Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: MimiRyuugu    28/05/2013    4 recensioni
“Insieme…qualunque cosa accada…” disse sorridendo Giulia. Hermione annuì. “…sempre…” continuò, stringendo la mano. “…contro ogni difficoltà!” concluse Anna, stringendola a sua volta. Poi, si guardarono ancora.
Sesto anno. Anna Alvis Haliwell, Giulia Wyspet ed Hermione Granger si apprestano ad iniziare il penultimo anno ad Hogwarts. Ma tanti cambiamenti si prospettano per loro. A quali avventure andranno incontro i nostri Tre Uragani?
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buonsalve *^*
non sono sparita, visto visto visto? Non mi dovete cruciare ora çwç anche se so che l'altro capitolo è stato brutto brutto u.u quindi non mi dilungo nella intro e passo subito alle cose serie u.u
In questo capitolo troviamo Lilium dall'anime Elfen Lied, Bella di Paola e Chiara, A Little Pain di Olivia (aka Reira Serizawa dei Trapnest, nell'anime Nana :3). Alzi la mano chi ha letto/guardato Nana o riconosce la favola della principessa di Park Evenue *-*

Avvertenze: occtudine, diabetanza, protezione dei geni wyspet e...basta *^* niente sangue, davvero. *regala marshmellows*

Detto ciò vi lascio al capitolo,
Buona lettura <3


Sedicesimo Capitolo

Così fece Giulia. Gli rimase vicino tutta la notte. Si alzò solo per andare in bagno a sciacquarsi il viso. Si guardò allo specchio per qualche minuto. Gli occhi erano ancora rossi dal pianto. Si asciugò il volto con un asciugamano. Verde. Con la doppia S ricamata su un lato. Poi, sospirando, Giulia si diresse alla sua postazione. Rimase ad occhi aperti per tutte le ore successive. Anche se questi le facevano un po’ male. Anche se aveva sbadigliato una decina di volte. Non voleva richiuderli. Aveva paura di non trovare più Severus davanti a lei. Ma solo una pozza di sangue. Perché quella notte aveva visto il suo incubo fatto realtà. Avere quasi perso per sempre il suo principe. Così passò la notte. Giulia rimase sulla sedia accanto al letto. Con una bacinella d’acqua fresca vicino. Ed un panno da mettergli sulla fronte. Piton dormì tranquillo. Aprì gli occhi che era oramai mattina tarda. Giulia aveva già provveduto a cambiargli la fasciatura nel sonno. La prima cosa che il professore vide fu la ragazza. Lo guardava sorridendo. Con le mani abbandonate sul grembo. “Buongiorno!” esclamò Giulia. Severus la osservò. Poi tentò di alzarsi a sedere. La ragazza lo aiutò. “Faccia piano…non deve fare movimenti bruschi o le ferite potrebbero riaprirsi…” commentò. Piton appoggiò la schiena al cuscino. Giulia gli sistemò le coperte. “È rimasta sveglia tutta la notte?” le chiese. La ragazza annuì. Prese il panno. Poi lo immerse nella bacinella. L’acqua era ancora fresca. E lo poggiò delicatamente sulla fronte dell’uomo. “Ha sete professore? Gradisce un bicchiere d’acqua forse?” gli chiese. Piton annuì. Giulia con un colpo di bacchetta fece apparire il bicchiere e glielo porse. Severus lo bevve tutto d’un fiato. Una luce fioca entrava dall’ufficio. L’uomo guardò l’orologio appeso alla parete di fronte al letto. Le lancette segnavano le 11.30. “Signorina Wyspet…” la chiamò Piton. “Si professore?” rispose la ragazza. “Vorrei farle notare l’ora…” commentò. Giulia si voltò e guardò l’orologio. “Giusto che sbadata! Ha forse fame? Vuole che chiami un elfo e le faccia portare il pranzo?” disse subito. Piton scosse la testa. “Sono grado di avermi assistito stanotte, ma trovo che ora sia arrivato il momento per lei di riposare…torni in dormitorio…” spiegò. La ragazza scosse la testa sorridendo. “Non ho sonno…non si preoccupi…non sono stanca…” gli rispose. Severus sbuffò. Quella ragazza era davvero testarda. Voleva stargli vicino ad ogni costo. “Signorina Wyspet…non me ne andrò di certo se lei andrà a riposarsi per qualche ora…” cercò di dissuaderla. Ma Giulia scosse ancora la testa. “Lo so che quello che è successo ieri sera è stato uno shock per lei ma è ora di riprendersi…io sono vivo e vegeto, e lo ammetto, solo grazie alle sue cure…” iniziò a spiegare Severus. Giulia abbassò lo sguardo. “Quindi, glielo chiedo come un favore personale, può tornare in dormitorio?” continuò Piton. La ragazza strinse i pugni. “Voglio stare qui con lei…” sussurrò appena. “Ho notato…però dovrà dormire prima o poi!” sbottò acido Piton. “Professore…ho paura…” rispose Giulia. Severus la guardò dubbioso. “E di cosa?” rimbeccò arcigno. “Ho paura…di chiudere gli occhi…perché se poi li riapro, e lei non c’è più…” rispose sincera la ragazza. Il professore si bloccò. Si sentiva tremendamente in colpa. La sera prima, quando si era smaterializzato nel suo ufficio, sperava che lei non ci fosse. Non voleva che lo vedesse così. Eppure era successo. E lui non aveva nemmeno fatto in tempo a dire una parola. Che era svenuto. Aveva ripreso conoscenza sentendo la voce di Giulia. Le sue preghiere. Il suo pianto disperato. Le aveva tolto il sonno. Severus non voleva pesare ancora un minuto di più a quella ragazza. Così buona. Gentile. “Signorina Wyspet…si sieda qui…” la invitò, battendo una mano nello spazio di letto accanto a lui. Giulia si alzò timidamente. Ed obbedì. Piton la guardò negli occhi. “Non vado da nessuna parte…mi creda…sto bene! E tutto grazie a lei…però ora è meglio se si riposa…si sentirà male altrimenti…” disse piano. La ragazza abbassò la testa. Severus sbuffò. Non voleva proprio andarsene. Certo, non che lui volesse separarsi da lei. Però non poteva farla rimanere li per tutto il giorno. “Facciamo così…siccome lei non mi vuole dare retta, sarò costretto…a