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Autore: Soqquadro04    02/06/2013    6 recensioni
[Attenzione: lettura sconsigliata ai diabetici|consistente il rischio di aumento del livello di zuccheri nel sangue]
28 Giugno 1841.
A Villa Veritas nasce il maggiore dei due fratelli Salvatore.
28 Giugno 2013.
Il centosettantaduesimo compleanno di Damon. Con Elena, ovviamente.
Dal testo:
La data, ecco cos'era. Un dettaglio solitamente trascurabile in un'esistenza centenaria. Ma era il ventotto Giugno.
Il suo compleanno.
Era il suo compleanno e casa sua era stata invasa da una Caroline Forbes evidentemente impazzita, perché i palloncini rossi appesi alle tende e gli striscioni che recitavano “Tanti auguri, Damon!” non facevano parte dell'arredamento, per quanto rammentava.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di Delena e Fluff dilagante'
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Di torte con glassa azzurra e feste di compleanno non richieste

Dal 22 Giugno al 22 Luglio (Cancro):

Estremamente ansioso e sensibile, è anche molto permaloso perché teme sempre che lo prendano in giro. Nutre sentimenti profondi e totalizzanti.

Poco razionale, l'equilibrio affettivo del Cancro risente degli stati d'animo del momento e anche di banali influenze esterne: può amarti oggi, non sopportarti domani.

I nativi del segno sono molto intuitivi, dolci, tendenzialmente malinconici, con frequenti sbalzi di umore e di carattere. Il Cancro seduce con facilità ma... corre dietro a chi lo sfugge. Riesce a complicare la propria vita affettiva, mentre è bravo nello sbrogliare i problemi degli altri.”

da “Un proverbio al giorno.com”
 


 

 

Damon Salvatore, quel giorno di fine Giugno, si svegliò con un pessimo presentimento addosso.

Il suo primo pensiero fu dedicato all'insolita assenza di Elena sul lato destro del letto. A palpebre ancora serrate, cercò a tentoni, istintivamente, il suo corpo morbido -molto stupidamente, anche: il mattino, la sentiva sempre respirare e rotolarsi lì accanto. Quindi, se non gli aveva ancora tirato il calcio del buongiorno, non c'era.- e sospirò quando si accorse di rumori sospetti dal piano inferiore.

Cosa diamine stava facendo? Non era certo di volerlo sapere, alla fine.

Cercò di ignorare il chiasso crescente che saliva dal soggiorno, girandosi su un fianco. Infilò la testa sotto il cuscino.
Quando la percepì armeggiare in cucina con quello che sembrava un contenitore di cartone, però, la sensazione che ci fosse qualcosa di terribilmente stonato si fece prepotente, obbligandolo a cercarne la motivazione.

Era come un campanello che gli trillava nelle orecchie qualcosa come “ehi tu! C'è un particolare che dovresti ricordarti! Ricordatelo, forza. Mi sto stufando e ho anche un altro appuntamento!”.

Si alzò, sbuffando e togliendosi il guanciale dalla faccia. Prese un paio di jeans e una camicia dal cassettone, vestendosi lentamente, come per ritardare il più a lungo possibile la scoperta di chissà quale disastro: aveva l'impressione che non gli sarebbe piaciuto per niente ciò che avrebbe trovato scendendo di sotto.

Aprì la porta della camera, delicatamente, e i suoni dalla dubbia provenienza si bloccarono non appena i suoi passi si fecero percepibili. Cioè più o meno quando, in cima alle scale, per poco non si soffocò cercando di trattenere una serie di alquanto colorite imprecazioni contro almeno un paio di religioni.

Aveva colto il perché del campanello.
La data, ecco cos'era. Un dettaglio solitamente trascurabile in un'esistenza centenaria. Ma era il ventotto Giugno.

Il suo compleanno.

Era il suo compleanno e casa sua era stata invasa da una Caroline Forbes evidentemente impazzita, perché i palloncini rossi appesi alle tende e gli striscioni che recitavano “Tanti auguri, Damon!” non facevano parte dell'arredamento, per quanto rammentava.

