Crossover
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Autore: Siirist    02/06/2013    3 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’EPURAZIONE

 

Quarantacinque anni erano passati dal furto del Pomolo, ne mancavano solo cinque alla completa restaurazione del potere della Spada: a quel punto Azrael avrebbe avuto il potere necessario per essere inarrestabile. E Siirist era ancora a Hellgrind.

Alea era seduta sulla spiaggia di Vroengard dove si era svolta la festa per il diciassettesimo compleanno di Siirist e guardava il sole nascente a sinistra con la guancia destra appoggiata alle ginocchia e le braccia che le cingevano le gambe. Di recente aveva avuto difficoltà a dormire, aveva avuto incubi in cui la Rocca veniva attaccata da grandi macchine da guerra e ogni sorta di arte mistica era inutilizzabile. Aveva visto il suo capitano, quello della sesta brigata e quello di Gilia venire abbattuti assieme ai loro luogotenenti, Aulauthar era stato schiacciato da uno di quei golem metallici, persino Gilia era stato incenerito da un raggio di energia. Quando quella grande lama con piccole lame che le roteavano intorno l’aveva raggiunta, la vista dell’elfa si era offuscata. E a quel punto si svegliava. Per giorni e settimane aveva avuto sempre lo stesso sogno. Era stato come quando era entrata in contatto con lo Hast Orn, aveva avuto delle visioni di altri luoghi e altri tempi, ne era certa. Ripensò ai sogni che era stato solito avere Siirist, in cui la sua Ambizione e il suo Flusso entravano in contatto e gli permettevano di dare uno sguardo al futuro. Eiliis, raggomitolata su se stessa ai suoi piedi, sentì l’arrivo di qualcuno di conosciuto e il loro legame mentale permise anche alla Cavaliere di captarlo.

«Eccoti.» disse Gilia.

Alea non rispose.

«Questa sera è molto fresca, tieni.» le disse appoggiandole un mantello sulle spalle.

Lei portò le mani all’orlo e si strinse ancora di più in se stessa.

«Ancora quei sogni?» domandò sedendosi a sua volta.

Asthar era andato a stendersi accanto al mare che giungeva ritmicamente sulla sabbia per poi ritirarsi e ritornare ancora, e ancora e ancora. Gli piaceva la spuma in faccia, lo solleticava. Eiliis non avrebbe mai fatto niente di simile, era troppo altezzosa. Ancora la altmer non parlò, ma annuì debolmente. Il cielo era ormai chiaro ed il sole era completamente sorto ed aveva iniziato il suo percorso verso ovest.

«Non c’è altro che possiamo fare, il Consiglio ha rinforzato ulteriormente i turni di guardia sia qui che in ogni altra sede dell’Ordine e i Guanti sono ancora al sicuro a Tronjheim.»

«L’ho visto, non potevamo usare le arti mistiche.»

«Lo so, lo sappiamo tutti, l’ha scoperto Siirist, ricordi?»

«Lo so, ma era diverso. Non erano solo i cuori degli EA, c’era qualcos’altro e noi non sapevamo cosa. E mentre cercavamo la risposta, venivamo massacrati. Senza i nostri poteri, pochi di noi hanno la forza fisica necessaria per contrastare quei golem di metallo. Io ho appena 38mila douriki fisici, e sono tra i Cavalieri più dotati escludendo i membri del Consiglio e te. Era orribile.» disse trattenendo a forza le lacrime e i singhiozzi, ma non poté evitare alla sua voce di rompersi.

Il moro le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé per rassicurarla.

«Andrà tutto bene, vedrai. Abbiamo i nostri possenti draghi dalla nostra, ricordi?»

«Questa è la parte più spaventosa: in nessuno dei sogni ho mai visto i draghi.»

Gilia strinse la mandibola e corrugò la fronte: Alea lo sentiva anche senza vederlo, percepiva anche i movimenti più impercettibili del suo corpo. Lo conosceva troppo bene. Si mosse e le prese il lato della testa con la mano mano e le avvicinò la bocca all’orecchio. Le sussurrò una frase che ella non riuscì a comprendere appieno e poi tutto si fece buio.

 

Ashemmi gli aveva insegnato quell’incantesimo di sonno che avrebbe finalmente fatto dormire la sua amica. Era da troppo ormai che la vedeva deperita, con pesanti occhiaie e lo sguardo morto. Se davvero gli Scorpioni erano intenzionati ad attaccare con una simile forza, Alea avrebbe avuto bisogno di essere in forma smagliante. La guardò volare via in groppa alla sua dragonessa, legata alla sella di questa. Eiliis avrebbe pensato a metterla a letto.

‹Il mare ha un odore insolito.› disse Asthar.

Gilia guardò verso il suo compagno e gli diresse il suo punto interrogativo mentale.

‹C’è qualcosa nell’acqua, qualcosa che non dovrebbe esserci, qualcosa che ne sta distruggendo l’ecosistema. È qualcosa di mai visto, deve essere di origine straniera.›

‹Di un altro continente?› si preoccupò l’uomo.

‹Possibile.›

‹Andiamo ad avvisare il Consiglio.›

 

«Tra quanto raggiungeremo l’isola dei Cavalieri dei draghi?»

«Dodici ore, signore.»

«Molto bene. Assicurati che tutte le truppe siano pronte. Gli EA devono essere pronti al lancio appena siamo a dieci chilometri dall’isola. E ricontrollate gli inibitori e gli ultrasuoni delle armature nevec, non possiamo permetterci errori, la nostra vittoria dipende da essi.»

«Certo, signore.»

Il comandante della nave da guerra uscì dalla cabina di pilotaggio e raggiunse il loro alleato, lo Scorpione, una donna dai lunghi capelli corvini tenuti in una coda da cavallo, con un viso incantevole come pochi e le forme suadenti. Aveva degli occhi azzurri che quasi sembravano lilla e una carnagione molto chiara. Tutti i suoi sottoposti sulla nave l’avevano desiderata il momento in cui l’avevano vista, specie quando l’avevano vista imbracciare uno dei loro mitragliatori. Non sapeva spiegarsi cosa fosse, ma vedere una bella donna imbracciare un fucile era una delle cose più eccitanti del mondo.

«Ti godi la brezza del primo mattino?» le chiese.

«Niente di così ridicolo: preferisco una spada e un fucile ad un cioccolatino, comandante, non mi paragonare alle altre donne che conosci.» rispose con un tono scocciato.

Ma non alzò lo sguardo, continuò a guardare il mare oltre il parapetto della nave.

«Sto semplicemente guardando come il vostro carburante stia contaminando le acque dell’Emean. Bestie pericolose vivono nelle profondità del mare interno di Tamriel, creature che divorerebbero anche gli abitanti più pericolosi dei mari di Valendia. Le state disturbando, temo potremmo essere attaccati.»

