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Autore: Davide95    29/05/2013    2 recensioni
'Ma a forza di amarla, una persona, non si consuma? O sei tu a consumarti?'
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo due

 

 

Zoe aveva chiamato Charlie ventitré volte, e dopo la ventiquattresima chiamata aveva capito che la sua migliore amica aveva solamente bisogno di stare da sola. Charlie era così, quando si arrabbiava avrebbe potuto mozzare la testa a chiunque, poi passavano quei cinque minuti e lei si tranquillizzava, sorrideva e diceva che era tutto a posto, 'devo solo capire che le cose non sono sempre così gravi come mi sembrano' diceva sempre. Ma Zoe era preoccupata, perchè lei la mattina si era ritrovata distesa a terra, da sola, nel giardino di Matt, con cui si era parecchio amica perchè usciva spesso con la sua compagnia ma sapeva che Charlie non l'avrebbe mai lasciata da sola, per di più ubriaca per un'intera notte, doveva essere davvero arrabbiata. I suoi ricordi erano leggermente offuscati, ma ricordava bene le parole e il modo con cui si era rivolta all'amica, e si era resa conto anche, sotto la doccia la mattina, che le pensava davvero quelle cose, e da un certo punto di vista, si era ritrovata anche sollevata per aver detto alla sua amica ciò che pensava, ma si mangiava le mani se ripensava a come glielo aveva detto.
E poi le venne in mente cosa fare, cercò velocemente in camera sua, tra i vestiti sparsi a terra e i cd senza contenitore sul letto il cellulare, trovatolo, chiamò Sean.
“Pronto?”
Zoe aveva sempre avuto un debole per il fratello di Charlie, arrossiva se lo vedeva a petto nudo per casa e si vestiva sempre bene quando andava a casa loro, il fatto poi che loro due abitassero da soli, la metteva a disagio a volte. Altre volte, la portavano a fare pensieri sconci su quel pezzo di ragazzo.
“Ciao, son Zoe, l'amica di tua sorella, hai presente quella mora? Abbastanza alta? Dai Zoe Evan!”
Altre volte, come quella, iniziava a parlare senza riuscire a bloccarsi, lei odiava i silenzi.
“Si Zoe, so chi sei.” Sean si mise a ridere, aveva sempre pensato che quella ragazza fosse un tantino strana e logorroica.
“C'è Charlie?” chiese Zoe, osservando la sua immagine riflessa allo specchio; le sue guance si stavano colorando di un rosso acceso.
“A dire il vero Charlie sta dormendo, o almeno, credo stia dormendo. Questa notte..non ha dormito bene.” la voce di Sean si era fatta d'un tratto più bassa, quasi cupa. Zoe ad un certo punto pensò che Charlie gli avesse raccontato cosa fosse successo e si vergognò così tanto che le venne da piangere, ma poi ripensò alla sua amica, e le parve davvero
impossibile che si fosse aperta tanto con il fratello.
“Oh, beh.. Puoi chiederle di chiamarmi dopo? O passare da me. Anzi, passo io più tardi, va bene? Cioè se non disturbo.”
La mora dovette mordersi il labbro inferiore per stare zitta, altrimenti le sarebbe potuto sfuggire che quella volta, il mese prima, della festa al Vickie, lei voleva davvero baciarlo e questo non sarebbe stato conveniente.
“Va bene Zoe, passa quando vuoi!”
La mente della ragazza iniziò a vagare tra le nuvole, immaginando inviti strani dietro quella frase, proposte che non c'erano affatto.
Zoe presa da non si sa cosa, riattaccò senza salutare e si lasciò cadere sul letto a peso morto, dandosi poco dopo della stupida, infantile, cogliona e rincoglionita.

 