Tentò di inspirare, e avvertì chiaramente un'invettiva piuttosto fantasiosa sussurrata in sala da pranzo.
Elena comparve all'improvviso al centro della stanza, proprio mentre lui scendeva a velocità vampirica per raggiungerla in cucina.

Lo sguardo gli cadde sulla cosa che, probabilmente, era stata la causa di tutto quel suo trafficare con sacchetti di carta.
Un incubo, ecco cos'era. Peggiore di qualsiasi mostro millenario pronto a rovinare la noiosa esistenza degli abitanti di Mystic Falls. E lui che credeva di aver scampato anche per quell'anno il calvario.

Forse era tutta un'allucinazione.

Lei sembrava mortificata, ma lui era fin troppo calmo quando le chiese, con voce atona, di dargli un pizzicotto. Non ci credeva. Non voleva crederci. Non lo aveva fatto sul serio.

«Dimmi che sto solo sognando il mio salotto addobbato a festa e tu, Elena, che mi vieni incontro con una torta di compleanno in mano.» una pausa mentre coglieva altri particolari del dessert terribilmente infantile che infestava il suo soggiorno, una smorfia quasi comica a deformargli le labbra.
Nemmeno lui sapeva se era disperazione o divertimento. Propendeva maggiormente verso la prima ipotesi.

Lei era pietrificata, ancora sorpresa dalla sua apparizione improvvisa.
Inoltre, le iridi penetranti che la stavano osservando, indagatrici, non erano granché di aiuto nella sua missione di rilassamento forzato.

Lui continuò la sua arringa, implacabile, senza distogliere lo sguardo dal -falsissimo- sorriso di quelle che supponeva essere scuse. O un tentativo di scuse. Molto mal riuscito.

«Una torta di compleanno al cioccolato. Una torta di compleanno al cioccolato con glassa azzurra.
Una torta di compleanno al cioccolato, con glassa azzurra, e con un'enorme candelina a forma di centosettanta che fa bella mostra di sé al centro di quell'obbrobrio di dolce.
Vero che è tutto un sogno, Elena sicuramente partorita dalla mia fervida immaginazione?»

Damon era perfettamente immobile, un sopracciglio inarcato, e teneva ancora gli occhi fissi su di lei. Accusatore.
Elena sospirò, lentamente, cercando il modo di addolcirlo con qualche moina. Perlomeno, voleva tentare di convincerlo a prestarsi a quella cosa senza protestare. Senza protestare troppo.

Non era stata nemmeno un'idea sua!
Tutta colpa di Caroline e della sua passione smodata per l'organizzazione -da qualche tempo Mystic Falls aveva finito i ridicoli balli in cui lei poteva giocare al catering-... anche se forse -solo forse- era stata lei a metterle la pulce nell'orecchio, spifferandole la data. Forse.

Qualcosa le diceva che i tentativi di persuasione sarebbero falliti. Tutti, inevitabilmente.
A giudicare dall'espressione stizzita, non sembrava particolarmente intenzionato a cedere alle suppliche di chicchessia.

Lui avanzò un poco.
Lei indietreggiò, valutando le possibilità di fuga.

Immediatamente, si accorse di non averne. Anche con tutta la forza di volontà del mondo, non poteva sperare di appoggiare quella dannata torta e scappare da un vampiro di un centinaio d'anni abbondante più vecchio di lei. E la torta non poteva proprio lasciarla cadere. Anche se la prospettiva non era poi così orribile, ora che vedeva la sua faccia incupirsi sempre di più.

Però si limitò ad indietreggiare ancora -lui avanzò di riflesso- mormorando qualcosa di indefinito.

«Come dici, Elena?» il ghigno che gli si stava dipingendo in volto non era rassicurante. Per nulla.

Si schiarì la voce, prendendo coraggio.
Dopotutto, lui era Damon e quella che stava provando a preparare era solo una stupida festa a sorpresa.

Stupida festa e basta”, rettificò immediatamente. La sorpresa era saltata, ormai.

La sua voce suonò molto esitante e troppo poco convinta delle sue stesse parole per risultargli familiare. Era abituato alla lei decisa e testarda. Magari sarebbe riuscita a fargli scambiare la paura di una sua reazione esagerata per pentimento. O magari no.

