Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: _Frency_    02/06/2013    2 recensioni
Dal testo:
[...] Lei, la ragazza senza nome dallo sguardo assente, aveva dei meravigliosi occhi verdi speranza. Una speranza così forte e disarmante da palesarsi in tutta la sua meraviglia. E tutta la speranza che celava in fondo a quegli specchi smeraldini sembrava aver abbandonato il suo corpo, per andare a rifugiarsi solamente nei suoi occhi. [...]
Lei si chiama Nesta. Come il secondo nome del famoso Bob Marley. Non è nessuno e non cerca di diventare qualcuno. Agli occhi di molti è senza età, e ad altrettante tante persone appare molto più trasandata e provata dei suoi coetanei. Ha una famiglia numerosa, ma non ha genitori. Anzi sì, ci sono, però sono lontani. O forse è lei ad essere distante da loro. Patita del reggae, è una fumatrice incallita e odia ballare. Non è bella, almeno non a prima vista: è strana.
Quando i Tokio Hotel al gran completo fanno la sua conoscenza, è un caso: Bill e Nesta sono ricoverati nello stesso ospedale, ma per motivi ben differenti. Nesta non ha paura della morte, ma non per questo si definisce coraggiosa, no. Lei si definisce incosciente. Quando la sua vita si ritrova legata a quella di "quattro mocciosi ricchi sfondati" come li definisce lei, non è felice. Affatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8: Escape.

§

 

Bill si stava specchiando nell’immenso specchio appeso nel bagno al piano superiore, quando aveva sentito la porta si casa sbattere in modo preoccupante.

Per l’ennesima volta.

Da parecchi giorni, ormai, Tom tornava a casa sempre irritato e nervoso. Ogni volta, poi, filava dritto nella sua stanza e attaccava a suonare tutto il repertoriopiù scatenato che conosceva, senza mai scegliere qualche pezzo più melodico o struggente.

E dire che di canzoni romantiche e dolci ne abbiamo composte…

In quel momento il ragazzo poteva sentire chiaramente i passi del gemello che saliva le scale, poi il cigolio della porta della sua stanza che si apriva e infine il rumore sordo del corpo del fratello che si lasciava scivolare sul letto. Sentiva quegli stessi suoni da troppo a questo punto, e avrebbe potuto contare i minuti che separavano le sue povere orecchie dall’ennesimo assolo di chitarra acustica.

Chitarrista da strapazzo dei miei stivali!

Tsk, è ora di farci due chiacchiere caro mio.

-Tom!- sbottò allora il cantante, lasciando perdere smalti e simili per dirigersi a passo di marcia nella stanza del suddetto ragazzo.

-Tom- ripeté Bill socchiudendo la porta della stanza. 
La finestra era chiusa e la tenda tirata, nonostante fosse relativamente presto. Nemmeno le sei e mezza di sera e nella camera di suo fratello sembrava notte fonda. Il cantante alzò gli occhi al cielo, sentendo il grugnito del fratello provenire dalla sua bocca premuta contro il copriletto.

-Ma che ti prende, si può sapere?- chiese il moro, facendosi largo tra biancheria, cappellini e fogli di carta appallottolati per raggiungere la tenda, scostarla con un gesto secco e aprire finalmente i vetri della finestra.

Ah, aria.

Il chitarrista premette ancora di più il volto contro il materasso, alzando elegantemente un dito medio in direzione del gemello.

-Sì, ti voglio bene anche io. Ora si può sapere che ti succede?-

-Bill, per favore, esci-

Questi scrollò la lunga chioma, rivolgendo per l’ennesima volta lo sguardo al cielo, esasperato dalla testardaggine del fratello.

-No, non esco finché non mi vorrai spiegare il motivo della tua regressione da ragazzo più o meno normale a psicopatico e lunatico chitarrista, che si diverte a spaccarmi i timpani da un numero indeterminato di giorni!- fece Bill, cocciuto come poche volte in vita sua.

-Ho lasciato correre le prime volte, ma adesso non ce la faccio più!-

Tom da un lato sarebbe stato contento del ritorno a ragazzo logorroico e paranoico da parte di suo fratello, se non fosse che quella paranoia e quei fiumi di parole si riversassero inevitabilmente contro di lui.

-Allora?- incalzò il moro, sedendogli accanto sul letto e strattonandolo malamente per un braccio.

Esasperazione. Suo fratello lo prendeva per esasperazione, ecco perché finiva sempre con il raccontargli tutto.

-Prometti che se rispondo te ne vai e mi lasci in pace?- domandò incerto il rasta, senza nemmeno alzare lo sguardo dal copriletto contro cui aveva ancora il viso premuto.

-Sì- rispose sicuro l’altro, sempre più curioso. Sentì Tom respirare profondamente, senza però essere sicuro del motivo. Sperava semplicemente che non fosse accaduto niente di grave per cui preoccuparsi.