mali estremi, estremi rimedi…” sbottò Piton. Giulia alzò la testa. “Le permetterò di dormire qui…dopotutto questo è un letto a due piazze. Oramai la conosco e se anche la dovessi pregare in ginocchio lei non se ne andrebbe…quindi si sdrai qui e spenga per un po’ quel suo irritante cervellino da Grifondoro testarda…” spiegò ancora Severus. La ragazza lo guardò stupita. In effetti Piton occupava solo la metà del letto. “Avanti, è un ordine!” ripetè acido Severus. Giulia annuì. Sorridente scattò in piedi e fece il giro del letto. Si tolse le Converse. E si sdraiò dal lato che prima era vuoto. Piton scivolò pian piano con la testa sul cuscino. La ragazza era arrossita. “Ora dorma!” esclamò ancora il professore. Giulia rise. E Severus scosse la testa divertito. “Professore…sa cosa mi ha detto una volta mia madre?” gli disse. Lui scosse la testa. “Sentiamo cosa va predicando Mary Cohen…” rimbeccò divertito. La ragazza si avvicinò. “Mia madre mi ha detto che se due persone che si vogliono bene dormono vicine, sono in grado di fare lo stesso sogno…” raccontò. Piton la guardò inarcando un sopracciglio. “Professore…lei mi vuole bene?” gli chiese ancora Giulia. Lui sbuffò esasperato. “Ovvio signorina Wyspet…” commentò acido. La ragazza sorrise. “Allora vuol dire che se ci addormentiamo insieme ci vedremo anche in sogno…” esclamò felice poi. Severus allungò una mano. E le fece una carezza sulla testa. Come poteva non voler bene ad una creatura tanto pura ed ingenua? “Dovrei quindi far avverare il mio incubo ricorrente?” commentò maligno. Giulia sbuffò. E lo guardò. Con quei suoi occhi nocciola. Così belli. “Davvero sono il suo incubo?” gli chiese triste. Piton scosse la testa affranto. “Possibile che lei mi prenda sempre così sul serio?” rimbeccò poi. Giulia si avvicinò pian piano. Solo qualche misero centimetro li separava. “C’è solo un piccolo problema…mi sono appena svegliato…” le fece notare il professore. La ragazza sorrise. “E se le raccontassi una favola?” propose. Piton la guardò scettico. “Sono un adulto oramai…non credo che funzioni…” commentò. Giulia strinse un lembo della manica del suo pigiama in una mano. A mo di supplica. “Avanti…racconti questa favola allora…” sbottò arreso Severus. La ragazza sorrise felice. Rimase in silenzio qualche minuto. Cercando cosa narrare al professore. Poi sobbalzò. “Allora…questa è la storia di una principessa…” iniziò a dire. Piton la guardò non molto convinto. Si aspettava qualcosa come Cenerentola. Oppure Cappuccetto Rosso. “…ma non una principessa qualunque…era la principessa di Park Avenue…” continuò Giulia. Il professore la guardò dubbioso. “Questa principessa, viveva in un bell’appartamento tutto suo e lavorava in un’importante galleria di New York…” proseguì la ragazza. Severus sorrise. Solo Giulia poteva narrare la storia di una principessa newyorkese. “Però alla principessa questo non bastava…ella cercava qualcosa di molto più importante…qualcosa di unico…cercava il suo bel principe…” aggiunse la ragazza. Piton voleva sottolineare sarcasticamente l’originalità della favola, ma evitò di proferire parola. “Dopo molti anni passati a baciare svariati rospi di New York, una sera, la principessa di Park Avenue, sotto l’effetto di molti Tè Long Island bevuti all’ennesima uscita con le amiche, decise che per lei il tempo della ricerca era concluso…” continuò Giulia. Severus scosse la testa divertito. Una favola completa di alcolici e rospi. Questa era davvero nuova. “Così, decise che entro l’anno si sarebbe dovuta sposare…così iniziò la sua impresa per trovare marito. Una sera, mentre fuggiva da un appuntamento andato male, la principessa di Park Avenue inciampò su un marciapiede e cadde, facendosi quasi investire da un taxi. Il destino volle che su quel taxi ci fosse un affascinante uomo…” proseguì Giulia. Piton sorrise incredulo. Doveva immaginarlo che non si sarebbe trattato di una favola normale. “La principessa di Park Avenue e l’uomo, si conobbero, e alla prima occhiata ebbero un colpo di fulmine. Fu così che la principessa pensò di aver trovato finalmente il suo bel principe. Dopo appena qualche settimana, il presunto principe la chiese in sposa, sotto lo sgomento generale delle sue amiche. Però, la principessa non aveva fatto i conti con due aspetti del principe: sua madre, che in realtà era una astuta strega, e un piccolo inconveniente fisico dell’uomo stesso…” spiegò Giulia, arrossendo. Severus rise. Rospi, taxi, ed un principe dai problemi sessuali. Questa era davvero una favola fuori dal comune. “La principessa di Park Avenue all’inizio pensò che tutto si potesse risolvere. Così finalmente i due convolarono a nozze. All’inizio andò tutto bene, però l’indifferenza al problema del principe stesso finì per intaccare la loro vita…provarono tutto il possibile: la principessa scappò per qualche giorno in una città vicina con le amiche; quando tornò, provò a convincere il marito a fare qualcosa, ma ciò la portò soltanto da un specialista…ed infine, a baciare il giardiniere della tenuta della famiglia del principe. Così ci fu un periodo di pausa tra i due” raccontò Giulia. Severus l’ascoltava curioso. Chissà cosa si sarebbe inventata ancora. “Durante questa pausa, il principe mostrò un certo interessamento alla principessa di Park Avenue, e così, in poco tempo, i due tornarono assieme…finché, un brutto giorno, la principessa scoprì di non essere in grado di avere figli…eppure avere un bambino era quello che più lei desiderava! Ed il principe, non comprendeva questo suo bisogno…la coppia iniziò a