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Autore: Caleido    01/06/2013    1 recensioni
Ed eccomi qui. Mi chiamo Hana. No, non "Hannah" o "Hanna" o simili. Hana. In giapponese vuol dire "fiore". E mia madre ha una passione per il Giappone. E' lì che lei e mio padre si sono conosciuti. Nessuno dei due è giapponese, se ve lo steste chiedendo. (...) Comunque, questo non ci interessa. Io mi chiamo Hana e ho sedici anni. Quest'anno io e la mia famiglia, che oltre a me e ai miei sopra citati genitori comprende mio fratello minore Peter (niente nome giapponese per lui), un gatto di nome Toulouse e due criceti dagli originalissimi nomi di Cricio e Criceta, ci siamo trasferiti nell'Ohio. E oggi è stato il mio primo giorno al liceo McKinley. Per essere stato un primo giorno non è stato poi così male. Io non sono una delle persone più espansive del mondo, capiamoci. Non rivolgo la parola e se mi viene rivolta rispondo a monosillabi. (...) Non trovavo la mia classe di storia, così ho chiesto indicazioni a una ragazza. E' stata molto carina. Si chiama Marley. Mi ha accompagnata alla classe, e abbiamo chiacchierato un po'. Mi ha chiesto se vorrei far parte del Glee club.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ryder Lynn, Ryder Lynn, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Well... This should kinda be me - capitolo 11

GIORNO 19: Il romanticismo mi fa diventare una frignona

Al Glee è tornato il prof. Schuester, il vero insegnante che tiene il corso. Il che mi è parso un po’ strambo, perché mi ero abituata alla figura di Finn come leader. Gli altri invece erano felici come una Pasqua del suo ritorno. Mi sta simpatico, certo, perché sembra molto più uno di noi che un professore tipico del grigio universo dei professori. Giovedì, ovvero il giorno di San Valentino, si sposa con la signorina Pillsbury, la nostra matta consulente scolastica. E il tema della settimana è proprio il matrimonio, perché vuole che il Glee si occupi dell’intrattenimento. Gli sono anche stata presentata come nuovo membro del Glee che effettivamente non parteciperà alle esibizioni. Ha tentato di convincermi. Dice che hanno avuto altri membri che in effetti non sapevano cantare (Mike Chang?) o cantare&ballare (Lauren Zises?), ma si sono divertiti comunque ad averli. Non so, io non vorrei intralciarli. Ma ho promesso che un giorno proverò insieme a loro. Anche perché secondo Blaine potrei arrivare ad essere intonata se solo mi esercitassi. Si è offerto di aiutarmi. Contenti loro! Anche la mia prof di musica delle medie pensava che sarei stata una brava cantante, se solo mi fossi fatta “plasmare dalla nobile arte del canto”, ovvero se avessi partecipato al suo beneamato coro. Magari hanno ragione loro.
Il martedì comunque è stato un altro giorno di sorprese. Jake ha dedicato una canzone a Marley la mattina, e Ryder ne ha dedicata una a me il pomeriggio. Fortunatamente non in classe né in altri luoghi così pubblici, perché il mio povero cuore non avrebbe retto ancora. No, è stato al Glee club. Ha detto che voleva cantare una canzone per me. Seduto su uno sgabello accanto a Sam che suonava la chitarra, ha cantato “Little things” dei One Direction (visto che l’ha scritta Ed Sheeran, io preferisco pensare che sia sua, mi fa sentire meglio con me stessa):

Your hand fits in mine 
like it's made just for me 
But bear this in mind 
it was meant to be 
And I'm joining up the dots 
with the freckles on your cheeks 
and it all makes sense to me 
I know you've never loved 
the crinkles by your eyes 
when you smile, you've never loved 
your stomach or your thighs 
the dimples in your back 
at the bottom of your spine 
But I'll love them endlessly 

I won't let these little things 
slip out of my mouth 
but if I do, it's you (oh, it's you) 
They add up to, I'm in love with you 
And all these little things 

You can't go to bed 
Without a cup of tea 
And maybe that's the reason 
that you talk in your sleep 
And all those conversations 
are the secrets that I keep 
Though it makes no sense to me 

I know you've never loved 
the sound of your voice on tape 
You never want to know how much you weigh 
You still have to squeeze into your jeans 
But you're perfect to me... 

