Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: MariaGraziaKilljoy    04/06/2013    4 recensioni
"Come ci si sente quando senti la vita che pian piano ti scivola tra le dita?
Come ci si sente quando la linfa vitale sta abbandonando le tue spoglie membra?
Come ci si sente quando si è vuoti, ma vuoti dentro, nel cuore e nell'anima?
Come?" - Dal primo capitolo.
Frerard.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Un'altra, per favore-
Prendo un boccale e lo riempio di liquido dorato al malto, la schiuma fino agli argini del contenitore trasparente, lo allungo al ragazzo riccio seduto dietro al bancone.
Non mi aspettavo di certo di finire a lavorare in uno squallido bar di New York, ma ancor più certamente non mi aspettavo che il denaro cadesse dal cielo e che potessi raccoglierlo e vivere senza alcuno sforzo.
Cercavano una ragazza per il posto da barista che ho ottenuto, avrebbe attirato più clienti.
Travis, il proprietario della bettola, era dello stesso avviso: una bella ragazza avrebbe riscosso maggior successo. Poi ci ha ripensato e mi ha riferito che io ero la cosa che più gli ricordasse una pollastrella, come l'aveva definita lui.
'Fanculo, Travis.
Almeno Gee può vantarsi di fare qualcosa di più piacevole o che per lo meno gli faccia piacere fare.
Inizialmente era propenso a lavorare anche lui come barman. L'idea però era crollata nonappena messo piede nel luogo in cui avrebbe dovuto svolgere il lavoro.
Uomini sudaticci, poco educati ed in cerca di qualcuno con cui passare la notte essendo sicuri di non ricordare assolutamente nulla la mattina dopo. E non importava se quel 'qualcuno' fosse uomo donna o transessuale. Il pensiero di un esemplare di maschio in canotta e peluria ben in vista terrorizzava Gerard almeno quanto...
 
