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Autore: Brooke Davis24    30/05/2013    4 recensioni
Sono trascorsi mesi dall'avventura presso l'Isola che non c'è: Henry è stato salvato, Emma e gli altri hanno fatto ritorno presso la Foresta Incantata, Hook è tornato a salpare verso mete conosciute e sconosciute. Galeotte furono Neverland e la Jolly Roger.
Tratto dal primo capitolo:
"Erano trascorsi mesi dall’ultima volta che l’aveva visto e il suo cuore mancò istintivamente un battito: non si concedeva spesso il lusso di pensare a quel passato recente, perché, tutte le volte che accadeva, bruciava la consapevolezza di aver commesso un errore del quale, a distanza di tempo, si pentiva amaramente. La sua mente, infida, le fece ripercorrere ancora e ancora le immagini dell’avventura presso l’Isola che non c’è, quando, alla ricerca di Henry, erano partiti a bordo della sua nave e, preso il largo, avevano lottato fianco a fianco, bene e male uniti sullo stesso fronte per amore di un’unica persona."
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Atto I
http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=JF8BRvqGCNs&feature=endscreen
 
Stanca. Era così che si sentiva da diversi giorni a quella parte e, benché si fosse impegnata a rinvigorire tanto i propri muscoli quanto il proprio spirito, il risultato era parso un miraggio, lontano e astratto quanto può essere la visione di un lago del bel mezzo del deserto.
Il sole era alto, quel giorno, e splendeva radioso, facendosi beffe delle fatiche, dei cattivi umori, dei dolori degli uomini. Emma rise brevemente, distogliendo lo sguardo dal folto della foresta e osservando le proprie braccia incrociate sul petto. Istintivamente, sbuffò e scosse il capo, consapevole delle parole che le avrebbe rivolto sua madre se l’avesse vista; con la dolcezza di cui la sapeva capace, le avrebbe sorriso e le avrebbe chiesto di aprirsi, di non relegarsi nell’abitudine al silenzio e alla solitudine cui aveva fatto affidamento per così tanto tempo.
Lei non capiva. Emma lo sapeva e non gliene faceva una colpa, perché sentiva non sarebbe stato possibile renderli partecipi di una vita che, in fondo, temevano di scorgere nella sua interezza. Negli anni che aveva trascorso lontana da loro, negli anni in cui la sua personalità si era temprata, si nascondevano talmente tanti dolori e frustrazioni e delusioni che prenderne coscienza avrebbe probabilmente funestato le loro notti e confuso i loro pensieri, rendendogli difficile il sonno e la quiete. Sebbene una parte di lei, il lato oscuro che ancora non era riuscita a debellare, anelasse alla vendetta, il suo cuore e la sua mente amavano così profondamente i suoi genitori da renderla consapevole del fatto che, se li avesse feriti, avrebbe fatto del male a se stessa. A cosa sarebbe servito, del resto? Nessuna lacrima, nessun insulto, nessuna fuga le avrebbe restituito i trent’anni che aveva dovuto trascorrere lontana dalla sua famiglia. E, se il fine al quale aveva sempre mirato erano loro, che senso avrebbe avuto prendere le distanze? Nessuno. Non era quello che voleva.
Chiudendo gli occhi, inspirò ed espirò a lungo, rimproverando mentalmente l’Emma più dura e rancorosa; con un sorriso lieve, bonario, la picchiò sul sedere e la spinse via, costringendola ad una reclusione che sperava l’avrebbe ammorbidita un po’. Ma quella parte di sé era più testarda di quanto non si fosse mai aspettata e, ad onor del vero, era più sincera di quanto non fosse stata lei negli ultimi tempi.
Turbata, aprì gli occhi e, in una reazione involontaria, le sue sopracciglia s’inarcarono e la fronte si aggrottò, consapevole di aver perso per l’ennesima volta contro l’Emma ferrea che viveva nella parte più profonda del suo io. Aveva ragione lei, lo sapeva, sotto tanti di quegli aspetti che accettarlo, in quel momento, le costò una gran fatica. Aveva ragione a pensare che non appartenessero a quel luogo, ad osservare la Foresta Incantata e il castello nel suo fulgore e a non sentirli più familiari di quanto non lo fossero state le case delle famiglie affidatarie presso le quali aveva vissuto. Aveva ragione ad urlare il suo disappunto, quando venivano costrette ad indossare uno sfarzoso abito da cerimonia e passicchiare per l’enorme sala con una finta espressione di giubilo, in verità alla ricerca di una bottiglia di alcool che potesse lenire le sue frustrazioni. Aveva ragione a dire che sentivano la mancanza di lui. Entrambe. Lei e l’Emma dura e rancorosa.
