CAPITOLO 11
Goku
si era svegliato presto come al solito, e come al solito era subito corso in
camera di Konzen per convincerlo a lasciargli il permesso di uscire. Rimanere
nel letto, per il bambino, era una tortura: fosse stato per lui, avrebbe
saltato e corso giorno e notte! Konzen, però, non sembrava molto entusiasta
all’idea di lasciargli sfogare la propria vitalità… per questo faceva sempre un
sacco di storie per concedergli il permesso di uscire a divertirsi un po’.
Ormai Goku aveva imparato quali erano le occasioni migliori per strappare un sì
al suo giovane tutore: il trucco stava nel domandarglielo in momenti in cui
Konzen aveva altro da fare. In questo modo, pur di levarselo di torno, il dio
non esitava a concedergli quello che voleva. E sicuramente uno dei momenti
migliori era andare ad assillarlo la mattina presto, quando Konzen aveva ancora
troppo sonno per arrabbiarsi… Solo che quella mattina era successa una cosa
strana: quando era andato nella sua camera a svegliarlo, il piccolo non aveva
trovato nessuno. Evidentemente Konzen se n’era già uscito… strano, però, per
uno come lui!
“Uffa…
e adesso io come faccio?” si lamentò tristemente Goku, accasciandosi sconsolato
su una delle pareti di un lungo corridoio. Il bimbo rimase qualche minuto in
totale silenzio: beh… se Konzen non c’era… chi l’avrebbe potuto sgridare,
vedendolo in giro?
“Ma
certo! Sono un genio!” esultò Goku, fiondandosi fuori. Era una giornata
bellissima: si sarebbe divertito un mondo.
Goku
aveva girovagato per tutti i giardini che conosceva, e ora se ne stava seduto
accanto a un cespuglio con le pive nel sacco: altro che divertimento… quella
giornata era una noia totale! Ma possibile che non ci fosse nessuno in giro?
Aveva cercato dappertutto: nessuno dei suoi amici si era fatto vedere. Kenren,
Maya e Tenpou erano impegnati con quella cosa degli Shogi, se l’era ricordato
dopo… Kazue non si vedeva… Konzen sembrava sparito… e quel ragazzo che aveva
conosciuto, Nataku, beh… quello erano secoli che non lo incontrava più…
Goku
sospirò sconsolato: certo, sempre meglio starsene all’aperto che chiuso tra
quattro mura ad annoiarsi… ma senza nessuno dei suoi amici, non riusciva a
divertirsi.
Stava
ancora lì, depresso, ad autocommiserarsi quando sentì un fruscio che si
avvicinava a lui: il passo era leggero e delicato, e avanzava con decisione,
come quello di qualcuno che conosceva bene il posto.
“Che
sia… Kazue?” si disse il piccolo, voltandosi con gli occhi dorati colmi di
speranza.
Non
era Kazue: ad averlo trovato era quella strana dea da cui era stato portato la
prima volta che era giunto nel mondo celeste… Kanzeon Bosatzu.
Goku
indietreggiò un po’, leggermente intimidito: non aveva paura di lei, ma il
fatto che riuscisse a tenere testa a Konzen con tanta facilità gli faceva
sospettare che, in qualche modo, quella fosse una donna terribile…
Lei,
notando l’esserino accucciato accanto al cespuglio, si fermò piacevolmente
sorpresa: “Toh… ma guarda chi si vede in giro…”
Goku
abbassò lo sguardo, balbettando: “Ehm… buongiorno…”
Kanzeon
gli si avvicinò, sorridendogli: “Capiti proprio a proposito, piccola scimmia…
forse tu puoi aiutarmi!”
“Ehy,
io non sono una scimmia!” protestò il bambino, offeso.
“Oh,
vedo che hai ripreso coraggio!” commentò lei ironicamente, “Senti un po’,
piccola scimmia, dove diamine è finito Konzen? Sono stufa di andare in giro a
cercarlo!”