«Non è un centosettanta. E' un centosettantadue.» si rese subito conto di aver fatto una pessima mossa. Lui sgranò gli occhi, un suono strozzato riuscì a sfuggire dai denti serrati.
Elena pensò che somigliasse molto a un debole ringhio. Non l'aveva mai sentito ringhiare, prima di allora.
L'esperienza non era piacevole, soprattutto se il destinatario dell'avvertimento era lei.

Si allontanò ancora dal centro della stanza, cauta, muovendosi verso la porta, lenta come avrebbe fatto se, davanti a lei, ci fosse stato un animale selvatico e potenzialmente pericoloso.

Il sogghigno si fece più largo quando lui si accorse dei suoi patetici tentativi.
Ora sì, che si sarebbe divertito.
Nessuno raggirava Damon Salvatore e rimaneva impunito.

Non le permise di fare un altro passo.

Elena non lo vide nemmeno avvicinarsi: si ritrovò sdraiata sul divano, lui a bloccarle i polsi sopra la testa -forte, ma non abbastanza da farle male- e la torta... dov'era finita, la torta?
Cercò di alzare la testa per perlustrare l'ambiente, senza riuscire però a liberarsi dalla stretta determinata di lui.

«Damon! Dai! Lasciami andare!» strinse le palpebre, cercando al contempo di liberare le mani con lievi strattoni. Quando riaprì gli occhi, capendo che non sarebbe riuscita a toglierselo di torno, la bocca di lui era vicinissima alla sua e i loro nasi si toccavano.

Che situazione ridicola.

Lei, ovviamente, non si era accorta del sorriso malandrino che gli aveva incurvato le labbra, subito sostituito dall'espressione seria, in contrasto con quella luminosa di poco prima e con la posizione comica, che sfoggiava in quel momento. Un attore nato, o forse semplicemente avvezzo a simili mascheramenti.
Era corrucciato, come se un pensiero sgradevole -in realtà era piacevolissimo- gli avesse attraversato la mente in quei pochi attimi in cui lei non l'aveva guardato. Le iridi chiare si specchiavano in quelle scure di lei, insondabili.

L'importante, comunque, era che non sembrasse più irritato -infuriato- per la storia del compleanno.
Anche se lo era. Eccome.

Ma Elena si rilassò, relativamente calma anche se un po' preoccupata per quello che aveva registrato come uno dei soliti cambi d'umore improvvisi, permettendo alla mente di cogliere i dettagli del suo viso.
O, almeno, quelli che riusciva a scorgere da così vicino.

Decise di cominciare con la procedura che aveva denominato “Piano A per il riequilibrio dell'umore”, ignorando i suoi sbalzi emozionali da donna incinta -anche se non era quasi mai una buona idea- e puntando tutto su un ottimismo esagerato per provare a distrarlo. Solitamente funzionava abbastanza bene.

Ricordando la posizione assurda in cui erano, le venne da ridacchiare, e aveva già un accenno di sorriso sulle labbra quando lui chiuse gli occhi e strofinò la punta del naso contro la sua, in un gesto terribilmente dolce e terribilmente poco da Damon.

Ammutolì, stupita da quell'azione inusuale che le parve, in un certo senso, strana.

Lui sembrava tranquillo, indifferente, ma erano entrambi consapevoli che ci sarebbe voluto un po' per abituarsi -per far abituare tutti quanti- a quelle plateali effusioni, alle dimostrazioni d'affetto che spiazzavano, associate a loro.

Damon spalancò gli occhi, senza preavviso, come se temesse di aver osato troppo. La guardò quasi titubante, incerto sulla sua reazione. Sembrava un bambino impaurito.

Poi lei fece solo in tempo a registrare un repentino stravolgimento dell'espressione che aveva dipinta in volto (da una dimostrazione di innocenza tardiva ad un ghigno ferocemente deliziato stampato sulle labbra) prima di lanciare un grido che si trasformò immediatamente in un accesso incontrollabile di risa.

«Ah! No! D-damon!» il suo fidanzato era un bastardo. Veramente.
Non era una ragazza sboccata, Elena. Per niente.
Ma non poteva fare a meno di pensare che quell'uomo fosse un grandissimo, immenso bastardo.

