Well... This should kinda be me - capitolo 11
GIORNO 19: Il romanticismo mi fa
diventare una frignona
Al Glee è
tornato il prof. Schuester, il vero insegnante che tiene il corso. Il che mi è
parso un po’ strambo, perché mi ero abituata alla figura di Finn come leader.
Gli altri invece erano felici come una Pasqua del suo ritorno. Mi sta
simpatico, certo, perché sembra molto più uno di noi che un professore tipico
del grigio universo dei professori. Giovedì, ovvero il giorno di San Valentino,
si sposa con la signorina Pillsbury, la nostra matta consulente scolastica. E
il tema della settimana è proprio il matrimonio, perché vuole che il Glee si
occupi dell’intrattenimento. Gli sono anche stata presentata come nuovo membro
del Glee che effettivamente non parteciperà alle esibizioni. Ha tentato di
convincermi. Dice che hanno avuto altri membri che in effetti non sapevano
cantare (Mike Chang?) o cantare&ballare (Lauren Zises?), ma si sono
divertiti comunque ad averli. Non so, io non vorrei intralciarli. Ma ho
promesso che un giorno proverò insieme a loro. Anche perché secondo Blaine
potrei arrivare ad essere intonata se solo mi esercitassi. Si è offerto di
aiutarmi. Contenti loro! Anche la mia prof di musica delle medie pensava che
sarei stata una brava cantante, se solo mi fossi fatta “plasmare dalla nobile arte
del canto”, ovvero se avessi partecipato al suo beneamato coro. Magari hanno
ragione loro.
Il martedì
comunque è stato un altro giorno di sorprese. Jake ha dedicato una canzone a
Marley la mattina, e Ryder ne ha dedicata una a me il pomeriggio. Fortunatamente
non in classe né in altri luoghi così pubblici, perché il mio povero cuore non
avrebbe retto ancora. No, è stato al Glee club. Ha detto che voleva cantare una
canzone per me. Seduto su uno sgabello accanto a Sam che suonava la chitarra,
ha cantato “Little things” dei One Direction (visto che l’ha scritta Ed
Sheeran, io preferisco pensare che sia sua, mi fa sentire meglio con me stessa):
Your hand fits in
mine
like it's made just for me
But bear this in mind
it was meant to be
And I'm joining up the dots
with the freckles on your cheeks
and it all makes sense to me
I know you've never loved
the crinkles by your eyes
when you smile, you've never loved
your stomach or your thighs
the dimples in your back
at the bottom of your spine
But I'll love them endlessly
I won't let these little things
slip out of my mouth
but if I do, it's you (oh, it's you)
They add up to, I'm in love with you
And all these little things
You can't go to bed
Without a cup of tea
And maybe that's the reason
that you talk in your sleep
And all those conversations
are the secrets that I keep
Though it makes no sense to me
I know you've never loved
the sound of your voice on tape
You never want to know how much you weigh
You still have to squeeze into your jeans
But you're perfect to me...
I won't let these little things
slip out of my mouth
but if it's true it's you, it's you
They add up to, I'm in love with you
And all these little things
You'll never love yourself
half as much as I love you
You'll never treat yourself
right darlin' but I want you to
If I let you know I'm here for you
Maybe you'll love yourself
like I love you, oh
I've just let these little things
slip out of my mouth
‘cause it's you, oh it's you, it's you
They add up to and I'm in love with you
And all these little things
I won't let these little things
slip out of my mouth
but if it's true, it's you, it's you
They add up to, I'm in love with you
And all your little things.
Le parole mi
sembravano così personali che non ho potuto non piangere, mio malgrado. Sorridevo
tra alcune lacrime che mi inondavano gli occhi e che cercavo di trattenere.
Soprattutto perché il pomeriggio prima ero stata a casa di Ryder, e mentre lui
studiava spalmato sul pavimento della sua stanza (già, da zona-salotto ci
eravamo trasferiti lì) io leggevo il mio ultimissimo saggio di storia da
consegnare il giorno dopo, distesa sul suo letto. Solo che ad un certo punto
tra pagina uno e pagina due, giusto per confermare quanto siano interessanti
queste cose, mi sono addormentata. Al mio confuso risveglio Ryder stava ancora
studiando, e mi ha subito guardata sorridendo. Immaginavo i miei capelli
pettinati dal cuscino e i miei occhi da miope che cercavano di mettere a fuoco
la stanza senza gli occhiali, che evidentemente lui doveva avermi tolto dal
naso mentre dormivo, forse quando mi aveva disteso sopra una copertina.
- Sai che
borbotti nel sonno? – mi ha detto. Porca paletta! Certo che lo sapevo, e non
osavo immaginare cosa potevo avere detto. – Stavi ancora ripassando il tuo
saggio. Non spegni il cervello nemmeno mentre dormi! – mi ha spiegato, e ho
tirato un sospiro di sollievo.
- Sarà colpa di
tutta la teina che ingurgito – avevo detto prima di sbadigliare come una
leonessa nella savana.
- Artie mi ha
mandato il video della nostra esibizione in mensa, se vuoi vederlo. – ha detto
con un sorriso.
- No, per
carità! – ho esclamato. – La mia voce registrata è peggio di quella dal vivo.
Sembra stranamente nasale. – ho borbottato. Sì, nei miei primi minuti dopo un
risveglio da un sonno non programmato, sono un tantino burbera.
- Tu e le tue
fisime – ha commentato alzando gli occhi al cielo. Io gli ho sorriso e ho
abbracciato il cuscino, chiudendo di nuovo gli occhi. Ero ancora intontita.
- Sai che preferirei
tu abbracciassi me invece che il mio cuscino.
- Non è colpa
mia se tu preferisci il tappeto al materasso. O a me. Sono ancora più morbida.
– ho bofonchiato, la faccia sepolta nel cuscino. Ho sentito dei movimenti e poi
il materasso che traballava sotto il suo peso. Senza neanche aprire gli occhi
mi sono accucciata sul suo petto, mentre mi abbracciava. Sarà stato il torpore
del sonno, sarà stato lo stato confusionale del dopo-sonno, ma sta di fatto che
in quel momento tutto ciò non mi era sembrato strano. Io che due giorni prima
davo di matto di fronte alla possibilità che lui potesse baciarmi, ora mi
facevo abbracciare sul suo letto, nella sua stanza, con la porta chiusa e i
suoi genitori che non c’erano. E non mi sentivo una donzella che teme per la sua
virtù.
Quindi sentirgli
cantare “Little things” aveva riportato alla mia mente le immagini di quel
pomeriggio particolarmente felice, e mi aveva fatta piangere di gioia. E’
proprio vero che il romanticismo fa diventare melodrammatici.
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Nota dell'autore: Ed ecco qui! Di nuovo di sabato. Annuncio adesso che
la settimana prossima pubblicherò, ma quella dopo ancora no.
Farò una pausa di una settimana causa esami che non mi hanno
permesso di andare avanti con la scrittura.