litigare e, dopo un gesto avventato del principe, le cose si ruppero definitivamente…fu in quel momento che la suocera strega diede filo da torcere alla principessa…” continuò a dire Giulia. Severus annuì. Vedeva quella luce negli occhi della ragazza. Si stava divertendo a raccontare quella storia. “Ci fu una dura lotta per la divisione dei beni. Il principe aveva promesso alla principessa di Park Avenue il suo appartamento, ma la suocera malefica non voleva darle nemmeno un centesimo…ed ecco che entrò in scena un povero avvocato assoldato dalla principessa per vincere la causa. Alla fine, la suocera strega venne sconfitta e la principessa ebbe il suo appartamento. Però, senza che lo sapesse ella aveva conquistato anche qualcos’altro: il cuore del povero avvocato” sorrise Giulia. Piton sentiva che la favola era quasi finita. E, anche se gli interessava la storia, le palpebre gli erano diventate pesanti. “Il povero avvocato si dichiarò alla principessa di Park Avenue. Ella però, all’inizio, non ritenendolo nei suoi canoni di uomo, lo sfruttò solo per una storia di passione…con il passare del tempo, la bella principessa se ne innamorò…scoprendo così che il povero avvocato era ebreo…ciò comportava che dovesse sposare una ragazza ebrea…al primo impatto, la principessa reagì con sgomento a questa notizia…così, ci pensò su e, dopo aver letto la biografia di una sua coetanea che si convertì per amore, pose la domanda finale al povero avvocato: perché essere ebreo era così importante per lui?” spiegò Giulia. Pian piano aveva raggiunto la mano di Severus con la sua. Il professore non sen’era accorto, preso com’era dalla storia. “Lui le rispose che voleva educare i suoi figli come ebrei, e questo costrinse la principessa a rivelargli il suo segreto: la probabilità di avere figli era molto bassa. L’avvocato accettò questo piccolo difetto. Dopotutto esisteva l’adozione, cosa che il precedente principe aveva rifiutato. Così, la principessa di Park Avenue si convertì all’ebraismo…poi però, ebbe un litigio con il povero avvocato, e di due si lasciarono…” spiegò Giulia. Severus la guardò stupito. La storia non poteva finire così! “Non si preoccupi, c’è il lieto fine! Dopo qualche settimana, la principessa di Park Avenue e il povero avvocato si videro ad una festa del tempio per single…la principessa gli spiegò quanto le mancasse e così, l’avvocato, si inginocchiò e chiese la sua mano…ma non finisce qui! Dopo le nozze, i due provarono ad avere un bambino, ma con scarsi risultati…o meglio, la principessa rimase incinta, però poi perse il bambino dopo tre settimane di gravidanza…così, nelle loro vite arrivò Lily, una bambina cinese da loro adottata…ecco come si conclude la storia della principessa di Park Avenue…” concluse Giulia. Poi sbadigliò. Solo allora Severus si accorse che le loro mani erano unite. Però non disse nulla. Gli piaceva quel contatto. “Davvero una storia originale…e mi dica signorina Wyspet, la principessa ha un nome? Oppure è un personaggio della sua fantasia?” le chiese Piton. Giulia sorrise. “Il nome della principessa di Park Avenue è Charlotte…Charlotte York…” rispose, aggiungendo poi uno sbadiglio. Severus annuì. “Devo dedurre che sia la protagonista di un qualche telefilm?” le chiese ancora. La ragazza si rannicchiò accanto a lui. “Una delle protagoniste…se vuole le racconto anche la favola della scrittrice dell’Upper East Side…” propose Giulia. Severus scosse la testa. Vedeva la stanchezza della ragazza. “Sarà per un’altra volta…ora è meglio dormire…” commentò. Quando però il professore guardò la ragazza, sorrise. Il respiro tranquillo. E una mano stretta nella sua. L’uomo chiuse gli occhi. Sospirando. Rendendosi conto. Che in realtà. Era la sua vita. Quella che lui odiava fino a qualche anno prima. La favola più bella che Giulia gli avesse fatto conoscere.
I due dormirono vicini per tutto il pomeriggio. Saltando così il pranzo. Giulia riprese quel sonno che la notte aveva perso. Mentre Severus si crogiolava in quel calore temporaneo. Pensando che in effetti non fosse male essere accudito dalla ragazza. E poi, sen’era accorto. Sapeva che Giulia sarebbe stata un’ottima madre e moglie. Però, da quando l’aveva tenuto cosciente. Ed aveva pregato per lui. Con la sua voce rotta dalle lacrime. L’aveva capito. Quella ragazza sarebbe stata in grado di far sciogliere anche il cuore di Voldemort. Come aveva fatto con il suo. Pian piano. Senza fretta. L’aveva avvolto in un caldo abbraccio. Medicando non solo le ferite fisiche infertegli il pomeriggio prima. Ma anche quelle psicologiche. Tutti i dubbi che gli martellavano la testa. E così si era liberato. Con la sua mano stretta in quel tepore. Sarebbe rimasto così per tutto il giorno. Anche se sapeva. Che Giulia sarebbe dovuta andare via quella stessa sera. Il giorno dopo era lunedì, perciò c’erano le lezioni. Ci aveva pensato prima di addormentarsi. Mentre sentiva il respiro calmo di Giulia. La prima a svegliarsi dei due fu proprio lei. La ragazza aprì piano gli occhi. ritrovandosi il viso di Severus a pochi centimetri dal suo. Ed arrossì. Poi però sorrise. Si era divertita a raccontare la storia di Charlotte a Piton. Finalmente, dopo quella notte di incubo, era riuscita a sorridere. Non le interessava che il giorno dopo riprendessero le quotidiane lezioni. Non se ne sarebbe andata finché Severus non fosse guarito. Si sarebbe fatta passare gli appunti da Hermione ed avrebbe studiato in quella camera se fosse stato necessario. Giulia sobbalzò. Si ricordò di non aver detto nulla alle sue amiche. Non