“Allora
ragazzi, ancora non avete capito la lezione?” chiese Roger al
di sopra degli
occhialini.
“Evidentemente non ce ne frega niente di quella che tu chiami
lezione caro.” rispose
Angel con semplicità.
“Non ti rivolgere a me con quel tono, ti avverto.”
“Quale tono?”
“Quello, sciocca ragazza.” disse minaccioso Roger.
“Beh, che vuoi Roger?” chiese con ironia lei
lanciandomi uno sguardo carico.
“Taci, tu. BB che hai da dire in tua discolpa?”
ridacchiai. Avevo capito cosa Angel voleva che facessi
dall’occhiata che mi
aveva lanciato.
“Ebbene?”
“Perché ti importa, vecchio?”
“BB, ti avverto…”
“Di cosa?”
Angel sorrise.
“BB non sei in condizioni di-”
“Di farla arrabbiare? Ma se è lei che ha paura di
farmi arrabbiare. Non si
ricorda, l’ultima volta?” chiesi con una risata.
“BB, ora hai esagerato!” sbottò andando
a prendere qualcosa dietro di me.
Era un collare, ma più largo del mio collo. Senza
permettermi di aprire bocca
me lo infilò e prese una corda che, se tirata stringeva il
collare e faceva
penetrare delle ingegnose punte interne nel collo della vittima, non
letali, ma
molto dolorose.
“Un’altra parola e esci di qui ridotto a un
colabrodo.”
Sorrisi.
“Sembri un vecchio pirata Roger!”
esclamò divertita lei.
“Voi due avete bisogno di una bella lezione eh!”
Sorridemmo, cosa che lo fece arrabbiare ancora di più.
“Però Roger, stavolta è colpa di
BB.”
Sapevo che l’avrebbe detto, ma comunque mi diede una stretta
allo stomaco
sentire una cavolata così grossa.
“Allora punirò lui per primo.”
“E come, lo stuzzicherai? Sono curiosa di sapere.”
“Punirò anche te, tranquilla. E ciò che
vedrai su BB ti toglierà un po’ di
quella curiosità.”
Mi
incuriosii.
Roger
uscì e rientrò con un portatile acceso che ci
mise davanti. Era a ripresa della
camera di Eloin, che in quel momento stava leggendo, con gli occhi
rossi. Aveva
pianto? . Roger cliccò un tasto e vedemmo le finestre
chiudersi… da sole...?
Sotto il mio sgaurdo inorridito Roger premette un altro tasto e si mise
ad
osservarmi con un ghigno che non suggeriva nulla di buono.
In pochi minuti capii perché: Eloin cominciò a
tossire.
Bastardo.
Bastardo bastardo bastardo.
Stava riuscendo nel suo intento.
Mi irrigidii sulla sedia, chiusi gli occhi, ma a Roger non andava bene
e il mio
collo cominciò a sanguinare, dopo che le punte si strinsero
intorno ad esso.
Aprii gli occhi di scatto stringendo i pugni, voltai la testa.
Non gli andò bene neanche stavolta e per poco non gemetti
dal dolore della
stretta sul mio collo.
Ma fu una cosa sola a farmi impazzire, un suono insignificante, stupido.
Angel.
Angel scoppiò a ridere di me. La cosa mi fece uscire
completamente di testa.
In un attimo ero in piedi, ma Roger continuò a ridere in
faccia a un’altra
sedia rotta, e guardandomi dal basso tirò la corda con
forza, soffocandomi.
Bastardo.
Portai lentamente le mani al collo, piegato in due dal dolore, e le mie
mani si
strinsero sul metallo e sul sangue. Il mio sguardo perse anche
l’ultima ombra
di intelletto e Lei mi prese completamente.
ANOTHER
THINKS
BB, con
uno sguardo da belva feroce, strinse con tutta la sua forza il collare
di
metallo ricoperto del suo stesso sangue e tirò. Roger lo
fissava allibito,
chiedendosi se davvero pensava di romperlo con tanta
facilità. Era evidente che
si. E ci riuscì. Ora anche Angel lo guardava come se fosse
pazzo, cosa non del
tutto falsa, mentre gettava a terra i residui dell’arma di
tortura e si voltava
verso Roger, ora completamente indifeso. Egli fece per indietreggiare,
ma BB lo
sbatté con violenza a terra, cominciando a prenderlo a calci
silenziosamente.
Poi, a un tratto, si fermò.
Roger era riverso a terra, inanimato, ma vivo.
La bestia si voltò e guardò fisso Angel, ferma
immobile sulla sua sedia. In
quel momento BB era una figura davvero grottesca. Il sangue di Roger
gli
imbrattava le scarpe che posavano in una pozza di tale liquido. Questo
gli era
anche sceso dal collo, per colare poi sulle braccia e nelle mani.