“Non
c’è proprio verso di fartelo capire, eh! Non sono una scimmia!” riprese Goku,
strepitando, ma Kanzeon continuò il suo discorso ignorandolo completamente:
“Uff, aveva promesso che quei documenti che gli avevo affidato sarebbero stati
pronti entro stamattina, ma come al solito sul mio tavolo oggi non ho trovato
un bel niente! Ultimamente Konzen è diventato così poco affidabile…”
La
dea squadrò sorridendo il bambino che la guardava con quei grandi occhi dorati:
“Sai, credo che tu abbia davvero un pessimo ascendente su di lui…”
“Cosa?…
Perché?” balbettò di nuovo intimidito l’altro, sorridendo.
Kanzeon
rise: “Perché? Semplicemente perché… lo stai facendo divertire troppo!”
Goku
la guardò perplesso: certo che non sarebbe mai riuscito a capire la gente che
abitava quel mondo di strambi…
La
dea sospirò: “Ah… non avrei dovuto essere così generosa con lui… se ti avessi
tenuto per me, ora sarei io a divertirmi così tanto… comunque,” disse, “…mi sai
dire dove si è cacciato Konzen?”
Goku
scrollò le spalle: “Non ne ho idea… lo stavo cercando anch’io… quando sono
andato a chiamarlo, stamattina, non l’ho trovato nella sua stanza!”
“Ah!”
commentò ironicamente lei, “Questo è davvero strano! Chissà che cosa è riuscito
a spingerlo giù dal letto! Dev’essere una cosa davvero importante, non trovi?”
Goku
non rispose: aveva imparato come, molto spesso, sia la dea che suo nipote
tendessero a fare domande pur non aspettandosi dall’ascoltatore una risposta.
“Adesso
sono proprio curiosa!” esclamò Kanzeon, riprendendo a camminare. Dopo qualche
passo, si voltò verso il bambino, che ancora se ne stava seduto accanto al
cespuglio: “Tu che fai, scimmia? Vieni con me?”
Goku
pensò in fretta: sempre meglio seguirla piuttosto che rimanere da solo per
tutto il giorno. E poi l’avrebbe portato da Konzen, finalmente! Agilmente si
alzò in piedi e, trotterellando, la raggiunse.
“Comunque
non sono una scimmia!” brontolò, seguendo con passo affrettato il languido
portamento della dea.
I
due contendenti si separarono per riprendere fiato: quello scontro era
veramente duro, ma entrambi erano più che soddisfatti. Finalmente si stavano
misurando con un avversario degno.
“Dovremo
ringraziare l’amico Li Touten per questo…” commentò Kenren, ironicamente.
“Già…”
ansimò Maya, sorridendo per la battuta dell’amico.
“Che
ne dici di mostrargli direttamente il frutto dei suoi sforzi organizzativi?
Magari in prima persona!” scherzò l’altro, cercando di calmare il fiatone che
aveva.
Lei
rise e lanciò un’occhiata al suddetto: il sorriso della ragazza si allargò. A
quanto pare, quel ghigno insopportabile era sparito dalla faccia del sommo Li
Touten.
“Guarda…
il nostro pubblico non sembra molto soddisfatto di noi…” esclamò a Kenren,
alludendo allo sguardo scuro dell’uomo.
“Ah,
evidentemente si aspettava che ci spianassi la strada verso Gojuin…” disse lui
con sarcasmo, “Sei veramente maleducata, Maya! Non ci si comporta così con i
vecchi!”
La
ragazza rise di nuovo, e si voltò di nuovo verso Li Touten: vedere il
disappunto dipinto sul suo viso le dava la carica necessaria per continuare a
combattere ad alto ritmo. Ma con sua grande sorpresa, l’espressione dell’uomo
era cambiata nuovamente. Li Touten stava di nuovo sogghignando. Maya lanciò lo
sguardo nella direzione in cui guardava l’uomo: che cosa poteva dargli tanta
soddisfazione?
Il
cuore le mancò un colpo: Gojuin aveva raggiunto Tenpou e aveva combattuto con
lui, ma aveva avuto la peggio… e ora Tenpou si stava apprestando a chiudere la
partita definitivamente.
“Che
ti prende?” le chiese Kenren, spiazzato dall’improvviso pallore che aveva preso
la ragazza. Maya non gli rispose neanche: con uno scatto improvviso gli piombò
addosso. Il generale parò a stento il colpo, portato avanti con una foga che lo
fece indietreggiare: “Ma che cosa…?” balbettò lui, ma la donna non si fermò a
rispondergli. Con rapidità e decisione si stava dirigendo verso i due generali:
non poteva permettere che la simulazione finisse in quel modo.