«Se ti stai riferendo ai draghi marini, i nostri ultrasuoni li potranno neutralizzare come faranno con i draghi alati del Cavalieri di Vroengard.»

«I draghi marini non sono le uniche bestie che potrebbero affondare facilmente questa barchetta e il resto della flotta.»

Pareva lo stesse deridendo, ma il tono della donna era sempre piatto. Era una pazza, una pazza che amava sparare e uccidere, che si divertiva a vedere il sangue, ma era così incantevole che nessun uomo le poteva resistere.

«Ti posso assicurare che non sarà facile per nessuna creatura affondare le nostre navi da guerra.»

«Se lo dici tu. Ah, Mysto, bene arrivato, mi stavo stancando di parlare con questo imbecille.»

Il momento in cui la donna passò alla lingua tamrielica, il comandante smise di capire cosa stesse dicendo, ma il nome che aveva pronunciato era quello di uno dei suoi compagni, un altro degli Scorpioni, uno di quelli di cui nessuno dei Valendiani si fidava perché si trattava di un mistico, mago e stregone, dotato di svariati amuleti. Valendia e Thedas erano stati nemici da tempi immemori e i tecnologici di Valendia detestavano i mistici di Thedas. Almeno a Thedas, Tevinter aveva perso il potere che aveva avuto in passato e la Chiesa di Andraste di Ferelden aveva quasi debellato l’uso delle arti mistiche in praticamente tutto il continente; ma per i Valendiani l’odio per le arti mistiche era qualcosa di innato. E ora molti di questi praticanti erano sulle loro navi, questi mistici di Tamriel. E non solo, la Setta dello Scorpione si era alleata persino con l’odiato Thedas! La donna piroettò con un’aria di gioia e serenità, canticchiando una melodia allegra, mentre il mistico la guardava con un’espressione divertita. Il capitano corrugò la fronte; non capiva cosa ella stesse dicendo, ma conoscendola, le parole erano qualcosa di macabro e grottesco.

«Moriranno, moriranno tutti! Tra poche ore avremo epurato questo mondo da quei dannati Cavalieri dei draghi!» disse infine, per poi scoppiare in una fragorosa e sentita risata, ma, ancora una volta, il capitano non capì.

 

Quando la grande campana della torre di vedetta risuonò, Gilia scattò in piedi e fece cadere il libro che stava leggendo, corse in bagno per svuotarsi, mangiò qualche frutto e si preparò alla battaglia. Sapendo che c’era il rischio di non poter fare uso delle arti mistiche, invocò tutti i suoi amuleti non incantati ma recanti pietre preziose cariche di energia e la sua armatura della tigre; tenne la visiera aperta per evitare di ritrovarsi a non poter vedere per via della perdita di efficacia degli incantamenti. Alla vita, oltre alla cintura con Enedome ithil e Caspio, legò quella con Giava e Bali; imbracciò lo scudo rotondo e, uscito fuori, legò alla sella di Asthar lo scudo rettangolare, la Schiacciaossa e Bengala.

‹La balestra.› gli ricordò il fidato drago.

‹Giusto. Si vede che sono ancora addormentato.›

Un anno prima era stato mandato ad Arcadia a conoscere re Orik come rappresentante del Consiglio degli Anziani e di tutto l’Ordine; il motivo per cui era stato scelto lui era il suo controllo del marmo nero e la sua amicizia con il Cavaliere d’Inferno. Il re della pietra era stato molto felice di conoscerlo e gli aveva fatto dono di una pesante balestra che aveva raffigurata una testa d’ariete. Tutte le balestre umane erano basate sui progetti nanici, ma era più che sicuro di non aver mai visto un’arma simile, capace di sparare dardi a ripetizione con una potenza e una gittata migliore di qualunque arco che non fosse di origine elfica. Con un dardo non incantato con la punta di Cristallo rivestito di mithril, era addirittura riuscito a perforare uno scudo di Cristallo incantato contro attacchi fisici. Eimir aveva personalmente applicato uno dei suoi sigilli sul caricatore a tamburo della balestra per far sì che si ricaricasse automaticamente ad ogni sparo, ma purtroppo i Valendiani avrebbero molto probabilmente impedito tale invocazione, perciò Corvinus si ritrovò costretto a richiamare da Oblivion una buona trentina di dardi che mise in una delle sacche della sella di Asthar.

Contattò mentalmente Alea che era stata svegliata da Eiliis e si era subito equipaggiata con la sua armatura di Adamantio e la cintura che reggeva Raama tel’ arvandorea ed il suo pugnale di Adamantio dalla forma tradizionale elfica. Alla sella di Eiliis aveva legato la sua lancia in Adamantio, il suo arco fantasma ed una faretra; un’altra faretra era legata alla schiena.

Come ti senti?

Più riposata, grazie.

Figurati. Te la senti di volare? Forse è meglio che resti a terra, non sei l’unico arciere nella decima compagnia, siete quasi tutti specializzati in attacchi a distanza.

Ma nessuno ha un arco come il mio. Devo andare, il capitano Ascal sta già radunando tutti.

Che succede?› chiese, avvertendo confusione nella mente dell’amica.

Un Cavaliere della sesta brigata...disse incerta.

Gilia aprì un occhio mentale accanto all’elfa e vide un dunmer della sesta divisione consegnare alla altmer una faretra contenente ventiquattro frecce. Avevano un piumaggio rosa e bianco ed un peso sotto ad esso; la fanciulla ne estrasse una e vide che la punta era insolita, si trattava infatti di un blocco metallico dalla forma cilindrica. Chiese al dunmer che cosa fossero e questi rispose che Adeo aveva creato delle frecce esplosive utilizzando la polvere da sparo nanica. Quelle frecce unite alla forza di lancio dell’arco fantasma avrebbero aperto un buco negli EA senza problemi.

Utile.› commentò Corvinus.

Sì. Noi andiamo, manteniamo un contatto telepatico.

Sì.

«Gilia.»

Il moro si voltò e vide arrivare il suo capitano assieme alla sua vice e ai loro draghi, anche essi, come Asthar, grandi due volte un cavallo con archi e faretre legati alle selle. Taniil indossava la sua armatura rosso chiaro, sfumato, in tinta con il suo drago, al fianco destro aveva la sua sciabola, al fianco sinistro una spada corta della stessa fattura. Indossava il suo mantello da capitano, anche esso rosso sfumato, e teneva l’elmo sotto al braccio destro. Era strano vederlo armato e non con una bottiglia di mielassa in mano. I suoi lunghi e mossi capelli castano scuro, però, erano disordinati come al solito, una caratteristica insolita per gli elfi. La vice, Nuala, era nella sua armatura blu scuro, quasi nero, con la sua spada dalla forma tradizionale elfica al fianco sinistro e uno scudo sullo stesso braccio. Un insolito pugnale dalla doppia lama era assicurato alla cintura sul fianco destro.

