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Autore: altraprospettiva    28/05/2013    1 recensioni
- Ti piace il tuo professore di matematica- sentenziò mentre mi andavo vestendo. -No!- esclamai forse con troppa enfasi senza neppure guardarla in faccia. -Tu non me la dai a bere ragazzina. E poi come darti torto? Non è messo per niente male- le lanciai una maglia -Vedi che lo dico a Francesco- dissi ridendo -Ha-ha ti ho beccato, non hai negato. Ad Alice piace Edoardo ad Alice piace Edoardo- si mise a canticchiare come una bambina. -Senti, non ti mettere nei guai e non mettere nei guai neppure lui. È il tuo professore!- disse ad un tratto tornando seria.
mi hanno detto che dal terzo capitolo migliora molto, quindi continuate a leggere!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Londra, una delle città più grandi del mondo. Ricca di attrazioni turistiche, negozi, musei. Quel giorno c’erano circa centoventi italiani più interessati a girare i negozi che andare al British Museum. Ma si sa, la gita è gita e ci ritrovammo tutti al museo.
«Che noia, non me ne frega nulla della Stele di Rosetta» sbuffò Silvia guardando verso la suddetta.
«Siamo a Londra e non facciamo shopping, che assurdità» aggiunse Veronica, come se si andasse a Londra solo per i negozi.
Io guardavo annoiata le “pietre” esposte, l’unica che sembrava interessata era Paola.
«Dall’una alle quattro siamo libere, secondo voi fanno orario continuato qui i negozi?» chiese Silvia.
«Certo che fanno orario continuato, mica siamo al paese!» sbottò Paola. «Perfetto, allora ho scaricato una lista di negozi dove poter andare» Silvia batté le mani facendo girare verso di noi alcune persone.
Scoppiammo a ridere. Avanzammo tra i sarcofagi e i vasi guardando l’orologio. Ancora due ore all’una.
«Ho trovato qualcosa di ancora più inutile e noioso della matematica. I musei archeologici…perché quello al Victoria&Albert sui vestiti potrebbe essere interessante. O il museo delle cere! Dobbiamo andarci, dobbiamo farci assolutamente una foto con le cere di Johnny Depp…» cominciò ad elencare nomi «Ho sentito qualcosa sulla matematica, posso sapere di cosa stavate parlando o sono troppo indiscreto?» ci interruppe una voce. Il prof con il suo sorriso magnifico.
Silvia si girò verso di lui. «Dicevo che le ore di matematica non sembrano così noiose adesso, almeno avevamo qualcosa di interessante da guardare».
Mi scappò un risolino pensando che la cosa interessante era lui e lei glielo diceva sfacciatamente.
«Ci fa da guida e ci spiega qualcosa? Almeno rendiamo un po’ più interessante anche questa visita» domandò Paola.
«A dire il vero non ne capisco un granché. Non sono un fan di archeologia, avevano proposto di girare il museo per tutta la giornata e io ho insistito che fosse solo la mattina, immaginatevi quanto mi importi».
Veronica corse verso di lui e lo abbracciò. «Professore le voglio bene, penso che un’intera giornata qui mi avrebbe ucciso». Il professore aveva sollevato d’istinto le braccia ed era rimasto dall’abbraccio.
Molto imbarazzato, diede una piccola pacca sulla spalla sempre di Veronica. «Mi…fa…piacere essere stato d’aiuto».
Veronica lo liberò dall’abbraccio e io mi accorsi che la stavo invidiando, non tanto per il fatto di essere stata a stretto contatto con il corpo di lui, ma per la naturalezza con cui compiva i suoi gesti nei confronti dei ragazzi.
Io ero sempre così goffa.
«Ma possiamo uscire a prendere una boccata d’aria?» chiese Silvia.
«Vengo pure io» disse il prof e ci incamminammo tutti verso l’uscita.
«Foto, foto, foto» disse Silvia non appena uscimmo dal museo. Tirammo fuori dalla borsa le macchine fotografiche.