È quasi un mese, se non certamente di più, che mi vedo con Nesta. È speciale.

Ecco che cosa avrebbe dovuto dire, senza troppi giri di parole.

-Ti… ti ricordi di quella ragazza, Nesta?- provò incerto il chitarrista.

Bill sgranò gli occhi, senza nemmeno cercare di nascondere lo stupore. Tom aveva alzato il volto di pochi centimetri dal materasso, ma vedendo l’espressione del fratello preferì seppellire nuovamente il viso nel morbido copriletto, afflitto.

-Nesta, quella Nesta?-

-Cacchio Bill, secondo te quante Nesta conosco?- sbottò Tom, esasperato dal comportamento del fratello. Lui aveva un disperato bisogno di comprensione, e quello che faceva? Gli spiattellava davanti la migliore espressione stupita del suo repertorio.

-Da quanto va avanti questa… questa cosa?- domandò il moro.

Cosa. Anche per te è inconcepibile chiamare la nostra… cosa “rapporto”, vero? Ah, mi sento sollevato, almeno non sono il solo a trovarlo difficile.

-Boh, è già un po’ che ci vediamo. Sai, quanto abbiamo qualche ritaglio di tempo libero durante la giornata ci incontriamo. Te ne avevo già accennato, mi pare- rivelò Tom, sempre piuttosto riluttante.

Il gemello, intanto, cercava di capire il perché. Il perché di tanto silenzio, il perché di quegli incontri. Che cosa aveva il suo splendido (rompiscatole sì, ma in fondo sempre suo fratello) gemello in comune con quella tossica?

A parte la capigliatura di dubbio gusto, che cosa avete in comune?

-Bill, senti, se devi continuare a sfoggiare quell’espressione da rincoglionito cronico puoi anche andartene- ringhiò il chitarrista.

Il ragazzo chiamato in questione abbassò lo sguardo, colpevole.

-Sì, scusa, forse hai ragione- Bill scosse il capo sconsolato. Che cosa doveva fare a quel punto?
 


Christian, rientrando in casa, aveva avuto il brutto presentimento che fosse successo qualcosa, visto che la voce bassa di Nesta non l’aveva accolto con l’usuale saluto. Anzi, c’era fin troppo silenzio all’interno dell’appartamento. Fece mente locale: le due gemelline erano andate a casa di un amichetta a dormire, perciò non doveva preoccuparsi. Jacqueline era decisamente abbastanza grande per non doversi preoccupare, ma la sua adorata Marley dove era andata a cacciarsi? Corse in camera della ragazza, con un pensiero sempre più cupe che andava a formarsi nella sua mente. Sua sorella avrebbe dovuto smontare il turno una ventina di minuti prima, e poi sarebbe dovuta rincasare perché avevano deciso di passare la serata insieme a guardarsi un film, mangiare schifezze e fumare. Eppure, Nesta non c’era. Imprecò silenziosamente, mentre componeva il numero della ragazza al cellulare.

-Il numero selezionato è momentaneamente irraggiungibile, la preghiamo di…- si premurò di informarlo l’insopportabile voce metallica e piatta della segreteria telefonica, a cui nemmeno lasciò il tempo di finire la frase.

Cosa stai combinando, Marley?
 
Nesta aveva sentito il cellulare squillare nella borsa in modo ovattato, e si era ben guardata dal rispondere. Effettivamente, aveva immaginato che fosse suo fratello, e le dispiaceva un po’ anche il fatto di aver mandato all’aria la loro serata. Però non avrebbe retto qualche giorno di più, poco ma sicuro. Ogni giorno sentiva che quella prigione invisibile le si stringeva sempre più addosso, impedendole di respirare. Il luogo dove poi aveva iniziato a lavorare non era certo l’ideale in quel momento, dato che pullulava di persone la cui massima aspirazione era renderle la giornata un inferno. Si era ritrovata, perciò, a imboccare una delle tante strade della periferia per dirigersi lontano, sempre più distante da casa sua. Tutto quello che le occorreva l’aveva con sé, ora necessitava solo di un posto dove poter comprare una bottiglia di un qualsiasi cosa di alcolico abbastanza per stordirla. Frugò nella borsa alla ricerca del suo fidato pacchetto di sigarette, l’unico mezzo che al momento aveva a disposizione per scaricare l’ansia e la frustrazione. Tirò una profonda boccata di fumo, inebriandosi del profumo acre della nicotina che le bruciava la gola e i polmoni.

-Dovresti piantarla di fumare come una ciminiera-

Sorrise, al ricordo di una delle tante chiacchierate notturne con il suo Rastaman. Stavano seduti su una panchina piena di scritte di dubbio senso, e lei aveva portato le labbra all’ennesima sigaretta della serata.

-Anche tu fumi come una ciminiera, e pure tuo fratello scommetto che non è da meno- aveva ribattuto secca.