«Capitano, vice-capitano.» rispose con un leggero inchino del capo.

«Tutta l’ottava divisione è incaricata di proteggere il cancello.» gli ricordò Nuala con il suo solito modo di fare serio.

«Sì, stavo giusto arrivando. Mi sono appena finito di armare e stavo parlando con Alea.»

«Capisco. La decima divisione è già partita in volo?»

«Si stavano organizzando. Ecco, stanno decollando ora.»

«Sei in contatto diretto con Alea, molto bene, questo potrebbe tornare utile. Dille di comunicare ad Ascal di mantenere anche alcuni Cavalieri in volo sopra alla Rocca perché controllino la situazione dall’alto e ci diano manforte con le frecce. Nuala, la settima divisione a che punto è?»

«Stanno ora instaurando il contatto telepatico con tutti i draghi e i Cavalieri della Rocca.» rispose la vice dopo qualche secondo.

Era incredibile come l’Ordine fosse ben organizzato e che in eventi disastrosi come invasioni e grandi battaglie tutto fosse sempre sotto controllo. Però Gilia non poté non ripensare alla notte del furto del Pomolo: anche allora tutti erano schierati con formazioni ben pensate e tutto era costantemente monitorato dalla decima e dalla settima divisioni, eppure Raiden aveva fatto strage di Cavalieri su Cavalieri, tra cui Daratrine, aveva messo fuori gioco Althidon, aveva imbarazzato i quattro Anziani del Consiglio più potenti, aveva ucciso Evendil e morso Siirist senza che nessuno potesse fare niente. E a capo della Setta c’era qualcuno di anche più potente: solo a pensarci a Gilia venivano i brividi.

‹Stai tranquillo, agitarti non servirà a niente.› lo rassicurò Asthar.

‹Lo so, ma sono preoccupato per te. Non mi piace come nelle visioni di Alea non ci foste voi draghi.›

L’Incubo non rispose ma avvicinò il capo alla fronte del Cavaliere e i due restarono così in contatto per qualche momento, prima che l’uomo gli salisse in groppa. Il drago seguì gli altri due degli ufficiali e raggiunsero la piazza principale di fronte al grande cancello.

 

Eiliis era in volo accanto ad altri draghi della decima divisione. Lo stare così vicini le dava un fastidio inesplicabile, amava stare sulle sue più di qualunque altro drago, e quella era una sua caratteristica che non avrebbe mai perso. Non aveva mai volato in uno stormo del genere, il rumore generato da tutti i battiti di ali era come quello di un tuono possente, qualcosa che solo Raijin avrebbe potuto scatenare con i suoi tamburi. La notte era buia, il cielo era coperto da pesanti nubi e tutte le stelle non erano visibili da dove si trovavano loro, ma la vista draconica, migliore di quella elfica, le permetteva di intravedere sufficientemente bene tutto ciò che si muoveva sulla superficie del mare. Alea avrebbe gradito utilizzare un incantesimo per vedere meglio nel buio, ma Ascal lo aveva sconsigliato perché se si fossero improvvisamente trovati incapaci di usare il misticismo, passare da una vista perfetta alla solita sarebbe stato sfavorevole; meglio abituare gli occhi alla notte fin da subito. L’elfa non aveva potuto che invidiare, seppur per un momento, la vista da vampiro di Siirist.

Ora, dividiamoci.› comandò Ascal quando erano arrivati a cinque chilometri da Vroengard.

Proprio come era stato pianificato, i sessanta draghi della decima brigata si divisero in due gruppi e cinquanta (guidati dal capitano) continuarono a volare in avanti, diretti verso la fonte della sostanza aliena presente nell’acqua, mentre i rimanenti dieci, i migliori arcieri, salirono verso l’alto, con Tidus in testa in groppa alla sua celeste Saphira.

Alea guardò verso le nubi che rompevano le scatole al piano: dotata dei migliori poteri magici e dell’arco più efficiente, ella sarebbe dovuta andare oltre le nuvole, ma in quel modo non avrebbe potuto vedere nulla di quello che accadeva sotto. Al momento la magia funzionava ancora, quindi tanto valeva usare un incantesimo per disperderle. Lo lanciò e, ruggendo soddisfatta, Eiliis si slanciò con le ali e sfrecciò oltre tutti.

Fai attenzione.› si raccomandò il luogotenente.

Anche tu.

 

Gilia era seduto con il peso appoggiato prevalentemente sul lato destro e con la mano stringeva la possente mazza che aveva generato con il marmo nero. Era così imponente che il manico arrivava oltre la sua testa, a quasi dieci metri di altezza dal terreno. La parte contundente aveva una forma pentagonale che si faceva sempre più spessa in cima e ogni lato era tempestato da piccole ma terrificanti punte uncinate. Si era armato a dovere con le sue armi di Adamantio, era vero, ma aveva anche pensato che esse erano al loro massimo solo se unite all’uso della magia, quindi tanto valeva usare il marmo nero e creare un’arma capace di negare qualsiasi attacco che i nemici avrebbero portato, perciò aveva rimandato Giava e Bali a Oblivion. Nei giorni precedenti aveva, insieme ad Adamar e Ascal, creato balestre gigantesche che avrebbero sparato enormi arpioni di marmo nero, e tutti i draghi avevano tra le zampe almeno uno di questi arpioni. Nemmeno un EA sarebbe resistito contro un arpione di marmo nero scagliato da un possente drago. E intanto aspettavano.

 

Vedo qualcosa.› disse Eiliis.

Alea guardò attraverso gli occhi della sua dragonessa, i propri tenuti chiusi perché inutili in mezzo a quella oscurità, e vide delle sagome scivolare lungo il mare. Sgranò gli occhi per l’orrore e rabbrividì. Le navi da guerra in avvicinamento erano un’infinità, e non venivano solo da una direzione, bensì avevano completamente accerchiato Vroengard. Richiuse gli occhi e si riconcentrò sulla vista della compagna mentale e vide i draghi guidati da Sephyr, il drago di Ascal, discendere di colpo verso le navi più vicine.

Tutto accadde all’improvviso. 

Anche sotto tortura, Alea non avrebbe mai saputo spiegare cosa era successo, fatto sta che qualcosa, percorse l’aria come un flebile grido e tutti i draghi precipitarono verso il mare. I cannoni delle navi puntarono verso il punto in cui erano caduti draghi e Cavalieri e iniziarono a sparare.

«No!» gridò mentre osservava impotente il suo capitano e i suoi compagni svanire nel dominio di Tenma.

