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Autore: Giallo4ver    28/05/2013    2 recensioni
"Caro lettore, ricordi la storia della fondazione di Roma?
Il pastore Faustolo, la lupa, i gemelli…ebbene, ovviamente le antiche leggende prendono sempre le mosse da qualcosa di reale, ed il nome del pastore, Faustolo, non è affatto casuale.
Ma basta con le introduzioni, torniamo indietro di qualche era, a quello che noi abbiamo indicato come l’anno 573 a.C."
Genere: Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Antica Roma, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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d Erano tre giorni che Faustolo aveva portato con sé i due gemelli; sfortunatamente, erano tre giorni che la lupa, che li aveva assurdamente nutriti per chissà quanto tempo, si aggirava per casa sua come un’ombra assassina.
Sì, la dannata lupa viveva da qualche giorno in casa sua, e non c'era verso di sbarazzarsene.

- Questa bestiaccia perde pelo ovunque, perché non la cacciamo fuori, eh?!- sbraitò isterico Viminale, non appena vide l’animale serpeggiare in cucina, rubargli la colazione ed andare ad accucciarsi vicino alla piccola culla dei bambini.
- Perché no, dai Viminale, guardala…- fece Palatino, pazientemente, indicando l’animale che giocava con i bambini come se fossero stati suoi cuccioli.-…è come una madre, per loro.- spiegò, bevendo un po’ d’acqua per sciacquarsi la bocca ancora impastata di sonno.
- Ah, certo…- borbottò il fratello.- …tanto non sei tu quello a cui ruba la colazione.-
- E non sei tu quello che si becca i vestiti pieni di pelo!- sbottò d’improvviso Celio, entrando in cucina.- La tua dannata cagna rognosa dorme sopra ad i miei vestiti!- lo informò, guardandolo torvo, mentre la lupa gli ringhiava dietro.
- Si chiama Acca Larenzia*  e…- cominciò Palatino, ma venne bruscamente interrotto da Campidoglio.
- Ah! E così ha pure un nome…un nome le hai dato, a quella belva selvatica!- tuonò il secondo dei sette fratelli.- Che Arcidemone degli Inferi ti salta in testa, a te?! I lupi stanno nelle selve, gli uomini nelle case, ergo…che diavolo ci fa un lupo in casa mia?! Mi prendi per il culo dandogli un nome?! Mi sono sparite due galline ieri! E la tua cagnaccia ne sputa ancora le piume!- continuò alterato, ma prima che Faustolo potesse rispondergli, la lupa si fiondò tra i due fratelli, puntò le zampe, tirò fuori gli artigli, sguainò i denti e si mise a ringhiare ferocemente contro Campidoglio, drizzando il pelo nero e folto.
- Ehi, sta’ buona…- intervenne Palatino, chinandosi su di lei ed accarezzandola.- …sta’ buona.- ripeté.
La lupa parve tranquillizzarsi, si leccò il muso, rimise a posto gli artigli e, come se fosse stata stizzita, si voltò e tornò dai bambini.
- Mah…- sibilò incredulo Campidoglio.- Io è meglio che vado a lavarmi ed esco a lavorare.- borbottò, mentre gli altri due annuivano.

