ALL
I WANT FOR CHRISTMAS IS YOU
TAKE
2
There is
just one thing i need
I don't care about the presents
Underneath the Christmas tree
I just want you for my own
More than you could ever know
Make my wish come true
Baby, all i want for Christmas
Is you
ELIZABETH POV
23 Dicembre
“Siamo in
aereo, Sis” mi disse Lyle tutto tranquillo. Io a differenza sua ero tutto
fuorché tranquilla. Non è una bella sensazione trovarsi in un posto
sconosciuto, non sapendo cosa ti è accaduto nelle ventiquattro ore precedenti.
Mi senti salire il sangue alla faccia e tremare le mani, il classico segno di
un attacco di nervi.
“Vuoi
spiegarmi come diamine siamo finiti su un aereo, io l'ultima cosa che mi
ricordo è di essere uscita da casa con Maurice...”
“Sisi è
normale, vediamo di riassumerti la cosa in poche parole, sai, vorrei dormire un
po' prima di arrivare a Londra”
LONDRAAA
Ma allora
ce l'avevamo fatta, eravamo in viaggio per la capitale del mitico Regno Unito,
non vedevo nè genitore assillanti nè fidanzato odioso in giro. Tutto ciò poteva
significare un unica cosa, il nostro piano aveva avuto successo.
“Allora, tu
sei uscita con Maurice verso le 11.30, io sono andato diligentemente a fare i
biglietti aerei, una volta finito ho preso il telefonino per chiamarti ma mi ha
risposto Maurice, dicendomi che aveva scoperto tutto del piano, ed era
piuttosto incazzato, blaterava qualcosa sul fatto che gli avessi dato un
pugno...”
Pugno....Pugno...Pugno...quella
parola poteva essere la chiave dei miei ricordi. Pugno...continuavo a
ripetermelo in testa, quando tutto ad un tratto ebbi tutto chiaro, rividi gli
eventi come in un flash, lucidi come se li stessi vivendo in quel momento.
Ero entrata
in macchina con Maurice, che non mi aveva dato un attimo di tregua aveva
cominciato a straparlare a suo solito, io non mi davo pena di ascoltarlo,
cercavo la bottiglietta d'acqua, dovevo metterci il sonnifero il prima
possibile, Lyle avrebbe chiamato da un momento all'altro e per quel momento il
mio pseudofidanzato doveva essere KO.
L'avevo
quasi raggiunta quando mi sentii afferrare una mano.
“Cosa stai
facendo?”
“Niente
prendevo un sorso d'acqua”
“Tu non
prendi mai un sorso d'acqua, cara la mia Elizabeth, io so cosa vuoi fare, che
ti pensi che io sia uno stupido?”
Non capivo
cosa stesse cercando di dirmi.
“Dopo la
tua fuga nel Jersey ti ho fatta seguire per controllare che non ti prendesse di
fuggire di nuovo, e ho scoperto che te e il tuo fratellino state progettando di
seguire quei pezzenti a Londra, di certo non te lo posso permettere, il
matrimonio si avvicina e non posso subire l'umiliazione di avere la mia sposa
in fuga verso un altro uomo”
Io...non mi
tratteni.
“Tu, brutto
pezzo di merda altolocata che non sei altro, io vado dove cazzo mi pare, di
certo non sarai tu a fermarmi”
“Piccola
ingrata, rimarrai qui e non ti lamenterai”
Non potevo
che prenderlo a pizze. Uno soggetto del genere non meritava nemmeno le mie
parole.
Stonk
La mia mano
si abbatté con tutta la forza che avevo sulla faccia impomatata. La rabbia
chimica mi invase, dentro di me sentivo solo la voce di Gee che urlava “Give'em
hell, kid” fagli passare l'inferno ragazza, e fu quello che feci, gli diedi un
pugno infernale, e mi sentii dopo tanto tempo così viva, da sprizzare
scintille. Per tutte le volte che aveva mi aveva costretta a non essere quello
che sono, per ogni volta che aveva preso i cd dal mio stereo e li aveva buttati
per terra, per ogni volta che infrangeva i miei sogni, per ogni volta che la
sua felicità era il mio dolore.
Doveva
soffrire.
Ma la mia
vittoria durò poco.
Maurice a
quanto pare aveva avuto la mia stessa idea. Perché una volta che il mio pugno
si fu abbattuto sulla sua faccia, lui tirò fuori una siringa e fredda e gelida
la sentii penetrare nel mio collo e poi il buio.
“Lyle”
dissi mettendo una mano sul braccio di mio fratello.
“Mi ricordo
tutto, quello stronzo di Maurice mi ha narcotizzato, io lo ammazzo”
“Non ti
preoccupare, ci ho pensato io a lui”
“Ah si?
Dimmi dimmi sono curiosa”
“Beh, al
telefono con lui ho fatto il bravo fratello, facendo finta di non sapere nulla
della tua fuga, e anche se sembrava dubbioso, riuscii a tirargli fuori il luogo
dove fosse, e gli dissi di aspettarmi li”
“Una volta
arrivato alla macchina vidi che eri addormentata e capii subito, non persi
nemmeno tempo in parolacce, presi il suo grazioso volto e lo sbattei contro la
portiera della preziosa macchina, certe volte fa davvero comodo essere alti
1.95 e fare karate” disse ridendo.
