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Autore: Gobbigliaverde    01/06/2013    0 recensioni
DAL TESTO:
La magia che si spezza, occupa due corpi diversi. Due corpi che tenderanno a cercarsi per l’eternità per completarsi a vicenda.
* * *
La storia di due studenti di Hogwarts che provengono da due mondi completamente opposti, uniti da un destino comune.
Genere: Avventura, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lisa Turpin, Theodore Nott, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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2
IL MARCHIO NERO

 

Theodore camminava svelto per i corridoi di Hogwarts. Aveva la testa pesante, colma di mille domande e pensieri. Che cosa voleva Malfoy da quella ragazza? Aveva visto troppo poco per comprendere cosa stava accadendo. Gli era parso di notare qualcosa di strano, troppo strano per sembrare reale. Un afflusso di energia dalle mani della ragazza a quelle del Serpeverde. Era a dir poco impossibile.
    I suoi passi svelti lo portavano verso la biblioteca, alla ricerca di risposte su una magia tanto potente da poter risucchiare il potere ad altri maghi. L’essenza del mago è la magia, togliergli la magia significa ucciderlo. Non capiva. Non riusciva a capire. Più si spremeva le meningi, più gli risultava difficile capire e la sua testa diventava pesante.
    Si strofinò il viso stanco con le mani, mentre sfrecciava di fronte all’ingresso della biblioteca. Quel pomeriggio piovoso sarebbe stato veramente perfetto per una ricerca sull’argomento, ma di certo ricavare le informazioni da quella ragazza sarebbe stato più proficuo.
    Oltrepassò la porta della biblioteca continuando a percorrere lo stesso corridoio, ignorando la sua precedente intenzione di fare ricerche sui libri. Avrebbe chiesto e richiesto a quella Corvonero cosa aveva in mente Malfoy a costo di offrirle tutte le Burrobirre del mondo.
    Si rese conto solamente in quel momento di cosa aveva appena fatto. Ho invitato ad uscire una ragazza. Si congelò sul posto fermandosi in mezzo al corridoio. Una piccola Grifondoro per poco non gli andò contro. Borbottò delle scuse che Theodore non ascoltò e passò avanti, superandolo.
    Sono un completo idiota, si disse mentalmente, mentre si passava una mano tra i capelli neri. Riprese a camminare scuotendo il capo. Lui non voleva chiederle di uscire. Non era sua intenzione. Aveva solo bisogno di risposte, per questo l’aveva fatto. Solamente per questo.
    Solo che ora doveva fare in modo che lei accettasse, così da poter ricavare le informazioni di cui aveva bisogno. Aveva l’impressione di starle piuttosto antipatico, quindi non aveva molte speranze su quel frangente.
    Non mi importa, pensò. In realtà sì che ti importa, stupido! Se non esci con lei non ti dirà mai che cosa sta combinando Malfoy, si rimproverò subito dopo.
    Si guardò attorno sospettoso, pensando a come avrebbe potuto convincerla a uscire con lui (ma soprattutto a spifferagli tutto). Intercettò con lo sguardo una ragazza Tassorosso che sfrecciava via lungo il corridoio con l’aria di avere troppa fretta. Gli balenò in mente un’idea.
    Prese a seguire la ragazzina di soppiatto, sperando che lei lo conducesse alla loro sala comune. Aveva bisogno di parlare con sua sorella.