Harry quella mattina si era svegliato con due occhi azzurri impressi nella mente; ci aveva messo circa un'ora e mezza a ricordare a chi appartenessero, un'ora e mezza e circa una quindicina di disegni. Harry amava disegnare, era la cosa che forse lo aiutava a sfogarsi di più, e quella mattina, tormentato da quegli occhi, non aveva potuto far altro che disegnarli una, due, tre, quattro volte. Forse per la prima volta, non si era sentito soddisfatto dei suoi lavori nemmeno dopo la quindicesima volta che disegnò lo stesso soggetto. Sarà che l'immagine di quegli occhi sembrava quasi una fotografia, ma i suoi disegni proprio non assomigliavano a quello che aveva in testa; l'azzurro era troppo poco azzurro, gli occhi erano troppo poco espressivi sulla carta. Poi pensò che forse il ricordo di quegli occhi l'aveva troppo idealizzato, ed allora tentò di accontentarsi di quei quindici disegni sulla sua scrivania. Era da tanto che non disegnava, forse qualche mese, forse addirittura un anno. E non riusciva a spiegarsi il perchè; sua madre invece l'aveva capito, ma se ne stava zitta, a piangere e non lo aiutava. Harry per tutto quel tempo in cui non aveva disegnato era semplicemente rimasto indifferente ed impassibile a tutto; niente lo stimolava, nulla lo colpiva o stupiva, lui si era ritrovato a vivere per noia, non un motivo per svegliarsi la mattina, non un motivo alla sera per sperare di aprire nuovamente gli occhi il giorno dopo. Lui c'era fisicamente, ma mentalmente si era ricoperto da un velo che lo proteggeva dall'esterno. Lui in realtà, nessuno lo sapeva, non veniva a contatto direttamente con la realtà; c'era questo velo attraverso cui passavano le cose, le parole, tutto e questo velo decideva cosa far vedere ad Harry. Si era convinto che in realtà aveva lasciato la sua ragazza mesi prima perchè non l'amava più e non perchè l'aveva vista mentre scopava con un altro, cosa che in realtà era successo; il velo glielo aveva fatto vedere, ma non glielo aveva fatto capire. La stessa cosa era successa quando era stato bocciato; lui lo sapeva, ma non lo capiva. Da attivo era diventato passivo all'interno della sua stessa vita, da soggetto era diventato oggetto.
Mentre faceva colazione ed intingeva i biscotti nel latte se l'era ricordata, la proprietaria di quegli occhi; ad un certo punto, si era dato anche del rammollito per i pensieri che stava facendo, ma poi pensò che non c'era niente di male dopotutto. E sua mamma l'aveva capito che qualcosa era cambiato, perchè quella mattina Harry sorrideva mentre lavava le scodelle e l'aveva salutata, cosa che non faceva da tempo, con un bacio sulla guancia e Adrianne, si aveva sorriso anche lei, e si sentì come se avesse un peso in meno all'altezza del petto.
Harry si risvegliò dal trans della domenica mattina con un caffè e con lo squillo fastidioso del suo cellulare al piano di sopra, dovette correre per le scale per rispondere in tempo.
“Mi sembra strano chiamarti di domenica mattina per chiederti di uscire con i soliti come una volta.”
La voce di Matt gli sollevò ancora di più l'umore, si mise a ridere infatti, quasi sospirando dal sollievo.
“Va bene Matt, dove ci vediamo? Al solito posto?”
E per un attimo, entrambi, si dimenticarono che in realtà erano passati tre anni dall'ultima volta che erano usciti una domenica mattina tutti assieme, senza pensieri; solo per un attimo certo, perchè poi Harry venne ricatapultato nella cruda realtà. In realtà, non erano più tutti.
“Si Harry, al solito posto.”
E la voce del suo amico, così sicura e determinata lo fece stare meglio, si sentì abbracciato, al sicuro.
La verità è che gli mancavano, gli mancavano i suoi amici, la piazza, le pizze insieme, gli spritz, le feste, gli mancavano le ragazze, le domeniche mattine e i sabato sera, gli mancava essere un ragazzo normale, irresponsabile, che torna ubriaco la sera perchè vuole divertirsi, gli mancava essere rimproverato per le troppe ragazze a casa, per l'odore da fumo, per i troppi soldi spesi. Gli mancava essere una persona normale, non voleva essere più commiserato e chiamato 'quello che ha perso'.
Aveva perso, si aveva perso tanto, troppo, ma aveva perso anche tanto tempo fa ed era ora di sorridere, di tornare tardi la sera e di non aver voglia di andare a scuola.
Voleva essere solo Harry, e non il povero Harry.

 

Matt lo stava aspettando all'angolo, il loro posto di ritrovo da sempre. L'unica cosa che cambiava, pensò, era che se n'era andata una persona e se n'era aggiunta un'altra. Aveva avvertito Sean di Harry, gli aveva raccontato della perdita di Harry, gli aveva detto che lui e la sua famiglia se n'erano andati per un po' per riprendersi, per cercare di riprendere a respirare di nuovo, anche se nessuno aveva capito come avevano fatto a tornare lì e perchè. Nonostante ciò, lui non poteva essere più contento di così; Harry gli era mancato così tanto che se solo ci pensava, si sentiva male. Matt non lo sapeva, ma Sean aveva paura; Sean sapeva cosa significava avere una sorella, il solo pensiero di perdere Charlie non lo aveva fatto fare colazione la mattina, lo stomaco gli si era chiuso. Avevano preferito non invitare Charlie e Zoe, preferivano fare un'uscita solo ragazzi, per conoscersi, per conoscersi meglio, perchè Sean conosceva già Harry, attraverso i racconti di Matt. E Sean aveva paura, di dire qualcosa di troppo o semplicemente di dire qualcosa di inappropriato oppure di nominare sua sorella senza cattiveria, oppure di risultare una sorta di 'chiodo scaccia chiodo, soprattutto di questo; Sean aveva paura di risultare il rimpiazzo di turno, una se n'era andata, ed era arrivato lui a marcare la sua assenza. Ma Matt lo aveva rassicurato, Harry non era così, Harry doveva solo riprendere la rotta che aveva perso, e poi sarebbe tornato quello di una volta, Harry era simpatico, dolce, dannatamente socievole, tanto che era amico di tutti, prima. Dopo,tutti lo temevano, o meglio non temevano lui, ma le sue reazioni, o forse semplicemente di loro stessi. Ma Harry se aveva un problema te lo diceva, se si incazzava ti prendeva a pugni, era aperto, talvolta sfacciato e piaceva alle ragazze, diavolo se piaceva. E Matt si chiedeva quando sarebbe tornato così. Normale.