Kenren
la seguì stupito con lo sguardo: che cosa le aveva preso? Non era da lei
fuggire così da uno scontro… Solo in quel momento si rese conto della reale
gravità della situazione: “Fermati!” gridò, inseguendola… ma temeva davvero che
ormai fosse troppo tardi.
“È
stato un onore combattere contro di lei, generale Gojuin…” gli disse Tenpou,
avvicinandosi lentamente all’altro, che – dopo averlo disarmato – aveva appena
spinto a terra. Quello non rispose, limitandosi a fissare l’avversario con i
suoi occhi rossi: e così la sua idea non aveva funzionato. Sapeva che sarebbe
stato un rischio sottovalutare le potenzialità di Tenpou, e aveva cercato in
ogni modo di imporsi. Ma doveva ammetterlo, quello era veramente un osso duro.
E, ormai, la partita era chiusa. Gojuin abbassò lo sguardo: chissà… se non
avesse cambiato la strategia… chissà se Maya, al suo posto, ce l’avrebbe fatta…
“Grazie…
ma non serve a niente perdersi in chiacchiere. Faccia quello che deve fare, e
chiudiamola così…” gli rispose seccamente, e rimase immobile ad aspettare che
Tenpou gli puntasse la spada di legno alla gola. Con quel gesto avrebbe dovuto
dichiararsi definitivamente sconfitto, e l’imperatore celeste avrebbe chiuso la
simulazione.
Non
aveva voglia di guardare il suo vincitore: Tenpou non faceva che ricordargli le
parole di Li Touten e, di conseguenza, i suoi sospetti verso Maya. Si era
accorto anche lui che, a livello personale, tra quei due era nato un sentimento
particolare, una complicità che lui non avrebbe saputo certo eguagliare. Lo
capiva, e infatti non pretendeva questo: l’unica cosa che chiedeva alla ragazza
era la sua lealtà come ufficiale. Una lealtà che lui aveva sempre dimostrato
nei suoi confronti… era troppo chiederle lo stesso? Era troppo sperare che la
fiducia che le aveva accordato in tutti quegli anni venisse ora ricambiata?
Gojuin
sorrise amaramente: evidentemente sì… probabilmente Li Touten aveva organizzato
tutto quell’evento proprio per mostrarglielo una buona volta… beh, sembrava
davvero esserci riuscito.
Tenpou,
nel frattempo, aveva raggiunto il suo avversario: ormai davvero nulla sembrava
potergli togliere la vittoria dalle mani. Guardò rapidamente il resto
dell’arena, alla ricerca di Maya: una parte del suo cuore si sentiva in colpa
per quello che stava per fare. Aveva intravisto la ragazza mentre combatteva
contro Kenren, e si era accorto di quanto impegno ci avesse messo. Ora lui
stava per rendere vana tutta la sua fatica, ma era inevitabile.
“Fallo,
Tenpou…” si disse, “…Renderesti davvero tutto inutile se ti rifiutassi di fare
il tuo dovere.”.
Il
generale alzò il braccio per puntare la spada al collo di Gojuin… ma in quel
preciso istante sentì una voce chiamarlo forte: “Tenpou!”. Kenren! Era la sua
voce! Il giovane fece per voltarsi, ma non ci riuscì: la lama lignea di una
spada lo aveva raggiunto e gli bloccava i movimenti del collo. Una spada bianca…
come quelle della schiera di Gojuin.
“Maya…”
balbettò incredulo Gojuin: la ragazza stava dietro a Tenpou, ansimante, col
braccio teso e la spada puntata al collo del generale.
Lei
non disse nulla: anche volendo farlo, non ne avrebbe avuto il fiato. Aveva
corso come mai nella sua vita per arrivare in tempo, e ce l’aveva fatta per un
pelo. Ancora un secondo, e sarebbe stato troppo tardi.
Tenpou
chinò leggermente la testa; poi abbassò il braccio e lasciò cadere a terra la
sua spada: “Accidenti…” sussurrò sorridendo, “…ho perso.”
“Fermi
tutti!” annunciò platealmente l’imperatore celeste, “La simulazione è finita!”
A
quelle parole, Maya abbassò a sua volta l’arma. Non si era mai sentita tanto
stanca in vita sua.
