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Autore: _Ery1999_    28/05/2013    1 recensioni
Nemmeno il pensiero di essere decisamente fuori orario impedì alla strega di fermarsi nel bel mezzo del corridoio con il battito regolare del suo cuore pulsante nelle tempie.
Nelle orecchie, invece, il vago rimbombo di passi sulla pietra e in testa, il riflesso di una luce di terrore in un paio di occhi opachi.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Innaturale

 
Quella notte in Biblioteca rimase impressa nella mente di Hermione Granger come un marchio sulla pelle nuda. E ogni volta che il suo pensiero vi si posava, lei si incupiva. Possibile che non ci fosse niente di familiare nella sua nuova vita? Niente che la riportasse ai bei tempi? Quando poteva ridere, sognare, respirare senza avvertire un macigno sullo sterno? Niente di niente. Le sembrava di essere stata catapultata in un universo parallelo, senza avere la minima idea di come uscirne. Quando era tornata ad Hogwarts, era già consapevole che qualcosa in lei fosse cambiato. Che qualcosa si fosse irrimediabilmente rotto, frantumato. Spezzato. Come una vetrata sottile che una pietra riduce in frammenti insignificanti. La guerra era stata la sua pietra. Il punto era se i pezzi fossero abbastanza grandi da potersi ricongiungere. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a darsi una risposta. E aspettava, Hermione Granger. Lei che non aveva mai aspettato. Che aveva sempre preso l’iniziativa. Che era stata la leonessa del gruppo, da sempre, la roccia impossibile da smuovere, la quercia impossibile da piegare. Eppure adesso, del suo vecchio io, restava il nulla. Così come restava il nulla del vecchio io di Draco Malfoy. Si chiese come non avesse fatto a notare il suo sguardo perennemente spento, la sua espressione assente, il suo silenzio durante le lezioni, il suo passo meccanico e frettoloso nei corridoi. A testa bassa. Mentre i Grifondoro lo urtavano e lo schernivano. Lui restava zitto, impassibile. Sordo alle loro provocazioni. Hermione non riusciva a spiegarsi perché fosse tornato a scuola. Infondo i suoi genitori, a quanto ne sapeva, erano vivi, salvi nella loro lussuosa villa in marmo. Ma poi, perché continuava a pensare a Draco Malfoy? Perché penetrava ogni giorno nella sua vita, nei suoi problemi? Lei di problemi ne aveva fin troppi. Eppure non riusciva a non tornare in Biblioteca ogni notte, quando il sonno l’abbandonava e restava a rigirarsi fra le coperte fredde, seccata. Allora andava in punta di piedi in quel rifugio di libri e di polvere. Quel tempio che profumava d’inchiostro e di carta vecchia. Di passato. Di storia. Varcava la soglia e prendeva un libro, a volte anche uno a caso. Si sedeva e lui, di fronte a lei, aveva sempre lo stesso viso, la stessa posizione delle labbra sottili, lo stesso riflesso negli occhi vitrei. Sembrava una statua di marmo. Una notte le sembrò quasi bello. Con quell’espressione così triste, così spenta. Era identica a quella che Hermione vedeva ogni giorno nello specchio, quando il suo riflesso le ricordava quanto la sua presenza, la sua esistenza, fosse effimera, insignificante. Poi, fingendo di leggere parole che sembravano scritte in un’altra lingua, si domandava se anche lui provasse repulsione verso la sua nuova vita, verso la sua immagine riflessa. Aveva resistito tante volte all’impulso di chiederglielo, di avere un contatto con lui. Ma si era trattenuta, sempre. E si era sentita una codarda. Il solo pensiero di risalire da quel baratro in cui era caduta la terrorizzava. E poi, si odiavano. Perché sarebbe dovuto essere diverso adesso? Non era cambiato niente, non tra loro due almeno. Anche se in sua compagnia stava quasi... bene. I loro respiri si confondevano, gli occhi di lei scrutavano il viso marmoreo di lui. La Luna teneva loro compagnia. E ogni notte lei cercava di prendere tempo, si soffermava a lungo fra gli scaffali alla ricerca di un volume che, prima o poi, avrebbe dovuto scegliere. Nonostante non finisse mai di leggerlo. Lo sistemava sulle ginocchia, esitava, tirava la cordicella nera. La lampada irradiava quella luce gialla che Hermione aveva imparato a detestare. Perché annunciava la fine del suo stare bene. Annunciava poche ore di sonno che non le bastavano mai e a cui avrebbe volentieri rinunciato.