Sean lo vide in lontananza, i capelli ribelli, ricci o meglio mossi dal vento, mori, gli occhi chiari che spiccavano anche da lontano e la camminata a tratti sicura, a tratti incerta. Era alto, forse più di lui, e faceva palestra, si. Ma non era esageratamente pompato, semplicemente si vedeva che aveva dei bei muscoli sotto il giaccone.
“Sono Sean.” disse piano, quasi con timore.
“Harry.”
Il sorriso del moro lo rassicurò e gli fece pensare che sarebbero andati davvero d'accordo, e Matt sorrise felice quando anche Fred e gli altri lo accolsero come una volta, come se fossero amici da sempre, come se Harry non se ne fosse mai andato davvero.
“Sean si è trasferito qui poco dopo che te ne sei andato tu.” spiegarono i ragazzi, mentre tutti si incamminavano verso la piazza.
“E come ti trovi?” chiese cordiale il riccio.
“Oh bene, mi sono integrato subito, anche grazie a loro.”
“E poi ha una sorella davvero bonazza.”
L'aria si tese tutto ad un tratto, tutti si guardarono per un millesimo di secondo, Fred si morse le labbra come per maledirsi da solo, anche se tutti in realtà lo stavano mandando al diavolo, solo Sean ebbe il coraggio di guardare Harry negli occhi; vi scorse un velo di malinconia, ma poi lo vide sorridergli.
Harry rise, rise davvero, lasciò uscire l'aria dai polmoni come se non l'avesse fatto da settimane e non si trattò di una risata nervosa, ma di una risata vera, sincera. E tutti sorrisero, perchè forse si stava tornando.
“Lo dicevate anche di mia sorella, ragazzi.” sorrise Harry, rassicurando tutti con un'espressione felice.
“E tu come Sean ti arrabbiavi.” disse Matt, tirando una pacca ai due interessati.
Sean sapeva che Charlie fosse bella, proprio per questo era restio quando lei da poco maggiorenne lo avvertiva che andava ad una festa o che tornava tardi o che magari non tornava affatto, e lui si arrabbiava perchè si era maggiorenne ma era la sua piccola ed innocente Charlie. E sapeva che l'unica cosa che non era affatto era proprio innocente visto che circolavano certe storie su di lei; ma aveva capito che ormai era grande quando, tornato a casa prima del previsto dall'allenamento, l'aveva trovata in giro in intimo per casa che stava frugando tra i cassetti.
'Cosa stai facendo?' le aveva chiesto, un po' a disagio.
'Sto cercando un preservativo.' aveva risposto tranquilla.
'Per?' aveva chiesto, mollando a terra la borsa sconvolto.
E poi mentre lei rispondeva 'per scopare' un tizio mai visto prima si era presentato sulle scale, mezzo nudo, con una faccia imbarazzata.
'Tu ne hai uno per caso?'
Sean appena si era reso conto della situazione si era messo ad urlare, dicendo di voler ammazzare il tipo e rinchiudere in casa sua sorella e lei si era messa a ridere.
'Stai calmo o ti scoppierà l'aorta.'
Sean era diventato ancora più furioso e dopo aver cacciato quel tipo, che poi logicamente non si era più fatto vedere, aveva avuto un lungo discorso con Charlie; aveva scoperto che non era più vergine da un bel po'.
'Ma con quello sei fidanzata?'
'Sean, sei serio? Era solamente simpatico.'
Sean aveva rischiato di aver un infarto. Quella sera capì che sua sorella era si bella, ma anche grande e che l'unica cosa che lui avrebbe potuto fare sarebbe stata quella di proteggerla e farle capire che certe cose dovevano essere condivise solo con alcune persone e non tutte. In seguito, le aveva prestato tutti i preservativi che voleva. L'ultima cosa che voleva era un altro bambino da accudire.



 



Ciao, eccomi qui, spero vi piaccia questo capitolo.
Grazie a chi vorrà recensire o dirmi che ne pensa, le recensioni aiutano a migliorarsi.
Grazie anche a chi legge in silenzio
Un bacio :)

  
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