«Facciamole con la mia che è migliore, poi vi taggo su Facebook, sennò ogni volta dovremmo fare quattro foto. Ci vuole un passante pieno di pazienza» disse Veronica prendendo la reflex.
Il professore tese le mani per prendere la reflex e Veronica non gliela diede.
«Lei deve farsi le foto con noi. Chiederemo a qualche turista di scattarla». Con le spalle rivolte verso l’edificio del British Museum ci abbracciammo tutti quanti. Veronica e Silvia erano quelle accanto al prof e io mi dovetti accontentare di una sua mano appoggiata sulla spalle.
«Devo chiederle l’amicizia su Facebook» disse Veronica facendo passare la reflex tra le nostre mani per mostrare la foto appena scattata.   
«Non sono su Facebook».
«Come non è su Facebook? Ma dai ormai ci sono tutti».
«Io no».
«E come facciamo a darle la foto?»
«E-mail? Oppure porto una penna usb in classe? Comunque sto entrando, devo controllare che fanno i miei ragazzi. A dopo».
Io guardai la foto. Come avrei voluto essere messa accanto al prof e ritagliare solo noi due. Aspetta! Ma a Natale mia cugina Sandra aveva scattato qualche foto. Quando sarei tornata in Italia l’avrei dovuta contattare.
Il professore Lombardi, con il suo completo grigio e il maglioncino rosso, venne verso di noi.
«Ragazze che ci fate qui?»
«Ci stavamo annoiando» rispose Silvia.
«Prof, ma dato che siamo tutte maggiorenni, possiamo andare via già adesso? È mezzogiorno e un quarto…»
«Sì, andate…Piccadilly Circus alle quattro. Non arrivate un minuto in ritardo».
«Grazie» rispondemmo in coro e scappando via.
Prima tappa McDonald’s per rimpinzarci di schifezze e fare il pieno di energia per girare i negozi. Passammo dall’Apple store per controllare email, facebook e aggiornare lo stato. Poi andammo da Hamleys, anche se eravamo tutte “maggiorenni” non si poteva resistere al fascino dei giocattoli che vendevano lì.
«Non abbiamo il tempo per passare da Harrods, ci toccherà andarci domani. È meglio che ci avviamo verso Piccadilly Circus, alla faccia che dovevamo fare shopping» disse Veronica leggermente sconsolata.
«Entreremo in qualche negozio strada facendo» disse Paola.
 
 
 
«Questo vestito ti sta una favola!» esclamò Veronica quando uscii dal camerino.
Era blu con tante linee a V color crema che mi evidenziavano il decolté, i fianchi e il fondoschiena, ed essendo io relativamente magra era una cosa buona. Sì, mi piaceva proprio come mi stava e difficilmente qualcosa con la gonna mi piaceva a primo colpo.
Guardai il cartellino con il prezzo e strabuzzai gli occhi. «Costa quanto un castello! Ragazze, quando prendete qualcosa guardate il prezzo per favore!»
«Ti sta benissimo, per la prima volta ti vedo veramente vestita come una   femmina» mi disse Silvia. Ormai ero abituata al suo modo di fare.
Anche Paola annuii soddisfatta, però quando venne a guardare il prezzo mi posò una mano sulla spalla.
«Be’…effettivamente è un po’ eccessivo. Forse possiamo trovarne un altro simile».  
«Qui c’è la moda dei vestiti di seconda mano, forse troviamo proprio questo!» disse Veronica tirando fuori la lista dei negozi e controllando quelli che vendevano i vestiti di seconda mano.
«Lascia stare, è nuova collezione e poi dubito che una persona che compra un vestito del genere poi lo vada a rivendere immediatamente» dissi sconsolata. Mi guardai di nuovo allo specchio cercando di ricordarmi vestita in quel modo e pronta a levarlo quando vidi riflesso pure il volto del professore Coco. Mi stava guardando e aveva uno sguardo diverso dal solito. Sembrava come…ammaliato.
Sì certo, da me, sicuramente.
Terra chiama Alice, stai sognando troppo.