Eiliis e il resto della squadra guidata da Tidus e Saphira erano fuori dal raggio d’azione di quel misterioso attacco, ma anche ai draghi di questo gruppo iniziarono a fischiare le orecchie. La dragonessa bianca ruggì di dolore e scosse la testa come per scacciare il fastidio. Reprimendo una rabbia violenta, Alea invocò una freccia e tese l’arco; la avvolse nel suo Fiume di Stelle prima di scagliarla, e nel suo tragitto verso uno dei cannoni lasciò dietro di sé una scia luminosa azzurra e dorata. Ma non arrivò nemmeno a dieci metri dalla nave che l’incantesimo si dissolse e la freccia di Adamantio non fece altro che bucare il cannone da parte a parte senza danneggiarlo troppo. Almeno prese uno degli uomini sotto ad esso in pieno petto. Istantaneamente i cannoni si voltarono verso di lei e il resto della squadra e spararono all’unisono. I dieci draghi evitarono con non troppa difficoltà i missili, ma quando arrivò l’ultimo, esso liberò lo stesso suono acuto che aveva affondato i cinquanta draghi di prima, e con orrore, Alea sentì la mente di Eiliis spegnersi ed entrambe precipitarono verso la nera superficie.

 

‹Cannoni?› alzò la testa Asthar e guardò verso sinistra.

‹Sì, è lo stesso suono dell’EA che ci ha fatto avere Siirist.›

‹Cosa starà succedendo?›

‹Non lo so, ma spero che Alea stia bene.›

Un’improvvisa furia dell’elfa aveva momentaneamente bloccato il loro contatto telepatico. Tutto d’un tratto Gilia si preoccupò anche di più.

‹Eiliis!› gridò Asthar.

‹Che succede?!›

‹Non lo so… Si è spenta…›

‹È morta?!›

‹No… non credo…›

Gilia! Fate allontanare subito tutti i draghi! Rimanete solo voi Cavalieri! I draghi non possono nulla, li neutralizzano istantaneamente!

Per un momento Alea si era rifatta viva prima di sparire di nuovo.

Alea! Che succede?! Spiegati meglio!

Ma non c’era niente da fare.

«Capitano!» chiamò con urgenza.

«Lo so, sono stato già avvisato dalla settima divisione. Tutti quanti, smontate!»

I Cavalieri obbedirono e una volta che ebbero preso tutto lo stretto necessario da ciò che era stato legato alle selle dei loro draghi, questi volarono via. Nel giro di venti secondi la Rocca fu avvolta nel boato del battito d’ali dei giganteschi rettili mentre questi volavano verso l’alto.

‹Saremo a mille metri di altezza sopra la Rocca e proveremo ad aiutarvi al meglio che possiamo da lì.› disse Asthar.

‹Sì. Fai attenzione. Cercherò di trovare questa loro arma il prima possibile, tu cerca Eiliis e Alea.›

‹Certo.›

«Tutti quanti! Tenete!» richiamò Gilia.

Dal terreno sotto ai piedi di tutti i Cavalieri radunati davanti al cancello si formò una spada di marmo nero.

«Impugnatela e prenderà la forma che più desiderate!» spiegò.

Per sé creò dei dardi per balestra e una spada identica a Enedome ithil che infilò in un incavo che aprì nella gigantesca mazza.

‹Ve la farò pagare, luridi pezzenti.›

‹Gilia, c’è qualcosa in avvicinamento quassù nel cielo. Aeronavi?› lo informò Asthar.

‹Vattene da lì, allora, potrebbero avere anche loro quelle armi anti-drago!›

‹Odio essere così inutile…› ringhiò ferocemente.

‹Non te la prendere, amico mio, sono certo che avrete modo di farvi valere anche voi draghi.›

‹Sì, ma tu fai attenzione.›

Dal cielo piovvero migliaia di persone, tutti umani, guerrieri, soldati armati con Materia di ogni tipo, stranieri dotati di armi sconosciute a Tamriel. Gilia mosse la mazza che ridusse ogni osso in briciole a cinque degli invasori.

‹Si comincia.›

Insieme agli umani atterrarono anche gli EA, che incominciarono a sparare senza alcuna remora. Gilia guardò con orrore tre dei suoi compagni di brigata venire dilaniati da uno dei missili. Un secondo missile arrivò verso di lui, ma la mazza di marmo nero lo neutralizzò. Solo per prova tentò di usare un incantesimo, ma non funzionò; gli spiriti del suo marmo erano ancora attivi, però, e rispondevano alla sua volontà.

‹Ma che?›

Vide Taniil tagliare in due un nemico, sicuramente un Valendiano, vestito con una strana armatura blu con quelle che sembravano linee energetiche luminose che la percorrevano e si concentravano su una grande sfera al centro dell’elmo che richiamava l’idea di un occhio. Alla morte dell’uomo, anche le brillanti linee azzurre si estinsero.

Corvinus entrò in sintonia con gli spiriti nella sua mazza e, per la sua meraviglia, essa cambiò forma proprio come aveva pensato.

Forse i loro inibitori non hanno effetto su spiriti già evocati? Settima brigata, contattate Eimir! Ditegli che se gli è ancora possibile, evocasse ora degli spiriti perché gli inibitori dei Valendiani non hanno effetto su spiriti già evocati!

Ricevuto!› rispose uno degli addetti alla comunicazione telepatica.

«Argh!» gridò Gilia.

Estrasse la spada di marmo nero dalla mazza prima di scagliarla e schiacciare un EA. Poi piantò la spada nel terreno e liberò il potere degli spiriti nella roccia della collina; sotto ai vari nemici spuntarono spunzoni della pietra dei Beor che fecero una strage. Attorno a sé sollevò una nuvola di sabbia marmorea e da questa partirono raffiche di dardi mortali che trapassarono tutti i nemici, umani e EA, come fossero burro. Un EA tagliò a metà otto dei compagni di brigata del moro con la sua lama dai denti rotanti, così Corvinus pensò di dirigere i Serafini dei Beor a proteggere anche gli altri, ma con gli inibitori attivi, i suoi scettri avevano perso la loro efficacia, perciò era obbligato a controllare tutti gli spiriti con le sue sole capacità mentali. E non erano minimamente sufficienti per dare il loro meglio, specie perché non potevano essere gestiti usando la magia. Ben presto la nube sabbiosa si disperse, così come fecero tutte le armi create usando il marmo nero.

Scusate, non riesco più a mantenere gli spiriti del marmo! disse alla settima brigata.

Non importa, li avviseremo.

Con Enedome ithil e Caspio in mano, si lanciò contro i nemici, incominciando a falciarli uno dopo l’altro. Un EA sparò un missile contro di lui ma, la visiera chiusa e il suo colore dell’armatura dell’Ambizione che gli rafforzava ulteriormente l’armatura di Adamantio, Gilia fu solo sbalzato indietro senza riportare alcun danno.

