#3 seduta - vetro
Piove su Gotham e la solitudine morde come un cane rabbioso.
È una massa illividita il cielo, gonfia e tumefatta.
Un fulmine ne divora lo spazio, illuminando l'acciaio d'un puttana d'ossa e vetro.
"Hai forse paura dei temporali, Harleen?"
Perde colpi la lampadina della cella e sfrigola continuamente, impaziente di spegnersi e gettarti nel buio d'una esistenza senz'anima.
O forse ce n'era fin troppa d'anima, altrimenti non sapresti proprio spiegarti quel dolore sordo al centro del petto.
"No."
"Hai forse paura..."
"Taci." mormori serafica "Taci, clown."
"Pasticcino."
"Come, prego?"
"Pasticcino. Credo che sia un nome più appropriato."
"Non essere ridicolo."
Allarga le braccia, umettandosi le labbra e ridendo con una bocca troppo larga e troppo piena di sangue.
"Ma sono un pagliaccio, cosino." la sedia torna sull'impiantito con un tonfo smorzato "È il mio lavoro essere ridicolo."
Espiri con forza, alzando lo sguardo e specchiandoti nel riflesso d'una donna senza pelle.
Che cosa mi sta succedendo?
"Non chiedertelo."
Stupore.
"Non sai cosa stavo pensando, quindi non reclamare diritti che non possiedi."
Arroganza.
"Sei tu il dottore qui, non io."
Ma è davvero così?
"Credo che la seduta sia terminata, Harleen."
Condiscendenza.
"Puoi andare a casa."
E non hai più alcun riflesso in cui cercarti.