Quando arriva la mattina nella stanza entra
un dottore.
Fa un rapido controllo e dice che sua madre può tornare a casa. Laura la guarda
sorridere.
Poi il dottore fa chiamare l’infermiera che l’aiuta a raccogliere la roba e a
vestirla.
Mentre sua madre sta dicendo all’infermiera che è perfettamente in grado di
camminare da sola, il dottore le fa un cenno ed esce.
Laura lo segue.
Quando sono fuori, nel corridoio, il dottore chiude la porta.
È un uomo sulla quarantina, ma è già brizzolato. Ha un volto stanco.
La guarda e sospira.
-Signorina, sua madre non sta bene.- dice con tono grave.
-Questo è evidente.-ribatte lei fredda. Non ha bisogno di un dottore per
capirlo.
-Forse il problema non le è completamente chiaro. Ho letto le cartelle delle
ultime volte che sua madre è stata ricoverata. Già due tentativi di suicidio, e
con questo siamo arrivati a tre. La situazione è fuori dalla sua portata.- si
interrompe un attimo –Sua madre stanotte ha rischiato di morire. Cosa sta
aspettando a farla curare?-.
Farla curare? Come? Lo psicologo non bastava, le medicine non bastavano.
Cos’altro doveva inventarsi?
-Magari, può provare a ricoverarla in un centro specialistico…ce ne sono
diversi…-
Ricoverare sua madre?!
-No, no non se ne parla.- ribatte nervosa.
Il dottore fa una faccia rassegnata.
-Sei troppo giovane per assumerti un responsabilità del genere.- le dice
appoggiandole una mano sulla spalla.
Laura abbassa lo sguardo.
-Lei non capisce…mi lasci portare mia madre a casa per favore.-dice incerta.
Sa di non essere per niente convincente, ma l’uomo annuisce ugualmente. Poi
estrae dalla tasca un pezzo di carta e ci scrive sopra un numero e un indirizzo.
-Per qualsiasi cosa puoi rivolgerti qui, non farti nessun problema.-dice
porgendole il foglio.
Laura lo accetta, ringrazia e lo piega per poi infilarlo nella tasca dei jeans.
Sa benissimo che non lo userà mai e poi mai, ma non vuole essere scortese
proprio con una delle poche persone gentili che le ha rivolto la parola. Non se
la sente.
Proprio in quel momento dalla stanza esce l’infermiera con sua madre
sottobraccio.
Laura sostituisce prontamente la donna e sua madre le restituisce un sorriso.
Le accompagnano fino all’uscita.
Una volta fuori Laura riesce a rintracciare un taxi e si fanno portare a casa.
paga con i soldi che ha in tasca dalla sera prima.
Sua madre non parla molto. È intontita dalle medicine, e si vede. E lei stessa
non sta meglio. Sente le gambe pesantissime.
Entrano in casa e Laura aiuta sua madre a sfilarsi le scarpe, poi lentamente la
porta nella sua camera.
La spoglia e le fa indossare il pigiama. La mette a letto e la copre.
Sua madre non dice nulla. Solo un roco sussurro, prima che lei se ne vada, che
le fa ancora più male.
-Mi dispiace…-
Poi le si chiudono gli occhi. Si è addormentata.
Laura lascia la stanza chiudendo la porta dietro di se.
Sta per crollare di nuovo e ha ancora il salotto da pulire.
Raccoglie secchio e spazzolone nello stanzino, e pulisce la vodka che si è
appiccicata al pavimento. Butta i cocci di vetro e poi crolla sul divano.
Fuori dalla finestra il sole comincia a salire. Saranno le dieci.
Deve avvisare Moni che quella mattina non potrà venire…deve avvi…deve avvisarla…
Si sveglia parecchie ore dopo. Il sole entra nel salotto attraverso la finestra
e le accarezza piacevolmente il viso. Ci mette un po’ a ricollegare tutto quello
che è successo questa volta, e quando finalmente ci riesce vorrebbe rimanere
stesa su quel divano, a dormire e basta.
