Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: sfiorisci    30/05/2013    1 recensioni
[In revisione]
"Come la chiamiamo?- gli chiese Rena
-Celeste, perchè ha il potere del cielo-"
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8

 

 

Image and video hosting by TinyPic

Tre anni dopo.

 

 
Les stava tornando a casa dopo essere stata a meditare in quello che, ormai, definiva il suo luogo.
Era un piccolo laghetto che, a cercarlo, non ci sarebbe mai arrivato nessuno, servivano le istruzioni di qualcuno per poterci arrivare. Era nascosto sotto una fitta rete di alberi nel bosco, avvolto dai profumi dei fiori più inebrianti. Per arrivarci ci si doveva addentrare parecchio, fino a quando i rami degli alberi erano così fitti da non far passare più la luce e si trovavano rami bassi pieni di spine che ferivano le caviglie.
Ecco, lì c’era quel luogo paradisiaco, quel piccolo angolo che la natura aveva voluto regalare agli uomini.
Era un piccolo lago, non molto profondo che era alimentato dal fiume che scorreva anche a valle prima di gettarsi nel mare, le acque erano sempre fresche e pulite ed era bello sia d’inverno, con il rumore dei fiocchi di neve che cadevano sugli alberi, si d’estate, con il profumo dei fiori che crescevano.
Les ci andava sempre a meditare, si sedeva su un grande sasso piatto e chiudeva gli occhi.
Rimaneva ferma immobile per minuti, a volte anche ore. Quel posto le dava una pace che non trovava da nessun’altra parte, aveva anche imparato a nuotare lì.
Voleva andarci il giorno precedente, quello del suo compleanno, ma c’era stato un temporale così disastroso che le avevano proibito di uscire di casa.
Mentre camminava verso casa di sua nonna il venticello leggero che stava tirando cambiò intensità, aumentò leggermente, non in maniera eccessiva, bisbigliandole qualcosa.
Stava diventando brava a capire ciò che il vento voleva dirle, non riusciva a comprendere tutte le parole, ma il significato generale dei messaggi che voleva trasmetterle sì.
Poi in quel luogo il vento non smetteva mai di tirare, forse per non farla sentire sola.
Un rumore attirò la sua attenzione. Cercò fra l’erba ancora umida per via della pioggia del giorno precedente e vi trovò una bambina accovacciata che piangeva con la testa fra le braccia.
«Ciao» le disse Les dolcemente. La bambina alzò il viso rigato dalle lacrime e fissò Les singhiozzando.
«Ti sei persa?» la bambina annuì senza smettere di piangere.
«Abiti al villaggio?» la bambina annuì di nuovo. Les si accovacciò, in questi tre anni era diventata molto alta, e pulì le lacrime dal viso della bambina, poi le tese una mano.
«Vieni, ti riaccompagno a casa» la bambina afferrò la mano tesa e Les sentì il vento aumentare, ma solo per un attimo. Non aveva mai incontrato qualcuno che possedesse il potere del vento, chissà se quella bambina sapeva di avere dei poteri?
«Come mai sei qui tutta sola?» le chiese Les mentre camminava a piccoli passi per aspettare la bambina che faceva fatica a camminare per via dell’erba alta.
«Per colpa di mio fratello. Lui e i suoi amici hanno avuto un’idea stupida, quella di venire a spiare la casa di una ragazza che abita quassù che chiamano la strega» le rispose con semplicità la bambina.
Probabilmente non sapeva che colei che chiamavano ‘strega’ era la ragazza che la stava riconducendo a casa.
«È una cosa stupida, perché io che ho studiato so che lei non c’entra nulla con la guerra, quella fu colpa di suo nonno. È ingiusto che tutti la trattano male, non credi anche tu?» per essere una bambina che fino a poco prima aveva solo mosso il capo per parlarle era piuttosto loquace.
«La gente è libera di credere ciò che vuole» disse Les scrollando le spalle.
«Io sono Celeste, ma puoi chiamarmi Les. Tu come ti chiami?» le chiese Les ansiosa di cambiare argomento.
«Cassandra» rispose la bambina con una smorfia.
«Non ti piace il tuo nome?» chiese Les mentre si iniziava ad intravedere la casa di sua nonna.
«No, infatti tutti mi chiamano Cassie, mio fratello mi chiama Cassandra solo quando vuole sgridarmi» rispose la bambina giocando con la mano di Les.
La faceva dondolare avanti e indietro.
Quando arrivarono davanti alla casa videro che gli altri si stavano allenando fra di loro. Erano molto cambiati in questi tre anni: Jim si era alzato di molto, Rachel e Diana, ormai diciottenni avevano i tratti da donna, Thomas aveva messo su parecchi muscoli e Douglas era diventato più magro.