«Ti sta veramente bene questo vestito, dovresti prenderlo» mi disse mentre si avvicinava.
Ok. Mamma ti lamenti sempre che non mi vesto in maniera femminile? Eccoti accontentata! Comprai il mio primo vestito femminile, costava quanto tutti i vestiti che avrei potuto comprare in tre anni, ma ero prontissima ad affrontare i miei non appena avessero visto il buco che avevo creato nella loro carta di credito.
 
Passammo il resto del pomeriggio alla National Gallery. Musei su musei, guardai il programma della gita: l’indomani saremmo andati al Tate Modern, foto davanti Buckingham Palace e il museo della guerra. Forse il terzo giorno sarebbe stato più interessante.
«Ma secondo voi perché si dovrebbe andare in gita se non per scopi culturali?» aveva chiesto il professore Lombardi in autobus mentre tornavamo in hotel.
«Ma per girare i negozi, conoscere nuovi ragazzi…impratichirci con la lingua» disse Silvia.
«E per andare a ballare in discoteca! Non c’è un cavolo al paese» aggiunse Veronica.
«Ma dove trovate l’energia di andare pure a ballare dopo una giornata stancante come questa? Ah, gioventù».
 
Dopo la cena ritornammo tutte in camera.
Paola si stava truccando mentre io la guardavo seduta sul letto.
«Tesoro sei sicura che non vuoi che rimango a farti compagnia?» mi chiese mentre chiudeva le palpebre e si passava l’ombretto.  
«Sì, sì, tranquilla, non voglio che anche tu ti rovini la serata a causa della mia età».
Paola mi guardò. «Non mi rovino la serata, mi fa piacere stare con te»
Io le sorrisi. «Dai! Finisci di truccarti altrimenti fai tardi. Troverò qualcosa da fare per non annoiarmi…può essere che scendo al bar dell’hotel…» Paola mi si avvicinò sorridendo con il mascara in mano, prima che me ne rendessi conto ne aveva già passato una mano nell’occhio destro.
«Non si esce senza neppure un filo di mascara» mi disse con un tono da maestra dell’elementari.
Non scoppiai a ridere per paura che il sinistro mi venisse pasticciato. Quando ebbe finito posò i trucchi e si girò verso di me.
«Come sto?» mi chiese.
Stava benissimo. Sembrava che ogni riccio dei suoi capelli fosse stato fatto a mano, era perfetto. Gli occhi nocciola messi in risalto dal trucco e il push-up le donava mezza taglia in più di seno.
«Cerca di non tornarmi con un ragazzo in camera» le dissi.
Paola mi posò un bacio sulla guancia mentre afferrava la borsetta.
«Scendi con me, stiamo un po’ al bar fino a quando non arrivano i ritardatari. Ci tocca sempre aspettare».
Annuii mentre prendevo anch’io la borsa e scendemmo al bar. Paola ebbe ragione, alcuni ragazzi non erano ancora scesi e potevamo stare un po’ al bar a parlare.
«Vuoi che ti prenda un po’ di alcol?»
Mi chiese la mia amica pronta a tirar fuori la carta di identità. Io feci come per fermarla con le mani.
«No, non c’è bisogno grazie. Non posso mica rimaner qui sola ad ubriacarmi».
«Ma sei sicura che non vuoi che io resti?»
Vidi che si sentiva in colpa.
«Sicurissima. Ti lamenti sempre che non vai mai a ballare quando siamo al paese, ora goditi due giorni di discoteca!»
Il prof Lombardi fece l’appello della nostra classe, quando arrivò al mio cognome mi guardò e fece spallucce, poi disse a tutti di incamminarsi. Paola mi strinse la mano. «Spero che ti divertirai».
«E tu cerca di non rimorchiare troppi ragazzi».