le vedeva da sabato sera. Piano la ragazza si voltò verso l’orologio. Segnava le 20.30. Severus si mosse. Giulia lo guardò. Stava ancora dormendo. Tirò un sospiro di sollievo. Aveva bisogno di molto riposo. La ragazza tornò ad affondare la testa sul cuscino. Si lasciò rapire dal professore. Dalla sua figura. I capelli scuri gli sfioravano il viso per poi adagiarsi sul cuscino. I primi bottoni non allacciati del pigiama mostravano la pelle chiara. Ed al collo. Le due catenine. Una, terminava con il ciondolo a piastrina regalata a Piton da sua madre. Mentre l’altra, era la loro collana. Il ciondolo a serpente. Giulia portò una mano al suo. Lo strinse forte. E chiuse gli occhi. sentì la mano di Piton tremare nella sua. Poi un rumore. Quando Giulia riaprì gli occhi si trovò quelli del professore puntati su di lei. Entrambi arrossirono. Poi la ragazza sorrise. “Buonasera professore…dormito bene?” lo salutò. Severus tossicchiò. “Si…direi di si…” rispose subito. Poi diede un’occhiata all’orologio. Giulia si stiracchiò. Lasciando a malincuore il calore della mano del professore. “Abbiamo dormito tutto il pomeriggio…” commentò divertita. Poi piano si alzò. Si rimise le Converse. E fece il giro del letto. Radunò le bende e stappò una boccetta che era appoggiata sul comodino. Severus la guardava. “Le cambio le fasciature…così poi potrà mangiare un po’…deve riprendere le forze…” spiegò la ragazza. Il professore annuì. Si tolse piano la maglia del pigiama rimanendo a torso nudo. Le sue guance si colorarono. Non era ancora abituato a spogliarsi così facilmente. Giulia sorrise. Iniziò con la ferita sul braccio. Al suo tocco, Severus rabbrividì. Quelle mani calde. Con il loro profumo. La ragazza spalmò la pomata delicatamente. Non voleva fargli male. Lasciò respirare la ferita per qualche minuto. Poi la fasciò. Senza stringere troppo. Si pulì le mani in un fazzoletto. E passò all’altra. Giulia rimosse con più lentezza le bende. Erano solo punteggiate di rosso. Piano mise anche su questa la pomata. “Mi dica se le faccio male…” esordì la ragazza. Piton annuì. Lasciò scoperta anche questa ferita per qualche minuto. Giulia intanto si pulì ancora le mani. Non voleva sporcare la benda. Aveva paura di causare qualche infezione. “Potrei farlo anche da solo…” commentò ad un certo punto Piton. La ragazza scosse la testa. “Non voglio che si sforzi…sono ferite piuttosto delicate…o almeno, lo è quella sul fianco…” rispose sicura. Poi prese le bende ed iniziò ad avvolgerle piano. Severus la osservava interessato. Giulia era molto concentrata. Quei gesti così delicati. “Come ha fatto a sapere quello che doveva fare? Ha seguito un corso di pronto soccorso?” si lasciò sfuggire Piton. La ragazza sorrise. “Quando ero piccola mia madre ha tentato di insegnarmi qualcosa…per il resto…mi sono affidata al mio amico Gregory House…” spiegò. Severus alzò un sopracciglio. “Non conosce Dr. House? È un telefilm abbastanza famoso!” osservò Giulia. Piton ebbe un tuffo al cuore. Sbarrò gli occhi. “Lei si è giocata la mia vita in base ad un telefilm?!” esclamò incredulo. La ragazza arrossì. “Ecco…io… non…non sapevo cosa fare…e allora…ho cercato…di aggrapparmi…a tutto quello che sapevo…” spiegò in colpa. Severus scosse la testa. “Ha ragione…di norma non si insegnano ai maghi come curare in modo babbano…è stata brava…” la lodò. Giulia sorrise. “Davvero?” gli chiese. Piton annuì. Allungò una mano e le accarezzò la testa. La ragazza sistemò le bende. E poggiò quelle avanzate sul comodino insieme alla boccetta. Le fasciature usate le buttò nel cestino apposito in bagno. Poi tornò a sedersi sulla sedia accanto al letto. “Allora professore, cosa preferisce per cena? Ci vuole una cosa calda…dunque…una zuppa di verdure?” gli chiese. Piton la guardò inarcando un sopracciglio. “Forse…una bistecca…oh che stupida che sono! Non le ho nemmeno chiesto se ha fame…” osservò poi Giulia. “Un po’ di fame in verità l’avrei…” borbottò Piton. La ragazza sorrise. Chiuse gli occhi. Ed iniziò a pensare intensamente al soggetto. Con uno schiocco di dita, un elfo famigliare apparve nella stanza. Giulia riaprì gli occhi e gli sorrise. “Buonasera Dobby!” lo salutò. “Buonasera signorina! Cosa posso fare per lei?” le chiese gentile. La ragazza ci pensò. “Vorrei che portassi la cena…è possibile o le cucine sono già chiuse?” rispose poi. Dobby inclinò la testa di lato. Le buffe orecchie da pipistrello ondeggiarono. “Non si preoccupi signorina...le cucine sono sempre aperte per lei! Mi dica cosa le devo portare!” esclamò subito. Giulia sorrise. “Perfetto! Dunque…porta una bistecca, tenera e assolutamente non al sangue…poi anche un po’ d’acqua naturale...e…cosa c’era di buono a cena stasera?” elencò Giulia. L’elfo ci pensò. “Pasticcio di carne, pasticcio ai funghi, cotoletta alla milanese oppure pasticcio di verdure…di dolce torta al limone, torta alle fragole, salame di cioccolata e profitteroles…” descrisse. Lo stomaco della ragazza ribollì. “Porta anche un piatto di pasticcio ai funghi e qualche fetta di salame alla cioccolata…grazie…” ordinò ancora. Dobby annuì. “Quando tornerai ci sarà una sorpresa…” sorrise poi Giulia. Gli occhioni dell’elfo divennero brillanti. “Tornerò in un lampo signorina!” rispose subito. Poi, con il solito schiocco di dita, svanì. Severus la guardò divertito. “Un sorpresa?” le chiese curioso. La ragazza annuì. Dopo dieci minuti, l’elfo riapparve. Vicino a lui, tutte le ordinazioni su dei vassoi levitanti. Giulia poggiò tutto sul comodino. Dobby la guardò emozionato. “Dunque…la sorpresa è