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Autore: I Camminatori dei Sogni    03/06/2013    0 recensioni
Il forum i Camminatori dei Sogni presenta la prima Chain Novel su La Ruota del Tempo, una via di mezzo tra fanfiction e Gioco di Ruolo scritta a più mani.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono nuovi personaggi creati dai giocatori/autori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico, ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Camminatori dei Sogni :: Chain Novel :: La Ruota del Tempo

Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni.
L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori.
La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori (partecipa anche tu) portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

Capitolo 4: Certezze infrante [parte quinta]

Morgan Neglentine

Solo una fetta di luna brillava in un cielo nero come il carbone; eppure gli alberi, le rocce e la natura tutto intorno erano illuminati da un chiarore di cui non si riusciva ad individuare la sorgente. Il luogo era sconosciuto a Morgan, ma poco importava, dal momento che egli sapeva di non trovarsi nel mondo reale. In effetti, questa radura esisteva realmente da qualche parte nelle Montagne della Nebbia, ma ora il giovane Ribelle ne stava osservando solo un riflesso, una replica instabile ed effimera che la maggiorparte degli uomini non avrebbero potuto visitare se non in sogno. Morgan però non stava sognando: conosceva quella sensazione d’inquietudine che lo faceva sentire costantemente osservato e, anche se erano ormai alcuni giorni dall’ultima volta che ci era stato, sapeva che era tipica del Mondo dei Sogni.
In quel momento, a dire il vero, c’era effettivamente qualcuno nei dintorni che lo stava spiando, nascosto nel fitto sottobosco, ma non si trattava di uomini. Morgan poteva percepire la presenza di alcuni lupi vicini, pur senza vederli, e si chiedeva per quale motivo fossero ora così circospetti verso di lui, che dagli amici a quattro zampe veniva normalmente considerato un fratello. Passò ancora qualche minuto prima che due sagome scure uscissero all’aperto della radura e si avvicinassero abbastanza per essere riconoscibili. I due lupi avanzavano cautamente, il muso sollevato pronto a captare il più sottile odore e il suono più lieve che potessero significare pericolo. Uno era snello e più misurato nei movimenti, e il suo lungo pelo argenteo incorniciava due occhi di ghiaccio: Nebbia d’Argento. L’altro lupo, di taglia maggiore, aveva un’aspetto più sicuro di sè, pur mostrando la stessa prudenza dell’altro; il manto bruno striato di nero lo contraddistingueva come Giovane Toro.
Il ragazzo avrebbe voluto tempestarli di domande: perchè non gli avevano più parlato? Perchè non gli spiegavano una volta per tutte cosa stava accadendo? Invece, obbedendo a regole di buon comportamento che in un branco valevano ancor più che tra gli uomini, lasciò che i lupi si assicurassero che non ci fossero intrusi e che gli si rivolgessero quando avessero ritenuto che era sicuro farlo.
«Non mi piace il villaggio degli uomini dove riposi, Piccolo Orso.», fu il cupo benvenuto di Nebbia d’Argento. «Un’ombra permane su quel luogo, più scura della notte.», aggiunse Giovane Toro. I lupi gli avevano comunicato questi pensieri tramite immagini di Coraman sovrastata da una spessa nube nera che la schermava dalla luce del sole.
«Dovevo venire a Coraman, non avevo scelta. Questi erano i miei ordini, inoltre dovevo portare Davrath dagli Anziani.», si giustificò Morgan.
I lupi però proseguirono ignorando il suo intervento: «Devi andartene appena possibile, il pericolo è troppo grande.», e gli trasmisero, quasi all’unisono, l’immagine di una tagliola innescata. Una trappola? Il mio arrivo a Coraman è stato forse architettato per tendermi un’imboscata? Si chiese Morgan. Ma chi potrebbe volermi mettere in trappola? E perchè? Rivolse allora queste domande ai lupi, ma essi per tutta risposta gli trasmisero nuovamente l’immagine dell’enorme ombra proiettata da una nube nera come la pece.
«E Davrath? Che fare di lui?», chiese Morgan, «Ho provato a convincere l’Anziano Dazar che potrebbe trattarsi del Drago Rinato, ma un Anziano deve pensare alla sicurezza del proprio clan prima di tutto, e un prigioniero troppo vicino alla città rappresenta un pericolo, soprattutto se si tratta di un Figlio della Luce. Chiaramente, dal suo punto di vista, possono pensarci i Geinzana ad accertare qualsiasi dubbio sull’identità del prigioniero. Poi, se si ritenesse necessario, un Consiglio degli Anziani potrebbe essere convocato per valutare la fondatezza dei miei sospetti. Tutto questo però richiede tempo, tempo nel quale le Tenebre possono procedere indisturbate nei loro piani!». Il giovane Neglentine non si era reso conto di aver alzato la voce e si scusò con i lupi che gli avevano lanciato sguardi allarmati.
«Attento, Piccolo Orso: il pericolo è anche qui.», lo ammonì Nebbia d’Argento, «E’ un nemico troppo potente per te o per noi: non possiamo combatterlo. Devi allontanarti da questo villaggio degli uomini. Porta il giovane uomo con te, mettilo in salvo dall’ombra.».
«Ma dove posso portarlo? A casa, a Tsorovarin? Ma anche il nostro Consiglio lo manderebbe ad Arcavende!».
Morgan si sentiva esasperato da questa situazione in cui gli veniva detto di fuggire ma tutte le vie di fuga sembravano essere sbarrate. L’unica soluzione che vedeva era di convincere gli Anziani che un’antica profezia, considerata dai più una leggenda, stava ora per avverarsi, e che i suoi fratelli lupi gli avevano indicato il possibile salvatore del mondo. Un compito impossibile. Sarebbe più facile pescare bendati e a mani nude! , si disse desolato, A meno che... Se riuscissi a rintracciare quella ragazza che ho incontrato nel Mondo dei Sogni, forse lei potrebbe aiutarmi. Sembrava conoscere la profezia ed era chiaramente alla ricerca del Drago. Mia madre conosce questo mondo meglio di me: forse lei potrebbe aiutarmi a ritrovarla...
