Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
Segui la storia  |       
Autore: hugmeciastin    28/05/2013    9 recensioni
Chi sapeva che un viaggio a Stratford avrebbe potuto rovinare la mia intera vita?
Mio fratello mi aveva avvertito di stare alla larga, ma perchè avrei dovuto ascoltarlo dopo tutto quello che mi ha fatto passare?
Chi sapeva che sarei diventata il bersaglio di un omicidio dopo il suo errore?
Lezione imparata. E' fondamentale seguire i consigli delle persone che ti amano e si preoccupano di te più di tutto. Soprattutto se sono le uniche a essere rimaste nella tua vita.
Mantenere la guardia alta, pensare in fretta e, soprattutto, mai fidarsi di qualcuno.
Non importa quanto fortemente questa persona si innamori di te.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Chloe's Point of View:
 
Rimasi senza fiato, era come se tutto il mondo stesse cadendo a pezzi davanti ai miei stessi occhi. Sapere che la persona con cui sto attualmente vivendo mi ucciderà dopo aver scoperto chi sono veramente è una cosa orribile. Le mie bugie mi stanno scavando un buco più profondo di quanto lo sia già. Una volta che Justin lo scoprirà, si incazzerà così tanto, sapendo che gli ho mentito su molte cose. Sapevo che era sbagliato tirare avanti una simile cazzata, ma volevo solo vivere il più lungo possibile. Avevo paura della morte e non ero pronta a tutto questo. Non ancora.
 
"Chiamami quando troverai la ragazza, Jay." Jett prese in giro Justin, chiamandolo con il suo soprannome. "Non possiamo aspettare per sempre." Sorrise, prendendo un pacchetto di sigarette dalla tasca. Si infilò una sigaretta in bocca e la accese con un accendino verde. Inspirò e poi soffiò tutto il fumo in faccia a Justin. Lui mostrò un'espressione di disgusto. "Sai una cosa, Jay? Sei solo un bambino. Ma ti sei visto? Potresti farla franca con qualsiasi cosa." Ridacchiò. "Sei solo un ragazzino."
"Non sono un fottuto ragazzino!" Ringhiò Justin, spingendo Jett sulla sua porta di casa e respirandogli in faccia. "Mi prenderò cura di questo affare, Jett. Tu non sai nemmeno quanto cazzo sia difficile trovare questa ragazza, Chloe!" Sputò.
Dei brividi mi percorsero la schiena mentre mi nascondevo dietro la macchina. Mi sentivo male, Justin era stato preso di mira a causa mia, dato che non riusciva a trovarmi. Era troppa pressione, nessuna persona avrebbe mai retto tutto questo. Voglio dire, mi ha trovato, ma non sa che sono Chloe. Certo, i suoi amici potevano uccidermi, pensando che sarei scappata. Justin mi conosce come Julia Gallo, ed è del tutto ignaro del fatto che Chloe Romano ha dormito sul suo divano ieri sera.
"Come vuoi, Jay." Jett ridacchiò. "Devo tornare dalla banda. Il pranzo mi sta chiamando." Inalò ancora una volta il fumo dalla sigaretta. Iniziai a sentire il mio stomaco brontolare, a causa della mancanza di cibo. Continuai ad abbassarmi dietro la macchina, non sapendo che fare o dove altro nascondermi. Jett iniziò a camminare nella direzione opposta alla vettura, mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo, mentre Justin entrò in casa stressato al massimo.
Aspettai fino a quando Jett scomparve alla fine della strada. Rapidamente, mi precipitai dalla vettura fino al portico di Justin. Spinsi la porta, ansimando il più forte possibile.Entrai in cucina vedendo Justin seduto al tavolo, tutto solo, mentre mangiava una ciambella. 
"...E tu dov'eri?" Justin mi chiese, guardando dritto verso di me. Prese un altro boccone della mia ciambella pur sapendo che io stavo morendo di fame. Continuò a mangiare tranquillamente, come se niente fosse.
"Sono andata a correre." Dissi, girando intorno a lui. Continuai a respirare duramente, con il petto che saliva e scendeva. Guardò il mio petto con un grande sorriso sul suo volto, poi continuò tranquillamente a divorare la sua ciambella fino a quando finì tutto. Poi ne prese un'altra dalla borsa marrone di Tim Horton.
