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Autore: SanjiReachan    02/06/2013    3 recensioni
Bart è sempre il solito ragazzino, genio del crimine, presenza malefica nella sua città, idolo per tutti i teppisti.
Ma anche lui a volte si annoia delle solite cose... solo che nessuno lo riesce a capire. Fin quando non arriva nella sua vita questo "ragazzo" che scoprirà essere molto più simile a lui di chiunque altro.
Insieme parleranno a lungo, spedendosi delle lettere, finchè Bart non scoprirà che è solo l'ennesimo trucco del suo rivale più temuto... ma questa volta, riuscirà a non affezionarsi?
Pairing: BobxBart
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo settimo:

What we do and What we need.


Bart seguì Telespalla Bob in quel vicolo. Non seppe perché, sapeva solo che era terrorizzato e non voleva essere lasciato lì da solo.
Mosse qualche passo prima incerto, poi sempre più sicuro, tenendosi comunque a debita distanza.
Il rosso si girò un paio di volte a guardarlo e aumentò il passo ignorandolo. Sembrava non volerci avere nulla a che fare, ma delle spiegazioni gliele doveva…giusto?
Per esempio sul perché gli avesse appena salvato la vita, dato che cercava da tempo di ucciderlo. Forse non voleva fosse un altro a togliergli questo piacere, ma perché non aveva colto l’occasione?
Senza accorgersene si ritrovarono all’ingresso di un grosso parcheggio.
Era buio e faceva molto freddo, tanto che riusciva a fatica a distinguere i colori delle macchine, illuminate solo dalla luce che emanavano i lampioni tutt’intorno.
In cielo le prime stelle erano spuntate timidamente, facendo compagnia alla figura della luna per metà coperta dalle nuvole scure. Doveva camminare molto velocemente per non perdere di vista l’uomo che stava seguendo, quasi si mise a correre, con nuvolette di aria fredda che gli uscivano dalla bocca ogni volta che l’apriva per prendere fiato.
Ma Bob continuava a tenersi a distanza, le mani in tasca e l’andamento rapido, non abbastanza rapido da seminarlo, quasi come se in cuor suo non gli dispiacesse essere seguito.
Bart provò a chiamare il suo nome un paio di volte, ma stranamente quando tentava di aprire la bocca se la ritrovava decisamente secca e da essa sembrava non potesse uscire nient’altro che il suo respiro affannato. Ormai sembravano essere giunti alla loro meta perché Bob rallentò il passo fino a fermarsi del tutto davanti a una Chevrolet nera.
L'uomo mise una mano in tasca ed estrasse un telecomando che usò per aprire l'auto.
Bart non sapeva che fare. Ormai nel parcheggio deserto risuonava solo l'eco dei suoi passi, e decisamente non sapeva come comportarsi una volta raggiunto il suo, per il momento, "salvatore".
Si fermò a qualche metro dal rosso, probabilmente perchè le sue gambe si sarebbero rifiutate di portarlo più vicino se ci avesse provato. Lui gli dava la schiena, quindi non riusciva a vederlo in volto, forse proprio perchè Bob non voleva mostrargli la battaglia interiore che stava avendo luogo dentro di lui.
Rimase immobile così, giusto per qualche istante, poi il ragazzino lo vide aprire bocca ed esitare, come se volesse dirgli qualcosa, ma il silenzio non venne rotto per attimi interminabili. Bart avrebbe voluto ringraziarlo, o per lo meno dire qualcosa. Oh, per esempio cosa?!
Grazie per avermi salvato la vita, ci vediamo la prossima volta che tenterai di aprirmi in due con un coltello! No, era escluso.
Finalmente Bob mise da parte la sua esitazione ed entrò in macchina come se niente fosse.
Accese il motore che con un rombo iniziò a riscaldarsi, ancora troppo annichilito dal gelo per funzionare appieno.
-Ehi! Cos’hai intenzione di fare, lasciarmi qui?- urlò il ragazzino cercando di riparare gli occhi dall’improvvisa luce dei fari che lo abbagliavano minacciosi.
Senza aspettare oltre decise di salire in macchina. Camminò fino alla portiera dei sedili anteriori, l’aprì e si sedette chiudendola con un tonfo.
-Bart, scendi fuori dalla macchina.-
In tutta risposta il ragazzino incrociò le braccia al petto.
-Non farmelo ripetere! Ho detto…- Bob fece un gran sospiro massaggiandosi la radice del naso con due dita.
