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Autore: CarlottAlien    29/05/2013    1 recensioni
E se grazie al destino la tua vita cambiasse? E se questo potrebbe sconvolgere la tua vita, il tuo modo di pensare, la tua anima? Una FF sui gemelli Kaulitz che vi terrà incollati al PC!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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   Mentre guidava alla luce del tramonto, Tom sentiva l’eccitazione salirgli in corpo. Stava andando al suo primo, vero appuntamento. Perlomeno senza lo scopo di portarsi a letto la ragazza con cui stava per uscire. Sentiva che Caroline era speciale, gli dava quell’insolito formicolio quando pensava a lei. Si accorse di sorridere.

Riuscì senza difficoltà a trovare la casa della ragazza, seguendo le indicazioni che lei gli aveva dato. Abitava in un bel quartiere nella zona di South LA, belle case, grandi giardini; insomma, si era trovata un bel posto dove stare. Tom fermò la macchina davanti ad una villetta bianca, con un bel giardino curato. La sua era una delle poche case con un recinto a confine. Probabilmente, pensò Tom, lo teneva per Pete. Appena il ragazzo scese dalla macchina, la luce all’ingresso della casa si accese. Lei lo stava aspettando. Prima di dirigersi verso la porta, diede una rapida occhiata al suo riflesso sul finestrino della macchina, controllando che i vestiti non si fossero sgualciti troppo. Era estremamente elegante mentre indossava i suoi pantaloni neri leggermente ampi, una maglietta bianca molto aderente, e una giacca elegante nera, che staccava decisamente dal resto del completo, ma che, a colpo d’occhio, era perfetta. I suoi lunghi dread neri erano raccolti ordinatamente. Si tolse gli occhiali da soli e si diresse verso la porta. Bussò.

    “Arrivo!”

Caroline aveva già capito che fuori dalla sua porta c’era Tom. Il ragazzo si scoprì davvero nervoso, e quando Caroline aprì rimase letteralmente a bocca aperta. La ragazza era davanti a lui in tutta la sua bellezza. Indossava un lungo abito color sabbia, che contrastava magnificamente con la sua abbronzatura mielata. I lunghi capelli dorati erano portati selvaggiamente sciolti a incorniciarle viso e spalle. Ai piedi dei sandali che le segnavano appena i piedi con un sottilissimo filo dorato. Un accenno di trucco. Splendida nella sua semplicità. Era un po’ imbarazzata dallo sguardo di Tom.

    “Andiamo?” gli disse.

    “Oh..si..certamente.”

Il ragazzo si riscosse dai suoi pensieri e porse il braccio a Caroline, da vero galantuomo.

    “Bella macchina!” disse la ragazza avvicinandosi all’Audi.

    “Diciamo che tra me e Bill sono io quello che sceglie le macchine.” Rispose Tom aprendo la portiera a Caroline e facendola salire.

    “Sei sicuro che a Bill non disturbi che siamo usciti solo noi due?”

    “Ma va, è contento di non avermi intorno ogni tanto!”
Tom accese l’auto e partì, andando verso il centro della città.

    “Dove mi porti?”

    “Sorpresa.”

Passarono il centro di LA e molti ristoranti di punta, con code chilometriche all’esterno. Caroline li guardò, senza capire perché Tom non si fermasse a parcheggiare. Arrivarono fino al lungo mare, dove Tom trovò parcheggio poco prima dell’ingresso pedonale verso la spiaggia. Il ragazzo fece scendere Caroline, e la condusse verso il percorso pedonale. Tutto era chiuso. Sul lungomare c’erano solo negozi, che a quell’ora erano già chiusi. Erano aperti solo alcuni bar, che però erano in procinto di chiudere per lasciare spazio alla movida cittadina. Caroline non capiva dove Tom volesse portarla.

    “Dai, dove stiamo andando?”

    “Se te lo dico, che sorpresa sarebbe?”

Caroline si scoprì intrigata da quel comportamento un po’ misterioso di Tom e sorrise tra sé e sé.

Ad un tratto Tom rallentò e Caroline poté notare il luogo tanto cercato dal ragazzo. Spiccavano subito le candele accese sull’ingresso di quel piccolo spazio tra gli enormi palazzi chiusi. Una porta e una finestra abbastanza larga completamente illuminate da candele di tutte le dimensioni. Sopra lo stipite, Caroline trovò l’insegna:  Italy, my home. Era incisa e dipinta su un asse di legno, usato anche per gli infissi. Sembrava quasi una locanda di qualche paesino sperso nel Montana, o giù di lì. La ragazza rimase affascinata da quel piccolo gioiello incastonato tra i grandi e moderni edifici di Los Angeles.

    “Ti piace?”

    “Lo trovo meraviglioso.” Disse Caroline guardando Tom.

