“E da dove esce tutta questa presunzione?” chiese tra il sarcastico e lo schifato il ragazzo. “Con chi mi hai tradito, eh, puttana?”. Lasciò la presa per darle modo di parlare.
“E tu che stavi facendo, porco schifoso?” Chiara non si stava tanto ribellando a lui. Si stava sfogando, stava riversando su di lui tutta la frustrazione di quei giorni. – Tanto – si disse – non fa alcuna differenza. Se lo merita comunque – .
Partì un ceffone. Quasi come se avesse percepito i suoi pensieri. Il labbro di chiara si spaccò e il sangue si impastò con i capelli, che si tinsero rapidamente di rosso.
“È tuo”
“Impossibile”
“Certo che è possibile. È figlio delle schifose violenze che usi!”
Un altro ceffone. Chiara cominciava a non sentire più dolore. soprattutto dentro, dove cicatrici su cicatrici le impedivano di provare dolore.
“Da dove stavi tornando?”
“Ero uscita a prendere un po’ d’aria”
“Non prendermi in giro chiaro?” sbraitò l’umo. “Stavi tornando dal tuo amante, non è vero?”
Chiara scosse il capo con amarezza. E con altrettanta amarezza disse “Magari non fosse tuo”.
Giovanni non ci vide più. “Tu sei mia” sibilò.
“Col cazzo” disse secca la ragazza. Chiara tentò di alzarsi. Era stanca, volva lavarsi e andare a dormire. Dormire per secoli.
Giovanni la spinse nuovamente sul divano. Era sua, solo sua. Portò una mano alla cintura e cominciò a sfilarla.
“Se lo fai, e lo perdo, è colpa tua. E ti ammazzo”. Non aveva mai pensato ai sentimenti che provava verso il bambino. Non era sicura di quello che provava. Non si sentiva madre, ma non lo odiava nemmeno.
Giovanni si sentì impotente. Chiara sapeva che non sarebbe finita li. In un modo o nell’altro l’avrebbe pagata. E così fu.
 
Era notte inoltrata e Michela non riusciva a dormire. Erano ore che si rigirava nel letto. Non percepiva rumori ne segni di vita. A un certo punto cominciò a pensare che Laura se ne fosse andata. Non se sarebbe curata, se comunque un irresistibile desiderio di fare la pipì la portò ad alzarsi.
Uscita dal bagno buttò un’occhiata verso la cucina e nell’oscurità si rese conto che c’era una presenza.
“Sei ancora in piedi?” sussurrò la ragazza avvicinandosi al tavolo. Laura era ancora nella stessa posizione di quando era arrivata. “Stai cosi da due giorni?”.
La ragazza non si degnò di rivolgerle lo sguardo.
“Cos’è, lo sciopero della parola?”. Silenzio. “Ore quattro, calma piatta”.
 
Quando Michela rivide, il mattino seguente, Laura, con la testa sulla tavola, si stupì. Stoica, era rimasta seduta per tutta la notte. Scosse la ragazza che si svegliò di soprassalto.
“Che mi vuoi dimostrare?”
“Nulla”
“Che miglioramento, ora parli!”
“Fottiti”
Michela mise su la caffettiera. Guardò fuori la finestra. Dava le spalle a Laura e le venne in mente il bacio. Le si strinse l’intestino. Non voleva parlarne. Non ne doveva parlare.
“Senti…” disse tentennando.
“Non abbiamo nulla da dirci. Il tuo atteggiamento è stato eloquente”.
Detto questo, Michela si mise il cuore in pace, si versò il caffè e andò nuovamente in stanza.
 
