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Autore: _TheDarkLadyV_    28/05/2013    3 recensioni
Un sogno è sempre un sogno o è un'interferenza che ha qualche strana conseguenza sul corso dell'uomo?
Genere: Dark, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hola fanciulle :)
Finalmente posso dare sfogo alla mia fantasia malata, quella più dark e misteriosa che solitamente preferisco alle altre mie fantasie torbide. Spero che questo genere di O.S. possa piacervi, anche se è piuttosto strana e nata guardando il video di " Wicked Game" e " When love and death embrace". Soprattutto il secondo, ha un aria così cupa che boh è riuscito a farmi partorire questa cretinata. In " Wicked Game" ( togliamo pure lo spogliarello xD) Ville è così tttttenero. Quindi voi mettete insieme questi due dettagli e partite anche voi con la fantasia xD
I posti che verranno citati esistono solamente nella mia mente e non sono responsabile degli effetti collaterali che potrete avere u.u
Dopo questo vi saluto augurandovi buona lettura :D



Un cantante non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio della sua voce e della sua band. Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscirà a nascondere agli altri la sua timidezza, il sogno della musica potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo e soprattutto quanto più desidera: il nome della sua amata band stampato su miserabili volantini e biglietti. Un cantante è destinato a ricordare quell'istante, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.
Il mio prezzo era quello di restare chinato sui fogli a tracciare parole e scarabocchi per tutta la notte, rendendomi schiavo della mia stessa passione e di quelle lamentele che trovavano il loro sfogo tramite la scrittura. Non ricordavo nemmeno da quando tempo fossi rinchiuso nella stanza di quella torre che con il passare del tempo stava diventando sempre più sola e triste. Evitavo accuratamente di guardarmi allo specchio perché sapevo di essere un fantasma o forse solo l'ombra di esso e non avevo la minima intenzione di contemplare quel riflesso ormai spento. Sentivo i miei occhi  bruciare e reclamare il loro diritto di riposo. Forse dovevo staccare.
Con il sonno che annebbiava la vista, scrissi l'ultima frase e nell'istante successivo sentii le palpebre appesantirsi fino a quando vidi l'oscurità in mezzo ai fogli sparsi.
Non seppi di preciso quando durò quella piccola calma. Le mie orecchie probabilmente non si erano lasciate ingannare dai piaceri del sonno e prontamente intercettarono un rumore: lo sbattere di una finestra che mi fece subito alzare la testa dal tavolo su cui mi ero assopito. Ancora frastornato mi guardai intorno e capii che il rumore proveniva dalla mia stanza da letto. Mi passai una mano sul volto ancora stanco e andai a chiudere la finestra che non ricordavo avessi lasciata aperta. I raggi del sole mi investirono in pieno e mi sentii tremendamente infastidito da quel colpo vitale che aveva trafitto la mia faccia come un pugnale e i miei occhi come l'acido. Non me ne ero accorto, ma avevo dormito quel tanto che bastava per non guardare l'alba e un nuovo giorno sorgere. Spostai le tende per chiudere la finestra e subito i miei occhi si spostarono sul comodino sulla quale c'era una busta che prima non avevo notato. Mi avvicinai decisamente confuso. Era come se qualcuno fosse entrato in camera mia e avesse sistemato quel pezzo di carta apposta lì. Presi la busta e la esaminai. Era chiusa con un sigillo di ceralacca in cui si notava il disegno di un angelo dai contorni neri. A parte questo, l'unica cosa visibile era il mio nome impeccabilmente scritto in una grafia obliqua e raffinata.  Ancora confuso aprii la busta e ne estrassi un foglio piegato in due sul quale, nella stessa grafia, era scritto:

" Mio caro amico,
mi permetto di scriverle per trasmetterle tutta la mia ammirazione e i miei complimenti per il successo ottenuto in questi anni. In quanto appassionato di musica e amante della buona letteratura, mi fa un immenso piacere incontrare un uomo intelligente come lei e una voce piena di talento come la sua. Mi consenta, dunque, in segno di gratitudine per le belle ore che l'ascolto delle sue canzoni mi ha regalato, di invitarla ad una piccola sorpresa che confido sia di suo gradimento a mezzanotte all'Ensueno. La aspetteranno.
Affettuosamente

S.P."