I due giovani entrarono e vennero accolti da quello che sembrava uno di quegli omini disegnati sui cartoni di pizza, baffi e capelli neri, grossa pancia, braccia spalancate e sorriso illuminante.

    “Oh, buonasera miei cari figliuoli! Vi stavamo aspettando! Prego, vi ho tenuto un tavolo che è una vera chicca!” disse l’uomo, accompagnandoli. Caroline notò subito il forte accento italiano e sorrise. ‘Sempre calorosi..’ pensò.

     “Prego, prego ragazzi! Vi porto subito il menù!”

     “Allora, che ne pensi? Valeva la pena di aspettare, no?”

Tom guardò negli occhi Caroline, con uno sguardo così profondo che la ragazza arrossì lievemente e distolse lo sguardo, un po’ imbarazzata da quegli occhi così penetranti.

    “È davvero splendido, Tom. Mi sento a casa!”

Tom aveva scelto con molta cura il posto in cui portare Caroline. Voleva che fosse speciale. E quella locanda lo era davvero. Era un posto caldo, accogliente, familiare, non troppo elegante e sofisticato. Puro stile italiano, fiori ovunque, quadri in ogni dove. L’ambiente era saturo di cose, anche inutili, ma l’insieme dava davvero l’aria di casa.

Poco dopo il signore baffuto tornò con i menù e lasciò che i ragazzi scelsero.

    “Consigliami tu cosa prendere, sei di casa!”

    “Non conosco i tuoi gusti, non posso scegliere per te!”

    “L’italiana, qui, sei tu! Posso dirti che pasta e pizza occupano la maggior parte del mio cervello, e anche del mio stomaco!”

    “Allora devi assolutamente provare le bruschette napoletane, con pomodoro, mozzarella e basilico, e gli spaghetti con le polpette! Secondo me, sono in assoluto i piatti migliori!”

    “Mi fido di te, allora!”

    “E penso proprio che mangerò come te! Dio, tornerò a casa rotolando..”

I due ragazzi passavano la serata ridendo e scherzando, mangiando in quantità fino a scoppiare, divertendosi come pazzi quando Tom non riusciva ad infilzare le polpette o lottava con la mozzarella filante.

     “Dai, parlami un po’ di te.”

     “Che vorresti sapere?”

     “Mah, non so! Di te so solo che sei italiana!”

     “E una stilista!”

     “Anche! Dai, vuota il sacco. Devi avere una famiglia numerosissima, come tutti gli italiani!”

     “Una leggenda metropolitana, come gli alligatori nelle fogne newyorkesi! Beh, non c’è molto da dire.. i miei genitori si sono separati quando avevo dodici anni e mio fratello diciassette. Mia madre ci ha portati qui in America con lei, è voluta venire perché voleva andarsene dall’Italia. Mio fratello Luca, non appena ha compiuto diciott’anni, se n’è andato, è tornato in Italia per studiare ingegneria. Non è tornato da mio padre. Io sono rimasta con mia madre finché, anche io, non sono diventata maggiorenne e ho potuto tornare in Italia. Sono stata con mio padre finché non ho deciso di intraprendere la mia carriera, ed eccomi qui a LA! Ne ho fatta di strada, anche se mia madre aveva qualche dubbio.”

Il volto della ragazza si rabbuiò. Un istante soltanto, ma bastò a Tom per accorgersene.

    “Scusami, non volevo farti pensare a brutti ricordi.”

    “Ma dai, mi vedi per caso triste? Acqua passata!” e sul suo volto si aprì il suo solito sorriso.

    “Anche i miei genitori si sono separati. Molti anni fa, io e Bill eravamo molto piccoli. Mio padre si è letteralmente dileguato dalle nostre vite e abbiamo vissuto soli con nostra madre finché lei non ha incontrato un uomo, Gordon. All’inizio io e Bill ci tenevamo a distanza, anzi, lo odiavamo perfino. Ma è stato lui a trasmetterci l’amore per la musica, insegnandoci a suonare e a fregarcene di cosa pensano gli altri. È grazie a lui e alla forza di nostra madre che siamo quello che siamo oggi.”

     “Anche dalle cose che ci sembrano brutte, orribili, situazioni dove ci chiediamo ‘Perché a noi?’, ‘Cos’ho fatto per meritarmi questo?’, possiamo imparare, dagli errori nostri e da quelli degli altri, dalla nostra ingenuità. Tutto questo ci permette di diventare uomini e donne forti e consapevoli di ciò che accade intorno a noi.”