-Scendi e basta.- continuò con voce bassa e roca, tenendo gli occhi chiusi ermeticamente come per cercare di calmarsi.
Bart sapeva di stare mettendo a dura prova la sua pazienza e si stava divertendo un mondo. Con la bocca piegata in un mezzo sorriso aprì lo sportello, scese con tutta la calma e la lentezza del mondo e lo richiuse solo per prendere posto sul sedile davanti, accanto a quello dell’autista.
-Per la barba di Lucifero…! Sapevo che non brillavi per arguzia, ma almeno credevo fossi abbastanza intelligente da evitare di mettere a rischio la tua vita!-
-Si, bè, alcuni la chiamano intraprendenza.- rispose il biondo guardandosi le unghie con nonchalance.
-Io la chiamo stupidità!-
-Sei tu lo stupido che non riesce a uccidere un ragazzino indifeso in un vicolo buio, di notte e per di più senza nessuno nei paraggi!-
-Me lo stai rinfacciando? Guarda che potrei cambiare idea da un momento all’altro.- una strana luce si accese per un attimo negli occhi dell’ex-clown ma Bart decise di averlo solo immaginato, anche se ora che ci faceva caso aveva iniziato a tremare.
Raccolse tutto il coraggio che gli era rimasto prima di ribattere.
-Allora quando ti decidi dimmelo! Che sono stanco di correre dietro i tuoi sbalzi di umore, Erry. -
Bob spalancò gli occhi per un secondo. Bart tenne lo sguardo basso, le sopracciglia aggrottate. Non ci aveva fatto caso, non l’aveva fatto a posta. Se ci pensava meglio non capiva da dove fosse uscito quel nome. Erry non esisteva, non era mai esistito. Bob interruppe i suoi pensieri bruscamente.
-Ora io me ne torno a casa. Faresti bene a scendere.-
Bart alzò un sopracciglio.
-E se non lo facessi?-
-Temo che sarei costretto a portarti dietro e a lasciarti dormire per strada questa notte. Or dunque?-
-Or dunque? Chi usa più la parola “or dunque”?-
In tutta risposta Bob riaccese il motore, che questa volta era pronto a partire, e uscì dal parcheggio semi-deserto con manovre accurate.
Bart notò come fosse precisa la sua guida, teneva gli occhi fissi sulla strada e le mani strette al volante. Suo padre invece era solito avere una mano impegnata a reggere una lattina di birra, e l’altra raramente prendeva il suo posto sul manubrio. Ora che ci pensava non sapeva davvero come facesse a guidare! Anche se la maggior parte delle volte faceva un paio di incidenti prima di arrivare a casa, e sotto le ruote della macchina erano sempre presenti pezzi della staccionata dei vicini.
Comunque era appena iniziato quello che si prospettava un viaggio lungo e noioso. Per di più né Bart né Bob avevano aperto bocca da quando era iniziato e nessuno dei due sembrava intenzionato a prendere la parola. E così stava andando a casa di Bob, uh? Lui l’avrebbe davvero lasciato dormire per strada tutta la notte una volta arrivati?
Il pensiero lo fece rabbrividire. Si voltò a guardare il finestrino, cercando di riconoscere qualche punto di riferimento per capire dove si stessero dirigendo.
Nell’auto regnava un silenzio assoluto, rotto solo dai rumori sommessi che le ruote provocavano correndo per le strade della città. Bart si ricordò che a Springfield la notte succedevano cose strane. Laboratori che saltavano in aria; riunioni segrete di organizzazioni mai sentite nominare; suo padre che correva in giro nudo credendo di essere sonnambulo… Con un tonfo la macchina prese in pieno una delle tante buche che caratterizzavano Main St. e Bart dovette afferrare il bordo del sedile per non sbattere con la testa contro il soffitto dell’auto.
-Allacciati la cintura di sicurezza.- una voce seguì lo sventato urto.
Bob aveva parlato con tono cupo e freddo, ma avrebbe giurato che in quelle parole fosse nascosta una nota di preoccupazione. Ne fu troppo stupito per seguire il suggerimento. All’ennesima buca Bob ringhiò nervosamente prima di sbottare arrabbiato.
-Non fai mai quello che ti dicono?- Bart lo vide chinarsi su di lui e cingergli il petto con quella che scoprì essere la cintura di sicurezza. Durò solo un attimo. Piccolo si, ma bastò a scatenare il caos nella sua mente.