“Poi ti
risparmio i dettagli di come ti ho portato qui e tutto il resto, l'importante è
che siamo in viaggio...ahhh non vedo l'ora di incontrare Ray, mi devo far dare
la dritta su quel riff di chitarra in I'm Not Okay”
Lascia mio
fratello, il mio mitico fratello, a fantasticare e mi concessi un attimo di
riposo. Chiusi gli occhi. The Ghost of You invase i miei pensieri, e tra le
dolci note mi lasciai cullare in un sonno felice, carico di aspettativa.
“Su Liz,
muovi quelle gambe ci siamo quasi”
Erano le
tre del pomeriggio e noi dopo 6 ore di viaggio aereo, un viaggio infinito per
il traffico di Londra, migliaia di telefonate fatte a persone sparse per il
pianeta terra, eravamo riusciti ad avere il numero di un amico di un amico del
fonico di MyChem che ora dopo varie supplice e promesse di amore infinito ci
stava aspettando all'entrata del backstage.
Correvamo
come due stupidi lungo Charing Cross Road, passammo Leicester Square e quando
intravidi la National Portrait, tirai un sospiro di sollievo.
Mi fermai a
riprendere fiato, un sorriso mi illuminò il volto.
C'eravamo
quasi. Presi la mano di mio fratello e come due bambini che corrono verso il
luna park ci avviammo verso la folla che si stava ammassando nella piazza.
“Sei tu
Sean?” dissi quando vidi un ragazzo mezzo metal mezzo dark che si stava
beatamente fumando una sigaretta dove iniziavano le transenne che portavano
dietro le quinte
“Lyle e Liz
deduco” disse mostrando una spiccato accento di New York.
“Presenti”
rispondemmo in coro.
“Venite vi
posso portare fino ad un certo punto, poi dobbiamo avere fortuna e beccare
qualcuno della band o Alicia che è sempre in giro e farvi portare dentro da
loro”
“Sisi
perfetto” dissi col fiatone “da li in qualche modo ce la faremo”
“Benissimo,
seguitemi”
Iniziò un
giro infinito tra tendoni, cavi, roulotte parcheggiate ovunque capitasse,
giornalisti alla ricerca del loro prossimo scoop e fan che avevano avuto la
fortuna di aver un pass e si aggiravano beati non credendo ai loro occhi.
Ad un certo
punto Sean si fermò indicandoci una roulotte, era la loro, l'avrei riconosciuta
tra mille al mondo.
Sfortunatamente
era tampinata da cinque bodyguards che guardavano male chiunque anche solo
osasse avvicinarsi.
Pensa Liz
pensa mi dissi.
Come
diamine potevo fare a entrare li dentro?
Di urlare
non se ne parlava, col fracasso che c'era non mi avrebbero sentito, potevo
provare a corrompere i buttafuori, quella si mi sembrava un idea che poteva
essere realizzata.
Ma mentre
tiravo fuori i soldi, vidi con la coda dell'occhio un ragazzo tutto vestito di
nero, con dei capelli lunghi e sfrangiati che camminava su e giù fuori dal tour
bus guardano un foglio di carta, in mano un pacchetto di Marlboro Light.
Gerard.
Difficile
non riconoscerlo.
Click.
Ora sapevo
cosa fare.
“Geeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee”
Non mi
usciva un urlo così forte da quanto mi ero rotta la gamba a dieci anni.
Non poteva
non girarsi. Doveva farlo.
E lo fece.
Si voltò verso di me. Con sguardo interrogativo, probabilmente pensava che
fossi la solita fan impazzita per lui.
Ma non ci
pensai, dovevo catturare la sua attenzione.
“Gerard,
sono Liz, devo assolutamente parlare con Frank” sperai con tutto il cuore che
il mio piccolo chimico gli avesse parlato di me.
“Liz?
Quella Liz” disse avvicinandosi al punto dove ci aveva lasciati Sean.
“Quella del
Jersey, del fidanzato bastardo”
“Si si sono
io” affermai con orgoglio.
“L'ho
mollato, storia lunga, ma ora sono qui”
“ahahahahah,
a Frank prenderà un infarto, vieni con me ti porto da lui”
Gee, lo
sapevo che era un mito, una statua a suo nome sarebbe stata riduttiva.
Diceva bene
una mia amica del liceo che lo chiamava San Gerard da Newark, era proprio un
grande.
FRANK POV
Sentii
rientrare Gee, doveva finalmente essersi chiarito le idee sul testo della nuova
canzone che avevamo deciso di proporre in occasione del concerto. Era uscito
per riflettere da solo sulle modifiche da apportare, ma ci aveva messo meno di
quello che mi aspettassi.
Non mi
voltai nemmeno a guardarlo, rimasi incantato di fronte al mio nuovo giochino
della play station. Ignaro del fatto che mi stesse per accadere qualcosa che
avrei ricordato per sempre.
“Frankie, guarda un po' qua, ti ho
portato un regalo di Natale”
Oddio, ora chissà cosa mi aveva
regalato, speriamo non l'ennesimo set di fondotinta bianchi, doveva capire che
tanto li usava solo lui quei cosi, io avevo già una bellissima faccia pallida
di mio.
“Si Gee, mettilo li, ora dopo lo
guardo”
“Ma Frank, sei proprio maleducato,
nemmeno lo degni di una sguardo, anzi in questo caso direi, la degni”
Il “la” mi fece squillare un
campanello, non poteva essere, non ci dovevo credere, ne valeva della mia
sanità mentale.
“Frank non ci cascare, pensa
razionalmente” mi dicevo.
Ma quando mi girai, e la vidi li,
bella come me la ricordavo, tutta la logica e la razionalità andarono a quel
paese.
“Liz”dissi spostando tutto quello che
si frapponeva tra me e lei abbracciandola deciso a non lasciarla più andare.