Erano trascorsi mesi dall’ultima volta che l’aveva visto e istintivamente, al cospetto di quell’ammissione, il suo cuore mancò un battito: non si concedeva spesso il lusso di pensare a quel passato recente, perché, tutte le volte che accadeva, bruciava la consapevolezza di aver commesso un errore del quale, a distanza di tempo, si pentiva amaramente. La sua mente, infida, le fece ripercorrere ancora e ancora le immagini dell’avventura presso l’Isola che non c’è, quando, alla ricerca di Henry, erano partiti a bordo della sua nave e, preso il largo, avevano lottato fianco a fianco, bene e male uniti sullo stesso fronte per amore di un’unica persona.
Bene e male. Era davvero corretto parlare in quei termini? Lei era il bene e lui era il male? Aveva sul serio una così alta opinione di sé? No, si disse, non era questo che pensava quando si guardava allo specchio, né l’aveva mai pensato. Neppure quando Henry si era accanito per farle capire la veridicità delle sue parole in merito alla maledizione e a Storybrooke aveva creduto di essere la Salvatrice; neppure quando aveva spezzato la maledizione e salvato tutti gli abitanti della Foresta Incantata dal destino più crudele che si potesse imporre a qualunque essere umano, neppure allora si era sentita speciale.
Era semplicemente Emma, la ragazza guardinga e scrupolosa che non si permetteva di fantasticare su sogni troppo grandi, benché ne stesse vivendo uno. Era semplicemente una madre che amava suo figlio e che conviveva, giorno per giorno, col senso di colpa per averlo dato via. Era semplicemente una donna ferita, che aveva amato tanto e ingenuamente e ne aveva subito le conseguenze. Le stava subendo ancora, a dire il vero.
Con un sorriso più ampio, mosse la mano per salutare Henry e il suo cuore recuperò il battito perduto poco prima. Henry le dava pace; era l’unica persona che si concedesse di amare senza remore, senza protezioni e, probabilmente, la stessa che riusciva a carpire ogni suo stato d’animo come appartenesse anche a lui. Dall’alta finestra della torre presso la quale le capitava di rifugiarsi spesso, Emma seppe che suo figlio stesse percependo il suo disagio e ne fosse dispiaciuto: una parte di lui, lo sentiva, avrebbe voluto che i sentimenti provati per Neal a suo tempo risorgessero e tornassero in auge più tuonanti che mai, che sua madre e suo padre formassero la famiglia che, per un frangente, tutti avevano pensato si sarebbe creata, Neal compreso. Ma l’altra parte di lui voleva semplicemente che fosse felice, che smettesse di trincerarsi dietro il muro di bugie e falsi sorrisi eretto a protezione della parte più profonda di sé e corresse incontro alla persona che tanto le stava a cuore.
«Emma?» La voce di suo padre, seguita da due galanti tocchi sulla superficie della porta, la ridestò dalle sue riflessioni e, voltandosi, gli regalò il sorriso più spontaneo che le sue intime tribolazioni le consentirono di riprodurre.
«Mi cercavi? Qualcosa non va?» chiese e, mentre lo osservava avanzare verso di lei, la tensione cedette il posto al sollievo e il suo corpo si rilassò. Si sentiva protetta e capita, quando era in sua compagnia, e, con un po’ di imbarazzo, amava godere di quella connessione non del tutto conosciuta tra padre e figlia che aveva da poco sperimentato.
«Ti ho vista dal giardino» rispose lui, affiancandola ed indicandole il punto dal quale doveva averla scorta. «e ho pensato di salire da te. Comincio a pensare che questa torre, fredda e spoglia, ti piaccia più della tua camera!»
«In effetti, è così. E’ essenziale. Come me.» fece e non si curò di apparire ilare o spensierata, perché non desiderava fingere, non in quel momento, non nella torre in cui aveva alacremente intessuto i fili delle sue elucubrazioni. «Henry adora questa casa.» disse e un sorriso sincero le increspò le labbra.
«E tu?»
«Suppongo sia un bel posto in cui vivere. Devo solo abituarmi a tutto questo.» gli spiegò e fu sincera. Il problema non era il luogo; il problema erano lei e la sua ostilità ai cambiamenti. Persino accettare che non amasse più Neal le era costato fatica e ancora si chiedeva se non stesse commettendo un errore a lasciare che quella sensazione del tutto istintuale la sopraffacesse. L’Emma dura le tirò una gomitata, intimandole di non farlo ancora una volta, di non reprimere i suoi sentimenti fino a sentirsi soffocare.