-F...Frank, eh? Io mi chiamo Raymond- il riccio di prima strizza gli occhi e rivolge lo sguardo verso il mio petto cercando di leggere cosa ci sia scritto sul cartellino di riconoscimento.
Per quanto squallido il locale fosse, il responsabile non perdeva occasione per farlo apparire ben organizzato ad occhi esterni attraverso quegli stupidi cartellini col nome sopra o tovagliolini di carta con il logo del bar stampato. Uno spreco di soldi e tempo. Ma non sono affari che mi riguardano fin quando non intaccano il mio stipendio.
Misero ma essenziale.
Raymond accenna un sorriso tirato, socchiude le labbra ed allunga la mano destra verso la mia. Istintivamente mi allontano cercando però di non dare nell'occhio.
Sulla tesserina di riconoscimento avrebbero dovuto scrivere di non toccare il lavoratore. Parlare, guardare ed avere tutti i tipi di contatto tranne quello fisico. Una regola da inserire tra quelle scritte sul cartello appeso vicino alle porte dei bagni.
-Ehi, calmo, mica volevo mangiarti- detto ciò si ritira sullo sgabello in ferro e finta pelle, mostra i palmi in segno di arresa e poi riporta la mano, stavolta quella sinistra, sul boccale mezzo pieno davanti a lui. Continua a svuotarlo ed in quell'istante ricordo il volto di mia madre, poi quello di Fred il misero bulletto, ed ancora quello di mia madre.
E' come se in quel bicchiere fosse riassunta la mia intera esistenza: un oggetto inanimato inizialmente pieno e dall'aspetto comune, poi qualcuno più forte di lui lo afferra, appoggia le labbra dovunque possa averne ricompensa ed inizia a bere, a svuotarlo. Lo riempie e svuota a proprio piacimento una, dieci, innumerevoli volte fin quando il più forte ne ha abbastanza. Gli farà male, vomiterà anche l'anima per quante volte ha svuotato il boccale e non sarà mai colpa sua. Starà male per colpa del bicchiere o del liquido ingerito, ma mai sarà sua, la responsabilità. Tutti sanno che il bevitore, o colui che svuota che dir si voglia, è quello più forte. Lui però farà credere il contrario, anche al boccale.
-E' che ti ho guardato le mani, prima- continua il ragazzo distogliendomi dai pensieri poco logici che stavo portando avanti -quei calli e graffi non mi sono nuovi. Suoni, vero?- un altro sorriso, questa volta meno tirato.
Che stupido ad aver pensato che Raymond, o come diavolo si chiama, potesse aver altre intenzioni nei miei confronti.
Però la prudenza non è mai troppa, diceva qualcuno.
Non mi lascia tempo per rispondergli che mette ben in mostra i polpastrelli ruvidi, strofinando poi pollice ed indice come se volesse darmi prova dell'esperienza racchiusa nelle grandi mani. Sposto per un istante la visuale sul suo volto. Lo sguardo concentrato ed orgoglioso mentre tenta di dimostrare di essere chitarrista o probabilmente bassista, le labbra carnose tirate e gli occhi scuri che velocemente dalle dita si spostano su di me.
Faccio un segno d'assenso col capo, rispondendo alla domanda di poco prima e vedo comparire sul viso del ragazzo un sorriso a trentadue...ma che dico, almeno quaranta denti.
-Sto cercando un secondo chitarrista per la mia band, se dopo aver lavorato qui non hai nulla da fare potresti farmi vedere di cosa sei capace- il tono di voce più alto almeno di un'ottava e l'eccitazione che imprime l'aria che fuoriesce dalla sua bocca mi fanno capire quanto in realtà ci tenga a quello che mi sta proponendo, al suo progetto, band o qualsiasi cosa sia.
-Naturalmente sempre se ti va...- detto questo si infila una mano in tasca e me la porge. Un pezzo di carta adagiato sul palmo ed un numero di cellulare calcato e ricalcato con la biro nera. Il fatto che porti con sé un bigliettino con il suo recapito telefonico mi induce a pensare che stia cercando davvero con insistenza un musicista e che non perda occasione per toccare l'argomento, o che probabilmente quel biglietto è nella sua tasca da settimane ed io sono una mamma dal cielo. Mi complimento mentalmente con me stesso per poi prendere immediatamente quella sottospecie di bigliettino da visita che ho sotto il naso.
-Puoi chiamarmi a qualsiasi ora del giorno e della notte, dico sul serio- gli credo, notando che sta per alzarsi ed uscire dal locale. Blatera qualcosa come ' aspetterò fiducioso', si avvicina alla porta mostrandomi ancora l'intera arcata dentale ed io gli sorrido di rimando. Lo osservo uscire mentre i capelli ricci vengono colpiti dalla luce al neon blu dell'insegna e fin quando non vedo né lui né la chioma folta sulla sua testa.
Stringo il foglietto di carta stropicciato per poi cacciarlo frettolosamente in tasca appena un altro cliente tenta di attirare la mia attenzione.
 