    Come aveva immaginato, la giovane che andava di fretta non gettò neppure un’occhiata indietro, e lo guidò nel seminterrato, vicino alle cucine, dove si vociferava ci fosse l’ingresso della sala comune Tassorosso. Con le gambe doloranti dalla corsa per le scale e con il cuore a mille per la paura di essere trovato da Gazza in un posto in cui non doveva essere, si ritrovò fermo di fronte ad una catasta di botti che emanavano odore di legno vecchio e uva.
    La ragazzina era sparita. Come diavolo aveva fatto a perdersela gli ultimi tre metri di strada? Si rimproverò mentalmente per la sua sbadataggine e si mordicchiò le labbra alla ricerca di una soluzione.
    Si avvicinò alle botti sfiorandone il contorno legnoso con la punta delle dita. Si ritrasse immediatamente quando sentì una leggera scossa sui polpastrelli. C'era un'incantesimo di protezione.
    Ho trovato la sala comune dei Tassi, pensò tra se incrociando le braccia al petto e osservando la catasta di botti con la fronte aggrottata. Come diavolo avrebbe fatto a entrare per cercare sua sorella?
    Proprio mentre cercava di escogitare un modo per oltrepassare le botti, una ragazzina dai lunghi capelli corvini uscì dalla sala facendole scomparire e finendogli addosso.
    — Per la barba di Merlino, che sbadata che sono, mi dispiace moltissimo — si affrettò a dire, raccogliendo da terra alcuni libri che le erano caduti dalle mani. Il sorriso di scuse le morì sulle labbra quando incrociò lo sguardo di Theodore.
    I due si fissarono negli occhi neri come la pece, dello stesso identico colore, della stessa identica forma. La faccia della ragazza dai capelli neri era allibita e sbiancata mentre Theodore si mordicchiava le labbra carnose con aria colpevole.
    — T-tu — balbettò la ragazza facendo un passo indietro. Sussultò quando sentì le botti che erano ricomparse dietro di lei pungerle la schiena. — Theodore, allontanati — disse con voce spezzata.
    — Ho bisogno del tuo aiuto — rispose lui, con il suo solito sguardo freddo e la sua voce glaciale. — Alexis, ho bisogno di te.
    Lei scosse il capo, con gli occhi sbarrati e il respiro che si faceva sempre più veloce e spaventato. — Io e la mamma non vogliamo avere più niente a che fare con te e papà — sibilò a denti stretti.
    — Alexis, per favore. Puoi aiutarmi a smascherare Malfoy — tentò di nuovo, ma la calma fredda nella sua voce non rassicurava per nulla la ragazza.
    La giovane si accasciò a terra, mentre il mondo girava attorno a lei. — Theodore, non mi importa quello che fate tu e i tuoi amici Mangiamorte — sussurrò, mentre il suo corpo veniva scosso da brividi.
    Il giovane Serpeverde sentì scottare il tatuaggio impresso sull’avambraccio, a ricordargli che razza di persona fosse. Serrò i denti e fissò la sorella con astio. — Io non sono come loro. Lo sai bene.
    Lei alzò lo sguardo, con gli occhi lucidi e arrossati lo fissò dritto in quei due pozzi neri che inghiottivano ogni barlume di luce. — Mi avete fatto del male, siete tutti uguali — sussurrò a mezza voce poco prima di perdere i sensi.
    Maledizione, pensò Theodore, mordendosi così forte il labbro inferiore da farlo sanguinare. Alexis era il suo biglietto per ottenere qualcosa da quella Corvonero. Le avrebbe fatte diventare amiche, e lei avrebbe scoperto qualcosa per lui. Ora invece aveva solo peggiorato la situazione.
    Il prefetto Serpeverde si chinò sulla sorella dandole piccole pacche sul viso nel tentativo di farla rinvenire. Alexis non sembrava aver intenzione di riprendere conoscenza, così Theodore, con un sonoro sbuffo infastidito, fu costretto a raccoglierla da terra e portarla in infermeria.