Improvvisamente, proprio mentre pensava a Merian, avvertì la sua presenza, come se lei si fosse trovata lì vicino. Si guardò attorno, confuso, ma nella radura era solo con i due lupi. Con urgenza, si rivolse a Giovane Toro, che lo fissava incuriosito: «Merian è qui vicino, lo posso sentire. Devo trovarla: lei è la mia unica speranza di convincere gli Anziani!».
Il robusto lupo però non sembrava condividere la sua impazienza: «Troppo pericoloso. Questo non è il momento per incontrarla. Quel momento verrà, ma adesso devi metterti al sicuro dal pericolo.»
Il giovane stava per protestare quando, inaspettatamente, la presenza della ragazza scomparve; fu come perdere di vista qualcuno nella folla. Morgan fece disperatamente il giro della radura, ma inutilmente. «Non è come vedere, udire o fiutare.», provò allora a spiegargli Nebbia d’Argento. «E’ un senso nuovo per te, e non sai ancora come usarlo. In questo mondo tu sei ancora un cucciolo, Piccolo Orso.», disse l’anziano lupo con affetto.
Ma Morgan non si rassegnava: ostinatamente continuava a scrutare tra gli alberi, come se Merian avesse potuto nascondersi dietro alle fronde. Forse significa che si è risvegliata dal Mondo dei Sogni, pensò, in tal caso devo restare ed aspettare che si riaddormenti. I lupi nel frattempo si stavano facendo irrequieti. La loro disapprovazione era evidente: volevano che Morgan si risvegliasse subito e lasciasse Coraman. Ma anche se mi svegliassi ora non potrei andare da nessuna parte, si disse il ragazzo, probabilmente è ancora notte fonda e sarebbe sospetto se lasciassi la città così, d’improvviso.
«Il tempo qui trascorre diversamente. Nel mondo reale è l’alba: tempo di andare.», gli trasmise Nebbia d’Argento leggendogli nel pensiero. Poi lo sguardo del lupo divenne ancora più allarmato: entrambi gli animali ora sembravano fiutare l’aria in ogni direzione, come se faticassero a percepire un nemico invisibile.
«Proprio ora qualcosa sta succedendo al villaggio degli uomini...», trasmise preoccupato Giovane Toro, «L’ombra si sta muovendo, devi risvegliarti subito!».

La caserma era già popolata da soldati che si apprestavano a svolgere i propri incarichi e le proprie esercitazioni quotidiani. Nessuno, tuttavia, sprecò più di una fugace occhiata per il giovane Neglentine mentre questi preparava in fretta le sue cose ed usciva dall’edificio. Anche in seguito, svoltando davanti al Palazzo del Consiglio e oltrepassando il grande ponte di pietra, Morgan non incontrò nessuno. Nonostante la luce dell’alba stesse già illuminando il vasto altopiano lassù, in fondo alla gola c’era ancora bisogno delle lampade accese lungo le strade per orientarsi nella città buia. Giunto all’imbocco della grande scalinata, Morgan domandò ad una delle guardie di condurlo al proprio cavallo, che era impastoiato in una stalla vicina, poi legò alla sella il proprio sacco e condusse l’animale lungo la salita.
L’altopiano era un enorme manto d’erba ondulato. I punti di riferimento erano scarsi, ma Morgan riuscì, osservando la posizione di alcuni picchi in lontananza, a ritrovare il luogo in cui il suo gruppo aveva montato il campo. Il lavoro d’occultamento delle tracce operato dalle sentinelle Faine era incredibilmente accurato: il suolo, l’erba, le piante e i sassi sembravano essere tornati tali e quali Morgan le aveva viste allorchè aveva deciso di fermarsi lì la sera precedente, come se un contingente di quasi trenta uomini a cavallo non vi si fosse mai accampato. E il contingente era sparito, anche quello, così come le sue tracce. Morgan rimase deluso, ma non più di tanto sorpreso. In fondo, fin da prima di arrivare a Coraman era stato consapevole della possibilità che il suo ruolo di comandante della missione venisse scavalcato una volta rivelata la presenza del prigioniero.
Non poteva comunque biasimare i propri uomini se Davrath era stato prelevato ed ora veniva probabilmente scortato verso Arcavende. Si rese conto di non poter biasimare nemmeno Dazar per non avere creduto ai suoi vaneggiamenti riguardo al Drago Rinato. E’ solo colpa mia, si disse, sono stato precipitoso e maldestro nell’annunciare ad un Anziano quelle vaghe ed imprecise informazioni ottenute durante i sogni come se fossero rapporti ufficiali. Morgan era un soldato: quello che ci si aspettava da lui era che obbedisse agli ordini e che facesse rapporto, non che si lanciasse in ardite congetture. Una parte di lui ora avrebbe voluto semplicemente dimenticarsi del Drago Rinato, delle profezie ad esso legate, e delle macchinazioni delle Tenebre, per tornare ad essere il Morgan Neglentine soldato modello.
Tuttavia, sapeva di non poter scaricare così facilmente il peso della responsabilità che gli era stata conferita dal Disegno. Nel momento in cui la Ruota aveva tessuto per lui quel legame rarissimo e straordinario con i lupi, Morgan aveva ricevuto un compito molto più importante e pericoloso di qualsiasi missione gli potesse assegnare il clan. Che gli piacesse o no, gli era stato riservato il destino di conoscere, unico tra tutti i Ribelli, l’identità del futuro salvatore del mondo. Solo lui, tra i Ribelli, sapeva chi Davrath fosse in realtà. Nemmeno Davrath stesso era consapevole della propria importanza, né peraltro gli sarebbe valso saperlo, dato che tra poco si sarebbe trovato ad Arcavende, prigioniero di un popolo ostile.
Mentre lasciava che il cavallo pascolasse libero nella radura, Morgan si mordeva le labbra al pensiero della facilità con cui un emissario delle Tenebre avrebbe potuto lasciarsi catturare dai Genzana, poi, una volta all’interno delle carceri di Arcavende, trovare Davrath ed eliminarlo. E, se anche le Tenebre non fossero venute a scoprire dove si trovava il Drago, quest’ultimo sarebbe probabilmente rimasto imprigionato per mesi, forse anni. La durata del periodo di reclusione variava molto a seconda del comportamento dei prigionieri, è vero, ma Davrath era pur sempre un Figlio della Luce incanalatore: un caso raro e degno della massima attenzione. Inoltre, con quel caratteraccio che si ritrova, dubito che si guadagnerà una liberazione anticipata, pensò Morgan.