Lessi quel foglio più volte imparando quasi immediatamente quelle parole per me del tutto strane.
" Interessante."- mormorai rileggendo per l'ennesima volta la parola Ensueno. Non era un locale per anime caste e pure. Era uno di quei posti in cui si conoscevano donne nel senso biblico ed estatico, ovvero a letto. Era gestito da due ragazzi spagnoli, ma credevo che avesse chiuso i battenti da un bel pò. Mio padre me ne aveva parlato e nonostante le grandi cose che si narravano sul suo conto, non ci ero mai stato. Nonostante il tipo strano di clientela, l'Ensueno era un locale elegante.
Le mie avventure, i miei amorazzi e i baci rubati da adolescente si erano caratterizzati fino a quel momento per una passione istintiva che era finita così come era arrivata. Non erano di certo degni di attenzione e non capivo perché mai un uomo mi avesse invitato in un posto del genere. Che sapesse anche della mia attuale carestia?
Eppure nulla nel mio breve catalogo di carezze, baci e notti passionali poteva essere preso in considerazione. Ero così sfigato da meritare un soggiorno anche solo per pochi minuti in un posto da disperati come quello?
" Molto divertente, caro S.P."- continuai a mormorare divertito mentre rigiravo fra le mie dita i tratti spigolosi del foglio. Lo rimisi al suo posto in una maniera meno aggraziata di come l'avevo trovato. Mi stiracchiai e decisi finalmente di guardarmi allo specchio. Le occhiaie stavano gradualmente prendendo il sopravvento diventando sempre più scure; il colore della mia pelle stava diventando giallastro, segno non solo della nicotina che avvelenava il mio sangue, ma anche della vita svolta al chiuso in quella torre maledetta. Se a volte ero definito cantante maledetto, in fondo non potevo che essere d'accordo; i miei occhi erano iniettati di sangue ed erano spenti. La stanchezza mi stava facendo decisamente brutti scherzi. Mi passai una mano su una guancia e poi sull'altra, fissando il mio riflesso quasi fosse la prima che lo vedevo completamente. Mi allontanai con un piccolo ghigno sul volto rendendomi conto quanto fossi deperito e malaticcio. Forse quel signor S.P. non aveva tutti i torti ad invitarmi a trascorrere qualche ora in maniera diversa. Ripensandoci, non era un invito sconcertante e di certo non potevo venirmene fuori con la storia che non fossi un miscredente che voleva arrivare puro di cuore e di parti basse al matrimonio, che ero un'anima immacolata desiderosa di attendere il momento magico in cui avrei conosciuto la mia anima gemella con la quale avrei trascorso anche l'eternità e popolato Helsinki di piccoli bambini che avrebbero portato il mio cognome.
Nonostante gli amori vissuti poteva succedere che quel fatidico momento non arrivasse mai, che a prescindere dal grado di affetto e amore provato non mi innamorassi e che non volessi né potessi affidare la mia vita a qualcuno.
Lo scorrere dell'acqua sulla mia pelle mi diede il giusto modo per rilassarmi e permettere alla stanchezza di andarsene via. Appoggiai la testa al muro della doccia prendendo in seria considerazione l'idea di visitare quel posto. Chiusi l'acqua e avvolgendo con l'asciugamano giusto le parti basse, e con i capelli ancora inzuppati d'acqua tornai in camera pensieroso. Presi di nuovo fra le mie mani il foglio su cui caddero alcune gocce che deformarono parzialmente il carattere della scrittura e dopo averlo fissato per qualche secondo in più del dovuto sussurrai: " cosa importa. Tanto vale provare."