 

— Signorina Turpin, ora può tornare nel suo dormitorio. Consideri la sua permanenza qui terminata. — Le parole di Madama Chips furono di gran sollievo per Lisa, che non appena le udì era già pronta per saltare giù dal letto e andare a fare una bella nuotata nel Lago Nero. Aveva bisogno di schiarirsi le idee.
    Madama Chips la fulminò con uno sguardo quando la vide intenta a scendere dal lettino dell’infermeria. — Ovviamente non se ne andrà in giro da sola. Se ne potrà andare solamente quando qualcuno arriverà per accompagnarla.
    Alla Corvonero crollò il mondo addosso. Luna era uscita dall'infermeria solo cinque minuti prima e lei era rimasta sola. Avrebbe dovuto aspettare il giorno dopo, quando lei sarebbe tornata a farle visita. Si lanciò indietro sul materasso con uno sbuffo nervoso serrando la mascella dalla rabbia.
    — Nessuno arriverà a trovarmi prima di domani! — obiettò.
    — Vorrà dire che aspetterai domani — si affrettò a dire Madama Chips, intenta a sistemare la sua infermeria. La sua voce squillante rimbombava nella sala vuota, mentre Lisa si guardava attorno alla ricerca di qualunque cosa da fare durante quel noioso pomeriggio piovoso, piuttosto che starsene con le mani in mano ad attendere l’indomani.
    Stava appena prendendo sonno quando la porta si spalancò ed entrò un ragazzo con il mantello della divisa bagnato fradicio e una ragazzina dai capelli neri in braccio.
    — Madama Chips? Ho un problema… — Theodore Nott era immobile al centro del corridoio, e si guardava attorno preoccupato stringendo tra le braccia la ragazza priva di sensi.
    — Tu? Ancora qui? — esclamò la strega squadrandolo dall’alto in basso. — Ne deduco che tutte cadano ai tuoi piedi, ragazzo — ridacchiò.
    Il viso del Serpeverde si tinse di un rosso intenso quando incrociò lo sguardo stranito di Lisa. — È mia sorella — si affrettò a dire, bofonchiando.
    — Tua sorella o no, sei sempre nel posto sbagliato al momento giusto, non è vero? — domandò la Chips indicandogli un lettino vuoto.
    Theodore di avvicinò a passo leggero e depositò la ragazza sul materasso con delicatezza, scostandole poi una ciocca di capelli neri dal viso. — Oppure porto sfortuna — disse sommessamente, in modo che Madama Chips non potesse sentire. L’udito di Lisa invece era più raffinato, ma preferì tacere e continuare a guardare le procedure della Chips, mentre Nott fissava il pavimento con una ruga di preoccupazione che gli solcava la fronte.
    La strega sollevò una manica alla ragazza, per sentirle il polso. — Oh povera piccola — sussurrò con aria piuttosto preoccupata. — Queste cosa sono? — domandò a Nott.
    Lisa non riusciva a vedere di cosa stesse parlando, neppure allungando il collo, ma dallo sguardo che Theodore rivolse alla sorella intuì si trattasse di cicatrici.
    — Se le è fatte un paio di anni fa — sussurro strascicando le parole. Poi si passò una mano sul viso e sui capelli neri, abbozzando un timido sorriso sempre in direzione della sorella. — Ora sta bene però.
    La Chips non indagò oltre, e procedette a prenderle il polso. Pensierosa, preparò un impacco d’erbe e glie lo posò sulla fronte, poi fece allontanare Nott dal lettino dell’infermeria. — Ragazzo, l’infermeria non è un buon posto dove passare la giornata — disse docilmente. — Se ne vada, e porti con se anche la signorina Turpin, ha bisogno di essere accompagnata in dormitorio.
    Il prefetto Serpeverde annuì distrattamente stringendosi nel mantello fradicio e sospirando. La ruga sulla sua fronte si era distesa, e ora fissava Lisa con il suo sguardo gelido.
    La ragazza si sentì rabbrividire. Scese dal lettino e afferrò il suo mantello appeso, avvolgendoselo attorno alla camicia da notte. Poi seguì Nott oltre la soglia dell’infermeria.