‹Non c’è niente da dire, saper usare l’Ambizione è un vero vantaggio, è un bene che abbia imparato a svilupparla.›

Quando era andato ad Arcadia a conoscere re Orik, era stato anche visitato a sorpresa dalla Volpe Grigia che, in pochi giorni, gli aveva insegnato i fondamenti per risvegliare il potere latente dell’Ambizione, poi passati ad Alea che aveva risvegliato il suo colore dell’osservazione.

Ancora a mezz’aria, roteò su se stesso e falciò tre nemici, riuscendo a vederli grazie agli occhi mentali che aveva aperto. Considerando il potere distruttivo delle armi valendiane, forse sarebbe stato meglio continuare a tenere la visiera chiusa e a combattere con gli occhi mentali. Gridando furiosamente, compì un balzo in avanti e verso l’alto, arrivando ad una cinquantina di metri d’altezza, per avvicinarsi con irruenza all’EA. Questi sparò un secondo colpo, tagliato a metà da un colpo di Caspio avvolta in Ambizione, e arrivò alla macchina nemica, che aprì in due con Enedome ithil. Stava per uccidere il pilota dell’EA quando fu fermato dalla settima brigata.

Secondo i sogni di Alea, non sono solo gli EA ad inibire i nostri usi energetici, quindi abbiamo bisogno di interrogare qualcuno di loro per scoprire i loro segreti; abbiamo anche bisogno di sapere come abbiano fatto a neutralizzare i draghi così facilmente. Non uccidere quell’uomo ma portalo da noi.

Va bene.

Me ne occupo io.disse Adeo.

Gilia si voltò e vide l’appena giunto Cavaliere dal mantello svolazzante color arcobaleno e la sua armatura di Cristallo fucsia, con le maniche di seta e pizzi che ricoprivano il Cristallo in tinta con il mantello. Stava camminando tranquillamente verso di lui, senza curarsi di chi gli stava intorno e stava per essere colpito da un colpo di fucile di uno dei Valendiani, ma fra lui ed il nemico si formò uno scudo che poi prese la forma di una lancia e andò a centrare l’ “occhio” energetico in mezzo alla faccia dell’avversario.

‹Ma come…? La magia dovrebbe essere inutilizzabile! E comunque non è un mago capace di nulla di simile!›

Adeo marciò verso il prigioniero di Gilia e gli afferrò la mandibola con la sinistra, alzandogli la testa.

«Perdonami se ti farò male, ma sono di fretta.» disse.

E Gilia vide gli occhi dell’altro assumere una forma a spirale. Neanche un secondo dopo, Adeo lasciò la presa e la testa del Valendiano cadde in avanti.

«Le armature nevec, quelle blu percorse da energia, emettono delle onde che interferiscono con l’uso dell’energia, come i nuclei degli EA, ma liberano anche degli ultrasuoni in grado di far svenire i draghi. Distruggiamoli e i nostri compagni potranno tornare. Ma, una volta che questo sarà fatto, tutti i mistici che fanno parte della Setta interverranno.»

«Quindi non dobbiamo far altro che ucciderli tutti?»

«Esattamente.»

«Bene.»

Gilia abbatté Enedome ithil contro il nucleo dell’EA e fece per allontanarsi, ma poi ripensò ad una cosa.

«Quella è la stessa tecnica…»

«Che Siirist ha usato su Delmuth? Sì. Ma io ho usato la tortura solo per interrogarlo, e non ha resistito a lungo, quindi non ho infierito tanto quanto Siirist.»

«Poveraccio comunque.»

«Indubbiamente. Bene, è ora di incominciare a fare sul serio.» sorrise.

Gilia osservò come l’espressione solitamente gioiosa, anche troppo, di Adeo diventasse piatta, in particolare i suoi occhi avevano l’espressività di un morto.

«Esercito eroico.»

 

Appena prima di finire in acqua, Alea aveva fatto in tempo a prendere un bel respiro e si ritrovò trascinata inesorabilmente verso il basso dal peso morto di Eiliis. Non vedeva niente, solo il fioco bagliore della luna che si faceva sempre più debole e lontano, e non sentiva nulla se non il rumore del corpo della dragonessa che veniva scossa all’interno dell’acqua e creava una grande scia di bolle. Eiliis girava su di sé, scossa dalle forti correnti create dalla flotta nemica, e Alea non riusciva a slegare i lacci che la tenevano assicurata alla sella. Erano cadute in mare da più di un minuto ora e l’elfa incominciava a sentire un forte bruciore ai polmoni: aveva bisogno di respirare, doveva o riaffiorare o scendere a sufficienza in profondità per allontanarsi dalle navi e poter usare la magia. La sua freccia prima aveva perso la sua efficacia a dieci metri di distanza dalla nave, ma adesso erano indubbiamente ad una distanza maggiore dallo scafo, eppure il Flusso vitale, anche se richiamato, non si manifestava. Panico incominciò a farsi strada nel cuore della altmer, aveva paura che la sua compagna mentale potesse morire e temeva che lei stessa non riuscisse a sopravvivere e che, invece, finisse in fondo al mare, dimenticata. Il dolore ai polmoni era ora insopportabile, aveva bisogno di ossigeno. Punto. Non poteva aspettare ancora. I pensieri incominciarono a farsi annebbiati, ogni parvenza di lucidità si era dissolta assieme alla luce del cielo.

Eiliis! Eiliis, Eiliis!› chiamò disperatamente.

Il suo unico pensiero era di concentrare il Flusso vitale nel palmo destro, stava costantemente cercando di richiamarlo, sperando che le sue capacità mistiche tornassero prima che fosse troppo tardi.

Avanti, avanti, avanti, avanti, avanti!› pensò in lacrime.

Non ce la faceva più. Istintivamente, aprì la bocca e inspirò, nemmeno con la sua grande disciplina mentale era riuscita a reprimere quel gesto, e mentre sentiva l’acqua riempirle i polmoni, mentre sentiva la fredda morte invaderle il corpo, pensò a Siirist e chiuse gli occhi.

 

Per tutta la Rocca apparvero dal nulla degli imponenti guerrieri equipaggiati con armature e armi dall’aspetto formidabile. Sollevarono le loro spade, le loro asce, i martelli, le lance, gli archi e le alabarde e lanciarono un forte grido di guerra. Gilia ne vide due armati di spadone lanciarsi verso un EA e tagliarlo in quattro pezzi, distruggendo il nucleo, mentre un altro, roteando la propria lancia sopra la testa, falciò una decina di nemici che indossavano le armature nevec. Uno di questi guerrieri, che aveva una corazza dorata con due teste di leone che decoravano i copri spalla, una sorta di criniera che la adornava attorno al collo e un mezz’elmo, abbatté il suo pesante martello, impugnato con la sola destra, su un soldato nevec, trasformandolo in una poltiglia grottesca, e con la sinistra afferrò un EA e liberò dalla bocca un’ardente fiammata che sciolse il metallo della macchina da guerra.

«Ma cosa…?!» si chiese il moro.