“Ah,
dannazione!” si lasciò andare Kenren, lanciando a terra la spada, “C’è mancato
tanto così!”. Tenpou lo guardò sospirando: nonostante le sue parole, erano anni
che non vedeva il suo amico tanto soddisfatto. “Già… beh, abbiamo imparato una
cosa importante, oggi… non si è mai abbastanza sicuri di vincere, vero Ken?”
“Ah…
miseriaccia…” continuò ad abbaiare quello, con un sorrisetto sulle labbra, “…mi
spieghi che cosa aspettavi a farla finita? Adesso, per farti perdonare, dovrai
offrirmi un bel po’ di sakè!”
Maya
era rimasta immobile, in piedi nella stessa posizione: si sentiva completamente
svuotata. In quegli ultimi momenti aveva dovuto agire così in fretta che non
aveva avuto nemmeno il tempo di pensare: si era mossa seguendo esclusivamente
l’istinto, e ora aveva bisogno di un attimo di calma per riordinarsi le idee in
mente. Stava ancora cercando qualche punto di riferimento quando si accorse che
Gojuin le stava di fronte: alzò subito lo sguardo verso il suo superiore.
Il
generale si limitò a fissarla per qualche istante, senza dire niente. Maya rimase
in silenzio: non osava nemmeno fiatare per non rompere quel momento. A una
prima occhiata, sarebbe sembrato che l’espressione dell’ufficiale fosse la
solita di sempre… ma la ragazza aveva notato nei suoi occhi una strana luce. E
sperava che quella luce significasse il dubbio che le parole di Li Touten nei
suoi confronti non fossero poi così vere.
Gojuin
aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e, approfittando del fatto
di essere chiamato altrove, se ne andò.
“Ehy,
Maya!” la chiamò con falsa arroganza Kenren, “Anche tu, non credere di
cavartela con poco per quello che mi hai fatto!”
La
ragazza sembrò svegliarsi da un sogno: si voltò stupita verso i due ragazzi,
come se non si ricordasse che anche loro erano lì.
“Guarda
qua!” continuò quello, avvicinandolesi e indicandole il piccolo taglio sulla
fronte, “Guarda!! Mi hai sfigurato!!!”
“Ah
sì?” rispose lei con altrettanta arroganza simulata, “E per quanto riguarda
questo polso, come la mettiamo?”
“Oh,
Kenren… che cosa le hai fatto?” lo rimproverò Tenpou con un sorriso, “Avevi già
una spada, che bisogno c’era di usare le mani…”
“Tsè, parli così perché non ci hai combattuto
tu contro!” rispose l’altro. Poi si voltò leggermente e un largo sorriso si
dipinse sul suo viso: “Però, amici miei… c’è qualcosa che vale bene tutto
questo…”
“Ah
sì? Che cosa?” gli chiese Maya, sedendosi esausta per terra.
Kenren
ammiccò: “Vedere la faccia di Li Touten ADESSO!”
Gli
altri due risero e si voltarono verso la tribuna: il sommo Li Touten aveva
un’espressione terribile. Tutti i suoi piani si erano infranti nel giro di
pochi secondi. Tutta la sua fatica era stata mandata all’aria.
“A
quanto pare, non è a noi che hai strappato la vittoria dalle mani, Maya…”
commentò Tenpou, sorridendo compiaciuto.
“Già…”
confermò lei soddisfatta, “…sembra proprio di sì.”
Kanzeon
e Goku stavano camminando già da qualche minuto, e ancora Konzen non si vedeva.
“Vorrei
sapere dove diavolo si è cacciato…” brontolò la dea, ma le sue lamentele erano
più formali che sentite… in realtà, quello era un fuoriprogramma che la stava
divertendo alquanto. Se non altro, portava un po’ di imprevedibilità alla sua
solita, imperturbabile, noiosa vita.
La
dea lanciò un’occhiata al bambino che la stava seguendo: se ne stava
stranamente zitto, cosa insolita visto le lamentele di Konzen a riguardo della
sua prolissità addirittura smodata. Era evidente che sentiva una certa
soggezione di lei…
“Beh,
che ti prende? Ti hanno mangiato la lingua?” lo stuzzicò lei, col suo solito
fare ironico.