"Sicuramente ti piace correre." Spinse mezza ciambella in bocca, accartocciando la busta e poi gettandola sul tavolo senza cura. Buttata lì, senza vita. Mi ricordò ciò che il mio corpo avrebbe potuto diventare se Justin dovesse venire a sapere chi ero davvero. Mi schiarii la voce per fargli capire che avevo bisogno di mangiare. Era ovvio che aveva comprato le ciambelle solo per se stesso. Stavo morendo di fame e Dio solo sapeva quanto tempo mi mancasse prima di svenire definitivamente.
"C'è qualche problema?" Mi chiese. Gli diedi un'espressione implorante. Mi sentivo come un cucciolo che elemosinava il cibo. Era la mia unica speranza. Non avevo nè soldi, nè amici qui che mi potrebbero aiutare. Vivevo semplicemente con un bastardo egoista che non voleva neanche dividere una ciambella con me. "Ah, non sapevo che dovevi mangiare. Me ne ero completamente dimenticato." Sogghignò.
"Tu hai dei problemi." Sputai. "Pensi davvero che potrei sopravvivere senza cibo? Beh, ti stai fottutamente sbagliando." Mi passai le mani tra i capelli con disgusto. La rabbia si impadronì del mio corpo. Non volevo fare la parte della bambina. Avevo solo bisogno di cibo. Nient'altro.
"Va bene, Julia. Sono andato a fare commissioni solo per me. Tu non hai pensato di andare a prendere qualcosa da mangiare quando eri fuori? Sei fortunata che almeno stai a casa mia.", disse con la bocca piena, prendendo un tovagliolo dalla busta per pulirsi la bocca.
"Sei così delirante."
"Sono delirante?" Ridacchia completamente incredula. "Guardati, Justin! Cerchi ogni occasione per portarmi a letto!" Puntai il mio dito verso di lui.
"Il mio nome è Jay!" Gridò. Le sue guance erano rosse dalla rabbia. Potrei dire che non gli piaceva essere chiamato Justin, ma non avevo intenzione di smettere.
"Come cazzo vuoi, Justin." Scossi la testa con disgusto. "Sei proprio un'idiota. Sono sempre un essere umano, ovviamente devo mangiare." Mi sedetti sulla sedia di fronte a lui e lo guardai negli occhi, cercando di convincerlo a offrirmi qualcosa da mangiare. Passò la sua mano sopra la mia gamba destra, sentii dei brividi che mi salirono su per la schiena. Diedi uno schiaffo alla sua mano. "Come farò ora a mangiare?" Chiesi.
Mi sentivo irrispettata quando ero con lui. Non aveva rispetto per me. Mi toccava nei posti sbagliati pensando che mi sarebbe andato bene. Non avevo mai incontrato un ragazzo così in tutta la mia vita. Mi trattava come se si aspettasse che fossi la sua puttana. Se si aspettava davvero questo, che io fossi in quella casa solo per soddisfare i suoi piaceri, beh, si stava sbagliando.
"Esci e vai a trovare un posto in cui mangiare. Mi sembra che tu sia brava a farlo." Mormorò, guardando il mio petto. Coprii subito la mia scollatura. Mi diede uno sguardo di disappunto, come se avessi appena rovinato il suo divertimento. Non permetterò che lui lo faccia. "Ecco." Mi gettò una mazzetta di denaro canadese. I miei occhi diventarono enormi, ero confusa. Dove aveva trovato tutto questo denaro? Aveva rapinato una banca? Erano quelle le commissioni che doveva fare? Mi chiedo come abbia fatto a farla franca. Come si può vivere in una casa senza cibo, ma avendo un sacco di soldi?
"Non ho un posto dove andare." Dichiarai innocente, mentre lo fissavo. "Sto morendo di fame e se dovessi andare in giro a cercare un posto, diventerei debole." Mi lamentai. "Se torni con il cibo, forse potremmo..." Passai la mia mano sulla sua coscia, sbattendo le ciglie seducentemente, cercando di convincerlo a portarmi a prendere qualcosa da mangiare. Forse se gli avessi parlato più dolcemente, mi avrebbe procurato il cibo. Inoltre, vorrebbe sbattermi, ma non glielo lascerò fare.
