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Autore: taylorslove    28/05/2013    0 recensioni
Io odio Londra.
Non mi è mai piaciuta, e sono sicura che non mi piacerà mai.
Eppure sono costretta a trasferirmi lì, con mio fratello, per studiare ed avere "un futuro promettente".
A Melbourne stavo così bene.
Non c'era niente che non andava con l'Australia, tralasciando il fatto che qualsiasi cosa o animale cerca di ucciderti.
Voglio solo tornare a casa. Non ho nessuno qui, o forse non è così.
Genere: Drammatico, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon, Lime | Avvertimenti: Threesome, Triangolo, Violenza
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Una volta chiusa la cerniera della valigia mi resi conto di cosa stava succedendo. 

Stava cambiando tutto così in fretta. 

Londra.

La città amata da tutti, il sogno delle adolescenti.

Stavo partendo per andare lì, e ancora non sapevo perchè stessi facendo tutto ciò. 

Mi sembrò ridicolo.

Io, da sedicenne, odio Londra, e sono sicura che non mi piacerà mai.

Ma, per mia sfortuna, mio padre ritiene che il sistema scolastico sia migliore lì rispetto a quello australiano. Ovvio, lui è andato lì, come mamma: dove si sono incontrati.

Crede che sia un ottimo posto dove finire le superiori e riuscire ad entrare in un' università prestigiosa, magari Oxford o Cambridge.

Beh, la verità è che non voglio andarci. In questo momento, vorrei solo sdraiarmi a letto e dormire.

 

Sentii una mano poggiarsi sulla mia spalla, ma non avevo neanche la forza o voglia di muovermi, ero distrutta.

-Muoviti, tra due ore parte l'aereo e non siamo neanche all'aeroporto. – riconobbi subito la voce: mio fratello, Aaron. Anche lui doveva venire ed era più eccitato di me. 

Tralasciando il fatto che lui veniva per "sorvegliarmi", che in verità fece solo per stare alla larga da mio padre e, che ha ventitré anni, è abbastanza normale che sia euforico di andare a Londra, dall'altra parte del mondo.

-Arrivo- bisbigliai goffamente mentre misi le ultime cose nella borsa che mi sarei portata a mano.

     

                                                           ***

 

Arrivati all' aeroporto già volevo tornare indietro, la nostalgia si impadronì di me e iniziai a preoccuparmi.

Mi feci aiutare da mio fratello a tirare giù le uniche due valigie che avevo preparato, lasciando gran parte delle mie cose lì. 

Successivamente, lui prese la sua e la poggiò a terra con nonchalance. Tirò su le braccia per chiudere il cofano e si girò verso di me facendo una smorfia. Era davvero un bambino. 

Gli ricambiai la smorfia in modo più acido e mi girai meschinamente, facendo rimbalzare la mia coda da un lato e dall'altro.

-Non sarai ancora arrabbiata per papà?- disse lui raggiungendomi.

Non  ero arrabbiata, ero furiosa. Ci manda in Inghilterra, ci compra un appartamento lussuoso di cui non me ne frega niente, e poi non si prende la briga di venire a salutarci prima di partire.

Decisi di non dirglielo, mi avrebbe solo preso in giro, o, nel migliore dei casi, non avrebbe potuto farci niente.

-No. È tutto okay.- fu tutto quello che dissi. Stemmo in silenzio per un po', a parte quando fecimo il check-in. 

Ci sedemmo al terminal 7 su delle seggiole di plastica, tipiche dell'aeroporto. Mancavano circa un quarto d'ora all'imbarco.

Dato che il volo sarebbe durato ventuno ore piene, non volevo rimanere annoiata, perciò mi alzai e mi diressi verso il Duty Free.

Non avendo molto tempo, presi i primi giornali che capitarono, dell'acqua e del cioccolato.

Mentre mi dirigevo alla cassa sentii l'altoparlante

*Il volo numero 180 per Londra sta imbarcando*

Mi feci prendere dal panico, non riuscii a farne a meno.

Posai tutto velocemente sul bancone per riuscire ad andare il prima possibile. Fortunatamente, il commesso, "Caesar" (a quanto diceva il cartellino sulla sua camicia) non era la solita 'lumaca' che ci si ritrova ad una cassa, e fece tutto abbastanza veloce.

Corsi fuori e vidi Aaron rannicchiato con gli occhi chiusi e la bocca spalancata: si era addormentato, e, intanto, la fila per imbarcarsi era aumentata.

Mi avvicinai e iniziai a scuotergli le spalle come tentativo di svegliarlo.

Si svegliò di colpo e mi tirò un'occhiata fulminante. Con ancora gli occhi assonnati posò lo sguardo perso sulla fila e poi su di me, e di nuovo sulla fila. Fece una smorfia e balbettò qualcosa di incomprensibile. Solo lui poteva addormentarsi profondamente nel giro di dieci minuti.

Ci infilammo nella fila, una fila che sembrò durare ore. 

Ma cosa stavo facendo?

Stavo andando in uno dei posti più odiati da me. A vivere.

Stavo lasciando tutto. 

Tutto. 

Per un secondo, ebbi paura di rimanere sola per tutta la mia permanenza lì. Non sono molto brava a fare amicizie.

Le ragazzine di solito mi snobbavano perchè mio padre è ricco e avevo più possibilità economiche di loro, anzi, mi odiavano.

E poi.. con i ragazzi.. beh, sono piaciuta ad un paio di ragazzi, ma non ho mai avuto un'esperienza. Non ho mai avuto il primo bacio, la prima relazione seria. Niente. 

Voglio cambiare tutto ciò, ma non so come, non so quando.

Ho solo paura. Paura della vita che mi aspetta.

  
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