Goku
la guardò spalancando i suoi occhioni gialli: “No… è solo che…”
“Cosa?
Vuoi privare proprio me della tua irrefrenabile vitalità?”
Goku
abbassò lo sguardo e arrossì un po’: “è solo che Konzen si arrabbia sempre
quando parlo troppo… e allora pensavo… che anche lei avrebbe fatto lo stesso!”
Kanzeon
ridacchiò leggermente: e così quella scimmia era anche sensibile…
“A
me non dà tutto questo fastidio sentire un po’ di vita attorno a me…” rispose,
“Per tutto il giorno sono costretta a stare nel silenzio… ormai non riesco ad
immaginare sulla di più insopportabile che la quiete!”
“Io
credevo che essere un dio fosse bello…”
“Ha
i suoi lati positivi, come ogni cosa” ammise Kanzeon, “Ma ovviamente, c’è anche
il rovescio della medaglia…”
“Uhm…
credo di aver capito…”
“Davvero?”
“Sì…
è un po’ quello che mi ha detto anche il mio amico Nataku!”
“Nataku?”
scattò Kanzeon, sorpresa. “Tu hai incontrato Nataku?”
“Sì…
perché?” le chiese stupito Goku.
Kanzeon
sorrise sempre più divertita: quel bambino continuava ad essere sempre più
sorprendente! Chissà quando era riuscito a eludere la sorveglianza di quel Li
Touten per poter parlare con suo figlio!
“E
che cosa ti avrebbe detto il tuo… amico Nataku?” continuò lei, ignorando la
domanda del bambino.
“Beh…
io credevo che essere una creatura eretica fosse un male…quindi questa è una
cosa brutta… ma lui mi ha detto che, per quanto eretica, io sono comunque
un’esistenza unica… sì, ha detto proprio così! E questa invece è una cosa
bella, no?”
Kanzeon
annuì: “è una cosa molto bella…” confermò.
“Beh,
comunque io e Nataku non…” iniziò a dire Goku, ma la dea lo bloccò
all’improvviso, tappandogli la bocca.
“Ehy!”
protestò il bambino cercando di protestare, ma Kanzeon gli fece cenno di fare
silenzio: c’era qualcosa che aveva attirato la sua attenzione.
Goku
seguì la direzione dello sguardo della dea: c’era un albero a poca distanza da
loro, e dietro sembrava esserci qualcosa, ma non riusciva a capire bene che
cosa fosse…
“Aha…”
commentò con ironia a mezza voce Kanzeon, “Ecco che cosa stava facendo il
nostro Konzen…”
Konzen? Era lì? E allora perché non
l’avevano chiamato? Goku si spostò meglio, per vedere chiaramente…
effettivamente Konzen c’era, e non era da solo… c’era anche una ragazza con
lui, e anche se non riusciva a guardarle il viso, dai capelli e dai vestiti
doveva essere Kazue senza dubbio…
“Ma…”
sussurrò perplesso il bambino, “… ma che cosa stanno facendo?”
Kanzeon
rise sommessamente: “Vieni! Andiamo a chiederglielo! Konzen deve spiegare un
paio di cose anche a me…” disse, pregustando già la figura che stava per far
fare al nipote, e si diresse con la sua solita calma verso i due giovani. Goku,
ancora un po’ perplesso, la seguì.
Kazue
non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse durato quel loro bacio: era stato
qualcosa di così bello che tutto il resto era passato in secondo piano. Ancora
abbracciata al dio, aprì leggermente gli occhi, quasi per verificare che tutto
quello fosse reale e non una sua fantasia… e in quel momento vide Kanzeon
dietro di loro, sogghignante, e Goku, accanto a lei, che li guardava spaesato.
Immediatamente
la ragazza si staccò da Konzen, recuperando la distanza da lui che si
conveniva. Sapeva che era una sciocchezza: chissà da quanto tempo quei due li
stavano guardando! Konzen, stupito per la reazione che aveva avuto lei, rimase
per un attimo perplesso a guardarla mentre diventava sempre più rossa; stava
per chiederle spiegazioni, quando sentì una voce fin troppo familiare provenire
dalle sue spalle: “Oh, vi prego! Continuate pure! Non badate a me!”
Il
giovane dio si irrigidì: non era possibile!