nella mia camera…però dovrai anche riferire un messaggio…” spiegò la ragazza. L’elfo annuì. “Smaterializzati nel dormitorio femminile di Grifondoro, sesto anno. Ci dovrebbero essere due ragazze, Hermione e Anna…ti ricordi di loro vero?” gli chiese. “Oh si! Dobby si ricorda di loro! Quella ragazza che voleva aiutare gli elfi e la ragazza del figlio del mio ex padrone!” rispose sicuro Dobby. Giulia sorrise. “Bene! Di ad Anna, quella castana tutta vestita in nero, che se passa per i Sotterranei l’aspetto al bivio dove c’è la strada per andare ai dormitori intorno alle nove e mezza…” spiegò. L’elfo annuì. “Bene…e dille anche di aprire il mio baule. Sulla destra c’è un bel calzino blu tutto per te…” sorrise infine. Dobby saltellò felice. “Dobby ha capito tutto! Stia tranquilla signorina!” la rassicurò. “Grazie ancora…” lo ringraziò Giulia. Poi l’elfo sparì in uno schiocco di dita. La ragazza tornò al letto. “Spero per la signorina Haliwell che non si presenti…” sbottò acido Piton. Giulia gli sistemò il vassoio con la sua cena. prese forchetta e coltello ed iniziò a tagliargli la bistecca a pezzetti. “Signorina Wyspet, sono un uomo adulto le ricordo…” commentò seccato. “E io le ricordo che non deve sforzarsi…” rimbeccò divertita Giulia. Appena finito, diede la forchetta al professore. Poi prese il suo vassoio. Il pasticcio di funghi era abbastanza invitante. “Non penso che la signorina Haliwell le serva a molto…la strada per la torre di Grifondoro la sa…” osservò Piton. Giulia scosse la testa. “Mi dispiace che si sia illuso, ma non torno in dormitorio…la avverto solo che sono viva…scommetto che Herm ha già pensato al peggio…” spiegò poi. “Non crederà di rimanere ancora stanotte qui! Non glielo permetterò! Ha lezione domani!” tuonò Severus. Giulia sbuffò. “Mi farò passare gli appunti da Herm o Anna…lei è più importante di Trasfigurazione o Incantesimi…” commentò decisa. Piton sbattè la forchetta sul vassoio. “Signorina Wyspet, non le permetto di dire certe cose in mia presenza! Sono un suo professore, e in quanto tale, è mio dovere che frequenti le normali ore di lezione!” la rimproverò severo. La ragazza abbassò lo sguardo. Possibile che lui non capisse? Lei volevo solo stargli accanto. Sostenerlo. Curarlo. Aveva una media alta e con la scuola non se la cavava male. Saltare qualche lezione di certo non avrebbe influito. Ci fu qualche minuto di silenzio. “Mi…mi dispiace…” sussurrò Giulia. Severus scosse la testa. Era stato troppo duro. Dopotutto lei lo diceva solo per lui. “Non si deve scusare…signorina Wyspet, apprezzo che lei si prenda tanta pena per me, però l’ho già disturbata abbastanza…” cercò di dire Piton. “Lei…lei non è affatto un disturbo! Io ci tengo a lei professore, di conseguenza voglio che guarisca…” rispose la ragazza. “Ne sono consapevole, ma non può soppesarsi tutto…domani riposerò per tutto il giorno, così martedì sarò in grado di alzarmi e fare lezione…” spiegò il professore. Giulia scosse la testa. “Domani lei andrà a lezione…così potrò riposare in pace…” ripetè sicuro Severus. La ragazza sospirò triste. “E se dovesse aver bisogno del mio aiuto?” gli chiese. “Sono adulto e vaccinato, ed ho una bacchetta a mia portata di mano…non mi succederà nulla…” sorrise Piton. Giulia aveva lo sguardo fisso sul piatto. “Ed ora, mangi…altrimenti le si fredderà la cena…” le ordinò l’uomo, tornando poi alla sua bistecca. “Professore?” lo chiamò ancora lei. Severus si voltò. “Cosa c’è ancora signorina Wyspet?” sbottò. Giulia strinse la forchetta in una mano. “Posso…posso rimanere qui con lei?” gli chiese timida. Piton la guardò dubbioso. “Intendo…stanotte…” aggiunse poi arrossendo. Le guance del professore si arrossarono. “Ecco…non penso sia opportuno…” cercò di rifiutare. Però, quando vide quegli occhi nocciola. Così tristi. Lucidi. “Prometto che non le darò fastidio…starò qui…sulla sedia…così se avrà bisogno io ci sarò…” lo pregò ancora Giulia. Severus sospirò. “Come vuole…però di certo non la lascerò dormire sulla sedia!” acconsentì. La ragazza sorrise. Avrebbero diviso il letto. Come avevano già fatto molte volte. Passarono alcuni minuti. Entrambi ricominciarono a mangiare. “Strano…niente pasticcio di carne stasera?” osservò divertito Piton. “Stasera no…sa, il pasticcio di marinaio non mi è mai piaciuto…” sorrise Giulia. Severus la guardò curioso. “Come fa a dire con certezza che era pasticcio di marinaio?” le chiese. La ragazza alzò le spalle. “Ieri sera c’era anche pesce a cena…magari hanno trattenuto qualche marinaio…” spiegò quasi ovvia. Il professore la guardò. Poco dopo anche Giulia si voltò. Ed entrambi scoppiarono a ridere. Erano le 21.15 quando i piatti furono vuoti. Giulia e Piton chiacchierarono. E si divisero il dolce. Poi, la ragazza si alzò. Doveva incontrarsi con Anna. Sistemò le coperte del professore. Ed uscì. Trotterellò fino al luogo dell’incontro. Star seduta tutto il tempo le aveva intirizzito le gambe. Giulia si appoggiò con la schiena al muro e guardò l’orologio. Era giusta. Si guardò in giro. era abbastanza buio. L’aria fredda che girava per i sotterranei era davvero penetrante. Le infiammava le narici e la gola. La ragazza sbadigliò e si stiracchiò. D’improvviso sentì dei passi in lontananza. “Os iusti meditabitur sapientiam…et lingua eius loquetur indicium…” iniziò a cantare Anna. Giulia la riconobbe subito. In quell’atmosfera spettrale poi. Sapeva che la castana adorava spaventare quelli del primo anno. Poteva capitare che alcuni si perdessero nei sotterranei. “Beatus vir qui suffert tentationem…quoniam cum probatus