 
Vidi le mie compagne che mi salutavano con la mano mentre uscivano e Paola si aggregò a loro. Sbuffai. Fantastico, se l’avessi saputo mi sarei portata un libro. Ma chi si porta un libro in gita? Il barman mi poggiò una birra davanti. Io lo guardai stupita e lui mi fece un cenno con la testa per indicarmi un ragazzo seduto non troppo lontano da me. Lui sollevò la sua birra come per brindare. Non sapevo che fare. Dovevo accettarla? Avevo paura di ubriacarmi, non ero abituata a bere. Ma qual era la mia alternativa? Dovevo tornare in camera ad annoiarmi a morte? Presi la birra e sorrisi verso il ragazzo che si venne immediatamente a sedere con me.
«Hi!» mi disse sorridendo.
Era con i capelli cortissimi, gli occhi azzurri, la barbetta incolta. Non era per niente male.
«Hi» dissi io.
«I’m Sebastian» mi disse.
«Alice» risposi, poi quando vidi la sua espressione stupita aggiunsi «In your language is àlis, I’m Italian». Lui rise.
«Italian, wow. Why are you here?» Oddio quanto amavo l’accento britannico.
Quando sentivo come pronunciavano le parole immaginavo quella lingua che mi percorreva il corpo. Schiacciai quel pensiero per cercare di recuperare nella mia testa come si dicesse “gita” in inglese. Non lo ricordavo.
«A travel» lui annuì con la testa quando sentii una voce alle mie spalle dire «She is with me». Mi voltai di scatto e vidi il prof Coco che guardava duramente Sebastian. Sembrava infastidito. Sebastian mi guardò come per chiedermi se fosse vero e io, quasi malvolentieri, assentii.
Il britannico guardò verso il prof portando le mani avanti come per dire che non aveva fatto nulla di male e che non lo sapeva. Poi si alzò e andò via scuotendo la testa.
Il prof prese il suo posto.
 
«Gradirei non trovarti con la lingua infilata dentro bocche altrui quando sei sotto la mia custodia» mi disse. 
«Sotto custodia? Che sono una carcerata?»
Rise «Certo che no, scusa la scelta poco felice delle parole. È che mi allontano due secondi e ti trovo a flirtare con un ragazzo».
«Ma non stavamo flirtando e non ci stavamo baciando!»
«Ma da come ti guardava presto l’avreste fatto»
Mi sentii leggermente eccitata.
«E poi non ero mica con lei!»
Lui sorrise divertito. «Ora sì. E dato che io so che non hai l’età per bere la birra che ne pensi di andar via da qui?»
«E andare dove? Non possiamo passeggiare, sta piovendo».
«C’è la piscina al coperto qui in hotel».
«La piscina al coperto?»
«Sì, dai, andiamo a farci un bagno».
Io e lui in piscina? Quel leggero senso di eccitazione aumentò.
«Non so…»
«Sai nuotare?»
«Sì».
«Sei depilata?»
«Sì».
«Hai il ciclo?»
«No» divenni rossa come un peperone. Ma che domande faceva?
«Allora non hai scuse, hai dieci minuti per andarti a cambiare. Ti aspetto nella hall».
Andai di sopra per prendere il costume. Meno male che portavo sempre un costume in gita. Presi in prestito un telo dell’hotel e scesi. Il prof era lì. Vestito come prima tranne che per il telo sotto il braccio. Giubbotto di pelle, jeans strappati. Mi porse il braccio.
«Andiamo mademoiselle?»
 
Risi mettendomi a braccetto con lui e andammo in piscina.
Una decina di ragazzi tra maschi e femmine stava in un angolo della piscina a schizzarsi e a fare lotte con le ragazze sedute sopra le spalle dei ragazzi. Una coppia si stava sbaciucchiando nell’angolo opposto. Per il resto non c’era nessun altro. Avevamo circa mezza piscina solo per noi due. Mi diressi verso la sdraio e vi stesi sopra il telo. Il prof lasciò il telo arrotolato, si levò il giubbotto e si levò il maglioncino.
Oddio.
Alice respira.
Respira.
Respira.
Mi concentrai con tutte le forze a respirare, ma soprattutto a deglutire perché altrimenti avrei sbavato.