Un altro guerriero, che indossava solo una pelle di leopardo attorno alla vita a coprirgli le nudità, agitava due fruste dentellate e con esse dilaniava tutti i nemici che gli capitavano appresso. Gilia non aveva mai visto nulla di simile. Non era un’invocazione, non era neppure un incantesimo. No, era come se si trattasse del frutto di un’illusione. Ma era possibile che esistessero illusioni in grado di avere effetto sulla realtà? No, era assurdo. Eppure tutto era nato da Adeo, da Adeo che aveva assunto un’espressione di assoluta concentrazione e impassibilità. Corvinus si limitò a guardare in estasi e meraviglia l’effetto della tecnica del Cavaliere dal drago fucsia, mentre tutti i guerrieri “creati” da lui facevano strage degli invasori. Quando un grande guerriero dalla testa di sciacallo abbatté la sua strana arma, una sorta di incrocio tra una scimitarra e una lancia, su un EA, dividendolo a metà, Gilia si guardò intorno e vide come non era più rimasta traccia dei nemici; per tutta l’area d’ingresso della Rocca, si vedevano le carcasse delle macchine da guerra nemiche e degli altri Valendiani. Con la bocca aperta si girò verso Adeo e lo vide cadere appena in avanti con gli occhi chiusi, e stava per corrergli appresso per sorreggerlo, ma subito si accorse che non ce ne era bisogno, perché si era già ripreso.

«Stai bene?»

«Un incanto.» sorrise come suo solito.

«Sono contento. Tra quanto arriveranno i rinforzi mistici della Setta?»

«Poco, il tempo che si accorgano che i Valendiani hanno fallito.»

«Credi abbia tempo di andare a cercare Alea?»

«No. E ricorda che al largo di Vroengard ci sono le navi valendiane, che hanno il potere di sigillare il tuo misticismo: sarebbe un suicidio.»

Corvinus serrò i pugni, intense scariche elettriche azzurre che si liberarono attorno ad essi.

«Sa badare a se stessa: se è viva, tornerà senza dubbio, in caso contrario, sarebbe già troppo tardi per andarla a cercare.»

Il moro stava per replicare quando fu fermato da Asthar.

‹Ha ragione. Dobbiamo solo sperare e pregare Tenma. Io e gli altri draghi stiamo tornando, intanto.›

‹Bene. Mostriamo a questi maledetti Scorpioni cosa significa provocare l’Ordine dei Cavalieri dei draghi.›

Rimandò l’armatura a Oblivion e si sedette a terra, la mente aperta ed estesa per percepire l’arrivo della nuova ondata di nemici, mentre si massaggiava le spalle.

«Stupidino! Basta chiedere!» gli disse Adeo.

Lo sfiorò appena e tutta la tensione muscolare svanì.

«Grazie.»

«Dovresti dedicarti di più alla magia organica, specialmente ora che devi tenere in conto l’uso dell’Ambizione: il colore dell’armatura è rinomato per essere molto pesante sul corpo. Non che io lo sappia per esperienza, non lo possiedo.»

Gilia si limitò ad annuire, concentrato com’era per percepire l’arrivo degli invasori.

 

Aulauthar si guardò intorno: come lui, tutti gli altri Consiglieri avevano il fiatone. Combattere quelle potenti macchine senza l’ausilio delle loro arti mistiche e dei draghi era stata un’impresa al limite dell’impossibile: era stata una fortuna che Eimir aveva pensato di evocare qualche suo spirito prima dell’arrivo dei nemici, altrimenti, il Cavaliere d’argento ne era certo, non se la sarebbero cavata tutti. Per la prima volta avvertì la mancanza di Delmuth che, nonostante il suo caratteraccio, si sarebbe mostrato utile sul campo di battaglia.

«Non possiamo continuare così.» affermò Syrius, avvicinatosi.

Aulauthar si limitò ad annuire mentre continuava ad osservare la situazione. Adamar era quello più stanco e ferito, la sua anzianità si faceva sentire, e senza l’intervento di quei misteriosi e strani guerrieri che erano apparsi dal nulla, anche con l’ausilio degli spiriti del Cavaliere d’Oblivion, il vecchio bosmer sarebbe caduto.

«Concordo, ma non c’è alternativa. Possiamo solo recuperare le energie dalle nostre gemme, guarirci e prepararci all’arrivo dei mistici nemici.» rispose al Cavaliere nero.

«Non aspetto altro.» disse con aria gelida questi, impugnando la sua doppia falce.

Aulauthar pensò bene di imitarlo e, sguainate le spade, le avvolse nella sua creazione di luce, dando forma ai suoi spadoni; anche il resto della sua armatura fu avvolto da un’intensa luce e gli incantamenti entrarono in risonanza con la sua magia, e si rafforzò con la sua ben nota armatura argentata.

Era certo che tutti e otto desideravano sapere, proprio come lui, chi, o cosa, fossero quegli strani guerrieri, ma quello non era il momento di pensarci, poiché avvertì l’avvicinamento dei nemici e si mise in guardia. Dall’alto percepì l’avvicinamento di potenti energie mistiche, indubbiamente gli Scorpioni avevano pensato di concentrare le loro forze principali contro il Consiglio, ma l’immenso inno mistico che scaturì dai poteri degli invasori fu reso vano da una nube di sabbia ferrosa di Adamar combinata all’Ombra divoratrice di Syrius, la sua speciale combinazione di oscurità e magia spaziale, capace di assorbire pressoché tutto, una versione meno raffinata del Vuoto del Cavaliere delle sabbie.

«Ali della fenice.» mormorò prima di librarsi in volo.

I due colleghi aprirono un varco nella loro barriera appena grande a sufficienza per permettergli di passare e cogliere di sorpresa il primo Scorpione, un umano armato con un’armatura in stile elfico, una lancia corta e svariati amuleti, e decapitarlo con la spada sinistra, mentre con la destra parava un fendente di un secondo nemico. Con un occhio mentale vide arrivargli in contro due elfi oscuri, ma non se ne curò e incominciò a preparare un incantesimo.

«Bianca luce della penitenza!» esclamò, puntando Vesta tel siir contro uno spettro che si era protetto con una sorta di armatura tenebrosa.

Nel momento in cui questi venne consumato dalla potente luce del Cavaliere d’argento, i due elfi corrotti, che lo avrebbero altrimenti colpito alla schiena, vennero falciati da due spade invocate da Eimir ciascuno. Aulauthar incrociò le spade e incominciò ad avvolgerle con le sue splendenti fiamme dorate, le portò dietro la testa e liberò il suo Inferno purificatore, proprio quando Ashemmi colpì i nove avversari che l’altmer aveva preso di mira con un suo incantesimo di suono, impedendo loro di erigere alcuna barriera. Essi bruciarono tutti a parte uno, i cui incantamenti avevano resistito alla magia del Cavaliere d’argento. Questi corrugò la fronte infastidito, ma non fece in tempo a finire il lavoro che l’avversario fu impalato da una guglia di marmo nero eretta da Adamar. Preoccupato, fissò un occhio mentale su di lui e lo vide sudato e anche più boccheggiante di prima: non era messo bene.