fuerit accipient coronam vitae…” continuò Anna. Dobby era apparso nella loro camera un’ora prima. Con un messaggio da Giulia. Hermione ne fu sollevata. E lei ne approfittò per andare da Draco. Il prefetto però aveva insistito di portarsi dietro la borsa dei libri di Giulia. E l’uniforme. “Kyrie, ignis divine, eleison…” disse piano Anna. Quella sera sembrava che non ci fosse nessuno. Peccato. Quando voleva sapeva cambiare la sua voce in base al tono della canzone. Come uno dei suoi cantanti preferiti, Dani Filth. Però, invece del solito Satanic Mantra, aveva optato per Lilium. “O quam sancta, quam serena, quam benigma, quam amoena…” soffiò ancora la castana. Sapeva che Giulia non si sarebbe spaventata. Si ricordava di quando, l’anno prima, aveva spaventato un paio di primini. Da quella sera si pensò che ci fosse un altro fantasma in giro per Hogwarts. E poi. Aveva già in mente di proporre a Giulia una bella scampagnata per i dormitori dei primi anni di Grifondoro. Magari anche Hermione avrebbe partecipato. Senza le sue amiche però, non c’era divertimento. Era arrivata al bivio. “O castitatis lilium!” concluse per lei Giulia. Anna sorrise. Non sel’aspettava! “Sempre a spaventare i primini eh? Se lo viene a sapere Herm!” rise Giulia. La castana ghignò. Poi si abbracciarono. “Allora, com’è che sei sparita? Herm credeva che ti avessero rapito gli alieni…” commentò Anna divertita. Giulia la guardò dubbiosa. “Perché gli alieni?” le chiese. La castana alzò le spalle. “Mah…o quelli, o un esercito di puffi! Figuriamoci se nominavo Voldemort! Come minimo Herm radunava le forze armate inglesi!” sbottò poi. Giulia scosse la testa divertita. “Piuttosto, potevi anche salire un momento invece di mandarci Dobby…” commentò seccata Anna. L’amica la guardò dispiaciuta. Solo all’ora la castana notò gli occhi di Giulia. Un poco gonfi. “Ma…Giulia…hai pianto?” le chiese preoccupata Anna. La ragazza fissò gli occhi nocciola su quelli più scuri dell’amica. “A parte gli scherzi…eravamo preoccupate…come mai non sei più tornata in dormitorio? Ieri sera pensavamo fossi rimasta a dormire da Piton, ma quando non sei tornata nemmeno oggi…poi è arrivato quel mezzo pipistrello del malaugurio e abbiamo pensato chissà cosa…” confessò Anna. Giulia sospirò. Si passò una mano sugli occhi. “Mi…mi dispiace…non volevo farvi preoccupare…è che è successo un casino…” si scusò poi. La castana la guardò dubbiosa. “Con Piton? Cos’è successo? Cos’ha fatto ancora?” sbottò irritata Anna. Giulia scosse la testa. “Lui non centra…cioè, si centra però…” cercò di spiegare. Le tornarono in mente quelle immagini. Piton riverso nella pozza di sangue. La pelle fredda. Bianca. Giulia si lasciò scivolare lungo il muro. “Giulia!” esclamò preoccupata Anna. Le si sedette accanto. “Tutto bene?” chiese ancora. L’amica annuì. “Ieri sera sono tornata da Piton…la porta dell’ufficio era aperta...sono entrata e l’ho chiamato, ma non mi rispondeva nessuno…” iniziò a raccontare. Anna la incitò a continuare. “Sono andata nella sua camera…e l’ho trovato…era sulla poltrona…solo che c’era qualcosa che non andava…” continuò Giulia. Anna trattenne il respiro. “Poi ho visto che…sotto la poltrona c’era una macchia di sangue…per Billy Joe Anna! Sembrava di essere nello studio di Sweeney!” commentò Giulia. La castana la guardò stupita. “Piton era ferito… però appena sono entrata è svenuto…l’ho portato sul letto e l’ho medicato…però…non si svegliava…l’ho chiamato…gli ho parlato…ho avuto una paura! Per fortuna poi si è svegliato…sono rimasta con lui tutta la notte…” concluse il racconto l’amica. Anna scosse la testa. “Santo Manson…davvero una brutta cosa…e tu come stai?” le chiese. Giulia fece un debole sorriso. Ma la castana non si accontentò. L’abbraccio subito. La ragazza si strinse in quell’abbraccio. Era quello che ci voleva. Poco dopo le due si staccarono. “Rimango anche stasera…devo cambiargli la fasciatura...” aggiunse Giulia. Anna annuì. “Se lo sapevo ti portavo anche il pigiama…comunque Herm mi ha fatto portare la tua borsa…ci sono tutti i libri di domani e l’uniforme…” spiegò poi, passandole la tracolla della Converse viola scuro. “Ringraziala da parte mia…” sorrise Giulia. La castana annuì. “Ora ti lascio al tuo Draco…ti fermi a dormire da lui?” chiese ancora l’amica alzandosi. Anna la imitò. “No…lo vado solo a trovare poi torno in dormitorio…così spiego tutto ad Herm e ti evito il flashback dei ricordi…” rispose poi. Giulia le sorrise. “Grazie…” la ringraziò. Anna alzò le spalle. “E di cosa? Sul mio contratto da amica c’è scritto un intero paragrafo riguardo il sostegno morale…” commentò ovvia. La ragazza sorrise. La castana l’abbracciò ancora una volta, poi si salutarono. Giulia camminò piano verso l’ufficio. Per non scivolare. La tracolla stretta fra le braccia. La ragazza entrò piano richiudendosi la porta alle spalle. Appena fatto un passo sentì un rumore. Giulia accelerò il passo preoccupata. Arrivata in camera vide del liquido rosso sul pavimento. Il cuore le tremò. Poi vide Piton. Imprecava sottovoce. Per terra mille frammenti di vetro. La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Poggiò la borsa e si avvicinò. “Non posso lasciarla da solo per qualche minuto eh?” commentò divertita. Piton sbuffò. “Ho solo fatto un errore di calcolo…” sbottò acido. Giulia sorrise. Si chinò e raccolse tutti i pezzi di vetro. Uno ad uno. Prese un fazzoletto dalla scatola sul comodino e ce li posò. Poi prese un altro fazzoletto e ripulì il pavimento. Controllò meticolosamente che questo fosse pulito da tutte le