Cabaret e locali difficili da classificare sgomitavano su entrambi i marciapiedi con case trasandate mentre gente di ogni razza e classe, si mescolava con stravaganti personaggi che vivevano dal tramonto in poi. Su entrambi i lati della strada si aprivano vicoli angusti e sepolti nella bruma che ospitavano oscurità e feccia. Quella era la faccia oscura di Helsinki che in vita mia vidi solo una volta quando sconsideratamente avevo deciso di porre fine alla mia vita ubriacandomi fino a vomitare perfino la scatola cranica. Da quel momento non avevo più messo piede in quei quartieri troppo strani e pericolosi, ma quella sera avevo deciso di fare un nuovo attentato alla mia vita, fregandomene altamente delle conseguenze. A volte preferivo sbagliare per provare su di me quell'eccitazione malsana che logorava le profondità dell'anima senza lasciar tregua. Era pur sempre un modo come un altro per avere la vena poetica accesa.
L'Ensueno occupava la parte superiore di un edificio che a piano terra ospitava un music- hall e che annunciava con grandi locandine uno spettacolo di una ballerina inguainata in un succinto vestito che non faceva mistero delle sue grazie. Accanto all'ingresso del locale c'era una porta stretta oltre la quale si apriva una lunga scalinata con le pareti dipinte di rosso. Salii le scale e mi piazzai davanti ad una grande porta di rovere intagliato. Bussai un paio di volte e aspettai. Stavo considerando l'idea che fosse tutto uno scherzo di pessimo gusto di Migé e compagnia bella, ma proprio quando stavo per andarmene via la porta si aprì e una donna di mezza età dai capelli completamente bianchi e impeccabilmente acconciati a crocchia mi sorrise serena.
" Lei deve essere il signor Ville Hermanni Valo."
Restai per un attimo sorpreso.
" In persona."
" Se vuole avere la cortesia di entrare e di seguirmi.."
Le andai dietro lungo un breve corridoio che conduceva ad un'ampia sala circolare dalle pareti rivestite di velluto rosso e con lampade dalla luce soffusa. Il soffitto formava una cupola di vetro smaltato da cui pendeva un lampadario di cristallo.
" Gradisce qualcosa da bere?"
" Un bicchiere d'acqua."- risposi quasi senza voce. La signora dai capelli bianchi sorrise senza battere ciglio continuando a mantenere il suo atteggiamento cortese.
" Forse il signore preferisce una coppa di champagne o un liquore.."
" No. Un bicchiere d'acqua va più che bene."- risposi con un tono di voce un pò duro. La signora assentì senza perdere il sorriso e indicò una delle sontuose poltrone sparse nella sala.
" Se il signore vuole accomodarsi, Chloé sarà subito da lei."
" Chloé?"- ripetei. Era quello il nome del mio regalo?
Indifferente alla mia perplessità, la signora sparì lasciandomi solo con il mio nervosismo e i miei inconfessabili desideri. Camminai per la stanza per scacciare il senso di ansia che pian piano si stava facendo spazio dentro di me. Quel posto era una tomba. Sei corridoi partivano dalla sala e che conduceva a sei porte bianche a doppia anta tutte chiuse. Mi lasciai cadere sulla poltrona in attesa di quello che sarebbe successo da lì a pochi istanti. La donna tornò e mi porse il bicchiere d'acqua che avevo chiesto continuando a sorridere. Bevvi un sorso e mi slacciai il colletto della camicia. In quel momento mi accorsi di una figura che avanzava verso di me da uno dei corridoi. Sembrava una bambina e lo era. Camminava a testa bassa, senza che riuscissi a vederle gli occhi. Mi alzai in piedi.
La bambina fece un inchino e mi fece segno di seguirla. Solo allora mi resi conto che una delle sue mani era come quella di un manichino. Scossi la testa leggermente scioccato mentre ella mi condusse alla fine del corridoio e con una chiave che portava appesa al collo aprì la porta e si fece da parte. La stanza era quasi del tutto buia. Mi ci addentrai senza sapere bene a cosa stessi andando incontro. Solo in quel momento capii quanto fossi stato incauto, ma ormai non potevo più tirarmi indietro e ciò che confermò la mia affermazione fu il fatto che la porta si chiuse alle mie spalle e scattò il meccanismo della serratura e così seppi che la bambina mi aveva chiuso dentro. Per un minuto rimasi lì immobile aguzzando la vista per vedere dove ero finito. Lentamente gli occhi si abituarono alla penombra e i contorni della stanza di materializzarono attorno a me. Un ampio letto circolare era al centro e i mobili intorno erano antichi. Due candelieri erano posti ai lati e al loro interno c'erano due ceri neri che ardevano sprigionando quel profumo di cera che si annidava nelle camere ardenti. C'era anche puzza di bruciato. Mi fermai raggelato. Un profilo si disegnava dietro la grata. Due occhi brillanti mi osservavano e riuscii a distinguere le dita bianche e affusolate, come lunghe unghie smaltate di nero, che spuntavano dai fori della grata. Deglutii.
" Chloé?"- mormorai.
Che domande! Era lei..senza ombra di dubbio. Era la femme fatale in carne e lingerie. Aveva la pelle più candida che avessi mai visto, e i capelli castani e lucidi che le incorniciavano il viso e le ricadevano ondulati fino a metà schiena. Le labbra sembravano dipinte di sangue fresco e un leggero trucco le circondava gli occhi azzurri. Aveva movenze feline, la gola slanciata e interminabile era circondata da un nastro nero dal quale pendeva un crocifisso rovesciato. La osservai avvicinarsi lentamente, incapace perfino di respirare, gli occhi inchiodati a quelle gambe disegnate con tratto impossibile dentro calze di seta e a quel seno dalla misura giusta. In vita mia non avevo mai visto niente di così bello, né di così terrificante. Ipnotizzato mi lasciai condurre dalla creatura fino al letto, dove caddi letteralmente di culo. La luce delle candele accarezzava il profilo del suo corpo. Il mio volto e le mie labbra rimasero all'altezza del suo ventre nudo e senza nemmeno rendermi conto di quello che stavo facendo, la baciai sotto l'ombelico e le sfiorai con le labbra e poi la guancia la pelle. Mi dimenticai perfino chi fossi e dove mi trovassi. Lei si inginocchiò di fronte a me e mi prese la mano destra. Come un gatto,  mi leccò le dita una ad una e poi cominciò a spogliarmi. Volevo aiutarla, ma sorrise e allontanò le mie mani.
" Shh."
Quando ebbe finito, si avvicinò al mio viso e mi leccò le labbra.
" Adesso tu. Spogliami. Piano. Molto piano."
Non me lo feci ripetere due volte. Misi a quel punto in atto il mio gioco. Dopo averle baciato il collo e leccato l'incavo del seno, la spogliai lentamente, sfogliandole la pelle finché le restarono solo il nastro sul collo e le calze nere che avrei ricordato anche fra dieci anni.
" Accarezzami."- mi sussurrò all'orecchio.-" gioca con me."
Con un gesto deciso la feci sdraiare sul letto e iniziai ad accarezzare e baciare ogni centimetro della sua pelle come se volessi memorizzarlo. Chloé non aveva fretta e rispondeva al tocco delle mie mani e delle mie labbra con leggeri gemiti che provvedevano ad aumentare la mia già crescente eccitazione. Poi fu il mio turno: mi fece stendere e mi ricoprì con il suo corpo finché non sentii bruciare ogni poro. Le posai le mani sulla schiena e percorsi la linea che segnava la sua colonna vertebrale. Il suo sguardo impenetrabile osservava il mio viso da pochi centimetri di distanza. Sentivo che dovevo dirle qualcosa.
" Mi chiamo.."
" Shhhh."
Prima che potessi sparare qualche altra stupidaggine, Chloé appoggiò le sue labbra sulle mie e per un'ora mi fece scomparire dal mondo. Chloé anticipava ogni mio movimento e guidava le mie mani lungo il suo corpo senza fretta né pudore. Si lasciava toccare e assaporare come mai mi era successo in vita mia. Quella notte imparai ogni centimetro della sua pelle così come la gente imparava le preghiere. Più tardi, quando quasi non mi restava più fiato, Chloé mi lasciò appoggiare la testa sul seno e mi accarezzò i capelli durante un lungo silenzio, fino a quando mi addormentai tra le sue braccia.