"Vai a fare un pisolino." Il suo volto si illuminò in un sorriso. "Torno con tonnellate di cibo solo per te." Afferrò le chiavi e andò dritto verso la porta, senza esitare un attimo. Mi sentii in colpa sapendo che lo stavo portando a credere che poteva scoparmi, peccato che non accadrà mai.
Mi alzai dalla sedia e andai verso il divano. Presi la coperta con la bandiera canadese e la stesi sul mio corpo. La pelle del divano era fredda rispetto alla pelle del mio corpo. Era una bella sensazione, dal momento che fuori c'era caldo. Sapevo però che alla fine la mia identità sarebbe stata scovata, ma mi limiterò ad accettare il fatto che sono stata io stessa a mettermi in questo guaio.
 
 
"Ti piacciono gli Spaghettidos?" Sentii una voce. Aprii gli occhi per vedere Justin in piedi davanti a me con una lattina di Spaghettidos. Senza ulteriori esitazioni, gli strappai la lattina di mano e rapidamente iniziai a mangiare. Non importava se era fredda o riscaldata. Avevo fame e basta. "Accidenti." Esclamò. "Ti stai comportando come se non mangiassi da una vita intera!"
Puntai la mano in aria, mostrandogli il dito medio. Continuai a bere e mangiare il più possibile, fregandomene di tutto. Non riuscivo a ricordare l'ultima volta che avevo mangiato gli spaghettidos, ma mi sentivo come una bambina. Mia madre solitamente li portava a scuola per il pranzo di mio fratello, ma poi li mangiavo sempre io. Tutti a scuola ci guardavano male, ma hanno un buon sapore freddi, a mio parere.
"Grazie mille." Dissi, asciugandomi la bocca dal sugo. Iniziai a sentire la lingua secca, così mi avvicinai a Justin. "Dove tieni i bicchieri? Ho davvero tanta sete."
"Controlla nella lavastoviglie." Rispose, così andai davanti alla lavastoviglie nera della Whirlpool e la aprii. Ritai fuori un bicchiere di vetro che era perfettamente pulito, con mia grande sorpresa. 
Mi sentivo un po' strana, dato che avevo viaggiato per tutto questo tempo e non sapevo nemmeno che giorno era. Sapevo che era giugno, ma non il giorno esatto. Era come se vivessi in un'epoca senza tempo. Potevo dire che ore erano solo la notte o il giorno. Era come se fossi stata risucchiata nello spazio.
"Che giorno è oggi?" Chiesi, aprendo il frigo per cercare un po' di acqua. Guardai Justin dall'altro lato della stanza: prese il suo iPhone 4 bianco e controllò il giorno. Questo ragazzo sembra pronto a tutto.
"Quattordici giugno." Affermò.
Il mio cuore si fermò. Lasciai cadere il bicchiere sul pavimento in stato di shock totale, sentendolo frantumarsi in terra. Sentii che mi ero tagliata un piede. Ansimai come non avevo mai fatto in vita mia. Il quattordici giugno è uno dei giorni più importanti della mia vita. Era uno dei peggiori, in realtà. Era tragico. Mi aveva cambiato la vita per sempre. Era uno di quei giorni che solitamente si vogliono dimenticare. Non solo aveva cambiato la mia vita, ma aveva cambiato anche quella di mio fratello.
 
Era l'anniversario della morte dei miei genitori.
 
"Che cazzo, Julia?" Gridò Justin, inginocchiandosi davanti a me per controllarmi il piede. Continuai a respirare a denti stretti, cercando in tutti i modi di non piangere. Niente da fare.
Le lacrime iniziarono a riempire i miei occhi e vidi tutto offuscato.
"Mi dispiace!" Urlai in preda al panico, buttandomi in ginocchio e cercando di ripulire tutto. Non potevo crederci: avevo rotto un suo bicchiere. Non volevo che si arrabbiasse con me, quindi il minimo che potevo fare era ripulire. I miei piedi sanguinavano, ma non era importante, in quel momento. I miei capelli ricadevano sul mio viso, nascondendo a Justin il mio volto bagnato dalle lacrime. Piangevo. Piangevo silenziosamente.
"Stai bene?" Chiese con gli occhi pieni di preoccupazione. "Non preoccuparti per il vetro. Ho capito. E' stato solo un incidente." Sussurrò al mio orecchio. Perchè si preoccupava? Non sapeva perchè avevo lasciato cascare il bicchiere, non sapeva cosa era successo oggi, come otto lunghi anni fa. Voleva solo dimostrare che si preoccupava, in modo da potere potarmi a letto. "Non me la bevo." Pensai.