“Tu ti chiami Akira, bugiarda.” Disse alla ragazza,
che lo guardava senza
l’ombra della paura, nonostante sapesse che non si
può ragionare con i leoni
arrabbiati.
“Dillo. Di che ti chiami Akira.”
“…”
“Dillo.”
“…”
BB fece un errore a quel punto: mise le sue pupille in quelle di Angel,
calme,
misurate, impeccabili.
E fu ciò che sconfisse indiscutibilmente il leone. O meglio,
lo fece per un
nanosecondo esitare. E quel nanosecondo diede modo alla natura umana e
razionale dell’uomo di sconfiggerlo e di riaffiorare
lentamente.
Rimasero fermi per un paio di minuti, poi, senza una parola, BB si
voltò e vide
Eloin svenuta sullo schermo.
“Cazzo.”
“Se mi sleghi lo fermo” disse allora Angel
alludendo al gas sconosciuto che
uccideva lentamente Eloin.
BB le si portò velocemente dietro e le libero con poche
mosse i polsi e le
caviglie.
Lei si alzò e premette un solo tasto sul portatile. Porta e
finestre si
aprirono, il gas smise di uscire da chissà quali bocche
nascoste nella camera.
BB si guardava intanto le mani, stupito di cos’era fino a un
attimo prima e
ancor più stupito di ciò che aveva fatto Angel.
La quale in quel momento
estraeva dalla borsa sequestrata una maglietta pulita che venne
lanciata a BB.
La guardò con tanto d’occhi, ma poi lei si
girò verso la scrivania di Roger e a
lui non restò che cambiarsi,
facendo
andar via un po’ di quel sangue. Certo però,
continuava a considerare la
maglietta sporca come l’ultimo dei loro problemi,
chissà perché.
Angel intanto aveva aperto un cassetto della scrivania di Roger e
rovistava tra
i fascicoli. Trovò ciò che cercava, un plico
beige che infilò nella borsa e
chiamò indi a se il compagno di fuga con uno sguardo. Roger
era ancora svenuto,
a terra. BB si chinò a toccargli il collo. Era vivo.
In quel preciso momento, udirono degli spari nel corridoio oltre la
porta
lignea.
Angel fece una
faccia indecifrabile,
corse al tavolo delle torture di Roger e trovò dopo poche
ricerche due pistole
e alcune batterie. Una pistola, una 99 mm, la diede a BB, lanciandogli
uno
sgaurdo di raccomandazione.
Aprì cautamente la porta.
Mello era davanti a loro, una pistola in mano. Il corridoio, dietro di
lui era
coperto di cadaveri e sangue.
“Presto ne arriveranno altre” disse alludendo alle
guardie.
Angel fece un passo avanti, seguita da BB.
Ecco
l’inferno, si disse lui.
THINKS
OF BEYOND BIRTHDAY
Uscimmo
dall’ufficio di Roger e da quel momento, pronto a morire in
qualsiasi momento, seguii
i due passo passo.
“Hai sistemato quelli delle telecamere?”
“Si, ma ci beccheranno comunque se non ci
muoviamo.” rispose Mello.
Entrammo in azione prima che io avessi il tempo di capirlo. Procedevamo
per
alcuni corridoi vuoti, ma presto la pacchia finì: dovevamo
passare davanti alla
mensa e da li correre verso la vicina uscita sul retro, o almeno,
questo mi
parve di capire. Facemmo un profondo respiro all’angolo
dell’ultimo corridoio
libero, indi ci tuffammo. Di corsa, l’uno dietro
l’altro, davanti Angel, poi
Mello e infine io, arrivammo di fianco alla porta della mensa e ci
fermammo un
secondo. Per fortuna nessuno uscì in quel secondo. Angel
fece un gesto a Mello
che andò davanti. La porta venne aperta violentemente e
entrammo di corsa,
tentando di attraversare la sala più in fretta possibile. Le
guardie non si
vedevano ancora, ma non speravamo di avere ancora molto
tempo.
“BB!”
Lanciai uno sguardo al tavolo da cui proveniva l’urlo e gelai
completamente.
Eloin.
Eloin mi guardava a bocca aperta, gli occhi spalancati dallo stupore,
senza
sapere cosa pensare, cosa provare alla vista di un suo amico che
scappava con
una persona che non sopportava abbandonandola da sola in una specie di
violento
manicomio. Volevo
distogliere lo sguardo
dai suoi occhi feriti da ciò che vedevano, ma non ci
riuscivo. Matt, di fianco
a lei guardava Mello con un’espressione seria che non gli
avevo mai visto sul
volto.