I won't let these little things 
slip out of my mouth 
but if it's true it's you, it's you 
They add up to, I'm in love with you 
And all these little things 

You'll never love yourself 
half as much as I love you 
You'll never treat yourself 
right darlin' but I want you to 
If I let you know I'm here for you 
Maybe you'll love yourself 
like I love you, oh 

I've just let these little things 
slip out of my mouth 
‘cause it's you, oh it's you, it's you 
They add up to and I'm in love with you 
And all these little things 

I won't let these little things 
slip out of my mouth 
but if it's true, it's you, it's you 
They add up to, I'm in love with you 
And all your little things.

Le parole mi sembravano così personali che non ho potuto non piangere, mio malgrado. Sorridevo tra alcune lacrime che mi inondavano gli occhi e che cercavo di trattenere. Soprattutto perché il pomeriggio prima ero stata a casa di Ryder, e mentre lui studiava spalmato sul pavimento della sua stanza (già, da zona-salotto ci eravamo trasferiti lì) io leggevo il mio ultimissimo saggio di storia da consegnare il giorno dopo, distesa sul suo letto. Solo che ad un certo punto tra pagina uno e pagina due, giusto per confermare quanto siano interessanti queste cose, mi sono addormentata. Al mio confuso risveglio Ryder stava ancora studiando, e mi ha subito guardata sorridendo. Immaginavo i miei capelli pettinati dal cuscino e i miei occhi da miope che cercavano di mettere a fuoco la stanza senza gli occhiali, che evidentemente lui doveva avermi tolto dal naso mentre dormivo, forse quando mi aveva disteso sopra una copertina.
- Sai che borbotti nel sonno? – mi ha detto. Porca paletta! Certo che lo sapevo, e non osavo immaginare cosa potevo avere detto. – Stavi ancora ripassando il tuo saggio. Non spegni il cervello nemmeno mentre dormi! – mi ha spiegato, e ho tirato un sospiro di sollievo.
- Sarà colpa di tutta la teina che ingurgito – avevo detto prima di sbadigliare come una leonessa nella savana.
- Artie mi ha mandato il video della nostra esibizione in mensa, se vuoi vederlo. – ha detto con un sorriso.
- No, per carità! – ho esclamato. – La mia voce registrata è peggio di quella dal vivo. Sembra stranamente nasale. – ho borbottato. Sì, nei miei primi minuti dopo un risveglio da un sonno non programmato, sono un tantino burbera.
- Tu e le tue fisime – ha commentato alzando gli occhi al cielo. Io gli ho sorriso e ho abbracciato il cuscino, chiudendo di nuovo gli occhi. Ero ancora intontita.
- Sai che preferirei tu abbracciassi me invece che il mio cuscino.
- Non è colpa mia se tu preferisci il tappeto al materasso. O a me. Sono ancora più morbida. – ho bofonchiato, la faccia sepolta nel cuscino. Ho sentito dei movimenti e poi il materasso che traballava sotto il suo peso. Senza neanche aprire gli occhi mi sono accucciata sul suo petto, mentre mi abbracciava. Sarà stato il torpore del sonno, sarà stato lo stato confusionale del dopo-sonno, ma sta di fatto che in quel momento tutto ciò non mi era sembrato strano. Io che due giorni prima davo di matto di fronte alla possibilità che lui potesse baciarmi, ora mi facevo abbracciare sul suo letto, nella sua stanza, con la porta chiusa e i suoi genitori che non c’erano. E non mi sentivo una donzella che teme per la sua virtù.
Quindi sentirgli cantare “Little things” aveva riportato alla mia mente le immagini di quel pomeriggio particolarmente felice, e mi aveva fatta piangere di gioia. E’ proprio vero che il romanticismo fa diventare melodrammatici.
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Nota dell'autore: Ed ecco qui! Di nuovo di sabato. Annuncio adesso che la settimana prossima pubblicherò, ma quella dopo ancora no. Farò una pausa di una settimana causa esami che non mi hanno permesso di andare avanti con la scrittura.
   
 
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