Aveva sentito i loro corpi sfiorarsi, proprio com’era successo quella notte nel parco. Poteva ancora sentire il suo profumo che gli aleggiava intorno, il suo calore lo aveva abbracciato e avvolto delicatamente a mo’ di scudo, facendolo rabbrividire. Si sforzò di convincersi che era stato un brivido di terrore e non di piacere quello che si sentiva ancora partire dalla nuca fino ad arrivare all’altezza suo stomaco, che pulsava a ritmo dei battiti del suo cuore.
Tutto quello era inquietante, e ricordare gli avvenimenti accaduti nel parco gli fece provare un moto di terrore puro. Ma si sentiva confortato dall’impulso di protezione che gli stava dimostrando l’uomo alla guida.
Non era il suo primo viaggio in compagnia di Bob. Ora che ci pensava l’ultima volta che aveva attentato alla sua vita era stato proprio mentre lo portava in macchina a una partita di baseball.
Anche se poi si era ritrovato legato al sedile con del nastro adesivo…
Bart si chiese per un attimo come sarebbe stato andare a vedere una partita insieme a Bob. Tenne gli occhi fissi su di lui. Sotto di essi sfilavano i suoi lineamenti eleganti, illuminati dalle luci che a intervalli si specchiavano sul vetro del parabrezza. Era come se le ombre tutt’intorno danzassero tenendosi a distanza, come se le luci si unissero in un movimento tutto loro marcandone il profilo, mettendo in evidenza la sua figura, proprio come facevano le lingue di fuoco che ballavano sinuosamente bruciando la legna secca.
-Smettila di fissarmi così.- Bart si destò da quell’incantesimo e posò gli occhi sullo specchietto retrovisore, dove notò che quelli di Bob stavano confusamente ricambiando il suo sguardo. Girò la testa di scatto verso il finestrino e finse di provare interesse per un’insegna pubblicitaria al quanto squallida che avevano appena superato.
“Nuova birra Duff! Da oggi 71% sapore di birra!”
Ma che…?!
-Per la cronaca, non… non ti stavo fissando.- disse Bart dopo un po’, notando solo allora quanto secca fosse la sua gola e da quanto tempo non aprisse bocca per parlare.
Non riuscì comunque a nascondere un po’ di tremore nella voce, o lo strano bruciore che gli pizzicava le guance.
Anche un altro cartello fu superato, ma questa volta Bart scattò sull’attenti e lo guardò bene.
“You are leaving Springfield.”
Un attimo… -Dove stiamo andando?- domandò schiacciando il naso sul finestrino per seguire con lo sguardo l’insegna che ormai si erano lasciati alle spalle. Bob sbuffò nervosamente.
-Credevo che fosse chiaro. Io sto tornando alla mia dimora, le nostre strade si divideranno una volta arrivati, non voglio fare da balia per tutta la notte a un miserabile piccolo…-
-Quanta strada dobbiamo ancora fare?-
-Abbastanza.- rispose Bob, irritato dalle continue domande. Guardò con la coda dell’occhio il suo compagno di viaggio e aggrottò la fronte.
-Perché?-
-Le lettere…- rispose Bart quasi mormorando.
-Come scusa?-
-Le lettere.- questa volta tossì prima di rispondere, così che la voce fosse più udibile.
-Le trovavo quasi ogni mattina nella casetta sull’albero. A volte anche il pomeriggio. Ma tu non vivi qui, insomma, facevi tutta questa strada ogni giorno per darmele?-
Bob restò in silenzio. Ingoiò un paio di volte, ma Bart non sembrò accorgersene.
In realtà ogni sera il corpo docenti della scuola in cui lavorava si organizzava per mangiare fuori. A volte era solo un aperitivo al bar per chiacchierare un po’, altre volte erano cene che duravano tutta la serata. A Bob piacevano quelle uscite, i suoi colleghi erano brillanti e si divertiva a ingaggiare conversazione illuminanti con loro o a prendere in giro qualche alunno nullafacente. Ma puntualmente, dopo ogni uscita, Bob allungava il suo tragitto e passava a Springfield ogni volta. Nel silenzio si arrampicava sulla casetta sull’albero e lasciava lì il suo messaggio. Alcune volte se ne andava, altre invece si dilettava a guardare la finestra posizionata di fronte all’albero, dove un ragazzino dormiva tranquillamente muovendosi sotto le lenzuola che lo coprivano scompostamente, le maniche del pigiama verde arrotolate appena sopra il gomito.