Mi prese per un braccio e mi sollevò, fissandomi negli occhi: "Ti fa male il piede? Va tutto bene?"
"Sto bene." Sussurrai. Mi chinai e raccolsi la maggior parte del vetro in mano, cercando almeno di ripulire un po' quel disordine.
"Lascia stare. Potresti tagliarti le mani!" Disse, afferrandomi la spalla. "Smettila. Ripulirò io più tardi."
Raccolsi tutti i vetri e mi alzai in piedi, avvicinandomi al cestino. Mi guardò come se stessi facendo la cosa più assurda che avesse mai visto, il che era sorprendente. C'erano ancora piccoli pezzi di vetro sul pavimento.
"Sai, io posso vedere quando piangi." Incrociò le braccia al petto, corrugando le sopracciglia. Stava, ovviamente, cercando di darmi una mano, ma lui era l'ultima persona da cui vorrei essere aiutata. Non ero in vena in quel momento. Lui non avrebbe potuto mai capire il mio dolore. Nessuno avrebbe mai potuto capire la sofferenza che io e mio fratello abbia passato. E' solo una parte dell'essere una Romano.
"Te l'ho detto, sto bene!" Strillai, sbattendo i vetri del bicchiere dentro il cestino. La mia voce echeggiò per tutta la casa. Mi sembrava come se qualcosa mi facesse male, male da morire. Voglio dire, mi ero effettivamente fatta male al piede, ma la morta dei miei genitori.. mi stava mangiando viva.
Se fossero stati qui, in questo momento, sarei a casa, e mio fratello non sarebbe stato coinvolto in tutta questa faccenda. Sarei una normale adolescente, che non avrebbe dovuto nascondere la sua identità dagli altri, per paura di essere uccisa.
Mi avvicinai a Justin, sembrava morto negli occhi. Gli lanciai un'occhiataccia. Era come se stessimo parlando per contatto visivo. Era come se volesse darmi davvero una mano. Era come se io non volessi, però. Non mi fidavo di lui. Era un assassino. Se il Canada aveva una lista dei ricercati, lui sarebbe stato il primo.
"Bene." Mormorò profondamente, camminando verso il divano. Rimase lì seduto, accasciato, prendendo la bandiera canadese e fissandola. Volevo davvero sapere a cosa stava pensando. Il suo comportamento era davvero strano. La sua mascella era serrata. Emise un lungo sospiro, mentre io continuai a piangere silenziosamente tra me e me. Le mie guance erano calde.
Presi un tovagliolo e zoppicai verso il lavandino. Girai la manopola dell'acqua fredda e bagnai il tovagliolo. Mi chinai e iniziai a fare pressione sul taglio nel mio piede. Era un taglio abbastanza profondo, il sangue continuava a uscire. Il taglio più grande era vicino al mio alluce, premetti con il tovagliolo. Sentii dei passi.
"Lascia che ti aiuti." Disse Justin, chinandosi e prendomi il tovagliolo di mano. Lo gettò nel cestino dietro di me.
"No." mormorai, mettendomi i capelli dietro le orecchie.
"Questo non è nemmeno il modo corretto per pulire i tagli. Lascia che ti aiuti!" Esclamò.
"Vabbene!" Gridai. Farei qualsiasi cosa a questo punto pur di farlo tacere. Ero stanca di sentire la sua voce, la testa mif aceva male e volevo solo piangere, piangere e piangere ancora. Mi alzai in piedi per poi ritrovarmi tra le sue braccia. Cosa stava cercando di fare? Il medico della situazione? Mi lasciò cadere sul divano. I miei occhi erano ancora pieni di lacrime e dolore devastante. Erano passati già otto anni, già.
I miei genitori morirono quando avevo solo nove anni. Tornavo a casa da scuola quando scoprii che avevano avuto un grave incidente d'auto. Non si sa ancora come sia accaduto, rimane ancora un mistero, anche oggi. Dopo la loro morte, il mio fratello di sedici anni fu costretto a prendersi cura di me. Mi abbandonò, in un primo momento, ma ovviamente, quando uccise la fidanzata del fratello di Justin, eravamo entrambi l'obiettivo di un grosso omicidio. Entrambi avremmo dovuto nascondere le nostre identità. Non avevamo scelta. Vorrei tanto essere in California oggi, a trascorrere almeno un po' di tempo con lui. Non c'è da stupirsi che quando l'ho chiamato prima, era stanco e stressato.