«Ciao Les» la salutarono amichevolmente.
«C’è un gruppo di idioti che ci sta spiando» disse Thomas indicando il cespuglio.
«Ma noi ci stiamo comportando proprio come hai detto tu: li stiamo ignorando senza fare nulla» concluse Jim con un sorriso.
Ad un certo punto una banda di ragazza uscì da dietro la casa di Les e venne davanti a lei. Erano cinque, tutti alti e muscolosi e sembravano arrabbiati. C’era uno, in particolare, che colpì Les: era un ragazzo che ricordava il nero: capelli, occhi, vestiti… sembrava non conoscesse altri colori. Per un attimo si specchiò nei suoi occhi e Les percepì la solitudine, il dolore, ma anche l’odio.
Quello di leggere lo sguardo delle persone non era un potere che aveva ricevuto da suo nonno, era un qualcosa che era riuscita ad imparare con il tempo, perché aveva capito che quando si mente gli occhi sono l’unica parte del corpo che non possono farlo.
Sussultò per riportarsi alla realtà, non era il momento di perdersi nel nero degli occhi degli altri.
«Cassie!» urlò il tipo “nero”. Non sembrava arrabbiato, più che altro era sorpreso.
«Sì?» chiese la bambina pacificamente.
«Che ci fai qui? Non ti avevo detto di restare a casa? E poi perché stai tendendo la mano a quella lì?» disse l’ultima frase puntando l’indice su Les e muovendolo.
«Ero venuta a dirti che venire qui era un’idea stupida, ma mi sono persa, poi fortunatamente questa gentile ragazza mi stava riaccompagnando a casa»
«Questa ‘gentile ragazza’ come la chiami tu, è una strega. È la causa di tutte le nostre sofferenze, di tutti i nostri problemi. Probabilmente avrebbe voluto ucciderti» le disse urlando. Doveva essere suo fratello, il ragazzo di cui Cassie aveva parlato a Les mentre stavano vendendo lì.
«Io non uccido esseri umani» precisò Les in quel momento, che prima non aveva ancora parlato.
Lo disse con un sorriso, come se fosse la cose la cosa più naturale del mondo.
La vecchia Les, quella di tre anni prima, che si metteva sempre a piangere e aveva paura di ogni situazione non c’era più. Ora Les era forte, ma anche umile. Il suo scopo era quello di combattere i demoni, non di litigare con gli essere umani.
«Chi ti ha chiesto niente?» le disse il fratello di Cassie con cattiveria.
«Non c’è bisogno di arrabbiarsi. Non ho fatto nulla a tua sorella, la stavo semplicemente riportando a casa» continuò a spiegargli Les con semplicità.
«È vero! Mi ha aiutata lei, altrimenti io sarei ancora a piangere in mezzo all’erba alta» confermò Cassie.
«E se io non ti credessi?» le chiese il fratello sempre con antipatia.
«Sei libero di credere ciò che vuoi» non aveva ancora staccato la mano da quella della bambina.
«Senti, se Les ti dice un cosa vuol dire che è quella, tu non la conosci, ma noi si. È la persona più sincera del mondo, non mentirebbe mai» intervenne Thomas a sua difesa.
«Certo, ora che me lo dici tu sono molto più tranquillo!» disse sarcasticamente un ragazzo dai capelli castani che non aveva ancora parlato.
«Cosa vorresti dire?» gli chiese Thomas ringhiandogli contro. Lui era fatto così, si infuriava per tutto.
«Thomas…» sussurrò piano Les. Non voleva far scoppiare una rissa proprio davanti a casa loro.
«Fatti sotto, femminuccia!» lo provocò il castano.
«Non c’è bisogno che tu me lo ripeta due volte» caricò il suo braccio che divenne di fuoco e si preparò per tirare un pugno al ragazzo.
«No!» gridò Les in quel momento.
In pochi secondi aveva lasciato la mano di Cassie, si era messa davanti a Thomas, bloccando il suo pugno e spegnando il fuoco. Tutti i presenti erano allibiti e si chiedevano come avesse fatto Les ad essere così rapida e potente.
«Niente poteri contro gli esseri umani, lo sai» lo rimproverò Les.
«Sì… lo so… scusami» borbottò lui.
«Sei proprio un mostro» disse il fratello di Cassie che aveva osservato la scena senza cambiare la sua espressione del volto.
«Dan! Come puoi dire una cosa del genere!» gli urlò Cassie. Dan, allora era questo il nome del ragazzo. Les pensò a suo nonno, che si chiamava Daniele e che ogni tanto chiamavano Dan, che fosse stata una coincidenza?
«Tu sbrigati a venire qui, che poi a casa facciamo i conti» le disse arrabbiato.
In quel momento Cassie disse una cosa piano, ma Les riuscì lo stesso a sentirla
«Odio quando ti comporti così, mi fai vergognare di essere tua sorella».
 