«E’ da quando siamo tornati nella Foresta Incantata che tento di capire cosa non vada, cosa ti renda tanto triste.» s’interruppe un attimo, come a raccogliere i pensieri per dar loro una successione logica coerente. «All’inizio, ho pensato si trattasse del passato, che fossi spaventata e arrabbiata e rifiutassi di andare avanti, di lasciarci entrare nella tua vita dopo quello che ti avevamo fatto; ho pensato che potesse mancarti il mondo in cui eri cresciuta.» Lentamente, si voltò verso di lei e attese che Emma facesse altrettanto; aveva bisogno di guardarla negli occhi mentre la rendeva partecipe delle conclusioni che aveva tratto per capire quanto si fosse avvicinato alla realtà. «Ma non ha a che fare con noi, non a che fare con nulla di tutto ciò. E’ per lui, vero?»
Bingo, si disse. Nulla nella postura di sua figlia era cambiato, non un muscolo si era mosso, non un sospiro era uscito dalle sue labbra, non un accenno di sorpresa. Una sola cosa l’aveva tradita, un piccolo, quasi impercettibile battito delle ciglia fuori tempo come se i pensieri di lei fossero inciampati, una volta che David aveva aperto il sipario e li aveva esposti al suo sguardo vigile; l’aveva preso da Snow.
«Non capisco. Di chi stai parlando?»
Tipico di Emma. Se le avessero chiesto di impugnare un’arma e combattere contro una fitta schiera di troll piuttosto che fronteggiare i suoi sentimenti e accettarli così com’erano, avrebbe impugnato l’arco e si sarebbe gettata nella mischia senza esitazioni, scoccando una dopo l’altra le frecce con le quali avrebbe voluto trafiggere le sue emozioni fino al perimento.
«Dello spaccone con l’eyeliner in grado di capirti più di quanto io o tua madre siamo capaci di fare, lo stesso che il mio pugno ha salutato più e più volte.» le disse ed Emma rise, ripensando a quante volte Killian fosse stato sul punto di dar vita ad una rissa con suo padre. «Anche se me lo chiedo e vorrei saperlo, non ti chiedo cosa ti piaccia di lui, ma perché tu lo abbia lasciato andare senza dargli una ragione per restare.»
«Non ne vedevo e non ne vedo ragione. E’ un pirata, il mare è la sua casa ed era normale che andasse per la sua strada. Non capisco cos’avrei dovuto fare, secondo te.» fece lei e, se non l’avesse conosciuta bene come presumeva, avrebbe potuto credere a quella recita magistrale.
«Non hai detto che non ti piace, vedo…»
«No. Non giocare con le mie parole. Ho risposto a quello che mi hai chiesto, niente di più.» gli fece notare, ricamando sulla premessa che David aveva fatto poc’anzi. Un sorriso furbo e soddisfatto le increspò le labbra dinanzi all’espressione indispettita di lui; lo aveva fregato, o, almeno, così le sembrava.
«Quindi…» iniziò e lentamente s’incamminò verso la porta, intenzionato ad uscire. «… se ti dicessi che corrono voci di una nave ormeggiata nei pressi della spiaggia e di una… Come l’ha definita Granny? Ah, sì! Schifosissima feccia di pirati accampata nei dintorni, ebbene non t’importerebbe nulla?» Ancora una volta, i pensieri di lei inciamparono e le ciglia batterono più velocemente. Ma, come poco prima, si tratto di un attimo, fugace e destinato a cessare.
«Ovviamente.»
«Fossi in te, andrei a dare un’occhiata.» la rimbeccò e ridacchiò, osservandola mentre incrociava le braccia al petto. Agile, tornò sui suoi passi e, quando l’ebbe raggiunta, le cinse il volto con le mani e l’accostò a sé, fin quando le sue labbra non toccarono la fronte di lei. Dolcemente, le lasciò un bacio sulla pelle diafana e, quando i loro occhi si incontrarono, le sorrise: se Hook avrebbe avuto bisogno di una ragione per restare, in quel momento Emma ne aveva bisogno di una per andare. «Sei comunque lo sceriffo, no?»


Spazio dell'autrice:
Ringrazio chi è arrivato fino alla fine e non ha trovato il nostro bel pirata. Immagino sia una gran bella delusione! Per me, lo sarebbe. Ma prometto che arriverà prestissimo, se varrà la pena continuare e se l'ispirazione sarà dalla mia parte. Spero il capitolo sia stato di vostro gradimento e mi auguro che la canzone vi abbia aiutati a calarvi di più nella scena. :)
Per chi se lo fosse chiesto, ho volutamente mantenuto i nomi in inglese per mio gusto personale. :)
  
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