"Vorrei essere a casa per mettere dei fiori sulle loro tombe." Mi asciugai le lacrime, tirando su con il naso. Guardai Justin per vedere che mi stava controllando i piedi completamente preoccupato.
"Chi?" Mi chiese, prendendo una crema disinfettante. Non avevo idea del perchè avesse iniziato questa discussione. Non ricordo di aver detto nulla per avergli fatto rispondere in quel modo.
"Di cosa stai parlando?" Chiesi, fissandolo mentre mi massaggiava il piede.
"Hai detto che vorresti mettere dei fiori sulle loro tombe." Notai solo in quel momento di aver pensato ad alta voce. Non avevo via d'uscita per questa situazione. "Di chi parlavi, Julia?"
"Non è niente. Davvero." Tirai su con il naso, chiudendo gli occhi per farli riposare per la terza volta oggi.
"Voglio saperlo. Il tuo comportamento è troppo strano. Onestamente." Disse, sporgendo il suo labbro inferiore in fuori. Le sue labbra erano rosa come sempre.
"I miei genitori, va bene? E' l'anniversario della loro morte!" Gli gridai contro, così che lui potesse smetterla con tutte quelle patetiche domande. Sono affari miei, non suoi. Non riuscivo neanche a crederci, avevo raccontato dei miei genitori a uno sconosciuto. Ma non avevo scelta, considerando anche che era colpa mia, era mia l'idea di questo stupido viaggio. Quanto ero stata sciocca a pensare una cosa del genere, a finire in casa con uno sconosciuto che riesce in ogni modo a strappare la mia anima a pezzi.
"Mi dispiace così tanto." Mi guardò profondamente negli occhi, cercando di fare il simpatico come sempre.
"Sì, certo." Dissi con sarcasmo e scuotendo la testa.
"Voglio dire, non volevo farti del male o niente. Ti capisco perfettamente." Continuò a fissarmi negli occhi e a parlarmi con quella sua voce roca e piena di preoccupazione. "Questa è l'ultima cosa al mondo che potrebbe capire." Pensai. La sua vita era composta da ragazze, ragazze, ragazze, uccisioni, omicidi, ragazze. La mia vita era composta da me, me e solo me, da quando i miei genitori sono morti. Lui non capirebbe mai, non sta male pensando alla morte di una persona.
"No, non mi capisci." Mormorai, asciungandomi le restanti lacrime dal viso.
"Davvero, ti capisco."
"Taci! Tu non capirai mai!" Urlai.
"Pensi davvero che io non capisca? I miei genitori sono morti quando avevo quindici anni, Julia!" Strillò, chiudendo gli occhi. Sentii il suo dolore, era uguale al mio.
La stanza diventò in un attimo silenziosa. Davvero mi capiva? Era una bella sensazione avere qualcosa in comune con lui, alla fin fine. Ora avevo qualcuno con cui poter piangere in un giorno come questi.
Continuò a strofinarmi la crema sui tagli. Mi sentii subito meglio rispetto a prima. Mi calmai molto, da quando avevo buttato in terra il bicchiere e da quando avevo iniziato a piangere.
Di solito non sono il tipo che grida o che si infastidisce subito.
"Ti senti meglio?" Mi chiese, allontandosi da me.
"Sì." Annuii. Mi sedetti sul divano e misi i piedi sul pavimento. Justin venne verso di me.
"I miei genitori sono stati uccisi da una banda." Mormorò nervosamente. La sua voce tremava di tristezza. "Sono stati uccisi proprio di fronte ai nostri occhi." Si leccò le labbra mentre i suoi occhi diventavano lucidi. "Uhm," fece una pausa. "Nel bel mezzo di una cena, una sera... e hanno lasciato me e mio fratello da soli, a soffrire."
La sua storia mi fece venire i brividi alla schiena. Immaginai i suoi genitori, uccisi davanti ai suoi stessi occhi. Era troppo da gestire per una cosa del genere. Forse sta cercando di vendicarsi...