" Ville? Vuoi svegliarti?"
Qualcuno continuava a muovermi la spalla. Se continuava così me l'avrebbe slogata.
" VILLE!"
Quell'urlo mi fece spalancare subito gli occhi, ma li chiusi immediatamente per via del fastidio della luce del lampadario. Comunque riuscii a distinguere la presenza di Jesse, mio fratello, accanto a me.
" Jesse dannazione! Vuoi farmi prendere un colpo?"- esclamai portandomi una mano sul petto.-" Santo cielo!"
Jesse si sedette vicino a me e continuò a guardarmi ridacchiando.
" Dove sono?"- chiesi confuso.
" In Cina. Sei stato rapito da un banda di mafiosi che vogliono strapparti le corde vocali per conservarle in un santuario. Secondo loro la tua voce serve per salvare il popolo cinese dall'apocalisse. Io sono qui per farti un ultimo saluto."
" Che cosa?!"
" Sveglia cretino! Ti sei fatto di qualche sostanza? Sei a casa di mamma e papà."
Feci finta di non ascoltarlo e mi guardai bene intorno. Come aveva detto lui ero a casa dei nostri genitori e di preciso ero in cucina seduto ad un tavolo pieno di fogli volanti. Davvero avevo sognato tutto?
" Che ore sono?"
" Le quattro del mattino."
" Quindi ho passato la notte qui?"
" Non saprei. Fin quando sono stato nei paraggi hai scritto come un assatanato, non so cosa hai fatto dopo. Immagino però che il sonno ha avuto la meglio."- rispose Jesse sorridendo. Ero ancora vestito, e in preda ad un attacco di evidente follia cercai la famosa busta da cui era partito quello strano gioco e che naturalmente non trovai da nessuna parte. Qualcosa però mi diceva di esaminare di persona quel posto e avvicinandomi a mio fratello lo presi per un braccio deciso a trascinarlo con me fuori. Sarei andato di persona all'Ensueno.
" Ehi!"
La sua protesta mi bloccò.
" Vieni con me."- gli dissi.
" Dove andiamo?"
" Non fare domande e seguimi."
" Aspetta! Non posso uscire in pigiama."