 

Camminarono in silenzio per alcuni minuti, diretti verso la torre Corvonero. Nott teneva le labbra serrate e non spiccicava parola, Lisa guardava fuori dalle finestre ad arco fingendo che il paesaggio fosse interessante.
    Ad un certo punto decise di rompere il silenzio. — Cos’è successo a tua sorella?
    Lui inarcò le sopracciglia scure e la fissò per qualche istante, come se avesse notato la sua presenza solamente in quel momento. — Nulla che ti riguardi — rispose con la sua solita freddezza. Nott sentì nuovamente il Marchio Nero bruciare sotto la manica del mantello. Si rabbuiò, e continuò a percorrere il corridoio fissando un punto di fronte a se.
    Lisa si morse le labbra. — Mi dispiace. Non volevo ferirti — sussurrò, torturandosi le mani una con l’altra.
    — Non l’hai fatto — tagliò corto Theodore. — Siamo arrivati.
    Lisa annuì, fermandosi di fronte all’ingresso della torre Corvonero e incrociando le braccia al petto. — Grazie della deviazione — gli disse, cercando il suo sguardo. Lui però, guardava altrove.
    — Dovere — sillabò, poi sparì lungo il corridoio.
    Lisa rimase sola, con una strana sensazione di amaro in bocca. Percorse in fretta i gradini che portavano in sala comune, per poi sparire in dormitorio. Aveva proprio bisogno di una nuotata nel Lago Nero. Era freddo, era Novembre, ma l’acqua la faceva sentire forte, e aveva bisogno di sentirsi forte.
    La sorella di quel ragazzo stava male, e questo l’aveva catapultata nei ricordi che aveva tentato di soffocare. Lisa ricordava ancora il viso di sua sorella. Lo ricordava fin troppo bene. Piccola, mora, con gli occhi azzurri come perle. Poi un giorno glie l’avevano portata via.
    Soffocò il ricordo pensando al Lago Nero. L’acqua, il suo suono inconfondibile, starsene lì senza peso… Si sedette pesantemente sul suo letto, un ammasso di libri e vestiti. Era deciso, sarebbe andata al lago.
    Afferrò il costume che si era portata dietro, il costume intero con cui faceva allenamento quando era nella squadra di nuoto babbana, al suo paese. Era forte nel nuoto, specialmente nella rana. Alle gare vinceva quasi tutto. Fortuna che Silente le aveva dato l’opportunità di allenarsi a Hogsmeade, così non avrebbe perso neppure un giorno di allenamento. Era rimasta un po’ stranita quando aveva scoperto che i maghi avevano una propria squadra di nuoto. Ovviamente, era vietata la magia durante le competizioni, per questo dopo ogni gara venivano controllato l’ultimo incantesimo di tutte le bacchette degli atleti, come una sorta di anti-doping.
    Si tolse la camicia da notte a fiori e indossò il costume in tutta fretta, avvolgendosi poi nel mantello della divisa. Niente piscina, oggi, disse tra se. Aveva bisogno della solitudine del Lago Nero.

 

Theodore arrivò in dormitorio che era troppo presto per andare a dormire, ma troppo tardi per mettersi a studiare. In oltre non ne aveva affatto voglia. Si sfilò il mantello fradicio e lo lasciò cadere in un angolo. Sollevò la manica del maglione e si massaggiò il tatuaggio del Marchio Nero sull’avambraccio, che bruciava come tizzoni ardenti.
    Si sentiva sporco, impuro, macchiato da quell’inchiostro magico che l’avrebbe segnato per tutta la vita. Quel marchio sulla sua pelle era il motivo per cui sua sorella aveva rischiato la vita, due anni prima. E lui faceva parte di quelle stesse persone che l’avevano attaccata. Si odiava per essere stato un tale stupido.
    Si appoggiò al letto mentre una lacrima gli solcava il viso. Aveva bisogno di fare qualcosa, di sfogarsi. Si tolse la divisa e sgarfò tra le cose nel suo baule, perfettamente ordinate. Pantaloncini, maglietta e scarpe da ginnastica. Sarebbe andato a correre al Lago Nero.
    Si vestì in tutta fretta, poi si avvolse un bendaggio bianco attorno all’avambraccio così da coprire il Marchio Nero. Non poteva sfoggiarlo in giro per Hogwarts come niente fosse, e non ne andava affatto fiero come Malfoy.
    Si sgranchì le gambe e a passo svelto uscì dal dormitorio.

  
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