"I miei genitori sono morti in un incidente stradale quando avevo nove anni." Mormorai. "Tornavo da scuola e c'erano dei poliziotti davanti a casa mia. E' ancora un mistero il motivo per cui hanno fatto l'incidente. Mi mancano così tanto." Una lacrima scese sulla mia guancia.
"Avrei davvero voglia di portarti in un posto in cui non ho mai portato nessuno prima. E' un posto in cui vado sempre da solo." Mi fissò. "So che hai grandi problemi di fiducia con me, ma non ti farò del male. Credimi. So come ti senti."
Non riuscivo a sentirmi me stessa con lui. Mi aveva sbattuto contro un muro di mattoni, voleva solo il mio corpo. Avrei davvero voluto fidarmi di lui. Ma avevo dovuto persuaderlo e tirare fuori il mio lato sexy per farlo andare a prendermi qualcosa da mangiare.
"Ma-"
"Puoi fidarti di me, va bene?" Mi interruppe. "Non ti farò del male. So come ci si sente." La sua voce era spezzata. Rilassai il mio corpo sul divano, guardandolo negli occhi. Sembrava essere sincero, almeno per una volta. Siamo due persone completamente diverse, ma abbiamo una cosa in comune che è la più importante di tutte. Non avevo mai incontrato un ragazzo con i miei stessi problemi. Forse avrei potuto fidarmi questa volta. Forse avremmo potuto parlare, senza discutere. Avrei davvero bisogno di un po' di conforto.
"Va bene," mi alzai, "verrò con te." Andai davanti alla porta d'ingresso e guardai l'orologio: erano già 18:32. Questo giorno sembrava non finire mai. Forse perchè avevo dormito tanto.
Si alzò in piedi, e venne verso di me. Mi mise una mano sulla schiena e mi portò fuori di casa.
 
 
"Dove siamo?" Chiesi, guardandomi intorno. C'era un enorme lago con delle panchine che lo circondavano. C'erano alberi con pneumatici legati con delle corde. Era un luogo che non avevo mai visto in vita mia. A Los Angeles non c'erano grandi laghi, di solito andavamo in spiaggia.
"Lago Vittoria." Justin gracchiò.
Eravamo entrambi fuori dalla sua auto. I miei piedi bruciavano, ma potevo camminare perfettamente.
Ero talmente scioccata per l'anniversario della morte dei miei genitori.
La brezza della sera soffiava tra i miei capelli. Il paesaggio era meraviglioso, lasciava senza parole. Forse Justin aveva ragione. Sembrava il posto giusto in cui venirsi a sfogare.
"Perchè non andiamo a sederci su quella panchina?" Indicò la manchina marrone scuro sotto un enorme albero. Il sole diventava sempre più arancione.
"E' così bello qui." Mormorai, sedendomi. Era strano. Ero in un posto totalmente romantico con.. un ragazzo con cui non mi sarei mai immagnata di essere. Era strano come lui si stesse comportando con me. In realtà, ero abbastanza felice.
"Ho iniziato a venire qui dopo la morte dei miei genitori." Si sedette gentilmente accanto a me. "Ho sempre pensato che qui potessi cancellare i miei problemi e tutte le preoccupazioni. Un posto in cui nessuno mi può trovare. Qui riesco a stare solo." Guardò verso di me. La sua espressione era strana, come se volesse dire 'mi importa, mi importa davvero'. Era una cosa strana da parte sua, da parte di uno come lui. La stessa persona che si è dimenticata di comprarmi da mangiare.
Le mie labbra tremarono dal dolore. Mi mancava mia madre, così come mio padre. Nonostante facessi del mio meglio per non pensarci, la loro morte mi aveva segnata a vita. E aveva colpito mio fratello. Avevo tanta paura per lui, per noi, per il nostro futuro. Sapevo che mio fratello aveva intenzione di prendersi cura di me. Sapevo che quello di essere coinvolto con persone sbagliate sarebbe stato uno sbaglio enorme. La morta dei miei genitori è il motivo per cui sono così sotto pressione, in primo luogo.
Improvvisamente, sentii una mano intorno alla mia spalla. Era Justin. Portò il suo corpo vicino al mio, il suo viso mostrava un espressione di grande interessamento. Anche se non provavo nessun sentimento per lui, provai un certo strano conforto. In particolare, nella situazione in cui mi trovo ora. Non ero neanche con mio fratello a riflettere sulla loro morte. Quale altra scelta avevo? Potrei lasciare stare, e rimanere sola.