Con riluttanza, richiamò il cavallo e si accinse a ripartire. Peccato non poter salutare Rourke, Murriel e tutti gli altri... Spero almeno che la minaccia di cui parlavano i lupi non riguardi anche loro, sarebbe terribile se dovessero passare dei guai per colpa mia! Arrendendosi, infine, al fatto che indugiare oltre non avrebbe aiutato nessuno, Morgan spronò il cavallo verso ovest. Aveva deciso di tornare a casa; a Tsorovarin avrebbe chiesto aiuto ai genitori e al Consiglio del Clan: ormai non poteva più pensare di affrontare questa faccenda da solo. E poi, forse, sarebbe riuscito a godersi un po’ di meritato tempo libero nella sua città...
Il viaggio, però, sarebbe durato ancora alcuni giorni. Morgan non sapeva con esattezza quanto avrebbe impiegato a raggiungere Tsorovarin, non avendo mai percorso prima quel tragitto; aveva comunque un’idea della rotta da seguire, avendo studiato, anni prima, delle mappe del settore orientale. Portava con sé il sacco che aveva usato durante la missione, con l’aggiunta di qualche razione fresca ottenuta in caserma a Coraman; avrebbe dormito sotto le stelle, costruendosi dei ripari solo in caso in cui il tempo fosse peggiorato.
Già, facile dormire... ma come fare a tornare nel Mondo dei Sogni? Il pensiero lo tomentava da quando si era svegliato. Il suo ripiegamento verso Tsorovarin era tutt’altro che una ritirata, e Morgan contava ancora sulla possibilità di mettersi in contatto con Merian. Se gli Anziani del mio popolo non vogliono dare ascolto ad un semplice soldato, pensava, forse ascolteranno una Camminatrice dei Sogni. Ma come condurla da noi?. Col tempo avrebbe trovato una risposta. Per il momento, Morgan desiderava solo riassaporare le sensazioni provate quando, più giovane, era stato addestrato al pattugliamento e alla ricognizione nelle montagne, come tutti gli altri ragazzi del clan Neglentine. L’avventura, la scoperta, il pericolo e il senso di responsabilità contribuivano nell’insieme a destare l’eccitazione dei ragazzi, imprimendo nelle loro menti ricordi indelebili di quei momenti passati lontano dalla città. E così, il giovane Ribelle, ritrovato il buon umore, decise di raggiungere entro sera il picco che vedeva di fronte a se, in modo da avere, da là, un panorama più ampio e controllare la propria rotta verso casa.



Siadon

Dannata donna! Pensò Siadon mentre cercava di trafiggere Brienne con lo sguardo. Va bene... devo solo evitare una strage, Merian è nostra ormai.
Il campo era molto vicino. Le prime luci dell'alba rischiaravano la radura, rendendo evidenti le tracce del trambusto che si era scatenato poco prima. Dovevano essersi spaventati parecchio, l'erba era calpestata in ogni direzione e le coperte sparse a casaccio, abbandonate senza tante cerimonie. Brienne li stava conducendo da Rohedric. Aveva allungato di proposito il percorso per evitare la parte del campo occupata da Thea e gli altri. Siadon non ne era affatto sorpreso, sapeva bene che Brienne non gli aveva creduto nemmeno per un istante.
Assolutamente lucido, continuava a ripercorrere le alternative che aveva davanti. Brienne era la donna più trasparente che avesse mai incontrato, se anche avesse raccontato di aver visto Merian cercare di salvare il prigioniero, nessuno le avrebbe creduto. Sempre ammesso che non volesse dichiarare apertamente di aver assistito ad un'esecuzione. No, vuole difendere i suoi... ed anche Merian. Ad ogni modo non avrebbe ingannato Rohedric. Anche nel migliore dei casi, l'uomo avrebbe intuito la rabbia che Brienne provava verso Siadon. Aveva già pensato alle possibili reazioni dell'uomo ad un evento simile. Sarà furioso, incolperà me e gli altri per scusare Merian ma si arrabbierà un sacco pure con lei. Merian lo ammira e si sentirà in colpa per averlo deluso. Non va bene, devo limitare questa cosa, la ragazza è nostra.
Si guardò rapidamente attorno, Merian camminava a testa bassa persa in cupi pensieri ma non sembrava affatto pentita. Brienne, avvicinandosi sempre più al campo, stava allungando i passi. Era evidente che non vedeva l'ora di unirsi a Rohedric. Siadon si lasciò sfuggire un sorriso, collocando finalmente alcuni dettagli sulla donna che aveva ignorato fino ad allora.
«Tu lo ami, vero?» disse a bassa voce fissandole la schiena.
Merian non parve nemmeno udirlo ma Brienne si voltò all'istante, materializzando due pugnali da lancio tra le mani. Siadon vedeva chiaramente le dita della donna sbiancare per la forza con cui li stringeva, tratteneva a stento la voglia di conficcarglieli nel petto.
L'assassino la fissò negli occhi per alcuni istanti, poi alzò le spalle
«Andiamo a fargli visita o vuoi che ti veda mentre ci minacci con le tue lame?»
Se Brienne avesse avuto anche solo la minima traccia di Potere nelle sue vene, lo sguardo che lanciò all'assassino sarebbe bastato ad incenerirlo. Lo ricoprì invece con una serie irripetibile di improperi che si smorzò lentamente, molto lentamente, in un borbottio confuso mentre riprendevano il cammino. Merian era tanto distratta dai suoi pensieri da essersi resa conto dell'interruzione solo quando ormai si erano già rimessi in marcia. Guardò Siadon perplessa ma dopo aver ricevuto un'alzata di spalle come risposta, tornò ai suoi pensieri.
E' davvero veloce con quei pugnali, se solo sapesse controllarsi sarebbe un'ottimo elemento...