Senza che se ne accorgesse, aveva spostato le mani dai suoi polsi per appoggiarle, tanto leggere da non fargliene neppure sentire il peso, sul suo ventre.
E le stava facendo il solletico.
Sapendo perfettamente che bastava sfiorarla per farle venire una sincope e un collasso ai polmoni.
Poi diceva di amarla e pretendeva anche che lei ci credesse!

«Indovina per cos'è questo, Elena?» il ghigno era diventato pericolosamente sadico.

Lei rideva a crepapelle, le lacrime agli angoli degli occhi e il corpo che si contorceva tentando di sfuggirgli. Non riuscì a rispondergli. Tanto, non ce n'era bisogno: il quesito era ovviamente retorico.

L'unica cosa che era in grado di mormorare, di tanto in tanto, era un debolissimo “Basta!” subito soffocato dalle incontenibili risate, acute e vagamente isteriche, che le scuotevano lo sterno.

Damon era soddisfatto.
L'aveva raggirata, facendole abbassare la guardia -il bacio all'eschimese era stato un provvidenziale colpo di genio- e lei gli aveva offerto su un piatto d'argento una vendetta facile e subitanea.
Certo, era anche un po' contrariato: non le aveva insegnato proprio nulla.
Nemmeno lei poteva permettersi di voltare le spalle -lasciare esposta la pancia- ad un lui irritato a morte.

Era buffa mentre cercava di convincerlo a smettere quell'orribile tortura, prima con minacce sconnesse riguardo al suo andare in bianco per i dieci anni a venire (come se non gli bastassero due frasi studiate per accenderla come una torcia), poi con suppliche quasi disperate.

Lui non cedeva. Non aveva ancora ottenuto la concessione che gli serviva, ma avrebbe continuato fino a che lei non avesse acconsentito a disdire quella stupida festa e a infilare in un sacco della spazzatura le decorazioni che imperversavano nel suo soggiorno.

Dopo una decina di minuti, aveva vinto la partita.
Quando le permise di ritrovare un po' di fiato, la piccola Gilbert lo usò -molto intelligentemente- per risparmiarsi un pomeriggio attaccata alle bombole d'ossigeno.

«Damon, ti prego! Basta! Ho capito!» non appena finì di pronunciare l'ultima sillaba, lui trasformò i movimenti veloci delle dita in carezze lente, lambendo piano i suoi fianchi.
Lei tirò un sospiro di sollievo, rovesciando la testa sui cuscini e cercando di immagazzinare più aria possibile. Lo ascoltava solo con un orecchio, troppo impegnata a respirare profondamente.

«Così va meglio.» mormorò piano, sdraiandosi accanto a lei. Le abbracciò la vita, stringendola al petto con la delicata fermezza di un genitore.

L'occhiata di scuse con cui cercò di farsi perdonare l'eccesso di zelo, stavolta, era sincera e limpida.
Non aveva più motivo di recitare, e lei non poté fare a meno di capitolare velocemente alle sue dita lunghe che, metodiche, accarezzavano piano la coscia e risalivano fino allo sterno, riempiendole la pelle di brividi.

Lui affondò il viso fra i capelli scuri, seppellendosi in mezzo a quei fili profumati di rose, perdendosi mentre ascoltava il ritmo del suo respiro tornare regolare.
La sua voce gli arrivò attutita.

«Perché?» capì istantaneamente a cosa si riferiva, ma non le rispose subito. Preferì misurare le parole, cauto.

«Il mio compleanno porta ricordi.» anche la sua voce era smorzata, le labbra premute sulla nuca bollente di lei.

«Belli o brutti?» lo aveva domandato con tono velatamente ansioso, come se già sapesse che la risposta che lui aveva già sulla lingua non le sarebbe piaciuta.

Belli e brutti.
Sua madre che, allegra, lo prendeva in collo per baciargli le guance, mormorando cose che ormai non rammentava più.
Un se stesso di circa sette anni davanti a una crostata di ciliegie, Stefan in grembo a lei, ancora troppo piccolo per camminare.
Un letto dalle coperte ricamate di bianco, una stanza fredda debolmente illuminata da una candela consumata i cui riflessi erano catturati dalle ciocche nerissime dei suoi capelli.