A terra, Felaern, spada e ascia alla mano, era intento a combattere undici avversari da solo, mentre Eimir faceva altrettanto con almeno il doppio, giostrandosi con le due armi alla mano, spada e daga, e le innumerevoli armi invocate che gli circolavano intorno e andavano a colpire i nemici senza lasciar loro tregua. E nonostante fosse così impegnato e concentrato contro tutti quei nemici, ognuno di alto livello, riuscì comunque ad invocare un mietitore che falciò uno spettro che era riuscito a cogliere Aulauthar di sorpresa. L’altmer sorrise e liberò le sue fiamme dorate in mezzo alla mischia, eliminando cinque degli avversari del Cavaliere d’Oblivion. Si scambiarono un cenno della testa come segno d’intesa e subito Aulauthar, fiancheggiato da Syrius avvolto nel suo Manto d’ombra, volò verso altri Scorpioni.

 

Ren menò la sua spada, trasformata nella sua forma gigante del Re serpente, e le fauci di questo andarono a dilaniare il terreno, ingerendone la pietra: se le barriere di quel mago resistevano al fuoco, avrebbe visto se funzionavano altrettanto bene contro il magma.

«Cannone scheletrico!» disse ancora, con più forza di prima.

L’elemento di fusione investì il nemico, spazzando via la barriera e ferendolo, ma non uccidendolo. Allora il vice-capitano sollevò il braccio verso l’alto ed il grande serpente metallico alzò la testa e aprì ancora le fauci, pronto ad inghiottire il nemico nel momento in cui il suo possessore avesse menato il fendente. Ma l’attacco fu anticipato da una pioggia di petali di ciliegio che fecero a pezzi lo Scorpione in maniera grottesca. Ren si girò quasi intimorito verso il suo capitano; in una battaglia “comune” si sarebbe arrabbiato, affermando che l’altro gli aveva rubato l’avversario, ma questa non era una battaglia “comune”, in questa Bial era feroce come non lo era mai stato, dal momento in cui aveva saputo della caduta della decima brigata, in particolare del loro capitano. Dopo il loro tentativo disperato di liberare Adeo, Alea e Gilia, i due capitano erano diventati quasi amici. E ora Bial era furioso. Non era rimasto più alcuno Scorpione nella loro area e la sua spada si ricompose a mezz’aria ed egli la impugnò, rinfoderandola.

«Andiamo.» disse con la sua solita voce piatta.

A volte Bial sembrava più un elfo di quanto non lo fosse Aulauthar e, dopo un brivido, Ren lo seguì verso il cancello principale, dove si era radunato il numero maggiore di nemici.

‹Ma stai attento, è così desideroso di vendetta che rischia di non prestare troppa attenzione ai nemici. È tuo compito proteggerlo finché arriviamo noi; saremo lì tra pochi minuti.› disse Zabi.

‹Certo.›

 

«Attenzione!» esclamò Adeo.

Gilia guardò verso l’alto e fece appena in tempo ad accorgersi dell’arrivo di uno Scorpione che indossava una pesante armatura; era di fattura strana, pareva qualcosa forgiato a quattro mani da un nano e un umano. Il nemico era imponente, dalla stazza si trattava senza dubbio di un orco, e brandiva una grande ascia a due mani che tendeva quasi all’essere una falce. Gilia non riusciva a credere di non aver percepito l’arrivo di un avversario e, senza la sua armatura, rischiava di essere falciato; non avrebbe nemmeno fatto in tempo ad erigere una barriera. Ma a questa pensò Adeo, che non aveva perso tempo a parole e aveva creato uno scudo dal nulla nel momento in cui aveva richiamato l’attenzione del Cavaliere d’Incubo. Poi dallo scudo si ersero degli spunzoni acuminati che cozzarono contro l’armatura nemica.

«Oh?» alzò un sopracciglio Adeo.

Attorno agli spunzoni esplosero fiamme nere che penetrarono l’armatura con facilità e, lo scudo scomparso, il cadavere dell’orco cadde a terra.

«Fuoco nero?!» esclamò scioccato Gilia, avvicinandosi all’altro.

«Una mera imitazione, purtroppo, le mie capacità mentali arrivano solo fino a tanto. Se cercassi anche solo di avvicinarmi alla effettiva potenza distruttiva del fuoco nero, mi verrebbe un aneurisma cerebrale. Ma anche un “fuoco nero” di bassa lega basta per consumare quasi tutto ciò che troviamo in natura. Adesso fammi un po’ vedere come ha fatto la sua armatura a resistere ai miei spunzoni.» disse avvicinandosi all’orco abbattuto e accovacciandosi.

Gilia era senza parole a sentire con che semplicità l’altro Cavaliere parlasse della sua capacità di ricreare qualcosa di simile al fuoco nero. E che razza di tecnica usava per creare tutte quelle cose da nulla? Scudi, fuoco nero, persino un intero esercito!

Mentalmente non riuscì a cogliere l’arrivo di nuovi nemici, dovevano in qualche modo essere nascosti da frequenze mentali oltre ad essersi resi invisibili, ma i suoi riflessi in allerta gli intimarono di proteggersi e innalzò due barriere di sabbia marmorea a difendere sé e Adeo, mentre si riequipaggiava con l’armatura del serpente e si preparava ad eliminare velocemente gli Scorpioni. Ma non ce ne sarebbe stato bisogno: per quanto Adeo paresse concentrato a studiare l’armatura nemica, aveva apparentemente percepito l’arrivo degli Scorpioni e li aveva eliminati con grandi spade apparse dal nulla che li avevano fatti a pezzi. Tutto questo prima che il moro avesse avuto il tempo di invocare l’armatura.

«Ah, ora vedo! Il mithril è stato messo a rivestire il Cristallo: niente di raffinato e lontano dalla perfezione dell’Adamantio, ma resta una combinazione efficace dei due materiali. In alcuni punti ci sono anche placche di Hellsteel, è ovvio che l’illusione reale usata prima non fosse abbastanza forte da tagliare questa armatura. Bene, vogliamo andare?»

Illusione reale? Di cosa stava parlando? Quelle armi, le fiamme e persino l’esercito erano un’illusione?!

«Oh, non stare lì imbambolato, siamo in mezzo ad una pesante battaglia. E visto ciò che sta per arrivare, ti consiglio di indossare l’armatura del toro.»