schegge di vetro. Ne raccolse ancora qualcuna che prima le era sfuggita. Poi prese i due fazzoletti e andò a buttarli nel cestino del bagno. Severus la osservava divertito. Non aveva nemmeno pensato di usare la magia per sistemare tutto quel disastro. Tipico. “Ecco fatto! Stia più attento la prossima volta però…e se c’è qualcosa e io non ci sono, aspetti che torni…” sorrise gentile Giulia. Piton sbuffò. “Non mi serve il suo aiuto…sono un uomo adulto…” rimbeccò arcigno. La ragazza scosse la testa. Poi si sedette in un piccolo spazio di letto accanto a lui. “Sa…anche a me è successo…di rompere qualcosa…quando ero piccola…” disse piano. Severus la guardò alzando un sopracciglio. “Ero malata…e mia madre era uscita…ero sola in casa…e volevo il bicchiere d’acqua che stava sul comodino…ho allungato il braccio ma invece di afferrarlo l’ho fatto cadere…” raccontò Giulia. “Tipico di lei signorina Wyspet…” commentò Piton divertito. “Avevo paura che mia madre mi sgridasse…così cercai di pulire e raccogliere i pezzi di vetro da sola…però mi tagliai…ed iniziai a piangere…” continuò la ragazza. Severus sorrise. Se la immaginava la sua Giulia seduta sul pavimento con i grandi occhi pieni di lacrimoni. “In quel momento mia madre tornò a casa...e mi trovò…mi disinfettò il taglio e sistemò tutto…le spiegai perché avevo cercato di pulire tutto da sola e lei si mise a ridere…mi fece una carezza sulla testa e mi disse che non si sarebbe arrabbiata… mi raccomandò solo stare più attenta e di aspettarla sempre se volevo qualcosa…” concluse Giulia. “E la morale sarebbe?” chiese dubbioso Piton. La ragazza sorrise. Allungò una mano e gli fece una carezza sulla testa. “Che è stato bravo a non cercare di raccogliere tutto da solo…e che la prossima volta le converrà avere la bacchetta al suo fianco così da evitare eventuali strigi di boccette…” rispose dolce. Severus sbuffò. “Per prima cosa, ho trentotto anni, quindi so che il vetro non va mai raccolto a mani nude…al contrario di lei, signorina Wyspet…e per secondo, anche se avessi voluto raccogliere tutto non avrei potuto perché sono bloccato a letto…” commentò acido. Giulia sorrise. Ed i suoi occhi si illuminarono. “Avevo fatto i calcoli giusti allora! Lei ha trentotto anni!” esclamò, battendo entusiasta le mani. Severus arrossì e si voltò dall’altra parte. “Signorina Wyspet…lei mi farà venire un infarto prima o poi…” commentò affranto. Giulia si fermò. “E ora che c’è?” sbuffò ancora Piton. La ragazza lo guardò triste. “Non voglio che le venga un infarto professore…” rispose. Severus scosse la testa esasperato. “Era un modo di dire signorina Wyspet…questa sua innocenza è disarmante sa?” disse infine. Giulia lo guardò dubbiosa. Poi sorrise. Piton guardò per qualche minuto quegli occhi nocciola. Poi sospirò. “È stanco professore?” gli chiese la ragazza. “Di lei? Si…purtroppo però sono costretto a sopportarla ancora per otto ore e mezza…” rispose acido. Giulia sbuffò. E guardò l’orologio. “Ha ragione…è ora di andare a nanna!” commentò. Poi si alzò e si stiracchiò. “Parli per lei…io ho riposato tutto il giorno e non intendo dormire un minuto di più!” sbottò Piton. Giulia lo guardò stupita. “E cosa vorrebbe fare?” gli chiese. “Ho dei compiti nella scrivania…devo correggerli per martedì…” rispose subito. La ragazza scosse la testa. “Ora lei fa il bravo e dorme…ha tutto domani per vedere quei compiti…non si deve affaticare…” lo rimproverò. Piton inarcò un sopracciglio. “Le ricordo chi è l’autorità in questa stanza dei due, signorina Wyspet?” esordì seccato. Giulia si guardò in giro. “Il suo pigiama è nel primo cassetto dell’armadio accanto al comodino…” disse Piton. La ragazza sorrise e trotterellò fino al cassetto. Lo aprì e ne estrasse il pigiama viola. Quello che aveva usato la notte del Crucio. E anche le altre notti. “Non pensavo che lo avesse conservato…” sorrise felice Giulia. Severus alzò le spalle. “Ho avuto così tanto da fare negli ultimi mesi che quel pigiama è stato l’ultimo dei miei pensieri…” rispose secco. La ragazza annuì ed andò in bagno per sistemarsi per la notte. Al professore scappò un debole sorriso. In verità aveva conservato gelosamente quel pigiama. Nella speranza che lei fosse tornata a dormire con lui. Fra quelle lenzuola. Si sentiva fortunato ad essere accudito da Giulia. Era la prima volta che affrontava una situazione simile. Sel’era sempre dovuta sbrigare da solo. Intanto, la ragazza si era raccolta i capelli con una fascia. La cara Hermione aveva pensato proprio a tutto. Giulia si sfilò piano la felpa e la poggiò sul porta asciugamani. Si slacciò paino la gonna e la lasciò scivolare a terra. Con un piccolo calcio la spostò in la. Poi si tolse la calze viola. Rimasta in biancheria, si guardò allo specchio. Ed arrossì. La sua pelle era così bianca da far concorrenza ad Anna. Chiuse gli occhi per qualche minuto. Ricordandosi di quella estate. Quando era andata da sua madre. Per chiedere consiglio per la lettera a Severus. Si stava pettinando davanti alla specchiera. Stava cantando. Quanto le piaceva la sua voce. Suo padre le aveva sempre detto che anche la sua era così bella. Però Giulia non ci credeva. “Che cosa c’è? Che cosa non va dentro te? E sei splendida seduta su quella seggiola, ma nei tuoi occhi blu non ti ci senti più…” iniziò a cantare. Senza accorgersene. Oramai rapita dai ricordi. Quante volte si era guardata allo specchio. E si era odiata. Perché avrebbe voluto i capelli rossi. E quegli occhi verdi. Perché avrebbe voluto essere Lily. “Sei così bella e sai perché? Non c'e' nessuna come