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Autore: Elpis    04/06/2013    10 recensioni
I personaggi di Kodocha sono cresciuti.
Sana è felicemente sposata con Akito, Naozumi convive con Fuka, Tsu ed Aya sono addirittura diventati genitori. Quanto a Rei, continua ad essere il manager affettuoso della sua pupilla e a coltivare il suo idillio con Asako.
Quattro coppie, ognuna con un passato diverso alle spalle.
Quattro coppie i cui destini si intrecciano in un gioco di linee dai contorni non ben definiti.
E se bastasse un test di gravidanza a ingarbugliare tutto e a rompere quei delicati equilibri?
Estratto 15° capitolo:
"Kami, vi prego, fate che almeno il bambino si salvi".
Una parte di lei avrebbe solo voluto abbandonarsi al vuoto dell'incoscienza, l'altra lottava per mantenere a fuoco ciò che la circondava e rimanere presente. Avvertiva un gran vuoto all'altezza del petto, un vuoto da cui nemmeno il dolore delle contrazioni riusciva a distrarre.
"Posso essere egoista, almeno per un momento?"
C'era un nome che martellava nella sua mente, più forte della voce dei medici, più insistente del rumore dei macchinari elettrici, più penetrante della paura.
"Akito-kun.
Ho bisogno di te, Akito-kun."
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Fuka Matsui/Funny, Naozumi Kamura/Charles Lones, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless Love'
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Bolla di felicità
 

 
 
 




 
 
Scivolava nel mare dell'incoscienza, beandosi di quella sensazione di leggerezza, quasi di assenza di gravità.
Il suo corpo era qualcosa di lontano che non riusciva a percepire chiaramente. Persino il dolore che le aveva straziato l'addome pareva essersi dissolto, come se fosse stata un'altra persona a provarlo e lei solo una spettatrice passiva. E quella vocina dentro di lei sembrava finalmente soddisfatta.
Bene così. Non c'è motivo di soffrire ancora”.
Ovatta.
Sprofondava sempre più basso in una sostanza vischiosa e al contempo soffice.
Che sta succedendo?
C'era qualcosa che le sollecitava la mente, qualcosa che premeva ai margini della sua coscienza, eppure non riusciva a ricordare.
Bianco.
Era tutto ammantato di bianco e non riusciva a mettere a fuoco niente.
Come sono finita qui?
La sua mente sembrava restia a collaborare.
Che importa? Tutto quel dolore e quella sofferenza sono scomparsi... Non era quello che volevi?”
Il tono della voce era rassicurante ma una piccola parte di lei sembrò ribellarsi a quell'idea.
Dolore? Perché stavo soffrendo?
Nella sua testa si susseguirono dei flash, talmente rapidi che ebbe quasi difficoltà a focalizzarli. C'era lei, circondata da una folla di giornalisti curiosi. Una fitta improvvisa, la stanza che iniziava a girare, una folle corsa in ospedale.
Ospedale? È qui che mi trovo?
Le sembrò di riemergere lentamente verso la superficie ma fu solo per un attimo. Quel bianco appiccicoso tornò ad avvolgerla, più impenetrabile di prima.
Sei sicura di voler tornare alla realtà?”
La voce adesso aveva assunto un tono velenoso.
Ci sono urla e sangue, lassù. Ti sto solo proteggendo”.
Sussultò, chiedendosi se fosse vero. Credeva di sì, eppure...
Eppure ci deve essere qualcos'altro. Qualcosa che non riesco a ricordare.
Non c'è niente. Sei sola, Sana. Non c'è nessuno accanto a te là fuori”.
Sola.
Quella parola rimbombò cupamente nella sua testa, facendole desiderare di credere definitivamente alla voce e abbandonarsi a quella realtà onirica.
Forse ha ragione e non c'è nessun motivo per lottare ancora.
Forse posso lasciarmi andare.
Fu in quel momento che la sentì.
All'inizio fu solo un rumore di sottofondo, un bisbigliare quasi irriconoscibile. Eppure tutto il suo essere fremette in risposta, tendendosi come la corda di un violino.
E quella voce aumentò di intensità, fino a quando non riuscì a distinguere chiaramente le parole.
 