A Gilia bastò sentire il tremore del terreno e il boato per capire che qualcosa di molto grosso e pesante era appena atterrato a poche decine di metri da lui. Si voltò e contemporaneamente riequipaggiò l’armatura del toro, giusto in tempo per vedere un gigantesco drago terrestre che lo fissò con ferocia. Esalò il suo possente respiro che investì Corvinus con la forza di uno tsunami e lo scaraventò a oltre cento metri di distanza verso un gruppo di Scorpioni che combattevano con dei Cavalieri. Enedome ithil, unita alla Falce di luna, alla mano, si riprese a mezz’aria e tranciò in due un elfo oscuro, due orchi ed un nano in un sol colpo. Tornato a terra, affondò lo spadone nella roccia e innalzò sette guglie di marmo nero che trafissero i nemici rimasti prima di lanciarsi verso il drago terrestre.

‹Ne arrivano altri. Ma ormai ci siamo anche noi.› comunicò Asthar.

Il Cavaliere d’Incubo annuì e si diede una spinta, crepando il terreno sotto al piede destro, e volò in contro al colossale rettile, che era già stato attaccato da altri Cavalieri e i loro daedra. Ma nessun Cavaliere era equipaggiato con scettri incantati per combattere i draghi, e senza incantamenti specifici, superare la difesa magica ineccepibile delle scaglie draconiche era quasi impossibile per i un mistico comune. E cercare di perforarle fisicamente era anche più impensabile. Gli unici punti deboli della bestia erano gli occhi o l’interno della bocca e la gola; oppure bisognava avere armi in Adamantio o anche il marmo nero. Con la magia di terra, Gilia si rafforzò e alzò lo spadone impugnato con entrambe le mani; concentrò la sua Ambizione e menò un fendente così potente che l’onda d’urto viaggiò quaranta metri e tagliò a metà il drago dalla testa fino al ventre. Cadde in avanti, morto, e il sangue esplose come una fontana e si riversò sulla pietra del colle, dove andò a mischiarsi con quello già versato.

Si avvicinò ad Adeo, lo spadone a riposo appoggiato sulla spalla destra.

«Cosa credi sia quel grosso collare che il drago aveva al collo?» gli chiese.

«Considerando che i draghi terrestri sono bestie senza ragione e controllo, immagino sia uno strumento che permette agli Scorpioni di manipolarli e far loro obbedire i loro comandi.»

«È quello che pensavo anche io. Ci mancava solo questa.»

«Almeno abbiamo qualcuno con armi di Adamantio, non è cosa da niente! E ecco tornati i nostri cari draghi alati, che daranno del filo da torcere ai terrestri!» esclamò con gioia.

Adeo aveva appena finito di parlare che Corvinus sentì la vicinanza del suo drago nero e pochi secondi dopo, questi atterrò pesantemente.

‹Tu pensa a combattere i prossimi draghi terrestri che arrivano, io mi occupo dei bipedi.› disse l’uomo.

L’Incubo si limitò ad annuire.

«Vieni con me, sento una forte presenza mentale e mistica da quella parte, potrebbe farmi comodo averti vicino.» disse Adeo.

«D’accordo.»

Accarezzò Asthar e seguì l’altro in corsa, abbattendo tutti i nemici che incontravano. Superarono i grandi cancelli e guardarono verso il versante settentrionale di Vroengard: dalla punta saliva una grande colonna di fumo dove un tempo si erano trovati porto e villaggio. Gilia serrò i denti e scosse la testa, per poi ritornare al fianco di Adeo che, intanto, aveva incominciato la discesa.

‹Perdonami.› sentì nella sua testa.

Stava per guardare incredulo verso l’altro Cavaliere quando sentì i propri muscoli delle gambe lavorare senza aver ricevuto alcun ordine del cervello e balzò via con forza verso sinistra, Adeo che faceva lo stesso verso destra, appena prima di venire investiti da una terribile sfera di fuoco verde brillante amplificato da vento.

‹Preparati. Siamo dinanzi ai nemici più forti che sono arrivati fino ad ora. Soprattutto il loro capo, quello senza armatura. È un vampiro millenario.› disse ancora Adeo.

Gilia trasalì a quelle parole. Vide avvicinarsi a lui quattro persone in armatura, al centro delle quali vi era un uomo alto dagli strani abiti e i capelli argentati; questi soprattutto colpirono Corvinus, poiché gli ritornò in mente l’immagine di Raiden.

«Ha i capelli identici a quelli di Raiden…» mormorò.

«Naturalmente. I capelli di quella sfumatura argentata sono molto comuni all’interno del clan dei vampiri e, come ti ho detto, quello è un vampiro millenario. Tu devi essere Yuuki Katsurou, l’unico vampiro millenario che tradì Alucard e Raizen.» disse, rivolgendosi ai nemici in avvicinamento.

Gli altri indossavano armature dorate, forgiate nelle fattezze di vari animali. I due sul lato sinistro del demone avevano gli elmi che ricordavano teste di leone e aquila, e attorno al primo ancora ardevano fiamme verdi come quelle che avevano rischiato di colpire i due Cavalieri. Sul lato destro del vampiro, gli Scorpioni indossavano armature che richiamavano il lupo ed il cavallo.

«Sei informato, Cavaliere. Dunque non capisco perché sei ancora qui ad affrontarmi: siete solo in due e i miei poteri mentali sono senza confronti.» rispose con presunzione.

«Lo vedremo. Gilia, ti lascio i corrotti: il demone è mio.» sorrise Adeo.

Sfoderò per la prima volta la sua spada e Corvinus fu sorpreso nel vederla trasformarsi in un fioretto. Per un momento pensò fosse un’altra illusione, ma realizzò ben presto che la spada si era veramente trasformata, come le armi dei Consiglio.

«Una spada di Bhyrindaar?!»

«Non è il momento di fare domande, preparati a combattere.»

Gilia annuì e invocò Siberia nella sinistra. Rimandò l’armatura del toro a Oblivion e si scrocchiò il collo prima di richiamare la sua armatura nera e bianca.

«Curioso, anche tra di noi ci sono due con armature di toro e tigre.» commentò quello con la testa di leone.

Dalla voce, Gilia lo identificò come un elfo oscuro. Ma non era lì per chiacchierare: si mise in posizione e volò all’attacco, portandosi dietro una scia di sabbia marmorea.

 

 

 

 

 

~

 

 

 

 

Chi non muore si rivede… Chiedo immensamente scusa per questo lungo periodo di tempo in cui non ho aggiornato. Il prossimo capitolo si intitola SCONTRO MENTALE e non so proprio quando sarà pubblicato: è da un po’ che sono bloccato perché non so come far proseguire il combattimento fra Adeo e Yuuki, ma non voglio aspettare altro tempo per pubblicare questo, intanto. Ricordo a tutti che la descrizione dell’equipaggiamento di Adamantio di Gilia è verso l’inizio di IL FABBRICANTE DI MATERIA.

 

  
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