«Ricordi e basta, Elena. Non cercare di festeggiare il mio compleanno.» secco, ferito.

Elena sospirò, comprendendo l'antifona.
Doveva lasciarlo rimuginare su vecchie cicatrici di battaglia, senza interferire troppo con il percorso che l'avrebbe portato ad aprirsi anche su antiche questioni irrisolte.
Prima o poi.

«Ehi.» lo richiamò, l'improvviso bisogno di fargli sapere ciò che -sperava- lui sapeva già. Un lieve movimento contro la sua scapola le diede il permesso di continuare.

«Io ci sono quando mi vuoi. E anche quando non vuoi, tanto per renderti la vita difficile.» sdrammatizzò, cercando di limitare la sua chiusura fulminea. Poi, sottovoce, timida come nemmeno la prima volta era stata -non aveva potuto essere timida. Se se lo fosse permessa, le avrebbe sbattuto il telefono in faccia-, lo rassicurò.

«Ti amo, Damon. E non sarai solo, mai più. Ormai sono arrivata.» sorrise, anche se lui non poteva vederla.

E anche lui distese le labbra, felice di poter ascoltare quelle parole senza nessuna sensazione spiacevole a rovinare il momento. Non avrebbe più dovuto pregarla per farle ammettere i suoi sentimenti, non ce n'era più bisogno: la felicità era ancora un'emozione estranea, tanto invadente da mozzargli il respiro.

Stava preparandosi a risponderle con uno sdolcinato e melenso e da film romantico di serie Z “ti amo anche io. Tantissimo.”, quando un acuto rischiò di mandare in pezzi i vetri delle finestre e almeno la metà delle bottiglie di liquore, oltre ai timpani di tutti gli esseri viventi nel raggio di tre isolati. Un paio di allarmi risuonarono in strada, insistenti.

«Cosa diamine ci fa la torta a faccia in giù in mezzo al vialetto?!?» Caroline. Oh, no - Caroline.

«Elena? A te l'onore.» Damon si dileguò a velocità record, scomparendo alla vista in meno di mezzo secondo.

Elena deglutì, mentre quella che forse, un tempo, era la sua migliore amica irrompeva nel salotto e la fissava con intenzioni omicide.

«Caroline... io... posso spiegarti...» l'occhiata che le lanciò l'altra vampira la raggelò.

Per un attimo, prese in considerazione la possibilità di sparire in stile Damon.
Poi si rese conto che Caroline sarebbe riuscita a riacchiapparla e le avrebbe fatto ingoiare la lingua.

Così si limitò a imprecare mentalmente contro i ricatti da cucciolo ferito del suo Salvatore e a cominciare la lunga opera di rilassamento con Caroline.
Tanto per cercare di convincerla a non farlo fuori, il suddetto Salvatore.

Quanto odiava essere innamorata di lui.


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Note dell'Autrice:
Buonsalve, lettori ^^
Se siete ancora vivi dopo questo bagno nel miele, intendo XD
Spero che la storia vi sia piaciuta, anche se sia Damon che Elena probabilmente sono troppo dolci per gli standard abituali XD
Io, personalmente, sono solo felice di essere riuscita a scrivere una Fluff senza perdermi in crisi esistenziali *_*
Solitamente mi è impossibile! XD
Sorvolando sul mio ego da Autrice gonfiato a dismisura... vero che è meravigliosa l'immagine iniziale? *_*
Invece, per la definizione del Cancro, è semplicemente il segno zodiacale di Damon ^_*
Va bè, vi lascio ^^
Qui di seguito, se vorrete leggerle, qualche altra mia storia:

Almeno una volta [OS//riscrittura della 2x08]
Solamente un sogno [OS//Missing Moments con ambientazione temporale indefinita]
Niente [OS//riscrittura (più o meno) della 4x19]
Questa notte [Os//Post 4x23]
Per te io curo questi fiori [Raccolta di Drabble, 10 capitoli, completa//Drabble scritte usando il significato dei fiori nell'epoca vittoriana]
My sweet, innocent Damon [OS//1864, Damon/Katherine]

A presto,
Soqquadro


 

   
 
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