« Fatemi passare ».
«Non è possibile, mi dispiace ».
« C' è mia moglie dietro quella porta, fatemi passare! ».
 
Hayama.
Era lui, doveva essere lui per forza. Le sembrava di vederlo, in piedi nel mezzo del corridoio dell'ospedale, fermato dagli infermieri.
Ma come...che sta succedendo?
Lo vide accasciarsi addosso al muro, privato in un attimo di tutta la sua forza. Il suo viso era un nugolo di emozioni così tormentate che provò l'incontenibile impulso di alzarsi e sfiorargli il viso con una carezza.
Nella sua mente, le parole di Akito continuavano a ronzare, accompagnate da un suono ritmico che pareva essersi improvvisamente risvegliato.
 
È tardi.
Sono arrivato troppo tardi.
«Kurata! » urlò con quanto fiato aveva nei polmoni.
Se tu dovessi morire.. Io...
Pensi davvero di morire, Kurata?
 
Il pugno di Hayama si abbatté sulla parete dell'ospedale, ma fu come se si scagliasse direttamente contro quella barriera invisibile che la separava dalla realtà.
Ora... ora ricordo.
Era in ospedale e stava partorendo. C'era quell'infermiera dal viso gentile che le aveva detto di rimanere cosciente, che era fondamentale che non perdesse i sensi per la salute del bambino.
Mio figlio. Nostro figlio. Come ho potuto dimenticarmene?
Il rumore ritmico adesso era sempre più forte.
Tum, tum.
Quasi le assordava le orecchie.
Non sono sola. A-chan è sempre stato con me. E i miei amici, mia madre...
TUM, TUM.
Non posso arrendermi.
Il suo cuore batteva a ritmi sempre più frenetici. Cercò di concentrarsi solo su di esso per riprendere a poco a poco consapevolezza del suo corpo. Squarciò il velo dell'incoscienza, riemergendo alla realtà. La sensazione fu come prendere una boccata d'aria dopo essere rimasta troppo a lungo sott'acqua.
« Ha ripreso conoscenza ».
La voce era quella di uno dei medici che le ronzavano intorno.
« Si faccia forza ». A parlare adesso era l'infermiera dai tratti delicati. « Manca poco, si concentri con me ».
Sana si sforzò di sorridere, anche se probabilmente si produsse solo in una smorfia.
Il dolore era fortissimo.
« Inspiri... bene, così. Adesso spinga! ».
Strizzò gli occhi, concentrandosi sul volto di Akito. I suoi occhi dorati, la forma del viso, la frangia troppo lunga.
«Ahhhh! » urlò più volte, mentre gocce di sudore le scendevano lungo il viso.
Il modo in cui la fissava da sotto in su, il naso dritto, la linea decisa della mascella.
«Ancora un piccolo sforzo! ».
La sua voce, bassa e roca. La sua bocca che si apriva per pronunciare quelle due parole, quel “ti amo” che non credeva si sarebbe mai sentita dire.
Dopo un tempo che le parve interminabile, il pianto di un neonato risuonò nell'aria.
« È una bambina! » esclamò l'infermiera, avvicinandole un piccolo fagotto.
Osservò il visino contratto e le mani strette a pugno della piccola che urlava a squarciagola tutta la sua frustrazione per quel lungo parto.
« Assomiglia ad Hayama » fu tutto quello che riuscì a dire, mentre la spossatezza le invadeva gli arti. « Posso riposarmi, ora? » chiese in un bisbiglio.
Il volto dell'infermiera si aprì in un sorriso. Non fece neanche in tempo ad udire la risposta che sprofondò di nuovo nell'incoscienza.