 
Gerard ha ottenuto un posto come tatuatore, credo sia un lavoro adattissimo a lui ed al suo talento artistico ed è sicuramente meglio della mia occupazione. Dignitosa, ovviamente. Tutto è dignitoso fin quando non rubi e ti guadagni il pane con sudore e fatica ma di sicuro preferirei fare qualcosa che mi rispecchi. Spero vivamente che quel bar non lo faccia: detesterei rispecchiarmi in un posto poco curato con pareti sudice in legno, targhe senza alcun fine appese al sudiciume e luogo di incontro di tizi poco raccomandabili.
-Com'è andato il primo giorno di lavoro?- sono curioso di sapere quanti clienti ha avuto, ho voglia di sentire l'eccitazione della sua voce e di sentirlo parlare fino allo sfinimento come fa di solito quando è entusiasta di qualcosa e fa fuoriuscire una raffica di parole dalla propria bocca in modo veloce e confusionario. Devo ammettere che è anche difficile capire tutto quel che dice quando è in stati d'eccitazione e contentezza del genere, ma ciò mi rende ancor più felice.
La raffica però non arriva, con mio grande stupore misto a rammarico.
-Non....non è andato- noto solo ora quanto il suo volto sia ancora più candido del solito, non è di certo un buon segnale. Un altro segnale negativo sta nella sua espressione facciale: sconcertata, e tale sconcerto sottolineato dalle palpebre più aperte del necessario e tremanti. Mi domando cosa possa essere successo di tanto negativo da turbarlo così notevolmente ed una strana preoccupazione mi cresce nello stomaco.
-Pensavo di, ecco...di poter vincere la mia fobia ma non è il momento- così come le palpebre, anche la voce di Gerard trema e giurerei di poter captare il medesimo movimento anche nel mio petto. Non capisco di quale fobia stia parlando, tuttavia sento che ciò lo colpisce nel profondo. E così fa con me.
-Ho paura, una paura matta degli aghi. Da sempre, o meglio, da quando me ne ricordo...- bene, ritiro quel che ho detto prima: credevo fosse un lavoro adattissimo a lui. I tatuaggi si fanno con gli aghi, brutta faccenda per uno che ne ha la fobia.
E' ancora visibilmente sconvolto, probabile che ci abbia provato, a tatuare qualcuno, e che sia fuggito via a gambe levate appena appoggiato l'oggetto appuntito sulla carne del cliente. O magari ha anche solo visto gli attrezzi metallici impilati su uno scaffale. In entrambi i casi ha finito con lo scappare il più lontanto possibile da quelle che per lui sono armi inarrestabili.
Per tranquillizzarlo gli avvolgo entrambe le braccia attorno al collo. Inizialmente sobbalza per lo spavento in quanto era ancora intento a rimuginare sull'accaduto della giornata, mantiene lo sguardo fisso sul pavimento di marmo, poi ricambia calorosamente il contatto.
Non ho dimenticato la telefonata di mia madre però non ho ancora trovato il coraggio di parlarne con Gee. Ad ogni modo i suoi atteggiamenti fanno pensare a tutt'altro che ad un individuo aggressivo o pericoloso. Quella parola ritorna troppo spesso nella mia vita ultimamente, me ne sono ormai stancato.
Gerard non lo è, senza alcun dubbio. Ne sono così convito qui, tra le sue braccia.
 
Gee si è addormentato con le lacrime agli occhi. Deve avere davvero un assurdo timore nei confronti degli oggetti metallici a punta. Ero davvero convinto che tutto sarebbe andato bene almeno per lui, siccome il mio lavoro non mi soddisfa granché.
Fottuto karma e fottuto io che ci ho anche creduto per non so quanto tempo.
Il karma non esiste, posso anche mettere l'anima in quel che faccio, posso sacrificare ore, giorni e settimane per un solo momento di infima gioia. Un solo istante di vita per infiniti momenti di morte.
Odio questa situazione, odio...un momento.
Noto qualcosa sul pavimento, mi abbasso per vedere meglio e riconosco il bigliettino che oggi mi ha lasciato Raymond.
Ho già detto che la prudenza non è mai troppa? Ecco, questo detto mi spinge a gettare il numero nella pattumiera, chissà cosa potrebbe succedermi se decisessi di non essere prudente e rischiare. Non ho mai rischiato in tutta la mia vita e nulla mi si è rivoltato contro.
Nulla, assolutamente niente.
 
Accartoccio quindi il foglietto avvicinandomi al cestino del pattume.
Mai niente mi si è rivoltato contro. Né con violenza o decisione.
 
Sporgo un braccio per gettare il pezzo di carta.
Mai nulla.
 
Mi ritiro senza gettare il numero, afferro così il cellulare.
E' arrivato il momento di rischiare.


NOTE DELL'AUTRICE:

Sì, lo so: sono pessima e merito i vostri insulti. Non aggiorno da secoli e con cosa me ne torno? Con qualcosa di illeggibile.
Dovete però sapere che questo capitolo è frutto di una mente malata che aveva bigiato scuola e, non avendo nulla da fare per una bella oretta, ha deciso di scrivacchiare qualcosina.
Lo so che non vi interessa, ma la userò come giustificazione lol.
Ooookay, mi fermo prima di annoiarvi ulteriormente.
Come sempre: GRAZIE DI CUORE A TUTTI, tutti voi che seguite, recensite, preferite. Siete meravigliosi ed avete tanta pazienza.
Spero vogliate dirmi anche stavolta cosa ne pensate, un commentino non fa male a voi e fa tanto piacere a me :)
Ciao :3
-Maggie.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: MariaGraziaKilljoy