te, unica al mondo, solo tu, ma non ti basta vuoi di più…” continuò Giulia. Quella era la canzone che le cantava sua madre. Istintivamente si coprì il petto. Ed abbassò lo sguardo. Strinse le mani appoggiate sulle braccia. Come per crogiolarsi un abbraccio. Quello di sua madre. “Vedrai, ti butterai, sembra banale, che ne sai? Sei bella, tanto bella sei non lo dimenticare mai…” sussurrò ancora. Giulia l’aveva pensata tanto in quei due giorni. Non che soffrisse particolarmente di nostalgia da casa. Si scrivevano almeno due lettere al mese. Solo. Il giorno prima Giulia si era trovata di fronte ad una grande responsabilità. Aveva dovuto affrontare da sola una situazione abbastanza dura. L’abbraccio di Anna l’aveva alleggerita un po’. Però avrebbe voluto anche lasciarsi andare fra le braccia di sua madre. Come faceva sempre quando era piccola. Ed aveva paura. “Lascia che sia solo una piccola bugia, pensaci su prova a mangiare un po’ di più…su quella bilancia là, ci hai perso anche l'anima…” proseguì Giulia. Si sedette sul bordo della vasca. Rabbrividì al contatto della pelle con la superficie gelida. Lasciò andare le braccia lungo i fianchi. Le mani strette fra loro. Lo sguardo perso. Avrebbe voluto tornare bambina. Quando la sua unica preoccupazione era di non deludere i suoi genitori. Niente pianti. Niente paure. Niente Voldemort. “Quando sei sola e stai per cadere ricordati sempre chi sei…” disse ancora Giulia. Poi alzò lo sguardo. No. Non voleva davvero tornare bambina. Niente Anna. Niente Hermione. Niente Severus. No. La ragazza si alzò e tornò allo specchio. Guardò l’immagine che vi si rifletteva. Era quella di una ragazza di sedici anni. Giulia sorrise. Era palese che, essendo quasi maggiorenne, delle responsabilità le stessero per cadere addosso. Lei doveva solo sapere come prenderle. “Sei così bella e sai perché? Non c’è nessuna come te, sei bella adesso che ti volti e scoppi a ridere…” esclamò Giulia. E poi. Non sarebbe mai stata sola. Le sue amiche erano sempre vicino a lei. Qualunque cosa fosse accaduta in futuro. Qualunque cosa che era accaduta in passato. E quello che stava accadendo nel presente. Erano li con lei. Giulia si portò una mano al bracciale viola. Quello con i teschietti comprato a Hogsmerade. Anche se era quello che l’aveva fatta avvicinare a Severus, lei lo considerava di più un nesso di comunicazione con le sue amiche. “Lo sai, ti spegnerai se questo è il bene che ti vuoi, ma tu difenditi se puoi, il buio non perdona mai...” concluse la ragazza. Con un sorriso. Si sentiva già meglio. Fece scorrere l’acqua calda del lavandino e si lavò la faccia. Poi si tolse la fascia. E si mise il pigiama. Prese il fermaglio a teschio ed uscì dal bagno. Giulia si avvicinò e poggiò il fermaglio sul comodino. Quando si voltò, sorrise. Piton aveva gli occhi chiusi. “Professore…?” lo chiamò. Severus aprì di scatto gli occhi. “Mi scusi…non volevo svegliarla…” si scusò Giulia. Piton scosse la testa. Le guance gli si erano colorate. “Non…non stavo dormendo!” sbottò preso alla sprovvista. In realtà aveva chiuso gli occhi per concentrarsi su quella voce. L’aveva sentita cantare dal bagno. Giulia sorrise e giro intorno al letto. Poi si sedette su quello che oramai era il suo lato. A sinistra. Severus la osservò. Non ci poteva credere che una così bella ragazza fosse innamorata di lui. Giulia appoggiò la testa sul cuscino. “Buonanotte professore…” sorrise. Poi gli sistemò le coperte. “Buonanotte signorina Wyspet…” rispose piano lui. E spense la luce. Passarono dei minuti. Travel to the moon kimi wa nemuri yume o toku. “Professore…?” lo chiamò la ragazza. “Si?” rispose curioso Severus. Giulia si avvicinò di poco. “Posso…chiederle un favore?” gli rispose timida. Piton annuì. “Ecco…volevo chiederle se…se potrebbe…darmi un abbraccio per favore…” chiese la ragazza. Era arrossita. Dare mo inai hoshi no hikari ayatsurinagara. Severus sorrise. Ma la fece attendere qualche minuto. Giulia sospirò. “Non…non si preoccupi…era solo…una richiesta stupida…” si scusò. Severus però si avvicinò piano. Senza farsi sentire. Tsuyoku naru tamewasureta egaokitto futari nara torimodosu. “Signorina Wyspet?” la chiamò Piton. La ragazza si voltò di poco. Solo allora Giulia si accorse di essere vicinissima a lui. In un gesto, Severus la portò a se e l’abbracciò. Delicatamente. Per assecondare la sua richiesta. Kizuite, I'm here waiting for youima to wa chigau mirai ga attemo. Giulia era stupita. Non si aspettava che lo facesse davvero. “Professore…g…grazie…” lo ringraziò. Severus scosse la testa. “Non mi deve ringraziare…è il minimo che io possa fare…dopo quello di cui lei è stata capace poi…” rispose. I'm here waiting for you, sakebitsuzukete. Giulia sorrise. Prese un lembo della maglia del pigiama di Severus. E appoggiò la fronte sul suo petto. Il professore la strinse a se. E la ragazza si accoccolò piano accanto a lui. “Ha già fatto abbastanza per me…” sorrise Giulia. Kitto kokoro wa tsunagu ito o tagutte 'ru, ano koro no watashi me o samasu you ni. Piton la guardò dubbioso. E lei sorrise ancora. Chiuse gli occhi. immersa nel suo profumo. In quell’abbraccio. “Lei esiste professore…mi basta questo…” sussurrò Giulia. Il cuore di Severus ebbe un sussulto. Nessuno. No need to cry. Nessuno aveva pronunciato mai quelle parole. Non per lui. Non ebbe nemmeno il tempo per risponderle. Giulia si era già addormentata. Così Severus chiuse gli occhi. Mentre una piccola lacrima di felicità gli rigava una guancia.

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: MimiRyuugu