“Nonna, come va?”. La nipote aveva deciso di andare a trovare nuovamente la nonna.
“A te come va, bimba mia?”
Michela era solo felice di non aver incontrato i suoi genitori. Ma era ora di pranzo e non era cosi sicura che non se li sarebbe trovati alle spalle. “Almeno loro non ci sono. Quindi bene”.
“A loro modo ti vogliono bene”
“Il loro modo è incompatibile con il mio. E mia sorella? Nemmeno una parola”
“Lo sai che da quando si è sposata presenzia solo per mostrare dove è arrivata”
“Che si fottano”
La nonna aggrottò la fronte. Michela alzò le mani in segno di scusa. Non capiva questo criticare la famiglia, senza poter dire che potevano andare al diavolo. “Si si, prova a metterti nei loro panni” cantilenò la ragazza. La nonna annuì compiaciuta.
“Allora, come va con la bella fanciulla?”
“Mah”
“Qualcosa che non va, ragazza?”. La nonna temeva di sapere di che si trattava. La nipote aveva spesso reazioni esagerate verso notizie shock.
Michela si guardò le scarpe. Un po’ in fondo si vergognava di come aveva reagito. – Ti ha mentito! – urlò una voce dentro di se.
“Sai nonna, forse avevi ragione. Non fa per me” si limitò a dire.
“Sempre la solita esagerata” la nonna si infervorò. Era proprio quello che pensava. “Ha o non ha bisogno di te? Non pensi che possa crescere meglio con te piuttosto che con lui?”
Michela aveva la stessa faccia di chi per la prima volta scopre che babbo natale non esiste.
“Nonna, cosa sai?”. Un po’ si risentì. La nonna sapeva già più di lei.
“Se ti chiedi come lo so, beh sono nonna, madre e figlia. Se non ne so qualcosa io di gravidanze…”.
“Mi ha mentito”
“Me lo dici, o lo ripeti a te stessa per convincerti che la reazione che hai avuto è giusta e giustificata?”. Michela non seppe rispondere. “Sei stata violenta verbalmente?”
“Non mi esprimo più cosi da un pezzo nonna”.
“Nipote, come ti ho detto l’altro giorno, la vita non è semplice. Ma credimi, lei a te ci tiene. Non te l’avrebbe detto altrimenti. Forse ha bisogno che tu l’aiuti a uscirne. Ma ha bisogno di te”.
“Anche io credevo di tenerci”
“Non fare l’orgogliosa del cazzo” Michela sorrise a quella esclamazione. La donna raramente diceva parolacce, ma ci voleva proprio. “Scendi dal piedistallo, passa un po’ di carta vetrata sul crostone che ti sei fatta crescere intorno e smussa gli angoli. Nella vita ci sono un milione di sfumature”.
“Questo che vuol dire?”
“Che ci possono essere un milione di possibilità per la quale non te l’abbia detto subito. Prima tra tutte, che vi frequentate da poco e che non voleva farti scappare”.
Michela ci rifletté su. Si guardò l’orologio. Era quasi ora dell’orario di visite e non voleva incrociare i suoi. Aveva pattuito con l’infermiera che poco prima dell’orario di visita, doveva sgattaiolare dalle scale di emergenza e sparire. Si alzò. La donna seguì con lo sguardo la nipote.
“Grazie nonna”
“Le vie del Signore sono infinite”
“Il Signore si diverte a cancellare il sentiero che sto seguendo”. L’anziana sorrise.
“Forse sta cercando di farti trovare il sentiero giusto”. Michela annuì.
“Forse”.
 
Michela bussò due volte il campanello. Non sentì alcun rumore. Sperava di non aver preso una scelta affrettata. Bussò ancora dopo una trentina di secondi. Aveva le braccia lungo i fianchi e schioccava le dita nervosamente. Stava per bussare nuovamente, quando la porta si aprì.
“Senti, ti volevo parlare. Scusami per ieri e…”
“Vattene” Chiara stava per chiudere la porta, ma Michela mise un piede tra stipite e porta. Vide il volto tumefatto della ragazza e s’infuriò.
“Vieni immediatamente via con me. Io a quello lo ammazzo” era piena d’ira che non ci vedeva più. Cominciò a urlare sul pianerottolo.
“Sei impazzita? Vuoi dare spettacolo proprio qui? Vai via immediatamente”.
“Si, vai via, sguattera”. alle spalle di Chiara comparve Giovanni. Il ragazzo, che sovrastava Chiara in altezza, cinse le spalle della ragazza.
“Vattene” sibilò Chiara, con aria supplichevole.
A Michela si riempirono gli occhi di lacrime.
“Lei è mia” disse Giovanni sbattendo la porta. “Che voleva?”
“Proprio nulla” rispose Chiara fissando, con gli occhi punti dalle lacrime, la porta. 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: NoaLillyORiordan