«Papà!
Papà!
Papàààààààààà!»
«Richard,
chiama te» commentò Rachel Grayson, conosciuta una
volta
come Raven.
«L’avevo
intuito» sospirò il marito, alzandosi dal divano e
dirigendosi con fare disperato verso il giardino, da cui proveniva la
voce di
sua figlia, Vera.
«Cosa
c’è, tesoro?» domandò,
uscendo di casa. La risposta era
davanti ai suoi occhi: sua figlia penzolava da un albero, avvolta in
una rete,
mentre suo figlio, William, se la rideva beatamente in un angolo.
«Papà!
William mi ha imprigionato!» strillò disperata la
piccola,
dibattendosi nella rete come un pesce fuor d’acqua.
«Stai
tranquilla, adesso ti libero. William, posso chiederti
perché l’hai fatto?» chiese
l’uomo, marciando verso l’albero, per liberare la
figlia minore.
«Ma
papà, me l’hai detto tu che devo tenermi in
esercizio per
quando diventerò un Titan!» piagnucolò
il ragazzino, smettendo di ridere.
«Questo
non comprende imprigionare tua sorella in una rete, lo
sai, vero?» commentò stancamente Richard,
tagliando la rete e prendendo in
braccio la bambina imprigionata.
«Ma
allora come posso esercitarmi?» continuò in tono
lacrimoso il
figlio.
«Potresti,
per esempio, utilizzare la stanza per gli allenamenti
che ho fatto costruire appositamente per questo motivo dallo zio
Victor, non
credi?» gli rispose il padre, posando la bambina a terra.
«Su, vai dalla mamma»
le disse poi, dandole una spintarella. Vera si voltò verso
il fratello, gli
fece una linguaccia e poi scappò in salotto dalla madre, che
la accolse in un
abbraccio affettuoso.
«Ma
così non è divertente»
bofonchiò il ragazzino, mettendo il
broncio.
«William.
Vieni qui» ordinò il padre.
William
sobbalzò, preoccupato. Di solito quella degli ordini era
sua madre, non suo padre. Perlomeno, non con loro. Quando si trattava
di
coordinare la squadra di supereroi era in prima linea.
Tuttavia
si avvicinò, meglio non contraddirlo.
Con
sua enorme sorpresa, il padre gli posò un braccio attorno
alle
spalle e gli disse: «Vieni con me.»
Padre
e figlio entrarono in casa, passando davanti al salotto,
dove Rachel stava leggendo ad alta voce un racconto di Edgar Allan Poe
alla
piccola Vera, che ascoltava affascinata.
Sentendoli
passare, la donna alzò gli occhi: «Dove
andate?»
«Cose
da uomini. Tu non terrorizzare la mia piccola con certe
storie» rispose giocosamente Richard.
Rachel
stava per replicare, ma Vera reclamò la sua storia e la
donna dovette a malincuore distogliere lo sguardo dal marito e dal
primogenito.
«Dove
mi stai portando, papà?» chiese William, con un
filo di
preoccupazione.
«Per
prima cosa in camera tua a cambiarti. Mettiti qualcosa di
adatto a fare movimento. Direi calzoncini e maglietta. Hai due
minuti» rispose
il padre, spingendolo verso la sua stanza, prima di sparire nella sua.
Dopo
un paio di minuti, i due maschi di casa Grayson si
ritrovarono nel corridoio, vestiti in modo simile.
«Seguimi»
disse Richard, dopo aver esaminato con occhio critico
l’abbigliamento
del figlio.
Intimidito,
il ragazzo lo seguì senza dire una parola.
Il
padre si fermò davanti alla porta della stanza per gli
allenamenti e l’aprì. Lo fece entrare e poi
richiuse la porta.
«Papà?»
domandò William, con un pizzico di ansia.
«Facciamo
esercizio. Tu contro di me» annunciò il padre,
guidandolo al centro della pista e prendendo due bastoni dalla
rastrelliera
sulla parete. Ne tese uno al figlio, poi si mise in posizione di
difesa. «Coraggio,
attaccami» lo incitò, con un’aria
spavalda, tipica di quando era ragazzo pure
lui.
«La
cena!» urlò Rachel, qualche ora dopo. Dei due
uomini di casa,
nessuna traccia.
La
donna sospirò. Già sapeva dove li avrebbe
trovati. Si slacciò
il grembiule da cucina e si rivolse alla figlia: «Vera, vado
a recuperare tuo
padre e tuo fratello. Mi raccomando, non toccare le pentole mentre sono
di là.»
«Sì,
mamma.»
Rachel
le sorrise, poi uscì dalla stanza. Arrivò nel
corridoio
davanti alla sala degli allenamenti. Spalancò la porta e
vide i suoi due uomini
addormentati sui tappetini, William appoggiato al padre. Represse un
sorriso e
si avvicinò al marito. Con delicatezza gli sfiorò
la fronte, togliendogli dagli
occhi una ciocca di capelli corvini. Subito l’uomo
aprì gli occhi di scatto,
temendo un pericolo.
«Ehi»
sussurrò dolcemente Rachel, accarezzandogli i capelli per
tranquillizzarlo.
«Mmh»
fu la risposta dell’uomo, ancora assonnato.
«La
cena è pronta. Tu e il tuo fido allievo ve la
sentite?» chiese
scherzando la donna.
«Cosa?
Cena?» bofonchiò Richard, cercando di mettere a
fuoco la
situazione.
«Proprio
così, cena. Uno dei pasti fondamentali. Hai
presente?»
gli chiese la moglie, scostandosi da lui per svegliare William.
Con
calma, il dodicenne si mosse un po’ nel sonno, prima di
aprire
gli occhi, violacei, proprio come i suoi.
«Vai
a lavarti le mani, tesoro. È ora di cena» gli
disse Rachel,
aiutandolo ad alzarsi e poi spingendolo fuori dalla porta, verso il
bagno.
Poi si
voltò verso il marito, che si era alzato e l’aveva
raggiunta sulla porta. «Allora? Allenamento duro,
vedo!»
«Quella
peste mi ha quasi battuto, lo sai?» replicò
Richard,
posandole un braccio sulle spalle e guidandola fuori dalla stanza,
verso la
cucina.
«Tale
padre, tale figlio» commentò semplicemente la
moglie,
scoccandogli un bacio sulla guancia, prima di andare a servire i due
figli, già
seduti a tavola e affamati.