Scuotendo la testa allontanò le impossibili ipotesi che gli vorticavano in testa e tornò a concentrarsi sull'immediato. Sentì delle voci proprio davanti a loro e ne fu sollevato. Con Rohedric c'erano diverse persone e tra le possibilità che Siadon aveva valutato, questa era quella che portava con meno probabilità ad una strage. Sempre ammesso che l'uomo continuasse a comportarsi come un buon capo, altrimenti il tutto si sarebbe concluso molto rapidamente. Siadon aveva riflettuto parecchio anche sulla possibilità di spingerlo di proposito verso quella fine ma temeva la reazione di Merian. Poco prima l'aveva stupito uccidendo Jora con tanta freddezza, l'aveva sottovalutata, ma veder morire i propri amici sarebbe stato davvero troppo per lei, almeno per ora. Inoltre Rohedric gli piaceva, non era marchiato dall'Ombra ed era un uomo coraggioso e giusto. Certo un tantino ottuso ma non voleva ucciderlo.
«... non capisci ... andarcene subito!»
Siadon si concentrò sui pezzi di conversazione che riusciva a cogliere. Era la voce di Thea, su questo non v'erano dubbi. Ma Thea doveva essere di guardia, lontana da lì.
«Non prima di averli trovati, potrebbero aver bisogno di noi!»
E questo è il buon Rohedric pensò Siadon mentre seguiva Brienne all'interno del campo. La situazione era diversa da quanto si aspettasse, Thea stava cercando di convincere Rohedric, Ariel e Kain ad andarsene.
«Siamo noi quelli in pericolo ora!»
Siadon la guardò perplesso Sta arrivando qualcuno?
«Visto!? Stanno bene, ora possiamo andarcene?» Continuò Thea indicando il trio che ormai li aveva raggiunti.
Rohedric squadrò Siadon minaccioso, concedendo solo un rapido sguardo a Merian.
«Cos'è successo?» gli chiese senza esitazioni.
Siadon lo fissò un istante, accantonando tutte le opzioni su cui aveva riflettuto fino a poco prima. Si rivolse a Thea senza rispondere all'uomo.
«Come siamo messi?»
«E' per Merian, ha usato tanto Potere da far voltare verso di noi ogni Incanalatrice da qui fino alla Luce sa dove. Manti Bianchi, Ribelli... e chissà cos'altro. Dobbiamo andarcene subito.»
Non un solo gesto, nemmeno involontario. Thea stava cercando di essere il più credibile possibile agli occhi di Rohedric e gli altri, stava deliberatamente evitando di usare il linguaggio dei segni.
Siadon annuì lentamente, stava per voltarsi verso Merian per tranquillizzarla quando Rohedric riprese la parola.
«Cos'è successo ad Arlene?»
Siadon sospirò, Thea aveva ragione, non avevano tempo da perdere. Dovevano trovare i Ribelli prima che qualcun altro trovasse loro, sperando che questi fantomatici Ribelli fossero abbastanza organizzati da poter offrire un qualche tipo di rifugio.
«E' stata incauta e Jora ne ha approfittato. Ha spezzato la ciotola e le è saltato alla gola senza lasciarle il tempo di difendersi. Io e Merian lo abbiamo assalito con il Potere nello stesso momento... non gli ha fatto bene. E' morto mentre Merian cercava di curarlo.» Rohedric lo fissò severo. «Se non mi credi chiedi a Merian. Se non credi nemmeno a lei prova con Brienne, che ci ha trovato proprio mentre Jora è morto. Fai come preferisci ma ora dovremmo davvero andarcene da qui.»
Aveva recitato la solita parte dell'Incanalatore frustrato, facendo trasparire la rassegnazione nel venir sempre considerato colpevole a prescindere dalla realtà. All'inizio sembrò anche funzionare ma poi Rohedric scambiò un'occhiata con Brienne e il suo volto si irrigidì notevolmente.
Dannata donna, non potevi essere più... donna?
Rohedric si guardò attorno, come per contare i presenti. Kain, per quanto cercasse di non darlo a vedere, era carico come una molla, pronto a scattare brandendo l'enorme spada. Anche Brienne era tesa, Siadon era certo che avesse già almeno un pugnale tra le mani. Ariel invece era visibilmente preoccupata, si rigirava tra le dita la pietra che portava al collo, fissando Rohedric contrariata.
Non fare l'idiota proprio ora
«E se preferissimo proseguire da soli?» Rohedric scandì lentamente ogni parola.
Siadon lo guardò negli occhi. C'era paura, ovviamente, quell'uomo sapeva bene che in uno scontro non avrebbe avuto alcuna possibilità, ma la dominava in modo ammirevole. L'aveva accettata e la sfruttava per alimentare il senso del dovere, l'orgoglio che gli permetteva di affrontare a testa alta il suo destino e quello della sua gente.
Che spreco pensò rassegnato Siadon mentre lasciava che il Potere scorresse dentro di lui.
«Proseguiremo uniti» Merian si intromise tra i due appoggiando una mano sul braccio di Siadon «Io vi servo per trovare il Drago Rinato, loro mi servono per imparare ad Incanalare e se avessi davvero attirato qualcuno, senza di loro non avremmo modo di difenderci»
Non fa una piega... Thea non ucciderla per avermi toccato, per favore
Siadon studiò rapidamente la moglie con la coda dell'occhio, era infuriata e stava cercando di incenerire la mano di Merian con lo sguardo, ma sembrava avere il controllo di sé stessa. Siadon annuì lentamente a Rohedric ma l'uomo non era affatto convinto.
«E loro invece cosa vogliono?» Questa volta fu Ariel a parlare «Te lo sei mai chiesta? Prima ci liberano, poi massacrano i Manti Bianchi che ci seguono. Dicono di voler trovare i Ribelli ma Arlene era tutt'altro che contenta dalla loro compagnia. Poi dicono di volerti aiutare ad Incanalare ma secondo Arlene non è quello che stanno facendo ed ora lei è morta. Così come l'unico Manto Bianco sopravvissuto.» Squadrò i due assassini «Cosa volete da noi?»
Thea sbuffò «Stiamo perdendo tempo. Lasciamoli qui...»
A marcire concluse Siadon nella sua testa. Merian era troppo pericolosa per essere lasciata indietro viva, quello che stava proponendo Thea era ben diverso da quanto potessero immaginare Rohedric e gli altri.