Durante il pomeriggio, Palatino era rimasto solo a casa, con i due bambini.
I sei fratelli facevano a turno per badare ai piccoli, ed ora era toccato a lui.
Con lui c’era Larenzia, che accucciata in un angolo, seguiva ogni suo movimento con occhi vispi e attenti.
La presenza dell’animale non gli dava fastidio, Larenzia non gli faceva nulla di eccessivamente fastidioso.
Faustolo la fissò negli occhi.
- Non ti stanno simpatici i miei fratelli, eh?- sghignazzò, e gli parve che gli occhi dell’animale sorridessero complici.- Be’, cerca di limitare i dispetti, non voglio fare tutto quel chiasso ogni mattina, d’accordo?- disse, poggiando un bacio sulla fronte di Clelia, che non perse occasione e gli agguantò il naso, mentre Tiberio iniziò a tirargli schiaffetti su una guancia.
Palatino si divincolò un po’ bruscamente, non era abituato ai bambini.
Clelia non si scompose più di tanto, guardandolo interrogativamente e protendendo le manine verso il suo volto, mente Tiberio ritrasse subito le piccole braccia verso di sé, come per proteggersi, gli divennero lucidi gli occhietti e il suo labbro superiore tremò leggermente, poco dopo scoppiò in lacrime, quasi si fosse risentito del trattamento riservatogli dal fratello maggiore.
- Ah, non piangere, Tiberio.- cercò di consolarlo il fratello, provò a baciarlo, ma il piccolo iniziò a dimenarsi e a piangere con più insistenza.- Scusami piccoletto, dai…non fare così…- piagnucolò Palatino, disperato.
A quel punto la lupa si alzò dal suo cantuccio e gli si avvicinò, era abbastanza grande da arrivare all’altezza del pastore, che era seduto su una specie di sgabello e teneva i piccoli più o meno poggiati sulle gambe.
L’animale accostò il muso a Tiberio, che si quietò non appena le sue manine iniziarono a giocare con il pelo di Larenzia.
Clelia si sporse verso la lupa, iniziando a sua volta ad intrecciare le piccole mani nel pelo lucido e nero, ridendo divertita.
- Ah, allora è per questo che non fate altro che tirare capelli e qualunque altra cosa vi capiti a tiro, eh…- comprese Faustolo, ridacchiando.
Provò ad alzarsi e a metterli nella culla, per farli addormentare, ma i due iniziarono a strepitare non appena si videro lontani da Larenzia.
Palatino capì allora che i bambini si rilassavano carezzandole il pelo, così prese un suo vecchio indumento di lana, lo stese a terra e ci mise i bambini sopra.
La lupa si accovacciò di fianco a loro, ed i piccoli, utilizzando il suo ventre come fosse stato un cuscino, si addormentarono velocemente.
Faustolo sorrise tra sé, sedendosi a gambe incrociate vicino Larenzia, che poggiò la testa sulle sue cosce, lui iniziò a carezzarle la testa e a grattarle dietro le orecchie.
Alla fine si addormentarono tutti e quattro.

I sei colli tornarono a casa poco prima del tramonto.
Campidoglio intimò agli altri di fare silenzio ed indicò con l’indice un angolo della cucina- sala da pranzo.
Si radunarono tutti e sei, compatti e silenziosi, davanti a quella specie di strano quadretto familiare assopito.
- Madre…- fece Esquilino, additando la lupa.-…padre…- additò Faustolo.-…e figli.- indicò i due bambini.
- Shh!- sibilò Viminale.- Se quelle due pesti si svegliano, chi le fa addormentare più!- si lamentò, riferito ai bambini.
- Già…- annuì Celio, sudando freddo.
Di norma era a lui che scaricavano sempre mansioni di quel tipo.
“Somigli ad una donna ed i bambini con te piangono di meno.” dicevano sempre i suoi fratelli quando lui si lamentava di essere quello che più di tutti era costretto a stare con i due marmocchi.
- Tutti a dormire, tanto abbiamo mangiato prima.- sussurrò Campidoglio, indicando la camera da letto che condividevano tutti e sette, si diressero lì cercando di ovattare i passi.
- La strana coppia che scoppia…- sghignazzò tra sé Quirinale, scompigliando i capelli del fratello addormentato, che per quella notte rimase a riposare in cucina.  

Angolo autrice:
*Acca Larenzia: c'è un bell'articolo illuminante su Wikipedia, vi prego, non mi va di copia-incollarlo, se siete interessati/e a comprendere il collegamento, scrivete su Wikipedia "Acca Larenzia", e vi sarà tutto chiaro.
Grazie.
(Anche perché è un po' lunghetto da postare qui...)

Comunque, grazie per aver letto anche questo capitolo, spero che vi sia piaciuto.
Ringrazio coloro che hanno messo la storia tra le seguite, ed un ulteriore ringraziamento a quanti hanno commentato e (spero) commenteranno.
Alla prossima.
Giallo4ver.
  
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