 
***
 
 
« Stai lontano da me » mormorò Aya stringendo le mani sul petto.
Le aveva detto tutto.
Ogni singola parola che era uscita dalla sua bocca aveva bruciato come fuoco.
Tanti piccoli carboni ardenti che come lapilli aveva riversato addosso alla donna che amava. Aveva osservato il suo volto passare dall'incredulità allo shock, per finire con un'attonita accettazione. L'aveva vista boccheggiare, sgranare gli occhi fino all'inverosimile, provare inutilmente a replicare. Ogni espressione facciale, ogni smorfia di dolore e piega della pelle l'aveva avvertita su di sé, come se frizzasse.
« Aya-chan... » sussurrò allungando la mano.
Quella si tirò indietro con un gesto brusco.
« Sta' lontano » ripeté e per forse la prima volta Tsuyoshi le vide riflessa sul volto un'espressione di autentico disgusto.
Abbassò la mano. Kurumi si era allontanata in silenzio, lasciandoli soli.
« Posso spiegarti... » tentò di nuovo prima di essere interrotto.
« Da quanto tempo? » domandò Aya senza fissarlo negli occhi.
« Come? » disse preso alla sprovvista.
« Da quanto tempo va avanti questa storia? »
Sono un verme. Un viscido, schifoso, verme.
« Qua-quasi quattro mesi » balbettò incerto.
La vide socchiudere gli occhi come accusando un colpo immaginario.
Era nato tutto per caso, un gioco che gli era presto sfuggito dalle dita. Tsuyoshi si lasciò andare ai ricordi, estraniandosi per un attimo dalla realtà.
 
 
Quel giorno era andato agli studi televisivi per salutare Sana-chan.
Capitava ogni tanto, quando il lavoro e i bambini gli davano tregua. Ora che sapeva che l'amica era incinta, cercava di essere il più presente possibile. Sana era sotto i riflettori, probabilmente non si era nemmeno accorta della sua presenza. Non voleva disturbarla e stava già per cercare Rei, o magari andarsene e tornare in un altro momento, quando una figura sottile attirò la sua attenzione.
Asako Kurumi sedeva poco distante e fissava le riprese con uno sguardo strano, nostalgico. Senza sapere bene il perché l'affiancò.
« Kurumi-chan » la salutò con un pizzico di incertezza.
Non si conoscevano bene.
Gli era capitato di incrociarla qualche volta, con poche e abusate frasi di circostanza dette a mezza voce, ma nulla di più. Eppure c'era qualcosa di fragile nei suoi occhi che gli faceva venire voglia di starle vicino.
« Tsuyoshi-kun » rispose quella sorpresa. « Cercavi Sana? » aggiunse facendogli spazio.
« Non era niente di importante » ammise sistemandosi gli occhiali.
Per un po' guardarono le riprese, in silenzio.
« Va tutto bene, Kurumi? » chiese infine Tsuyoshi.
Era bravo a capire gli stati d'animo altrui. Le persone dicevano che era semplice aprirsi con lui per via del suo carattere pacato e tranquillo.
Kurumi dischiuse le labbra, fissandolo come se lo vedesse per la prima volta.
« Sì » rispose di getto. « Be' in realtà no » ammise un attimo dopo, con un sorriso di scusa.
Non replicò, in attesa di una spiegazione.
« È solo che inizio ad essere troppo vecchia per questo lavoro ».
Pronunciò quelle parole con tono amaro, lo sguardo incollato alla schiena di Sana. Tsuyoshi la fissò, confuso.
« Ma cosa dici, Asako-chan? Hai ancora tutta la vita davanti! » esclamò quasi indignato.
Lei si voltò a fissarlo, improvvisamente attenta.
« Sei un'attrice bella ed espressiva » aggiunse con sincerità. « Non hai niente da invidiare alle altre ».
Il volto di Asako si illuminò.
« Lo pensi davvero? » chiese per poi intristirsi un istante dopo.
Le sue labbra si tirarono in una smorfia amara e Tsusyoshi provò l'inspiegabile impulso di accarezzarne il contorno con i polpastrelli.
« È così brutto sentirsi messi da parte. Ti viene da chiederti a che cosa siano serviti gli sforzi fatti finora » mormorò con lo sguardo perso nel vuoto. « Ma non voglio rattristarti » proseguì con un sorriso poco convinto. « A te invece come vanno le cose? »
Era una domanda banale, rispondere sarebbe dovuto essere altrettanto facile.
« Tutto a meraviglia » rispose con un pizzico di esitazione, mentre sistemava gli occhiali sulla sella del naso. « Il lavoro procede bene » aggiunse poi.
Si sentiva lo sguardo di Asako addosso, come la puntura di tanti piccoli spilli.
« E i bambini? »
Tsuyoshi socchiuse un attimo gli occhi, pensando a tutte le ore di sonno perso che aveva accumulato in quelle settimane.
« Sono delle pesti » rispose con sincerità.
Kurumi rise, di una risata leggera come una piuma.
« Non dovresti parlare così, sai? » lo rimproverò dolcemente. « Hai praticamente tutto: una moglie innamorata, un lavoro sicuro, due bei bambini... un po' di entusiasmo, c'è chi farebbe carte false per essere al tuo posto! »
Il tono era scherzoso e Tsuyoshi aveva fatto finta di stare al gioco. Eppure qualcosa dentro di lui si era d'improvviso sentito soffocare e aveva ringhiato come una fiera in gabbia. E quella fiera aveva fiutato in Asako la stessa atavica insoddisfazione.
Da quel pomeriggio si erano attaccati l'uno all'altro, come edera a un tronco.
 