“Ma
che cosa facevano?” aggiunse la vocina di Goku. Anche la scimmia??? Konzen non
osava voltarsi: non aveva il coraggio di affrontare la visione del pubblico che
aveva assistito allo spettacolo…
“Già,
Konzen, che cosa stavi facendo?” insinuò la dea, “Perché da qui sembrava
proprio che…”
“Ehm…”
la interruppe imbarazzatissima Kazue, “…io adesso dovrei essere a casa, quindi
è meglio che vada ora!” e, detto questo si allontanò in fretta, senza voltarsi
indietro una sola volta.
Goku
la osservò andarsene con quel passo rigido e teso: non era proprio il solito
portamento della ragazza: “Konzen…” gli chiese preoccupato, “Ma era una cosa
tanto brutta quella che stavate facendo?”
Kanzeon
scoppiò a ridere fragorosamente, mentre il povero dio, ancora sconvolto,
cominciò a tremare per la vergogna e per la rabbia: “Tu… stupida scimmia!!
CHIUDI QUELLA BOCCA!”
“Ma
perché te la prendi? Che cosa ho detto???”
“TACI!
NON VOGLIO SENTIRE UN’ALTRA PAROLA!!”
“Adesso
non te la prendere con noi, Konzen!” lo rimbeccò tranquillamente Kanzeon, “Non
è colpa nostra per quello che è successo… questo è un giardino aperto a tutti.
Se non volevi che qualcuno ti vedesse mentre baciavi Kazue, avresti dovuto
pensarci!”
“Eeeh?
Si stavano baciando???” chiese incredulo il bambino.
“TI
HO DETTO DI STARE ZITTO!” sbraitò Konzen, non riuscendo a trovare nient’altro
di meglio da dire.
“Ma
guardalo… fino a ieri faceva tante storie per sposarti… e adesso…” lo continuò
a prendere in giro la dea.
Goku,
a quelle parole, cominciò a saltellare di gioia; Konzen, ormai incapace di
protestare, rimase fermo a guardarlo con espressione desolata: “Che ti prende
adesso, scimmia?”
“Davvero
sposerai Kazue, Konzen???” lo festeggiò quello, prendendogli le mani. Non aveva
ben chiaro il significato di quel termine, ma se coinvolgeva Kazue, allora era
sicuro che dovesse trattarsi di qualcosa di bello.
“CRETINO!!!
MA CHE COSA URLI!!” lo sgridò l’altro, guardandosi preoccupato in giro: ci
mancava solo che qualche altro idiota indiscreto venisse a conoscenza di quella
storia. A quel punto, negare l’evidenza era impossibile… quindi, almeno, era
necessario mettere subito in chiaro le cose…
“Adesso
sentitemi bene: che cosa farò, lo so io… per cui non voglio ASSOLUTAMENTE che
nessun altro sappia che cosa è successo qui adesso. Sono stato chiaro?”
“Ma
scusa, Konzen, perché nascondere ancora che ti piace Kazue? Tanto, quando
sapranno che la sposerai, lo capiranno tutti lo stesso!” obiettò Kanzeon,
provando gusto nel torturare così il nipote.
“PERCHÉ
SONO AFFARI MIEI, VA BENE?” replicò con stizza quello, “Ho detto che non
voglio, e non voglio! Questo è quanto!”
La
dea alzò gli occhi al cielo, ridendo, mentre Goku continuava a guardarlo con
tanto d’occhi: Konzen sospirò sconsolato… quella scimmia non aveva capito
niente di niente…
Con
foga si avvicinò ai due spettatori involontari: “Non dovete raccontare di oggi
a nessun dio! Avete capito?”
Goku,
sorpreso dalla decisione del ragazzo – insolita, per quello che era il suo
normale stile -, annuì; Kanzeon invece lo guardò dritto negli occhi: “A nessun
dio?” chiese, sorridendo.
“A
nessun dio!” confermò Konzen, irritato.
La
dea continuò a fissarlo con la sua solita espressione impertinente: “… Mh… va
bene…”
Fece
per andarsene, ma Konzen la bloccò, guardandola con occhi di fuoco: “Promettilo!”
Kanzeon
continuò a sorridergli: “Promesso!” disse con una luce negli occhi che non
prometteva granché di buono, “A nessun dio…”