«Cerchiamo il Drago Rinato» Ormai immerso nel Potere, Siadon dovette concentrarsi per non apparire come una maschera completamente inespressiva. Era pronto a schermare Merian in qualsiasi istante. Era compito suo, Thea non poteva Incanalare senza insospettire la ragazza. Sua moglie si sarebbe occupata di proteggerlo da Brienne e Rohedric, le due minacce più immediate. «Proprio come voi» spostò l'attenzione da Ariel a Merian, ordinando al proprio volto di assumere un'espressione calma, priva di dettagli minacciosi. Voleva ancora la ragazza, ormai la considerava quasi una Sorella. Avrebbe giocato un'altra carta per legarla a loro, ma era anche pronto ad ucciderla in quello stesso momento.
«E' sata una Sognatrice a farci incontrare. Senza il suo intervento noi saremmo dall'altra parte del mare e voi... morti. Anche tu sei una Sognatrice Merian e non è un caso. Ora, vuoi aiutarci a trovare il Drago Rinato?»
Merian lo guardò preoccupata. In quegli occhi verdi c'erano molte più domande di quante Siadon si sarebbe aspettato. C'era paura, senso di perdita, confusione, stanchezza, rassegnazione e rabbia ma anche speranza, gioia ed affetto.
«Certo. Proseguiremo uniti.» rispose con una voce che rispecchiava perfettamente il suo stato d'animo. Siadon annuì sorridendo. O per lo meno imponendo al suo volto di sorridere.
«Possiamo muoverci ora?» Non era una domanda. Quando Thea usava quel tono bisognava obbedire, le alternative apparivano come ipotesi sfuocate appena al di là dell'unica opzione disponibile.

Due giorni dopo raggiunsero un fiume troppo impetuoso per essere attraversato, così lo iniziarono a risalire costeggiandone la riva sabbiosa. Dalla morte di Arlene era come se tra i due gruppi fosse calato un muro di ghiaccio, Rohedric faceva di tutto per non perdere di vista gli assassini. Atteggiamento che ben presto iniziarono ad imitare anche tutti gli altri, soprattutto Jon. Siadon aveva provato a parlargliene, la situazione iniziava ad essere fastidiosa, ma dopo alcune risposte sarcastiche si era convinto che ormai fosse del tutto inutile. Merian era l'unico contatto. Ancora disturbata dai suoi pensieri, cercava di mantenere buoni rapporti con tutti ma Siadon non dubitava che fosse ben più preoccupata di quanto mostrasse. Quella notte, l'aver ucciso Jora a sangue freddo aveva sbloccato qualcosa nella ragazza, aveva iniziato a costruirsi una maschera per nascondere le emozioni, sembrava aver superato la paura di mentire ai suoi amici. Imparava molto alla svelta, Siadon ne era orgoglioso.
Tomas, rientrando nel gruppo dopo aver cavalcato in solitaria per qualche ora, si avvicinò al cavallo del Fratello «Sono qui, proprio come ieri»
Anche tu sei cresciuto velocemente pensò Siadon valutando la voce e l'espressione del ragazzo.
Tomas era stato un ottimo esploratore dei Manti Bianchi, sicuramente quell'esperienza gli stava tornando utile. Era ancora molto giovane, eppure ora sapeva essere freddo e calcolatore anche in momenti difficili. Da quando erano fuggiti, si era aggrappato all'addestramento del Monastero con tutte le sue forze e quel condizionamento stava dando i suoi frutti.
«Hanno aspettato che ci allontanassimo per studiare il nostro ultimo campo. Si sono presi il tempo necessario a valutare ogni dettaglio.» rispose Siadon con calma. Stavano evitando il linguaggio dei segni, in parte per far capire la situazione a tutti ma soprattutto per non dare troppe informazioni a chi li stava seguendo. Se fossero stati dei Maledetti, quei segni sarebbero stati una sorta di autocondanna.
«Non sono Manti Bianchi. Vedi Jon, difficilmente si spingono così a Nord. E se fossero dei Manti Bianchi non avrebbero perso tempo, avrebbero subito cercato di catturarci.» Elsa si rivolse al ragazzo come se fosse la sua balia. Jon si avvicinava spesso a loro, probabilmente per dimostrare al fratello maggiore di non aver paura, o di essere valoroso o qualche altra assurdità simile. La donna si divertiva a prenderlo alla sprovvista con battute del genere.
Siadon ignorò entrambi, concesse solo un'occhiata a Rohedric per valutarne le reazioni ma non vi trovò nulla di nuovo. Non era tanto ottuso da non capire la situazione, probabilmente stava ancora decidendo se gli inseguitori fossero più o meno pericolosi di loro quattro.
«Li avete sentiti Incanalare?» chiese l'assassino
Tomas inclinò il capo, era un modo di fare che aveva accentuato da quando aveva ucciso il pastore. Per un attimo Siadon si domandò quanto fosse una cosa studiata e quanto gli venisse spontaneo.
«No, nemmeno una goccia di Potere. E nemmeno Thea li ha sentiti. Però non mi convincono, i due che ho visto si muovevano come se avessero un sesto senso, più o meno come quando di notte vedi attraverso le Tessiture.»
Jon impazziva dalla voglia di dire qualcosa ma un'occhiata di Rohedric e un sorriso incalzante di Elsa lo dissuasero all'istante.
Se fossero dei Fratelli Tomas me l'avrebbe fatto capire. Anche Thea si sarebbe precipitata qui se ne avesse riconosciuto qualcuno. Possibile che ci siano altre Sette sulle nostre tracce? Per i Manti Bianchi sarebbe impossibile, probabilmente ancora non sanno della morte di quella truppa. Che siano stati inviati dai Preti Neri? Quei tizi ci stavano portanto a Nord di Jennji, di certo hanno sentito Merian l'altra notte. Bestiacce strane ancora non ne sono spuntate, quindi o sono loro o sono i Ribelli... O un gruppo di Tiranni... no, non da queste parti.
«Che ne dici Rohedric?» chiese come se fossero due amici di vecchia data «Un altro gruppo di pazzi sanguinari o finalmente abbiamo trovato i Ribelli?» fece una breve pausa ma riprese subito, senza lasciare il tempo di rispondere «Io punto sui primi, anche se forse i Ribelli potrebbero essere ben più pericolosi di quanto immaginiamo.»
Rohedric gli scoccò un'occhiata gelida. «Neal, Kain. Andate a controllare, ma tenetevi lontani da loro, molto lontani.» ordinò «Abbiamo già abbastanza assassini al seguito»
Incredibile come riesca ad inimicarsi Merian anche quando cerca di difenderla pensò Siadon con un'alzata di spalle «E' probabile che li vediate solo se loro vogliono farsi notare... State attenti» concluse guardando Neal negli occhi.