Quella sera, a cena, nessuno parlò molto, se non per dire cose tipo: “Mi passi il pane?” o “C’è poco sale nella zuppa”. Non sapevano se Les fosse arrabbiata con Thomas e, dato che non aveva più parlato, erano intimoriti a chiederle qualsiasi cosa.
Quando giunse l’ora di andare a dormire, Les non si tolse i vestiti del giorno, ma si distese sul suo letto/armadio ad osservare il soffitto. Quando fu certa che tutti si fossero addormentati, andò verso la finestra e salì sul davanzale, aspettò il vento giusto e poi planò a terra, fuori da casa.
Fece qualche passo, con il vento che la accompagnava e le sussurrava parole dolci e la luce della luna che, quasi piena, le faceva da lanterna. Si arrampicò sulla grande croce e ci si sedette a gambe incrociate e rimase a guardare la vallata. La luna lì sembrava più grande che in qualsiasi altro posto, sembrava un grossa mamma che vegliava su di loro fornendogli luce in quelle buie notti. Il cielo leggermente nuvoloso non permetteva di far vedere le stelle, ma Les sapeva che c’erano, avrebbe saputo anche indicare la loro posizione e i loro nomi. Per lei le stelle erano ricordi, ricordi che non valeva la pena di scordare, che fossero stati belli, brutto, felici o dolorosi. Brillavano a seconda dell’intensità del ricordo.
Les era cresciuta nell’ultimo periodo. Era cresciuta molto. E non solo di aspetto fisico, certo, ora le stavano bene i vestiti che le aveva regalato sua nonna, ma non era questo ciò che contava.
Ora aveva appreso la magia, si era fatta pervadere da questa forza e ora era diventata un tutt’uno con essa. Prima si sentiva debole, incompleta, mentre ora era finalmente in pace. Le sembrava che tutto avesse finalmente trovato un ragione di esistere nell’universo. Aveva compreso il fatto che ogni essere umano nasce con un scopo che deve realizzare, e lei era pronta a realizzare il suo.



Image and video hosting by TinyPic


Voglio davvero ringraziare tutti coloro che seguono la mia storia e che recensiscono, inoltre voglio anche scusarmi per gli errori di distrazioni che avevo commesso del capitolo precedente, questo l'ho ricontrollato, spero che qui non ci siano.
Adesso che la scuola sta per finire dovrei anche riuscire ad aggiornare più spesso c:
Se volete potete seguire la mia storia anche sulla mia pagina facebook.

_WhiteRose_
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: sfiorisci