« Ho avuto paura ».
Quasi non si accorse di aver detto quelle parole ad alta voce.
Aya si immobilizzò, fissandolo come se avesse parlato in una lingua aliena.
« Paura? » ripeté con voce acuta.
Era pericolosamente vicina al punto di rottura. Per un attimo Tsuyoshi temette che si sarebbe accasciata in lacrime in quel corridoio. O che gli avrebbe tirato dietro qualcosa: aveva imparato con il tempo che le sfuriate di Aya, per quanto rare, sapevano essere terribili.
Ma ormai ci sono... e ha il diritto di sapere almeno la verità.
« È che... è accaduto tutto troppo in fretta » biascicò sedendosi su una sedia grigia e fredda.
Mi tremano le gambe e ho la lingua impastata. Non riesco nemmeno a buttar fuori un discorso comprensibile.
« Che cosa esattamente è accaduto troppo in fretta? » sputò fuori Aya, velenosa.
« Aya-chan... io ti amo » esordì fissandola negli occhi.
La vide rabbrividire dalla testa ai piedi, come percorsa da una scossa elettrica.
« Non starò qui a farmi prendere in giro da te » replicò con disprezzo dandogli le spalle.
« Aspetta! » la rincorse. « È la verità. Io amo te e amo i nostri bambini ».
« E allora perché? ». Glielo urlò contro, mentre le lacrime iniziavano a scorrerle dagli occhi, simili a un fiume che rompeva gli argini. « Come hai potuto fare una cosa del genere? »
Tsuyoshi abbassò lo sguardo, incapace di sostenere il suo più a lungo.
« La verità è che sono un codardo » spiegò stringendo le mani a pugno. « Una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di essere un padre e un marito e... non so, non mi sono sentito all'altezza. Ho iniziato a chiedermi se questo fosse quello che veramente volevo dalla vita, mi sono sentito... mi sono sentito come se qualcuno mi avesse sparato a grande velocità dentro un tunnel e non avessi la possibilità di fermarmi. Tutte le decisioni erano ormai prese e a solo ventitré anni... mi è parso di non poter più tornare indietro e di non aver più niente da realizzare ».
La risposta di Aya fu dura, tagliente.
« Nessuno ti ha costretto a sposarmi ».
« No, certo che no » rispose. « Ti ho sposato perché ti amo ».
« Se tu mi amassi non mi avresti tradita ».
Magari fosse così semplice.
« Non è così ». Si mise la mano fra i capelli, cercando di fare ordine nel groviglio intricato dei suoi pensieri. « Io ti amo, l'ho sempre saputo. È solo che... a te non è mai venuto il dubbio, Aya-chan? Stiamo insieme da quando avevamo undici anni. Non ti sei mai chiesta come sarebbe stato frequentare altre persone? Non ti è mai passato per la mente, neanche per un istante, che forse ci stavamo precludendo chissà quali possibilità di essere felici? »
« No, Tsuyoshi non mi è mai passato per la mente. Ho sempre pensato che tu fossi tutto quello che serviva per la mia felicità e che non avesse senso cercare altrove » replicò con voce amara.
Tsuyoshi ammutolì per quella risposta, così semplice e diretta.
Kami, che cosa ho fatto?
Fu in quel momento, mente le lacrime di Aya scivolavano sul pavimento freddo dell'ospedale e a Tsuyoshi sembrava quasi di udire il rumore del suo cuore che si frantumava, che il terrore di perderla, perderla davvero, perderla per sempre, si affacciò alla sua mente.
Fino a quel momento aveva sempre cercato di ignorare quella possibilità. Si era illuso che lei non lo avrebbe scoperto o che se anche così fosse stato, lo avrebbe perdonato. Che non sarebbe riuscita ad odiarlo: come avrebbe potuto la sua Aya, così dolce e materna, così comprensiva e con una parola buona per tutti, serbargli rancore?
In quel momento però, mentre lo sguardo di Sugita si faceva duro come il ghiaccio e tutto il suo corpo sembrava traboccare disgusto, Tsuyoshi non fu più così sicuro di ricevere il perdono.
« Ho commesso un errore » mormorò con la lingua impastata.
« No » lo bloccò lei. « Sono io che ho sbagliato a credere che tu fossi perfetto, a idealizzarti e vederti come il principe azzurro delle favole... A credere che mi avresti amata e rispettata per tutta la vita ».
« Aya... ». Si sentiva a pezzi, come se ogni parte del suo corpo venisse presa a sassate. « Dammi solo la possibilità di...»
« No » rispose decisa. « Qualunque cosa tu voglia dire, la risposta è no. Ti voglio fuori dalla mia vita ».
Si allontanò a passi rapidi nel corridoio e lui non ebbe la forza di trattenerla.
I volti di Shinichi e Misa gli affollavano la mente, uniti al ricordo di una ragazzina dal sorriso dolce e i capelli fermati da un fiocco blu sulla testa.
Be' adesso hai ottenuto quello che volevi.
Una voce cattiva mormorava nella sua testa, impossibile da zittire.
Avevi tutto, la vita perfetta, e sei riuscita a sciuparla. Chissà se adesso ti senti finalmente libero.
Appoggiò la schiena al muro, le gambe molli.
No, non si sentiva libero.
Si sentiva solo sporco e dannatamente colpevole.
 