Quella di Siadon non era affatto preoccupazione, tutt'altro. Assassini o Ribelli, chiunque fosse sulle loro tracce per lui era un nemico. Siadon pensava che Neal e Kain fossero buoni combattenti, poco inclini all'imprudenza, ma non era un buon motivo per rinunciare ad incoraggiarli a commetterne qualcuna. Se gli inseguitori li avessero catturati, o meglio ancora uccisi, Merian sarebbe stata pronta per capire il modo di vedere di Siadon. Ogni Incanalatore era un pericolo, anche i Ribelli. Merian non doveva vederli in modo positivo. Non doveva vedere del bene nel Potere e negli abomini in grado di usarlo, nemmeno in sé stessa.
Dannato pazzo pensò rivolto a sé stesso mentre osservava i due scomparire tra gli alberi. Pensare di spingerli ad un'imprudenza solo per mostrare coraggio o bravura... Maledetta radice! Più ne prendo e più divento contorto e paranoico quando ne rimango senza per giorni. Ne sono sempre più dipendente. Almeno è anche utile... e non dovrebbe mancare molto ormai.
Scacciò i sogni di una vita normale ancora prima che prendessero davvero forma. Sapeva di essere stanco ma non poteva concedersi il lusso di ammetterlo a sé stesso, il passo successivo sarebbe stato troppo breve ed era ancora troppo presto per farlo. Almeno non di sua spontanea volontà. Prima di morire doveva almeno provare a raggiungere il Padre, e magari a distruggere i Ribelli.
Concentrati dannazione!
Osservò Merian senza farsi notare. La ragazza cavalcava distrattamente, ancora indecisa sul come interpretare la propria premonizione sulla morte di Jora. La sera prima avevano parlato a lungo sui poteri di una Sognatrice. A dire il vero nessuno di loro ne sapeva molto, tuttavia era stato divertente osservare le espressioni di Rohedric mentre parlavano di visioni sul futuro e realtà all'interno dei sogni.
Anche Tomas indugiò su Merian per alcuni momenti, prima di affiancarsi a lei.
«Tutto bene?»
Non sta fingendo, è autentica premura! Realizzò Siadon perplesso. Aveva spinto Tomas ad avvicinarsi a Merian, lo riteneva un modo come un altro per legare a loro la ragazza. Di certo il giovane vedeva molte analogie tra le sue ultime esperienze e quanto stava accadendo a Merian.
«Sì» rispose lei perdendosi per alcuni istanti nello sguardo di Tomas «E' solo... sono solo molto stanca»
«Jora doveva morire» disse Tomas come se non l'avesse sentita. Non v'era traccia di vendetta o fervore nella sua voce, era una semplice constatazione della realtà. Almeno per come la vedeva il ragazzo. «Era un peso, scomodo e pericoloso.»
Merian lo fissò incredula e Tomas le sorrise, spostando subito il discorso sul fiume e sul tempo prima che lei potesse rispondere.
Elsa canticchiò un motivetto infantile che Siadon riconobbe per quel che era: un segnale. La Sorella voleva parlargli in privato. Lasciò passare qualche minuto, assicurandosi che Rohedric e gli altri fossero pù interessati a Tomas e Merian che a lui.
E' cresciuto gesticolò Elsa quando finalmente Siadon le si avvicinò, stando ben attenta a fare in modo che Tomas non potesse vedere i loro segni nemmeno se si fosse voltato.
E' pronto? Si riferiva a quanto Tomas fosse in grado di resistere ad un vero interrogatorio. Elsa lo stava addestrando da quando avevano deciso di cercare il Padre tra i Ribelli.
No rispose lei canticchiando distratta. Era un'attrice formidabile. Erano seguiti da alcuni Incanalatori e aveva appena condannato un suo Fratello, eppure trasmetteva spensieratezza in ogni dettaglio. L'immagine perfetta di una nobile che cavalca al sicuro nella sua tenuta estiva. Tanto spensierata che Siadon si domandò se non si fosse sbagliato ad interpretare il simbolo.
Stasera? Chiese Siadon per avere una conferma. Ricevendo uno sguardo incuriosito in risposta.
Sì fallo. Non è pronto. Gesticolò Elsa lentamente, assicurandosi di non essere vista da altri.
Siadon le sorrise, come se i loro sguardi si fossero incrociati per caso.
«Credi che ci attaccheranno stasera?» chiese Elsa tranquilla, attirando l'attenzone di Jon che cavalcava poco distante.
«Abbiamo disposto gli ultimi due campi in modo molto diverso l'uno dall'altro. Se siamo fortunati aspetteranno ancora, per studiarci meglio. Vorranno essere sicuri di poter gestire la causa di quanto hanno percepito due giorni fa.» rispose Siadon guardando alle spalle della comitiva. Non che pensasse davvero di vedere qualcosa, voleva solo essere prudente.
Elsa annuì «Stasera starò io con Merian» disse «Tu, Thea e Tomas farete la guardia. Uno riposa, due controllano. Usate il Potere senza timori, ormai sanno che siamo Incanalatori e sarebbe davvero stupido farsi prendere di sorpresa dopo due giorni che ci seguono.»
Era il modo più semplice per lasciare Tomas solo con Siadon, lontano dalla vista degli altri e con Thea a vegliare su tutti. Se Merian avesse percepito qualcuno incanalare, si sarebbe trattato di qualche Tessitura difensiva per controllare i dintorni del campo.
«Molto bene, vado a dirlo a Thea.»

Perché aspettano? Domandò Tomas, gesticolando nella penombra di una notte serena. Siadon lo vedeva come se fosse giorno, forse anche meglio, non solo i suoi sensi erano resi più sensibili dal Potere, stava anche mantenendo alcune semplici Tessiture che gli permettevano di percepire i movimenti attorno a lui.
Siadon era immobile da quasi tre ore. Per quanto fosse addestrato e conoscesse diversi esercizi utili a mantenere caldi i muscoli, aveva bisogno di muoversi. Rilasciò le Tessiture più sensibili, non gli sarebbero più servite e presto avrebbe avuto bisogno di ogni goccia di Potere. Iniziò con la respirazione, assaporando la sensazione di risveglio che si diffondeva in tutto il suo corpo, mentre l'aria fresca percorreva le sue vene ad ogni nuova boccata.