Credo fu quello il momento in cui mi resi veramente conto di
ciò che stavo
facendo. Dopo così tanti anni di reclusione senza un
pensiero a ciò che c’era
fuori…
Guardai Eloin tentando di comunicarle con lo sguardo le
più profonde scuse per ciò che le stavo
facendo, ma lei distolse lo sguardo e abbracciò Matt, come
se fosse il suo
ultimo appiglio. Capivo come si doveva sentire.
Quando la ferrea presa di Angel mi trascinò al di
là della porta mi resi conto
che mi ero fermato per qualche secondo. Qualche secondo che avrebbe
potuto
essere fatale per la nostra stessa vita.
Corremmo ancora attraverso un cortile posteriore, verso un cancelletto
nero che
ci faceva intravedere la strada verso la libertà. Quasi ci schiantammo su di
esso e subito
Angel si sfilò dalle tasche del fil di ferro – era
veramente piena di risorse -
e si mise ad armeggiare sulla serratura, mentre io e Mello le
rivolgevamo le
spalle per proteggerla da eventuali guardie. Che non tardarono certo ad
arrivare. Nel momento in cui ci stavamo per rassicurare di avere un
certo
vantaggio, sei di loro uscirono dalla porta posteriore della mensa, le
pistole
in mano e lo sgaurdo anonimo.
“ECCOLI LA!” urlò uno, congestionato .
Ci si avventarono contro. Io e Mello ci abbassammo subito e cominciammo
a
sparare, mentre Angel con un mano continuava a scassinare o a tentare
di
scassinare il cancello, mentre con l’altra ogni tanto sparava
un colpo. Fu in
quell’occasione che per la prima volta mi resi conto che
Angel era davvero
brava come si diceva. Nonostante sparasse la metà di quanto
lo facessimo io e
Mello, abbatteva tutti al primo colpo e in poco tempo, mentre si
muoveva di qua
e di la intorno al cancello per non farsi colpire, dimezzò
il numero delle
guardie vive. A quel punto ci lasciò il controllo e
ritornò completamente al
suo “lavoro”.
Mi sembrava una situazione molto, ma molto surreale in
realtà, ma non mi posi
domande, agii in modo automatico e insieme a Mello conclusi la
sparatoria.
Riuscimmo allo scoperto, davanti a Angel.
“Ci vuole ancora molto?” chiese Mello.
Per tutta risposta, altre guardie, stavolta una decina, uscirono dalla
porticina. Mi sembrava di essere in un videogioco.
“Ho quasi fatto, un secondo.” rispose lei concitata.
Le guardie si avvicinavano con l’intento di accerchiarci e
prenderci e le
nostre pistole si svuotavano di nuovo, senza grandissimo successo.
“Angel muoviti, cazzo!” sbottò Mello..
Il cancello si aprì e ci precipitammo fuori, seguiti dalle
ormai troppo vicine
guardie. Avevano l’ordine di prenderci vivi o di ucciderci?
Ucciderci, certo. Roger,
mica ci aveva parlato, svenuto com’era nel suo ufficio.
I proiettili si abbattevano con violenza vicino a noi mentre correvamo
dietro a
Angel senza sapere dove stessimo andando.
Girammo l’angolo della strada, col fiatone e i passi dei
nostri aguzzini che ci
rintronavano le orecchie, a ogni battito di cuore la consapevolezza che
stavamo
per morire che diventava più grande e certa.
Corremmo, allora, più veloci di quanto non fosse
ragionevole, scagliandoci in
falcate più lunghe possibile, tanto da rischiare di cadere.
L’ossigeno bruciava i polmoni come un incendio e cominciavamo
a essere ormai
quasi rassegnati alla morte.
Ma ecco che il nostro sguardo si focalizzò su una macchina
nera, grande, coi
vetri oscurati e un uomo alla guida che sembrava un buttafuori dei
più brutti
quartieri di Los Angeles. Angel si dirigeva la a quanto pareva. Ci
parve di
vedere la salvezza. Corremmo ancora più forte e quando Angel
balzò di fianco al
guidatore e Mello aprì la portiera posteriore saltando su,
capimmo che forse
avevamo qualche possibilità. Balzai sul sedile e sbattei la
portiera. La
macchina si mise subito in moto, nella
fresca aria di aprile. Gli uomini di Roger continuarono a sparare
finché non
voltammo l’angolo, indi andarono a prendere le loro macchine
per tentare un
inseguimento, ma era troppo tardi per fermarci.
Riprendemmo fiato senza una parola.
Mello mi lanciò un’occhiata, che ricambiai.
“Forte la piccola, eh?” disse a mezza voce,
accennando con il capo alla ragazza
seduta davanti.
“Attenta a come mi chiami, biondina!” fu la
risposta che giunse, ironica, da
Angel.
Stranamente però, Mello non si arrabbiò, ma
ridacchiò, voltandosi verso il
finestrino.