Giungemmo al famoso quartiere che avevo sognato e mi guardai intorno. Il posto era giusto tenuto in compagnia da alcune prostitute che appena ci videro iniziarono a mostrarsi per essere degnate di attenzione non solo visiva.
" Ville? Posso parlare?"
" Cosa c'è?"
" Si può sapere cosa ci facciamo in un posto del genere?"- chiese Jesse guardandosi intorno.
" Ho fatto un sogno."
" E per un sogno siamo qui?"
" Tu non capisci."
" Fratello, tu sei decisamente strano."
Proprio in quel momento una delle ragazze si avvicinò a Jesse e con uno sguardo ammaliatore disse: " ehi tesoro..hai voglia di divertirti?"
" Beh io.."
Scossi la testa cercando di non ridere vedendo la faccia imbambolata di mio fratello e prendendolo per un braccio esclamai: "Jesse! Muoviti!"
" Sarà per la prossima volta."- disse lui con gentilezza alla donna. Giungemmo davanti alla scalinata del locale sognato. La luce tremula che filtrava dal portone disegnava i gradini al nostro passaggio.
" Questo non è l'Ensueno?"- chiese Jesse al mio fianco.
" Già. Entriamo."
" Cosa? Sei impazzito? Lì dentro ci saranno dei drogati!"
" Non urlare testolina vuota."
" Ville, io capisco che vuoi sfogarti, ma devo comunicarti che qui non c'è più nessuno."
Non gli prestai ascolto e aprii la porta.
" Ville!"
Quando fui dentro tutto ciò che incontrai fu il silenzio. Non c'era la donna dai capelli bianchi, né la bambina. Non c'era davvero nessuno. Non c'era traccia nemmeno dell'arredamento antico. Il soffitto era crepato e s'intravedevano travi di legno annerito. Mi diressi verso il corridoio fino a raggiungere la stanza dove avevo incontrato Chloé. Quella stanza era una cella. Le pareti erano carbonizzate e gran parte del soffitto era crollato.
" Che significa?"- chiesi a Jesse.
" Se tu mi avessi fatto finire di parlare avresti saputo che questo posto poco dopo che i due fratelli andarono via fu inghiottito da un incendio. Ci furono quattro vittime: tre ragazze, immagino prostitute di passaggio, e un uomo di mezza età. Dicono che ci fosse anche una bambina, ma credo che questo sia impossibile. Qui non ci sono bambini."
" Già..qui non ci sono bambini."- ripetei meccanicamente pensando alla bambina.
" Quindi? Mi spieghi che vuoi fare ora?"
Proprio in quel momento sentimmo il pavimento scricchiolare alle nostre spalle. Ci voltammo di scatto, ma non vedemmo nessuno.
" Ville andiamo via. Questo posto non mi piace."- disse Jesse serio afferrando il mio braccio.
Per una volta decisi di ascoltare le parole di mio fratello e annuii.
" Torniamo a casa."
Prima di fare un solo passo vidi un biglietto sul pavimento. Mi fermai a raccoglierlo e lo lessi al bagliore debole della luna.

" Caro Ville,
la vita è fatta di grandi speranze. L'amore è uno di questi. Quando sarà pronto a trasformare le sue speranza in realtà, si metta in contatto con me. La aspetterò. Il suo amico e ammiratore

S.P."

"Cosa c'è?"- mi chiese Jesse preoccupato. Deglutii e fingendomi sereno risposi: " nulla. Su andiamo."
Gli misi un braccio intorno alle spalle e uscimmo da quel posto.
Avevo sognato tutto o vissuto per davvero quella strana vicenda? Avevo conosciuto davvero Chloé? Chi era questo S.P. che conosceva i miei spostamenti?
Grandi speranze..
L'unica cosa a cui pensai fu che dopotutto non tutta la realtà aveva sempre una spiegazione razionale e logica, e ciò che avevo vissuto in quel momento ne era un esempio.
A volte i misteri si sapeva celare anche dietro ad una semplice porta e difficilmente sarei riuscito a risolverli..



   
 
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