"Ehi, non piangere." Mormorò. "Non è colpa tua." Dichiarò cautamente.
"Non capisco." Tirai su con il naso. "Perchè stai facendo questo?" Chi avrebbe mai immaginato che il ragazzo seduto vicino a me cercasse di aiutarmi a smettere di piangere? Lui era, se non altro, una delle cause delle mie lacrime.
"Sto facendo cosa?" Mi chiese, leccandosi le labbra. Il suo calore corporeo entrò in contrasto con il mio. Era così.. così gentile. Era sorprendente.
"Mi conforti, mi aiuti." Mormorai contro il suo petto. Stava portando il mio corpo così vicino al suo. Perchè dovrebbe preoccuparsi del mio passato? Perchè tra tutte le persone è proprio lui a confortarmi?
"Perchè so come si ci sente e vorrei che qualcuno facesse la stessa cosa con me." Mormorò guardandomi.
"J-Justin cosa stai facendo?" Chiesi, annusando il suo odore attraverso la camicia.
"Nessuno mi ha mai dato conforto prima d'ora. Sto solo trattando gli altri come mi piacerebbe essere trattato." Mi abbracciò, facendomi quasi soffocare. Era come se aspettasse quell'abbraccio da tantissimo tempo.
Rapidamente, spinsi il suo corpo lontano da me. Non riuscivo a respirare. Doveva allontanarsi.
"Sei lo stesso tizio che qualche giorno fa mi ha sbattuto contro il muro nel vicolo e che ha giurato mi avrebbe scopata se ne avesse avuta la possibilità? E ora, tutt'un tratto, vuoi consolarmi?" Urlai.
Ci guardammo ansimando. Perchè un perfetto sconosciuto dovrebbe aiutarmi, abbracciarmi, lasciarmi dormire a casa sua e consolarmi, se poi non vuole altro in cambio? Ero stanca di essere usata da altra persone.
"Questo è grave, Julia. So come ti senti. Perchè dovrei prenderti in giro o non aiutarti sapendo che oggi è l'anniversario della morte dei tuoi genitori? Cazzo." Scosse la testa. "Pensi che io sia immaturo?"
"Sì." Abbassai la testa. Gli angoli della sue labbra si piegarono in un ghigno. Mi girai verso di lui per vedere quella fottuta smorfia diffusa per tutto il viso.
"Posso dire una cosa senza che tu sia così stronza? Non ho neanche voglia di farti del male. Non sono venuto qui per litigare con te. Non ho idea di chi tu sia. So solo che i genitori di entrambi sono morti."
Peccato che tutto ciò che gli dico a questo punto potrebbe essere una bugia, o poca verità. Povero ragazzo, non si rende neanche conto.
Non dovrebbero essere affari tuoi." Dissi sottovoce.
Le nostre facce iniziarono a scurirsi a causa del tramonto. Non c'era nessuno là fuori, tranne noi. Sentii dei brividi salirmi su per la schiena, ero sola con un serial killer. Non volevo più stare con lui. Un giorno, prima  che lui lo sappia, fuggirò via da qui. Scapperò e tornerò da mio fratello.
"Non dovrebbe importarti."
"Sei così fottutamente maleducata. Non posso dirti niente senza che tu incazzi subito!" Gridò. "Datti una regolata!"
"Non è colpa mia se devo sempre mantenere la guardia." Deglutii. "Tu desideri ogni secondo di entrare nei miei pantaloni. Non voglio che tu ti approfitti di me!" Gli urlai in faccia, sentendo le mie guance sempre più calde. Mi sentivo un nodo alla gola, mi veniva da piangere. Volevo andare via. Volevo tornare a casa. Mio fratello mi conosceva, sapeva che ero una ragazza innocente, e se avesse saputo che ero qui.. Non me lo avrebbe mai perdonato. Ma cosa avrei dovuto fare per dimostrare a mio fratello di potersi fidare di me, se mi avesse scoperto?
"Mi dispiace." Mormorò, prendendo la sua testa tra le mani.
"Mi mancano davvero tanto i miei genitori. Vorrei tanto che le cose fossero come lo erano una volta." Una lacrima scese dal mio occhio, ma la asciugai subito, in modo da non farla vedere a Justin. Niente era lo stesso senza i miei genitori. Se solo sapessero quello che sto attraversando in questo momento.