Ma è fuori discussione.
Lentamente si solleva. I suoi pensieri vanno a Monica.
Torna nell’ingresso dove quella mattina ha abbandonato il giubbotto prima di
mettersi a pulire. Individua non senza difficoltà il guscio di plastica nella
tasca.
Avrebbe bisogno di dormire ancora, ma quando vede il numero di chiamate senza
risposta sul suo cellulare le passa la fantasia.
Tredici. Tredici chiamate, tutte di Monica.
Richiama subito l’amica, e ritorna a sedersi sul divano.
Tre, quattro squilli, poi sente una voce dall’altro capo della linea.
È Monica, ma ha un tono che Laura non le ha mai sentito.
-Pronto, Moni? Scusa se non ti ho avvisata questa mattina- dice subito.
L’amica ci mette un po’ a rispondere.
-Fa niente, non ti preoccupare-
Laura ha un brutto presentimento. Più che altro una sensazione, per niente
bella.
-Moni? C’è qualcosa che non va?- chiede con tatto.
Silenzio dall’altra parte.
Poi un singhiozzo.
La sua migliore amica piange.
Laura scatta in piedi, il cellulare stretto in mano.
-Moni? Che succede?- chiede ansiosa. L’amica continua a piangere.
-Mia nonna. Ha avuto…ha avuto un attacco stanotte. E adesso…i medici dicono
che…-
Moni scoppia a piangere, ancora più forte.
Laura sente il suo cuore sprofondare.
Ha conosciuto la nonna di Monica. È una donna speciale, e ha fatto da madre alla
sua amica per i suoi primi otto anni di vita.
Monica la ama, molto più di quanto ami sua madre e suo padre.
-Vieni a casa mia? Te la senti?- chiede soltanto.
Un “mi dispiace” per telefono non le può bastare. Non in quella occasione.
Monica sussurra un “si”, poi chiude il telefono.
Laura rimane con il cellulare in mano.
Sua madre che dorme in camera, cercando di riprendersi dall’ultimo tentativo di
suicidio, la nonna della sua migliore amica in fin di vita.
Crolla sul divano.
Quella sarà una giornata da dimenticare.
Dopo una decina di minuti decide di andare ad aspettare Monica.
Apre il cancello dal citofono e si apposta dietro la finestra. Non riesce a fare
a meno di mangiarsi ticchiosamente le unghie.
Alla fine la vede. I capelli biondissimi sparsi sulle spalle, avvolta in un
maglione nero, troppo grande per lei.
Laura spalanca la porta mentre l’amica imbocca il vialetto.
Le corre incontro e l’abbraccia.
Monica scoppia di nuovo a piangere.
La stringe più forte.
Ora sente anche lei le lacrime rigarle il volto.
L’amica ricambia l’abbraccio. Si aggrappa a lei. e lo stesso fa Laura.
L’una cerca l’altra per non affondare, per riuscire a riemergere. Insieme.
Restano li, abbracciate, per un tempo indefinito. Fin quando i loro singhiozzi
non si placano e riescono a respirare.
Quando si staccano sanno di esserci riuscite, sanno che non esiste nessun altro
che potrà mai aiutarle, che possono solo aiutarsi a vicenda.
-Entriamo- dice Laura.
Non servono altre parole.
Dieci minuti dopo sono sedute al tavolo della cucina, una tazza di the fumante
tra le mani.
-Domani parto per raggiungerla- dice Moni con lo sguardo perso.
-Ok-risponde lei. Monica la guarda per un attimo.
-Sai cosa vuol dire vero? Non potrò venire più a Monaco.-aggiunge.
Solo in quel momento Laura si ricorda di Monaco.
Aveva eliminato tutto la sera prima, di fronte a sua madre agonizzante sul
divano.
Non risponde. Poi trova il coraggio.
-Ieri sera mia madre ci ha provato di nuovo- dice soltanto. Guarda l’amica.
