«Vera!
Tesoro, siamo in ritardo!»
«Non
ci vengo!»
Richard
Grayson, al secolo conosciuto come Robin, soffocò una
risata, mentre guardava sua moglie che sbuffava, aspettando la figlia
nell’atrio del loro appartamento, borsa appesa ad un braccio
e trench ripiegato
sull’altro, le chiavi della macchina in mano.
La
donna si voltò per fulminarlo, prima di ricominciare ad
urlare
verso le scale.
«Vera
Grayson! Hai due secondi per scendere, prima che io venga a
prenderti!»
«No!
Ho detto che non ci vengo!» strillò in risposta la
bambina,
sottolineando la sua rabbia sbattendo la porta della sua camera.
«Vera!»
urlò la donna, correndo sulle scale e cercando di aprire
la porta. «Apri immediatamente questa porta!»
«No,
no, no, no!»
«Vera,
esci immediatamente da qui!» esclamò la donna,
posizionando
una mano sulla porta.
«Non
ci vengo, non ci vengo e non ci vengo!» continuò
imperterrita
la bambina.
«Vera,
sto per perdere la pazienza. E tu non vuoi che questo
accada, vero?»
«Non
voglio!»
La
donna sospirò, si portò le mani alle tempie e
cominciò a
massaggiarsele, poi scese le scale di corsa ed entrò di
furia nel salotto,
davanti al marito.
«Richard,
per favore, pensaci tu. Tua figlia sta esagerando.»
«Ah,
adesso è mia figlia, eh?» sorrise
l’uomo, alzandosi dal
divano su cui era comodamente seduto.
«Non
ti ci mettere pure tu!»
«Tranquilla,
amore, ci penso io» rispose lui, continuando a
sorridere e posandole un bacio sulla fronte, prima di avviarsi sulle
scale.
«Vera?»
«No!»
strillò la bambina dall’interno della stanza.
«Non
sai nemmeno quello che voglio dirti. Mi fai entrare?» chiese
l’uomo.
«No!»
“Tale
e quale a sua madre” pensò l’uomo,
sospirando. «D’accordo,
allora te lo dico da qui. Mi ascolti?»
Interpretò
il silenzio come un sì. Chi tace acconsente, no?
«Perché
non vuoi andare con la mamma?» domandò,
appoggiando un
braccio alla porta per usarlo come sostegno.
«Non
voglio andare a lezione di ballo!» gridò la bimba,
tra le
lacrime.
«Perché
no?»
«Perché
io voglio fare arti marziali, come te e come Will!»
esclamò
la piccola, aprendo la porta all’improvviso e rischiando di
farlo cadere.
«Tesoro…
Lo sai cosa ne pensa la mamma delle arti marziali»
tentò
di farla ragionare il padre.
«Ma
lo faceva anche lei!» rispose la bambina, incrociando le
braccia e mettendo il muso.
«Solo
per necessità, credimi. Infatti, quando ha potuto finalmente
avere del tempo per se stessa, si è dedicata al
ballo» le raccontò l’uomo,
prendendola in braccio.
«Sul
serio?» domandò la piccola, sgranando gli occhioni
azzurri
che aveva ereditato da lui.
«Certo!
Ti ho mai mentito?» le chiese lui, andando verso la
libreria del corridoio. Destreggiandosi con la bambina tra le braccia,
riuscì
ad aprire un vecchio e spesso album di foto. «Vedi? Ecco la
tua mamma al suo
primo balletto. Aveva qualche anno in più di te, ma ha
cominciato tardi perché
prima aveva un’altra attività da portare
avanti» continuò, mostrandole una
fotografia.
«Faceva
l’eroe come te, vero?» chiese la bambina, passando
una
mano sull’immagine di una ragazza con un tutù
bianco.
«Si
dice eroina, se è una donna, però, sì,
era un eroe come me e
come gli zii e le zie» la corresse Richard, facendole vedere
una foto in cui
tutte le ballerine erano disposte in fila, una accanto
all’altra. Puntò il dito
su una ragazza magra, aggraziata, i capelli scuri raccolti in un
elegante
chignon. «Ecco, guarda come era bella.»
«Era?»
chiese una voce di donna con tono seccato da dietro le loro
spalle.
Con
fare colpevole, l’uomo si voltò: «Ho
detto così? Intendevo è,
naturalmente.»
«Naturalmente»
gli fece eco la donna, avvicinandosi ai due.
«Davvero
ballavi, mamma?» domandò la bambina, indicando le
foto.
«Sì,
tesoro. Ed ero anche brava, per aver cominciato tardi»
rispose la donna, con una sfumatura di tenerezza nella voce, guardando
le
fotografie.
«Sul
serio? Mi fai vedere?» chiese la piccola, allungandosi verso
la madre per essere presa in braccio.
La
donna la prese con delicatezza dalle braccia del marito, poi
sorrise. «Se prima tu mi fai vedere come sei diventata
brava.»
«Sì!»
esclamò entusiasta la bambina, gli occhi illuminati di
gioia.
«Quindi
questo è un accordo? Possiamo andare, finalmente?»
domandò
la donna, ravviandole i capelli e sorridendole.
«Sì!»
gridò Vera, saltando giù dalle braccia della
madre per
andare a prendere la sua borsa da palestra.
«Bella
mossa, tirare fuori il mio vecchio album» commentò
la
donna, appoggiandosi al marito, che la strinse delicatamente tra le
braccia.
«Modestamente»
rispose l’uomo, sorridendo tronfio. «Quindi stasera
ci delizierai con un balletto?» domandò dopo un
minuto di silenzio.
«Non
posso deluderla.»
«Posso
invitare gli altri?» chiese Richard.
«Non
osare.»
«È
una minaccia?»
«Pensala
come vuoi. Sappi solo che il divano diventerà il tuo
migliore amico, se osi farlo» replicò la moglie
sorridendo.
«Bel
ringraziamento per aver convinto una bambina di sei anni a
venire a ballare» si lamentò l’uomo,
fingendo un’espressione arrabbiata.
«Pensavo
che il balletto fosse già abbastanza» rispose lei,
guardandolo con falso stupore.
«Mamma!
Sono pronta!» esclamò la piccola Vera, uscendo di
corsa
dalla sua camera.
«Meraviglioso.
Saluta papà, tesoro.»
La
bambina saltò al collo del padre, stampandogli un bacio
sulla
guancia. «Ciao, papà!»
«Fai
la brava, piccola» la salutò lui, posandola a
terra e
scompigliandole i capelli viola, ereditati dalla madre.
«Ci
vediamo stasera, Richard» lo salutò la moglie,
baciandolo
sulla guancia. «Bada che William faccia tutti i compiti e non
combinate
disastri.»
«Vai
tranquilla, Rachel. Ci penso io» la tranquillizzò
il marito,
sorridendo e guidandola verso la porta.