Se ne stava lì sopra, a volte per ore, e lo fissava, il mento adagiato sul palmo della mano, un sinistro sorriso a dipingergli le labbra.
Non che fosse uno stalker. Non si rispecchiava in quel genere. Lui era più… come lo aveva definito lo psicologo della prigione? Ah, assassino compulsivo. Suonava bene no?
Bart fece un colpo di tosse e vide Bob trasalire.
-Ehi, guarda che io sono ancora qui!- disse con voce lamentosa.
-Purtroppo hai ragione.- grugnì Bob tra un sospiro e l’altro.
-Allora? Mi devi delle risposte! Perché le lettere? Perché rapirmi per poi lasciarmi andare? Perché mi hai salvato stasera?-
Bart capì che il suo terzo grado stava mettendo a dura prova la pazienza del rosso. Lo vide stringere forte gli occhi, quasi ermeticamente, come a voler essere lasciato fuori da tutto il mondo. Oppure per non permettere che qualcosa entrasse dentro?
Poi, con una brusca manovra, la macchina accostò sul sentiero accanto alla strada. Bart sentì un rumore di freni in sottofondo mentre si aggrappava a qualunque appiglio gli capitasse a tiro per tenersi un po’ più saldo, trascinato a destra e a sinistra dall’oscillazione dell’auto. Quando le ruote si fermarono, sotto di loro si era alzato un gran polverone. La strada di fianco era deserta, neanche una macchina si era vista passare da quando l’avevano imboccata, alcuni minuti prima. Fuori era buio pesto, se non fosse stato per la luce della luna e di alcune stelle che brillavano fiocamente nel cielo, intimidite dai forti bagliori delle città tutt’intorno. Nell’auto il silenzio si era fatto pesante, solo in quel momento Bart si accorse di quanto freddo facesse in realtà, mentre il suo respiro affannato per la paura creava piccole nuvolette di aria fredda che si perdevano nell’immobilità di quella tacita atmosfera.
Avrebbe voluto stringersi un po’ di più nel suo giubbino rosso, o scaldarsi le mani sfregandole tra loro ma realizzò solo allora che le aveva ancora ben salde alla portiera e al sedile, incapace di fare un movimento, paralizzato per lo spavento appena avuto.
Bob, dapprima completamente immobile, dopo pochi attimi riprese a respirare, così che i suoi ansiti si aggiunsero a quelli del biondo che ormai riempivano l’interno della macchina.
Bart tese per un attimo l’orecchio ascoltando il rinnovato canto dei grilli, probabilmente si erano ripresi dallo spavento iniziale che il forte rumore di pneumatici doveva avergli provocato. Quindi fu per lui una sorpresa quando la voce calda e affannata di Telespalla Bob iniziò a parlare, facendolo irrigidire per un attimo sul suo posto.
-Perché… Mi chiedi?-
Non ebbe il coraggio di guardarlo in faccia, ma il suo respiro era aumentato.
-Se vuoi sapere la verità, allora te la racconto.- disse tenendo gli occhi fissi sulla strada buia dinnanzi al parabrezza. –Ho iniziato a mandarti delle lettere per farti abbassare la guardia, per far si che mi rivelassi tutto di te, per prenderti alla sprovvista. Quando ho capito che la cosa stava iniziando a farsi personale da entrambi i lati ho deciso di dover agire. No sapendo però, ahimè, che era troppo tardi. Con un trucco astuto ho convinto Krusty a fare uno spettacolo, sapevo che avresti preso i biglietti, era prevedibile. Così mentre tutta la città era a godersi lo show, io mi sono abilmente introdotto in casa tua. Ma Krusty era solo un diversivo, il mio vero obbiettivo era fare in modo che una volta terminata la serata tutti fossero troppo stanchi per andarsene in giro, affinché nessuno mi notasse mentre ti rapivo e portavo verso il tuo amaro destino. Fin troppo geniale, vero?-
Bart alzò gli occhi al cielo facendo una smorfia. Era insopportabilmente narcisista quest’uomo!
Si beccò un’occhiataccia da parte del rosso, che però continuò la sua storia.