Dopo alcuni minuti era in piedi al fianco di Tomas Vogliono capire chi siamo rispose. Aveva meditato a lungo sulla situazione. Molte speculazioni erano oggettivamente troppo contorte per essere credibili, l'astinenza dalla radice lo obbligava a prestare più attenzione al senso dei propri pensieri. Nessuna setta di Assassini avrebbe aspettato tanto, almeno non quelle conosciute da Siadon. Che cercassero proprio loro o solo la fonte del trambusto di qualche notte prima, chiunque avrebbe provato a catturarli il prima possibile per non allontanarsi troppo dalla Confederazione. Chiunque tranne i Ribelli. Certo, era anche possibile che i loro inseguitori fossero convinti di essere sulle tracce di un gruppo di Ribelli, magari li stavano seguendo per scoprire un nascondiglio. Però sapevano di essere stati scoperti, glielo aveva detto Thea il giorno prima, quindi non potevano pensare che un gruppo di Ribelli li avrebbe portati in un luogo importante sapendo di essere seguiti. Anzi sarebbe stato più probabile aspettarsi una trappola, soprattutto lasciando passare il tempo.
Sono Ribelli. segnalò a Tomas.
Finalmente. Annuì lui in riposta. Tomas aveva passato praticamente tutta la sua giovane vita cercando di trovarli. Gli piaceva ancora raccontare di come a volte ci fosse andato vicino. Anche se ora vedeva tutto sotto un'altra lente, i Ribelli rimanevano suoi nemici. Non poche volte aveva confidato a Siadon di come gli sarebbero state comode, a quei tempi, le Tessiture che ora conosceva.
Strano come bastino pochi mesi per stravolgere una vita. Rifletté Siadon senza condividere i propri pensieri. Ma che dico? Tra poco sì che sarà stravolta! Concluse voltandosi per svegliare Thea.
Le si avvicinò e incanalò un sottile filamento di Spirito, dirigendolo verso di lei. Era il modo che usavano per svegliarsi quando si alternavano alla guardia, significava che non c'era pericolo. Buona parte degli altri modi, come una Tessitura diversa o una mano sulla spalla, l'avrebbe messa in allerta e probabilmente lui sarebbe morto. Certo avrebbe potuto parlare ma non aveva senso indicare agli inseguitori dove si trovavano.
Thea aprì gli occhi senza sbattere le palpebre, come se fosse già sveglia da tempo. Rimase immobile qualche istante, fissando le stelle tra le fronde senza respirare. Lo faceva spesso, all'inizio Siadon pensava che fosse un qualche modo per controllare il proprio corpo prima di alzarsi, con il passare del tempo invece aveva concluso che era più un'abitudine che una necessità. Si guardarono negli occhi a lungo, senza scambiarsi alcun segnale. Non ne avevano bisogno. Sapevano entrambi cosa stava per succedere, ne avevano parlato nel pomeriggio. Non piaceva a nessuno dei due ma non potevano permettersi rischiare oltre, le probabilità di riuscire ad ottenere qualcosa erano già fin troppo scarse. Tomas non era pronto. Se qualcuno l'avesse interrogato col Potere, lui avrebbe rivelato troppe informazioni e la gente che li stava seguendo sembrava ben addestrata ad usare quella maledetta cosa. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era qualcuno che dicesse ai Ribelli qualcosa del tipo «Perché siamo qui? Che domande, per uccidervi tutti!»
Thea inspirò fino a riempire i polmoni, prima di alzarsi con dei movimenti tanto fluidi da ricordare una danza.
Dormi segnalò a Tomas mentre lo raggingeva sopra un masso ricoperto da muschio.
Ricordi il primo giorno al Monastero? Chiese Siadon al ragazzo quando stava per sdraiarsi.
Tomas sorrise . Fermò le mani a metà di alcuni segni, indeciso sul come tradurre i propri pensieri
La prima cosa che hai notato? Lo interruppe Siadon ridendo, mentre avvolgeva alcuni filamenti di Spirito in un intricato groviglio.
Tomas inclinò il capo pensieroso, il Monastero lo spaventava ancora, Siadon glielo leggeva negli occhi. Eppure meno di quando ci viveva, una parte di lui aveva iniziato a considerarlo casa sua.
Il silenzio... Tomas rimase pietrificato, con tre dita piegate verso il palmo dell'altra mano, mentre Siadon stringeva la gabbia di Spirito che aveva appena conficcato nella testa del Fratello.

«Credo che abbia sognato qualcosa» sussurrò Elsa mentre cavalcava lentamente al fianco di Siadon. Precedevano il gruppo con una certa distanza, quanto bastava per evitare di cadere tutti in un'imboscata ma non tanto da perdere di vista gli altri. La notte prima, mentre Siadon e Thea si occupavano di Tomas, Elsa aveva tenuto d'occhio il campo, soprattutto Merian.
«Mi sommergerà di domande su Tomas. Cercherò di scoprire qualcosa il prima possibile.» Siadon parlò talmente a bassa voce che Elsa l'avrebbe potuto sentire solo Incanalando. Ovviamente era proprio quello che stava facendo, erano lì per scoprire eventuali trappole prima di finirci dentro, l'assassina doveva essere circondata da Tessiture di allarme tanto quanto lui.
Suoni o meno, potrebbero sempre leggerci le labbra. Pensò Siadon mentre scrutava con attenzione il sottobosco. Meglio recitare, il linguaggio dei segni è più utile se rimane segreto.
«Tutto sommato poteva andare peggio, poteva morire»
Elsa gli lanciò una rapida occhiata perplessa. Uccidere Tomas era proprio quello che avrebbero fatto normalmente.
L'assassina sospirò, fissando per alcuni istanti un tronco ricoperto di muschio poco più avanti «Spero che Merian e Thea riescano a calmarlo. Ridotto com'è potrebbe fare qulcosa di davvero stupido. Dubito che Rohedric e gli altri lo perdonerebbero. E non perdonerebbero neppure noi.»
Siadon annuì lentamente. Quella pietra... concentrò l'attenzione su un blocco di granito stritolato da grosse radici. E' solo una pietra concluse poco dopo, tornando a pensare alle parole della Sorella.