In effetti, era la verità, tanto che Tom aveva taciuto.

-Bill è peggio- aveva sbottato lui, come per discolparsi.

-E chissene, tanto i  tuoi polmoni vanno a farsi fottere comunque, non importa se fumi tanto o poco. Quello che ti distrugge è il fumo in sé-

Se la ricordava la faccia di Tom, come se non si aspettasse tanta consapevolezza e schiettezza da lei. E dire che ormai si conoscevano da un pezzo!

-Ma più uno fuma e più si rovina, cara la mia saputella! Dovresti saperlo bene, tu- adesso il tono del ragazzo era molto simile a quello di un bambino capriccioso che tenta in tutti i modi di avere ragione.

-Rastaman, chiudi quella bocca e piantala di frignare come un moccioso-

Un po’ le mancavano i loro battibecchi, quei loro discorsi assurdi che con nessun altra persona avrebbe intavolato. Tom, superato l’iniziale odio reciproco e la diffidenza, si era dimostrato un grande ascoltatore. Il ragazzo stesso era rimasto sorpreso delle sue doti: di solito con le ragazze lui non parlava molto, preferiva passare ai fatti. Non poteva farci nulla, ma molto spesso finiva per distrarsi e non riusciva a mantenere in piedi una conversazione seria. Con Nesta, invece, era diverso, e probabilmente la ragazza stessa se ne rendeva conto. Nonostante non rispecchiasse il suo modello ideale di ragazza, aveva dovuto ammettere, almeno a sé stesso, che lei era riuscita dove in molte avevano fallito. E questo neanche la ragazza poteva saperlo. Con una nota di rammarico si ritrovò a pensare quanto fossero lontani. Eppure, era stata proprio lei a volersi allontanare, a voler cercare quella libertà che con tanta disperazione agognava. Il chitarrista probabilmente le avrebbe detto che era una sciocca se pensava che sarebbe bastato allontanarsi qualche kilometro per arrivare dove lei sperava. Ma lei, adesso, era comunque lontana.

Jacqueline, quando aveva saputo da Christian che Nesta non era a casa aveva avuto il brutto presentimento che non se ne fosse andata per una delle sue tante “gite” notturne. Il ragazzo si era adoperato in tutti i modi per rintracciarla, nella speranza che si fosse rintanata a casa di uno dei tanti tossici che frequentava per avere la sua dose. Eppure, nessuno dei ragazzi che frequentava aveva saputo dirgli nulla, un paio nemmeno gli avevano risposto, mandandolo a quel paese non tanto elegantemente. Era stato dopo l’ennesimo buco nell’acqua, all’una di notte ormai, che fratello e sorella avevano avuto un’idea, tanto balzana quanto geniale. C’era un’ultima persona che poteva avere notizie di Nesta.
Tom, andando ad aprire la porta tra un insulto e l’altro, certo non poteva immaginarsi di chi si sarebbe trovato davanti.

-Sei tu l’amico di Nesta?- domandò una ragazza che, ad occhio e croce, doveva avere poco meno di trent’anni.

Nesta non aveva mai parlato a Tom della sua famiglia, ma anche senza che l’avesse fatto il ragazzo seppe di per certo che quei due giovani adulti che lo fronteggiavano dovevano avere un qualche legame di parentela con lei.

-Allora, sei tu sì o no?- incalzò il ragazzo. Il chitarrista spostò lo sguardo su di lui, rimanendo impressionato da quanto somigliasse a Nesta: non c’erano dubbi, doveva per forza essere suo fratello.

-Sì, sì sono io. È successo qualcosa?- chiese a sua volta, la voce ancora impastata dal sonno.

-Nesta è scappata per la milionesima volta. Volevamo semplicemente domandarti se ti aveva avvertito di una sua eventuale bravata- domandò la ragazza bruna, con aria quasi rassegnata.

-Non ne so assolutamente nulla, mi dispiace- disse sincero il ragazzo, cercando di ostentare calma e disinteresse.

Cercò di non indugiare troppo sul velo di tristezza mal celata che annebbiava gli occhi di entrambi i due.

-Volete entrare?- domandò semplicemente allora, notando con la coda dell’occhio la chioma scura del fratello fare capolino dall’ingresso. Sia il ragazzo che la ragazza annuirono, mettendo piede nell’abitazione con una strana espressione di misto disprezzo e impassibilità.









My Space:

Eccomi! :)

Come promesso, ho aggiornato. Sul capitolo penso che non ci siano molte domande, se non: dove è diretta Nesta? Come hanno fatto i suoi fratelli a trovare la casa dei gemelli? (Eh sì, anche Tom e Bill se lo chiedono al momento!)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Per dubbi, chiarimenti e/o consigli io ci sono: chiedete pure.
^_^

Grazie mille a tutti i  lettori e le lettrici.

Alla prossima!



 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _Frency_