 
***
 

« È fuori pericolo. Adesso sto riposando ma lei e la bambina stanno bene ».
A fianco a lui Rei scoppiò in un pianto liberatorio, mentre la signora Misako sembrava troppo felice per far altro che sorridere.
« Anche se è nata prematura la piccola sembra in ottime condizioni » proseguì il medico.
«Kami, per fortuna » pronunciò a bassa voce Fuka, con la testa sempre nascosta nell'incavo del suo collo.
« Ehi, è tutto a posto ora » provò a rassicurarla mentre le parole del medico ancora riecheggiavano nella sua mente, dolci come un liquore ambrato.
«No, che non è così » rispose Matsui sollevando il viso. « Ho avuto così tanta paura... E mi sono comportato in modo orribile con te, Nao ».
Le accarezzò la schiena dolcemente, tentando di rassicurarla. In quel momento quei mesi orribili parevano spariti, come se fossero stati solo un brutto sogno.
« Non ci pensare » le sussurrò baciandole la fronte.
Fuka tirò indietro la testa di scatto, fissandolo negli occhi.
« No, invece! » esclamò decisa. « Sono sparita senza nemmeno darti una spiegazione, ti ho fatto soffrire... »
« L'importante è che ora sei qui ».
E che resterai.
Non osò formulare quel pensiero ad alta voce per paura di essere smentito. Fuka parve comunque leggergli quel muto interrogativo negli occhi perché le labbra le tremarono.
« Io... io non potrò mai darti quello che vuoi veramente » esalò in un soffio. « Non potremmo mai essere una famiglia ».
Kamura corrucciò la fronte, impiegando un istante per assorbire quelle parole.
È per questo che ti sei allontanata da me?
Kami, gli veniva quasi da ridere. Si trattenne, intuendo che quello per Fuka doveva essere un tema molto importante.
« Credevo che avessimo già affrontato questo argomento » rispose pacato. « C'ero anch'io quando il medico ha detto che le possibilità di avere dei figli erano scarse, sai? »
Gli occhi di Matsui si inumidirono.
« Sì, be' un conto è saperlo in teoria. Un conto è quando la tua migliore amica, nonché donna dei tuoi sogni, resta incinta e... »
« Shh » la interruppe prendendole il viso fra le mani. « Sei tu la donna dei miei sogni, non Sana ».
La baciò, tacitando per un attimo le sue proteste. Non appena si staccò però quella riprese a parlare.
Sarebbe stato troppo facile, altrimenti.
«Ma tu hai sempre voluto una famiglia. Non mentirmi:so che è così e non voglio privarti della possibilità di costruirne una » replicò cocciuta.
« Non è del tutto corretto » disse fingendosi per un attimo pensieroso. « Io voglio una famiglia con te. Non è un dettaglio di poco conto ».
Questa volta Fuka lasciò che le lacrime le scorressero liberamente lungo le gote, mentre allacciava le braccia intorno al suo collo.
« Troveremo un modo, vedrai » aggiunse stringendola forte. « E adesso che abbiamo chiarito questo aspetto... Forse vorrai riconsiderare la mia proposta ».
Fuka lo osservò perplessa infilare la mano nella tasca dei pantaloni.
A quanto pare il fatto di portarmi sempre dietro questo anello potrebbe rivelarsi utile.
Le dita di Naozumi si chiusero intorno alla scatola di velluto blu, estraendola lentamente. Il suo cuore aveva preso a battere più forte.
Non sono sicuro che riuscirei a reggere un altro rifiuto.
Un sorriso ironico si dipinse sul volto di Matsui mentre si asciugava le lacrime con la manica della felpa.
« In un ospedale? Ti sembra il posto adatto? » lo prese in giro.
Naozumi sorrise a sua volta.
« Si vede che è destino che non riesca a fare una dichiarazione romantica » replicò scrollando le spalle. « Ma nonostante il luogo orribile e a discapito dei passati litigi.. io ti amo e vorrei che tu divenissi mia moglie. La tua risposta è...? »
Il sorriso sul volto di Matsui si estese agli occhi mentre si protraeva in punta di piedi per baciarlo.
« Sì » mormorò a fior di labbra. « La mia risposta è sì ».
 