Era.
Così.
Perfetto.
Il fisico asciutto era muscoloso al punto giusto, gli addominali non troppo in rilievo, le vene leggermente in rilievo quando contraeva i muscoli per abbassarsi i jeans…le sexyssime linee che scendevano obliquamente verso il pube. Mi accorsi che anche qualche ragazza del gruppo in piscina lo stava osservando.
«Su! Muoviti! Sto andando a fare la doccia».
Lo guardai mentre si dirigeva verso le docce. In quel momento sarei potuta svenire…e sarei potuta venire. Ero rimasta seduta con il bottone dei jeans tra le dita. Se fossi rimasta solo in costume, non appena mi sarei avvicinata a lui, avrei voluto che anche quei minuscoli pezzi di stoffa andassero levati. Mandai via quei pensieri dalla testa. Non potevo. Non potevo. Mi spogliai e andai verso le docce mentre lui ritornava verso la piscina. Quando gli passai accanto scrollò la testa facendomi arrivare schizzi dai suoi capelli.
«Alla buon’ora» disse mentre ringraziavo la doccia gelata. Ero sicura che l’acqua evaporava non appena arrivasse a contatto con la mia pelle. Stavo prendendo a fuoco.
Non si era ancora tuffato, era messo che tremava sul bordo della piscina. «Volevo tuffarmi con te, facciamo una gara? Si arriva fino al bordo opposto e si ritorna?»
Annuii incapace di proferire parola e lui disse: «In posizione! Pronti, partenza, via!»
Mi veniva da ridere per il tono di voce che aveva usato. Al via lui si tuffò e io rimasi per un paio di secondi imbambolata alla vista dei muscoli delle sue spalle che si tendevano per il tuffo. Mi buttai in acqua pure io e nuotai velocemente decisa a superarlo e a batterlo. Avevo fatto sei anni di piscina, dovevano servirmi a qualcosa no? Perse tempo per girarsi non appena arrivò al bordo mentre io optai per uno stile a dorso e recuperai in fretta. Arrivai prima mentre lui diceva.
«Nooo, mi sono fatto battere da una ragazza…noooo» rideva divertito e si avvicinò a me.
Mi sentivo una gelatina.
«Scusa per poco fa» mi disse ad un certo punto.
Non capivo a cosa si riferisse.
«Ti ho fatto quelle domande… ho sempre abitato con donne. Prima mia sorella gemella, poi la mia ex ragazza. Non mi scandalizzo alla parola ciclo o depilazione. Mi è venuto spontaneo chiederti quelle cose».
«Ha una sorella gemella?»
«Sì. Ha la mia stessa età!» rise «Una sorella che ha la mia stessa età e a Settembre si sposa!»
«Oh…wow» non ero per niente entusiasta. Riflettei che a Settembre io non l’avrei visto. Non avrei mai pensato di desiderare che un anno scolastico durasse a lungo.
«Ti confido un segreto che deve rimanere tra me e te». Si avvicinò ancora di più. «A volte l’aiutavo pure a farsi la ceretta. Non mi prendere per gay» rise.
Notai che aveva un tatuaggio nella spalla destra, piccolo, discreto. Erano delle scritte strane che formavano un disegno.
«Che rappresenta?» chiesi accennando alla spalla.
«Oh, l’ho fatto il giorno dell’esame di stato insieme a mia sorella. È un simbolo che rappresenta l’unione. Mia sorella sarebbe andata a studiare a Ginevra in un’università privata e per la prima volta ci saremmo separati. È per indicare che staremo sempre uniti nonostante le distanze».
Trovai il pensiero dolcissimo. Era ancora vicino a me e mi immersi per un paio di secondi per raffreddare la mia testa piena di pensieri bollenti. Quando riemersi lui mi stava guardando.
«Ti posso chiedere la rivincita?»
Vinse lui. Ero troppo distratta dai miei pensieri.