Tom si sorprese dall’enorme saggezza che aveva dentro di sé la ragazza che aveva di fronte. Quante ragazze dell’età di Caroline potevano vantare una simile maturità? Anche se vantare è un verbo sbagliato, perché persone come lei fanno di tutto, tranne che vantarsi. Tom la osservò e vide ricomparire il velo di tristezza che le offuscava gli occhi qualche attimo prima. Senza pensarci, le prese la mano tra le sue, sopra al tavolo, senza curarsi dei possibili sguardi altrui, e la guardò negli occhi con una dolcezza che neanche lui sentiva di avere dentro. Capiva come stava Caroline, sapeva il dolore che aveva provato e cercò di scaldarle l’animo e farle tornare il sorriso. Ora la ragazza non si trovò di nuovo imbarazzata dallo sguardo caldo di Tom. Anzi, rispose con un sorriso che conteneva tutta la sua gratitudine verso quel ragazzo che non provava ‘compassione’ per lei, ma le infondeva coraggio.

 

    “Ah, il dolce proprio non mi serviva! Stasera mi hai proprio viziata!”

    “Beh, tranquilla, ti facciamo compagnia io e la mia pancia!”

    “Però l prossima volta pago io, non si discute, sono sempre tua ospite!”

    “Mi inquieti con quello sguardo!” ‘La prossima volta…’ pensò Tom, agitandosi appena.

Camminarono fianco a fianco fino alla macchina, dove Tom fece l’ennesimo gesto di galanteria della serata.

Si avviarono con calma verso casa di Caroline, ormai era quasi mezzanotte, e la gente cominciava a riversarsi fuori dai ristornati e a rifugiarsi nei locali. La città era illuminata a giorno, si sentiva la musica delle discoteche che rimbombava tra i muri. Modelle, attori, cantanti, serpeggiavano tra le chilometriche code, entrando nei locali più gremiti e altolocati. I due ragazzi videro la città scivolare sotto i loro occhi, fino ad arrivare nel tranquillo quartiere abitativo di Caroline. Qui la vita era molto più pacata, le luci delle case erano tutte pressoché spente, la gente era quasi tutta a letto.

Tom accostò di fronte alla casa della ragazza, facendola smontare.

    “Beh, eccoci qua!” disse la ragazza andando verso la porta di casa, seguita da Tom. “Grazie mille per la serata, Tom.”

    “Grazie a te per aver accettato il mio invito.” Rispose guardandola.

    “Mi ha fatto molto più che piacere che tu mi abbia invitata fuori a cena. È stato piacevole, davvero.”

    “Anche per me vale lo stesso.”

I due si guardavano negli occhi, uno immerso in quelli dell’altra. Ma Caroline sentì di nuovo quell’imbarazzo e una stretta allo stomaco.

    “Beh, ora è tardi..” distolse lo sguardo da quello del ragazzo. “..devo andare.”

Stava per voltarsi, quando Tom le cinse le spalle.

    “Aspetta..” le disse. E si chinò verso di lei, guardandola negli occhi e cercando la sua bocca, le sue labbra. Il cuore gli sbatteva contro le ossa quando arrivò a sfiorarla con le sue labbra carnose, e gli morì in petto quando lei si scansò. Rimase bloccato, atterrito. Mollò la presa su di lei, che lo guardava con sguardo colpevole e disperato.

     “Non..non posso..mi dispiace Tom..” si voltò e sparì, chiudendosi la porta alle spalle. Tom rimase lì, davanti allo stipite della donna a cui stava offrendo il proprio cuore, ma che lo aveva rifiutato, gettato via. No, non era arrabbiato. Come poteva essere arrabbiato con lei? Era triste, immensamente triste. Una tristezza che gli avvolse il cuore, congelandogli i battiti. Non sapeva, non sapeva come reagire, cosa fare. Sentiva che lei era lì, era rimasta dietro la sua porta, la sentiva respirare, affannare, quasi singhiozzare. Avrebbe voluto parlarle, aprire quella stramaledetta porta e avere spiegazioni. Ma no, non poteva. Era giusto? No. Doveva andarsene. Si girò e andò verso la sua auto. Aveva il cuore a pezzi, si sentiva sgretolato come un castello di sabbia. Non si era forse solo illuso? Probabile. Era tutto frutto della sua immaginazione.

Prima di salire diede un’ultima occhiata alla porta dove era scomparsa Caroline. Forse sarebbe scomparsa così anche dalla sua vita. Non si accorse che lei lo guardava, da dietro la tenda della grande finestra del suo salotto, con una mano sulla bocca per smorzare i singhiozzi, cercando di cacciare le lacrime indietro. Era quello che stava cercando di fare anche Tom. Aveva un disperato bisogno di Bill. Si sentiva morire, aveva bisogno del fratello per tornare a respirare. Partì, e le luci dei lampioni illuminavano le lacrime che cominciavano a rigargli calde il viso.

 

 

 

 

 

Ecco a voi il tanto agognato decimo capitolo!^^

Spero vi piaccia quanto piace a me!

Mi sento soddisfatta ^^

Fatemi sapere come vi è sembrato!

Un bacione e buona lettura ^^

  
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