 
***
 
 
Quando Sana aprì gli occhi la scena che le si parò di fronte allo sguardo le fece credere di essere ancora nel mondo dei sogni.
Akito era seduto su una sedia a pochi passi di distanza e in modo goffo ed impacciato teneva fra le braccia la loro bambina. Pareva così assorto e concentrato nel compito che per qualche istante Sana non fiatò, limitandosi a osservarli in silenzio.
« Ti sei svegliata » mormorò lui senza fissarla negli occhi.
Sana si limitò ad annuire. Le sembrava tutto così strano e perfetto che aveva quasi paura di aprir bocca e rovinare tutto.
Hayama continuava a fissare il pavimento, la schiena rigida come un baccalà.
« Kurata, io... »
« Vieni qui » lo interruppe allungando le braccia.
Magari in futuro si sarebbe pure divertita a sentire i patetici tentativi di A-chan di chiederle scusa e avrebbe ribadito con fermezza che lei aveva avuto ragione e lui era un testone. Ma in quel momento non aveva voglia di nient'altro che avere vicino le due persone più importanti della sua vita.
Akito esitò solo un istante prima di sollevarsi in piedi e avvicinarsi alla sponda del letto. Non appena si sedette, gli occhi di Sana furono calamitati sul volto della loro bambina.
Non aveva avuto modo di vederla che di sfuggita prima di svenire e in quel momento la scrutò con attenzione, come se volesse imprimere indelebilmente i tratti nella sua mente.
Sua figlia aveva un viso rotondo e un ciuffo di capelli biondo scuro ad adornarle il capo. Aveva smesso di piangere e l'espressione era seria e composta, quasi come se si stesse ancora chiedendo che ci faceva in quel mondo estraneo. Furono gli occhi, però, a farle schizzare il cuore in gola: due piccole, calde, iridi ambrate.
« È bellissima » affermò con un sorriso.
« Immagino di sì » mormorò Hayama scrollando le spalle.
« E ti assomiglia » aggiunse mentre il viso di lui diventava inspiegabilmente rosso. « In effetti lo trovo un po' ingiusto: io la tengo in grembo per sette mesi e lei è la tua fotocopia sputata! » esclamò fingendosi offesa.
Akito spalancò la bocca ma prima che potesse ribattere la porta si aprì.
« Oh » esclamò l'infermiera accorgendosi dell'intimità di quel momento. « Non sapevo che si fosse svegliata, mi dispiace avervi disturbato. Ripasserò in un altro momento ».
« Aspetti! » quasi urlò Sana. « Lei è l'infermiera che mi ha assistito durante il parto, vero? »
Quella indugiò sulla porta, chiaramente stupita di essere stata riconosciuta.
« Sì » confermò timidamente.
La scrutò attentamente.
« Volevo solo ringraziarla. Posso sapere il suo nome? »
« Mi chiamo Sari » rispose quella con un sorriso. « Ripasserò dopo e avremo modo di parlare meglio » aggiunse varcando la porta e chiudendosela alle spalle.