C’era una parte di me che mi invogliava a smettere di immaginarmi aggrappata al bordo mentre le sue mani mi scivolavano dentro il costume e un’altra parte di me che mi diceva che non ci faceva nulla fin quando facevo solamente fantasticare.
Si appoggiò al bordo di fianco a me e improvvisamente fece una faccia rilassata.
«Oh… il coso che spruzza acqua…che goduria» scoppiai a ridere mentre guardavo la sua faccia rilassata e divertita.
Immaginai quelle bollicine d’acqua intrufolarsi in mezzo alle sue gambe…ok anche se l’acqua era ghiacciata a quanto pare non bastava per calmarmi. Raggiunsi il bordo opposto alla ricerca di un altro di quei spruzzatori di acqua e quando lo trovai mi ci misi di fronte sperando che quelle bollicine riuscissero a farmi rilassare. Ma che mi era preso? Tutti gli ormoni a riposo che avevo avuto in questi anni si erano manifestati tutti una volta? Mi girai verso lo spruzzatore d’acqua dando le spalle al bordo opposto per cercare di non guardarlo. Piegai il collo a destra e a sinistra. Inspirai profondamente. Era come se stessi per iniziare a fare stretching. Poi diedi una spinta al muro con i piedi e mi lasciai trasportare lontano dal bordo fin quando non andai a sbattere contro qualcosa. O meglio qualcuno. Lui.
«Scusi» balbettai.
«Fa nulla» mi disse.
Ero appiccicata a lui. Le mie spalle contro il suo petto. Nessuno dei due si mosse per allontanarsi. Il mio cuore batteva all’impazzata.
Respira.
Respira.
Sentivo la sua pelle a contatto con la mia. Le sue mani sui miei fianchi. Dovevo uscire di lì altrimenti avrei messo nei guai entrambi.
Dovetti fare ricorso a tutte le mie forze per riuscire ad allontanarmi e dire «Forse è meglio andare, gli altri saranno qui a momenti penso» mi diressi verso il bordo della piscina e uscii di fretta.
Poi mi voltai verso di lui. «Lei non esce?»
Vidi che si guardò verso le gambe, poi quasi senza alzare lo sguardo disse: «Io…credo…devo…rimango un altro po’ in acqua tu sali pure in camera a cambiarti. Ci vediamo domani mattina».
L’ultima frase la disse rivolgendosi a me con il suo sorriso. Sembrava imbarazzato.
Quando fui sotto la doccia realizzai cosa potesse essere successo e scoppiai a ridere. Mi sentivo felice. Non sapevo perché.
Mentre asciugavo i capelli rientrò Paola.
«Come è andata la serata?» mi chiese mentre si dirigeva in bagno per struccarsi.
«Benissimo!» esclamai sorridendo.
Posai il phon e mi buttai sul letto mentre Paola mi raccontava la sua serata. Io stavo a guardare il soffitto. Sentivo le farfalle nello stomaco.
«Ehi! Ma tu sei rimasta con il prof Coco…ecco perché non volevi che io rimanessi!» mi disse ad un punto e guardandomi con gli occhi a fessura come per scrutarmi meglio «Che avete fatto?».
Io scrollai le spalle. «Niente di che. Siamo stati in piscina».
«In piscinaaa? Questo vale molto più dell’andare a ballare. Com’è?»
Mi tirai su a sedere e la guardai sognante. «È…wow».
Paola sospirò come se l’avesse visto. «E che avete fatto?»  
«Abbiamo nuotato. Che si può fare in piscina?»
Lei mi guardò maliziosa e le dissi quasi indispettita: «Ma è il nostro prof!»
«Sì, sì…come se questo impedirebbe a qualcuna della nostra classe di buttarglisi addosso. Mi meraviglio che non sia rimasta nessuna».
Poi si infilò il pigiama e si mise a letto.
«Sei sicura che non sia successo niente? Sembri troppo euforica».
Io ritornai a guardare il soffitto e mi infilai sotto le coperte.
«Sicurissima» dissi sorridendo. Non era successo alcunché.
Si era solamente eccitato a causa mia. 
  
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