Inghiotte un sorso bollente di the e tiene gli occhi bassi.
-Cazzo- dice soltanto Monica. Solo questo. “cazzo”. e in quel momento le sembra
l’affermazione più adatta.
Scoppia.
Le racconta tutto. Sensazioni, pensieri, dolori, paure.
E lei l’ascolta, l’ascolta e basta.
Quando finisce la guarda per parecchi interminabili secondi.
-Io parto domani, quindi mi sarà impossibile essere a Monaco. Voglio stare
vicina a mia nonna prima che…sai…-ingoia velocemente e fa un bel respiro. Poi
continua –Beh insomma credo sia meglio che tu ci vada comunque-
Laura per un attimo non riesce a mettere in moto il cervello. Poi capisce.
-No, non se ne parla!!!- esclama sconcertata.
-Ma non puoi restare qui! Impazzirai Laura!!! Pensaci! Io non ci sarò, non ci
sarà nessuno a cui appoggiarti, e non so quanto tempo starò via! Potrebbe essere
una settimana come potrebbero essere tre mesi!- insiste Monica.
Ma Laura scuote la testa.
-No Moni, non me lo dire nemmeno. O insieme o niente. E poi mi sentirei un verme
a sfruttare i soldi di tuo padre.- ribatte decisa. Ma il vero motivo lo conosce,
e lo conosce anche Monica. Si vede da come la guarda.
Scuote la testa.
-Non mettere in mezzo mio padre. Lo sai che non è un problema quello, almeno
quello. Non puoi continuare a sacrificarti per lei, non puoi rinunciare a
vivere. Preferisco saperti fuori da questa casa mentre sono via. Non voglio
stare in pensiero per te. Ti prego.- Monica la trapassa con gli occhi. Ha lo
sguardo deciso di quando si mette qualcosa in testa.
-No- dice Laura seria. Si guardano per un attimo, poi Monica cede. Non ha
abbastanza forza per tenere testa all’amica quella mattina.
-Almeno promettimi che ci penserai-
Laura si tormenta le mani. La osserva. Gli occhi azzurri così spenti, arrossati,
lo sguardo supplichevole.
Decide di mentire. Solo per quella volta.
-Va bene. Te lo prometto, ci penserò.-
Quando finiscono il the Moni l’abbraccia e la saluta. Poi torna a casa, deve
sistemare le ultime cose prima della partenza.
Laura resta di nuovo sola, con sua madre che dorme ancora dietro quella porta.
All’ora di pranzo cucina qualcosa, e poi vaga come un’anima in pena per la casa.
Cerca di rimettere in ordine le idee ma le è impossibile.
Nel primo pomeriggio torna sul divano e osserva il soffitto. Riesce a rimanere
sveglia per i primi dieci minuti, poi crolla.
È ormai buio quando riapre gli occhi.
Si accorge quasi subito che qualcuno le ha messo una coperta addosso, e quando
sente dei rumori di stoviglie venire dalla cucina capisce che è stata sua madre.
Si avvolge stretta nella coperta e la raggiunge.
La trova alle prese con una frittata. Sembra piena di vita. Appena la vede le
sorride e le va incontro, la abbraccia. Per un istante le fa una tenerezza
immensa, vorrebbe restituire l’abbraccio con lo stesso identico amore e
dimenticare tutto, ma non ci riesce.
-Finalmente ti sei svegliata! Giusto in tempo per la cena- dice raggiante.
Si è truccata. Ha nascosto abilmente le occhiaie con il fondotinta.
Laura si siede a tavola e cenano insieme, con di sottofondo la radio.
Sua madre cerca di intavolare una conversazione e lei non si tira indietro. Le
manca il coraggio di fare la sostenuta.
Sembra che non sia successo niente.
Sembra sia stato solo un brutto sogno.
Laura quella sera va a letto con un peso in più sul cuore. E più volte durante
la notte nei suoi sogni compare sua madre: esanime, pallida…morta.