Continua a riterenere un errore l'averlo lasciato in vita. Forse ha ragione. Però anche lei ha concluso che se l'avessimo ucciso, Rohedric avrebbe incolpato noi. E' già morta un sacco di gente da quando siamo assieme, dal loro punto di vista di certo troppa. Pensano davvero che potremmo uccidere Tomas? Per loro dovrebbe essere inconcepibile... Avrebbero davvero sospettato di noi, senza nemmeno un motivo apparente? Certo la storia della trappola mentale regge ben poco ma perché non dovrebbero crederci? Tomas è uno di noi, per loro sarebbe come se Rohedric uccidesse Kain... Dannata radice! Sono un dannato paranoico! E non posso nemmeno prenderne senza svelarlo agli altri e a chi ci segue. Potrei prepararne una tazza con la scusa di spiegare a Merian come riconoscere il pericolo... berla di nascosto non dovrebbe essere un grosso problema. Chi ci segue però troverebbe qualche traccia. Ne rimarrebbero stupiti. Un gruppo di Incanalatori in grado di maneggiare tanto Potere che utilizza quella radice... non avrebbe senso, se non per impedire a qualcuno di Incanalare. Potrebbero pensare che quella notte sia stato un incidente, che qualcuno di noi non riesce a controllare la propria capacità...
«Concentrati» era la voce di Elsa, forte e chiara. Non stava più sussurrando «Che ti prende?» continuò studiando il sottobosco con aria preoccupata.
Dannatissima radice! «Pensavo a Tomas» mentì Siadon. In quel momento non poteva parlare della sua dipendenza ad Elsa «Non ricorda più nulla degli ultimi mesi, è come se ieri sera avesse varcato la soglia del Monastero e stamane si fosse risvegliato qui.»
«Almeno sa di essere un Incanalatore» rispose lei, tornando ad usare solo un filo di voce «se non ricordo male suo padre l'ha ripudiato pochi giorni prima che venisse preso. Dovrebbe essere entusiasta dei Ribelli.»
«Anche troppo... è l'immagine perfetta dell'Incanalatore in fuga dalla Confederazione. Non sarà sospetto?»
Elsa lo guardò incuriosita per alcuni momenti, aprì la bocca ma prima di dire qualcosa si girò di scatto, fermando il cavallo.
«Gran bel momento per le paranoie» rispose, studiando incuriosita la donna che li fissava proprio davanti a loro, non molto distante.
Non appena la vide Siadon catalogò meccanicamente ogni dettaglio. Era una donna alta, piuttosto muscolosa. Dagli abiti sembrava un'allevatrice di bestiame, o qualcosa del genere. I lunghi capelli castani erano pettinati senza molte cerimonie, come se non vedessero uno specchio da giorni. Siadon era sicuro che anche il suo odore avrebbe ricordato del bestiame, probabilmente pecore. Ma per quanto ben fatto, era un travestimento. Non c'erano bestie lì attorno e indossava quegli stracci in modo tale da non impedirle di usare un'arma corta senza alcun impedimento. Erano anche abbastanza lunghi da nascondere un paio di lame. Se non avesse assunto quel portamento fiero e deciso però, sarebbe stato molto più difficile intuire la realtà. Era in piedi a gambe divaricate, mento alto e mani giunte in vita, lo sguardo poi non lasciava dubbi. Da solo, bastava per capire che era un'aquila e non una pecora.
Tutti questi dettagli composero un mosaico nella mente di Siadon nell'attimo stesso in cui vide la donna. L'istante successivo diversi Incanalatori entrarono in azione, le tessiture di allarme esplosero nei pensieri dell'assassino tutte assieme. Si tuffò dalla sella, sperando di evitare qualsiasi cosa gli avessero scagliato contro. Rotolò su un letto di sassi ed un attimo dopo era accucciato al fianco del proprio cavallo, armato di due lunghi coltelli. Tre guerrieri erano comparsi sulla sinistra a pochi metri da loro, indossavano stracci e pelli ma non si muovevano certo come pastori. Siadon rilasciò alcune Tessiture, mantenendo solo quelle protettive mentre si scagliava sull'uomo più vicino, sperando che Elsa si stesse occupando dell'altro lato e non fosse già morta. Non aveva tempo per studiare gli avversari, erano troppi, doveva abbatterli il prima possibile. Schivò la grossa spada del primo, rimanendo stupito quando lo vide parare il suo primo attacco con la stessa lama. Non poteva averla spostata tanto velocemente se non utilizzando il Potere. Qualsiasi emozione, dubbio o paranoia avesse provato fino ad un attimo prima si dissolse. Quelle persone erano troppo pericolose, non c'era più spazio per i pensieri. Il mondo di Siadon divenne una sequenza di finte, attacchi, parate e movimenti sempre più rapidi. Prima che i nemici a portata diventassero due, il pugnale destro era viscido e caldo in modo familiare. Ma per Siadon era solo un dettaglio registrato meccanicamente, come l'improvvisa debolezza sul fianco sinistro del primo avversario o la distanza del terzo che si stava rapidamente riducendo. C'erano anche delle voci ma attraversavano la sua mente senza venir prese in considerazione. L'uomo al centro scattò in avanti con un fendente. Al posto di parare con le lame, Siadon concentrò alcune Tessiture creando una sorta di scudo e colpì l'interno coscia e il braccio destro dell'uomo quasi contemporaneamente. Un'attimo dopo lo spadone si abbattè sulla barriera con molta più forza di quanto Siadon si fosse aspettato. Arretrò con un balzo, era ferito ad un braccio ma poteva ancora muoverlo e la presa sull'elsa era salda. Studiò alcuni istanti i tre uomini, limitandosi a parare o schivare colpi innaturalmente rapidi e potenti. L'ultimo arrivato era la minaccia più reale. Incalzava Siadon come una furia, cercando di allontanarlo dal compagno appena colpito che barcollava incerto. Schivò un altro attacco, sfruttando lo slancio per assestare un calcio nel fianco ferito del primo nemico. Stava calando una lama sulla nuca dell'uomo quando il mondo divenne nero. Percepì qualcosa di duro sbattergli in faccia e un forte odore di terra gli riempì le narici. Poi il nulla.



continua...



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