Il silenzio si protrasse per pochi secondi, prima di essere interrotto da Hayama.
« Non è male come nome. Sari, intendo » borbottò passandosi le dita sulla frangia.
« Sarebbe proprio il caso di tagliarla, questa » lo rimbeccò Sana indicando i capelli che arrivavano fin quasi agli occhi.
Lo sguardo che le rivolse Hayama parve quasi bruciare mentre si faceva più vicino a lei.
« Potrai sistemarmela te non appena avrò finito di riportare le cose a casa ».
Bastò quella parola, casa, perché il cuore battesse come un colibrì impazzito.
Sana annuì, sorridendo come una scema. Si sentiva leggera come se potesse prendere il volo da un momento all'altro e avrebbe voluto che il tempo si fermasse in quell'esatto istante, con Akito a pochi centimetri di distanza e la loro bambina che batteva ritmicamente le palpebre.
Fuori da quella stanza Aya usciva l'ospedale di corsa, lasciandosi un impietrito Tsu alle spalle; Kurumi cercava di trovare le parole per dire la verità a Rei e Nao si sentiva ancora le gambe molli per quel “sì” che aveva tardato ad arrivare.
Ma in quel momento, mentre gli occhi di Akito le comunicavano tutto quello che non sarebbe mai riuscito ad esprimere a parole, niente di tutto ciò riuscì a distoglierla da quella piccola bolla di felicità.
 
 




 
Ciao a tutti!
Incredibile ma vero: siamo giunti alla fine. Manca solo l'epilogo e poi la ff sarà definitivamente conclusa.
Questo episodio è più lungo degli altri, spero non vi dispiaccia: non avrebbe avuto senso dividerlo ulteriormente. Passando a un breve commento: la parte del nome di Sari è inventata, spero risulti cmq credibile. Quanto a Tsu e Aya.. che dire ho sempre avuto un po' di sfiduci in queste storie che iniziano quando i due hanno undici anni: con il tempo si cambia e penso che una su mille vada a buon fine. Tsu (che ovviamente non giustifico) si è fatto prendere dall'ansia. La prima parte, quella di Sana, so che è un po' strana.. spero risulti comprensibile volevo darle una dimensione onirica.
Giunta a questo punto vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto la ff. Un grazie di cuore va poi a quelle che hanno commentato, messo fra le preferite/ricordate/seguite questa storia, a coloro che mi hanno spronato a continuare e speso parole di incoraggiamento. Se sono arrivata alle note di chiusura è anche grazie a voi <3
Grazie in particolare a: Maka 98, ryanfoever, jeess, Venere Williams, carmy-chan, giusy8690, vale_89, Jecchan92, ancoranoi, ilapietro91 e Orhimechan che hanno commentato lo scorso capitolo.
Quanto all'epilogo non spoilero molto ma anticipo che sarà un breve flash nel futuro.
Detto questo, non ho altro da aggiungere.
Al prossimo capitolo,
un bacio
Ely

  
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