- Potresti spegnere quella luce? – Draco Malfoy non distoglieva lo sguardo dalla finestra mentre le poneva la domanda. Infatti spesso si era chiesta se quella voce fosse solo frutto della sua immaginazione.
- Cosa hai detto? – aveva capito benissimo. Eppure sarebbe stato strano non ringhiargli contro.
- Potresti spegnere quella luce? – ripeteva lui. Il tono privo di alcuna emozione. Come acqua su un vetro.
- Se la luce ti infastidisce puoi anche andartene – sbuffava fingendosi infastidita, abbassava lo sguardo sul libro che non le interessava affatto. Non smetteva mai di sperare che lui si stufasse dei suoi modi sgarbati. Che la schiantasse con un incantesimo. Che le rivolgesse uno sguardo di disprezzo. Che la chiamasse Mezzosangue. Così da farla sentire a casa. Finalmente. Ma le sue speranze venivano puntualmente deluse. Sentiva la sedia venire sollevata e accostata al tavolo. Qualche passo nella notte. Poi, ancora solitudine.
Una notte però Hermione Granger perse il controllo. Strano, pensò, non credevo fosse così liberatorio. Percepì come una forza dentro di sé, una bomba che esplodeva. Che le faceva muovere le gambe. Le faceva insonorizzare la stanza con un rapido movimento della bacchetta. Si ritrovò alle spalle di Draco Malfoy senza sapere come. Impedì al buio dei corridoi di inghiottirlo. Lui si girò. Il suo sguardo immutato fece divampare il fuoco dentro di lei. Che cazzo ti prende Malfoy, pensò. E non limitò quella frase tra le pareti del suo cervello. No. Gliela gridò in faccia. Lui rimase in silenzio. Gli mollò un ceffone. Aveva l’inferno negli occhi.
- Che cosa aspetti Malfoy? Hai paura? Sei soltanto un codardo schifoso. Mi hai sentito? Un codardo schifoso! – il palmo si schiantò nuovamente sulla guancia di lui. Il suono sembrò rimbalzare sulle pareti. Riecheggiò a lungo nella Biblioteca.
- Difenditi, avanti! O non sei nemmeno abbastanza uomo da colpirmi? Non c’è il tuo paparino al tuo fianco? E’ questo il motivo, vero? – lo provocava, Hermione Granger. Gli riversava addosso tutto il disprezzo che bramava di ricevere. Voleva sentire il suo, di disprezzo, sulla pelle, nelle orecchie. Voleva vederlo in quegli occhi morti. Ma non arrivava. Davanti a lei vegetava un corpo senz’anima. Un albero senza linfa. Cominciò a percuoterlo. Pugni sulle spalle, sul petto, schiaffi nel viso.
- Perché? Perché, maledetto bastardo! – le sue mani non si fermavano. Avrebbe voluto piangere. Avrebbe voluto gridare. Avrebbe voluto sentirsi distrutta. Distrutta da lui. Invece era solo distrutta da se stessa. Dalla prigione da cui non riusciva ad evadere.
Due dita gelate le bloccarono il polso.
- Smettila – le sussurrò piano all’orecchio. Si immobilizzò. Era stanca. Evitò il suo sguardo. Si sentiva umiliata. Inutile. Avrebbe voluto che la terra si aprisse sotto di lei e la divorasse. Sbuffò e si liberò da quella stretta. Ritornò al tavolo davanti al volume che aveva scelto. Appoggiò il gomito sul piano e il mento sul palmo. Tirò la cordicella. La luce si spense.
- Contento? – si rese conto di quanto quella situazione fosse surreale. Le sembrò che lui avesse sorriso. O forse l’aveva soltanto immaginato. Lui la raggiunse e si sedette di fronte a lei. Lo sguardo puntato sulla Luna.
- Perché volevi che la spegnessi? -
Per la prima volta la guardò negli occhi. La trapassò da parte a parte. Le fece quasi mancare il respiro. Poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla finestra.
- Rendeva tutto troppo... Innaturale – Hermione Granger non seppe cosa rispondere. Restò in silenzio. Più tardi ripensò a quanto Draco Malfoy avesse ragione.
 
 
Angolo Autrice...

Ecco il terzo capitolo!! Spero vi piaccia
Vostra,
_Ery1999_
  
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