-Ma qui, purtroppo, è dove la mia opera machiavellica si è conclusa assai tristemente. Non sono riuscito a finirti, malgrado non avessi nulla da perdere. Ho semplicemente deciso di lasciarti andare. Per quanto riguarda stasera invece… diciamo che sei stato fortunato a trovarmi nei paraggi. Penso tu sappia benissimo il motivo per cui ne sei uscito illeso. Non avrei mai lasciato ad un mediocre rapinatore qualunque l’onore di uccidere Bart Simpson.-
Qui il monologo finì. Bart si maledisse mentalmente per avergli fatto tutte quelle domande. Quando iniziava a parlare proprio non la smetteva più!
Comunque non poteva fare a meno di notare che il suo corpo adesso si era rilassato completamente nell’udire la voce calma da baritono di Bob. Si sistemò meglio sul sedile a riflettere su quelle parole mentre il motore si mise in moto con un rombo basso.
Con esso si accesero anche i fari, l’unica illuminazione in quella strada deserta. Vide Bob azionare la stufa della macchina prima di fare inversione tornare in senso opposto sulla strada a due corsie che stavano percorrendo poco fa.
E prima che il ragazzino potesse chiedere qualunque cosa il rosso aggiunse:
-Ti riporto a casa. Sei un moccioso insopportabile.-
Bart rispose a quelle parole tirando fuori la lingua in direzione dello specchietto retrovisore, dove gli occhi di Bob si posarono un momento dopo accigliandosi.
Non disse nient’altro poi, troppo occupato a guidare.
Bart si accoccolò nel sedile poggiando la testa sulla morbida imbottitura. Solo ora che l’atmosfera era diventata più tranquilla si accorse di quanto fossero comodi in realtà. Chiuse gli occhi facendosi cullare dall’aria calda che stava inondando lentamente tutta l’auto, riflettendo sulla verità che finalmente adesso conosceva. In realtà gli sembrava molto strano quanto poco questa lo avesse turbato. Forse perché, ora che la sua vita non era più in pericolo, non aveva motivo di ripensare a tutta quella brutta vicenda. O forse perché stava finalmente facendo ritorno a casa e si sentiva troppo sollevato.
Anche se, in fondo in fondo, sapeva che parte del merito era la vicinanza con Telespalla Bob che lo faceva sentire inspiegabilmente tranquillo.
Era molto stupido, doveva ammetterlo, perché mai uno doveva sentirsi tranquillo vicino a un pluricondannato per tentato omicidio? Soprattutto se era stato lui l’obbiettivo del tentato omicidio?
Eppure non riusciva proprio a spiegare la sensazione di sicurezza che gli trasmetteva.
Ma era stato sincero su quello che aveva detto? Aveva rivelato tutta la verità? C’erano alcuni interrogativi che ancora non si spiegava. Non riusciva a togliersi dalla mente le parole di quella notte “Non mi importa come finirà, ma dovrò vendicarmi”.
Non si fidava ancora di Bob. Come poteva? Per il momento sapeva che lo avrebbe lasciato stare, ma sarebbe durata?
Bart si accorse di stare perdendo la lucidità poiché le palpebre erano diventate troppo pesanti per essere aperte.
Sommerso da tutti i quei pensieri, che di lì a poco sarebbero stati destinati a sparire, Morfeo lo richiamava a sé.
Ma non era ancora del tutto addormentato quando sentì una carezza leggera sulla fronte. Bob non poteva sapere che il piccolo non aveva ancora perso tutta la lucidità, mentre con fare affettuoso gli accarezzava timidamente un ciuffo di capelli posato sulla tempia.


Fine settimo capitolo.
 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Sono di nuovo qua :3
Che dirvi? Non aggiorno questa ff da secoli! Anche se so gli avvenimenti come si dovrebbero svolgere e ho in testa tutti i piani più o meno... 
Scusate il ritardo, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate di quest'ultimo capitolo.
Come avrete notato c'è un'aria molto più rilassata ed è sparito il terrore iniziale, ma rimane la rabbia e la diffidenza, soprattutto per Bart.
Ho voluto rendere il linguaggio di Bob più raffinato possibile, dato che lui è un uomo di cultura e spero che l'effetto sia riuscito bene.
Inoltre ci sono vari riferimenti a puntate dei Simpson, come al solito. Non riesco a trattenermi! xD
Che altro? Ah si, l'auto di Bob nel capitolo è questa:
Elegante seppur anonima allo stesso tempo.
Il prossimo capitolo è già anche quasi finito, quindi non ci metterò molto a postarlo.
Ragazzi grazie mille per la pazienza di chi mi segue, mi ha recensito e mi legge. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza! Alla prossima!!
XXX


By Rea-chan x3

  
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