Justin si alzò e mi fece cenno di seguirlo. Lo feci, mi avvicinai a lui. Improvvisamente mi cinse la vita con il suo braccio e mi avvicinò a lui. Non mi opposi.  Per quanto potesse sembrare folle, avevo bisogno di un po' di conforto. Era strano come Justin riusciva a farmi entrare una sensazione piena di calore nel mio cuore. 
"Quanto ha cambiato la tua vita la morte dei tuoi genitori?" Chiese, avvicinando il mio corpo sempre più vicino al suo. 
"Tanto, troppo. E inoltre, ora non sarei qui con te, probabilmente." Dissi, fissandolo. Guardando oltre la sua spalla, potevo vedere il sole che tramontava. Il paesaggio era così bello.
"Perchè?" chiese, avvicinandosi sempre di più a me. Avrei dovuto raccontargli tutto di me? Voglio dire, non volevo più dire nessuna bugia. Il minimo che potevo fare era dargli un suggerimento.
"Mio fratello. Per farla breve, non lo sopporto. Ho viaggiato per tutto il continente per fuggire da lui."
"Vorrei poter fare lo stesso con mio fratello." Disse. Questa conversazione sembrava interessante.
"Dov'è tuo fratello?" Chiesi.
"E' alla ricerca di una ragazza."
Ci siamo. Era qui dove volevo arrivare. Il mio corpo iniziò a tremare. Sapevo che suo fratello mi stava cercando. Sapevo che tutta la banda mi odiava. Avevano sempre chiesto a Justin se aveva trovato Chloe Romano, non sapendo però che era seduta nel suo salotto. Quando Justin scoprirà che Chloe Romano ha vissuto con lui per molto tempo, sarà la fine. 
"Gli piace quella ragazza? E' per questo che la sta cercando?" Chiesi, cercando di essere il meno sospetta possibile.
"No, lui vuole quella ragazza morta." Serrò la mascella, quasi come se fosse arrabbiato.
"Come si chiama?"
Mi sentivo come una spia in missione segreta. Volevo sapere tutto di questo caso, volevo sapere il perchè aveva avuto l'incarico di uccidermi. 
"Chloe Romano. Apparentemente, il fratello di questa ragazza ha ucciso la ragazza di mio fratello. Così, vuole vendetta." Fissò dritto, ignorando completamente il fatto che stessi in piedi accanto a lui.
Sembrava ancora più incazzato. Forse perchè a causa di questa ragazza era preso di mira da tutti i membri della banda. Beh, lui mi aveva trovato.. Ma non aveva idea della ragazza con cui aveva a che fare. Questa era la parte più triste di tutte.
"V-voglio dire, sono abbastanza sicura che sia innocente." Balbettai, abbassando la testa per la verdogna. Iniziai a mordermi l'interno della guancia, una delle mie peggiori abitudini.
"La conosci?" Chiese. "-voglio dire, dal momento che siete tutte e due della California.."
"Non ho mai sentito parlare di lei in vita mia, ma non penso che dovrebbe essere uccisa per gli errori di suo fratello." Affermai in difesa di quella ragazza, ovvero me.
"Sai una cosa, Julia? Ci ho pensato molto e..." si bloccò.
Smise di camminare e anche io feci lo stesso. Entrambi avevamo lo sguardo puntato verso il cielo.
"Cosa?" Chiesi, mentre lo fissavo in attesa di una risposta.
"La morte di mio padre mi ha trasformato in una persona che non conosco nemmeno." Chiuse gli occhi, aveva un'espressione piena di dolore. Intorno a noi era tutto buio. C'eravamo solo io e lui.
Mi spaventava tutto questo. Aveva capito chi ero? Voleva uccidermi?
"Che vuoi dire?"
Si mise le mani in tasca, emettendo un profondo sospito, poi mi guardò dritta negli occhi.
Il suo petto si alzava e si abbassava.
"Lasciami solo dire che sono costretto a danneggiare gli innocenti e a fare amicizia con i colpevoli."






Forse Justin ha capito tutto, o forse filerà tutto liscio. Chi lo sa? 
Al prossimo capitolo, dolcezze.

 
  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber / Vai alla pagina dell'autore: hugmeciastin