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Autore: u n b r o k e n    04/06/2013    3 recensioni
And our daddies used to joke about the two of us, growing up and falling in love, and our mamas smiled, and rolled their eyes.
«E' buffo pensare che gli avvenimenti che noi prima spergiuravamo erano accaduti, proprio come dicevano i nostri genitori. Mai, a quell'età, avrei pensato che io ed Harry saremmo arrivati a questo punto.
Ma la vita ci riserva sempre le sorprese più strane».
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lucky I'm in love with my best friend.'
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Harry.

«Ragazzi... RAGAZZI! Un attimo di silenzio, o impazzirò» sbraitò Oliver, seriamente infastidito dalla nostra poca disciplina. E in effetti erano più o meno dieci minuti che ci dilettavamo nella sofisticata arte della lotta libera sul divano: ero esattamene sopra Zayn, con il ginocchio di Niall conficcato contro il fianco, quando fummo richiamati alla disciplina e fui costretto a scivolare via da quella marmaglia, per poi accomodarmi su un bracciolo del divano.

«Coglione» borbottai scherzosamente verso Niall, sotto lo sguardo severo di Oliver.
«Non so proprio come farò con voi cinque. Datevi una calmata o tutto questo ve lo scordate» ci rimproverò, ma potevo vedere dal suo sguardo che era ben lontano dall'essere arrabbiato: certo, il suo voleva essere comunque un ammonimento serio, ma non c'era traccia di collera né di esasperazione nel suo volto; al contrario, sembrava quasi divertito dalla scena alla quale aveva appena assistito.
«Non lo facciamo più» fece Louis, in un tono alquanto sarcastico.
«Bene. Direi che per questa sera abbiamo finito ragazzi, ci vediamo domani. Devo sbrigarmi o mia moglie mi fucilerà se non arrivo in tempo per la cena».
Gli altri risero, e anch'io per un istante, fino a quando non fui catturato da una parola in particolare: cena.
«Niall, che giorno è oggi?» borbottai a mezza voce, con lo sguardo fisso nel vuoto.
«È venerdì, perché?».
«Merda».
«Avevi da fare qualcosa in partico...»
«Buona serata!» gridai, ed ero già in corridoio ad infilarmi la giacca, conscio di aver lasciato un povero Niall stordito in studio. Ma al momento era l'ultimo dei miei pensieri.
Merda. Merda. Merda. Era venerdì sera e io avevo in programma una cena di una certa importanza con Destiny. E me n'ero dimenticato. Sbraitai tra me e me mentre premevo il piede contro l'acceleratore. Come avevo fatto ad essere così coglione? Avrei voluto prendermi a schiaffi. Probabilmente adesso Destiny mi stava aspettando nel suo appartamento, ed io ero in ritardo – controllai rapidamente l'orologio al polso – di quasi due ore. QUASI DUE ORE.
Imprecai, per l'ennesima volta in quella serata: appena dieci minuti dopo giunsi al complesso in cui abitava Destiny, con la cena in mano – sebbene ormai non servisse più a nulla – ed il fiatone, nonostante non avessi corso poi molto.
Ero certo che stavolta Destiny mi avrebbe sgozzato. O peggio, avrebbe smesso di parlarmi.
Una volta arrivato sul pianerottolo non mi preoccupai neanche di suonare: aprii con le chiavi che mi aveva dato precedentemente e la ritrovai lì davanti a me, seduta sul divano, con un'espressione indecifrabile addosso.
«Mi dispiace» fu l'unica cosa che riuscii a pronunciare. Ero a corto di parole perché, effettivamente, non avrei avuto niente da dire, a parte ribadire il concetto che ero stato un coglione patentato.
E sicuramente lei su questo punto era d'accordo con me. Si limitò a guardarmi fredda, con fare quasi disinteressato: «Puoi anche andartene» fece calma, e nello stesso istante avvertii una morsa allo stomaco. Il suo tono calmo e pacato, dovevo ammetterlo, mi spaventava. Di solito era arrabbiata o triste, ma questa volta sembrava quasi indifferente, o meglio... rassegnata; come se non avesse più voglia di parlare o di vedermi.
Sospirai e, posate le chiavi e la cena sul tavolo che avevo accanto, feci qualche passo verso di lei, cauto. «Des, andiamo, mi dispiace» dissi sinceramente «Non volevo. Me lo sono completamente tolto dalla testa». Probabilmente in una situazione differente mi sarei dato dell'idiota: avrei benissimo potuto inventare che c'era stato un traffico stratosferico per strada, ma sapevo che sarebbe stato inutile. E questo non solo per le numerose chiamate senza risposta sul mio cellulare, ma anche perché sentivo che, arrivato a questo punto, una bugia non avrebbe certo cambiato lo stato delle cose – e quindi era di gran lunga preferibile essere sinceri.
«Bene. Togliti dalla testa anche me, allora. Ciao Harry».
Era arrabbiata, riuscivo a leggerglielo negli occhi: eppure tentava di mascherare tutto con l'indifferenza perché – lo vedevo nel suo sguardo, nelle sue smorfie, in tutto – era stanca di litigare.
«Destiny, non l'ho fatto apposta» cercai di farla ragionare «Lo sai che non era mia intenzione... Questa sera era importante».
A queste parole Destiny mi guardò con fare scettico, le braccia incrociate al petto: rise nervosamente, per poi sollevare le spalle. «Appunto perché era importante non avresti dovuto farmi anche questa, Harry».
Sospirai. Sapevo di essere nel torto, sapevo di essere un deficiente di prima categoria e di averla ferita, ciononostante non me ne sarei certo andato via senza prima aver provato a farla ragionare. Senza aver provato a sistemare le cose dopo averle mandate all'aria. «Hai ragione, scusami» mormorai abbassando leggermente lo sguardo.
«Lasciami in pace, ti prego» fu la sua risposta.
«Non voglio» scossi la testa testardamente, e mi andai a sedere sul divano accanto a lei, guardandola. «Possiamo parlarne, per favore?» chiesi, cercando di mantenere un tono calmo.
In quel momento Destiny si voltò verso di me, e rimasi di stucco per qualche istante, osservando le sue iridi color cioccolato che mi fissavano a loro volta dietro un sottile velo di lacrime. Sbattei le palpebre, incredulo, cercando di accertarmi che ciò fosse vero: non avevo mai visto Destiny piangere. Mai. In un anno e mezzo che stavamo insieme non era capitato neanche una volta, né quando Jason se n'era andato, né durante i nostri litigi, né in nessun'altra occasione. Mi aveva confessato che detestava che la gente la vedesse piangere perciò, se proprio ciò era necessario, lo faceva quand'era certa di essere sola. E invece ora aveva gli occhi lucidi di fronte a me, stava per piangere per colpa mia.
«Ma non so più che dirti» disse sinceramente, sollevando le spalle. «Tutto questo mi sta esasperando, non ce la faccio più. Sono stanca di parlarne e di litigare».
«Possiamo semplicemente fare pace?» proposi, forse un po' scioccamente, perché sapevo già che la risposta sarebbe stata un freddo e secco no. «Non volevo che andasse così, questa sera sarebbe dovuta servire a sistemare le cose. E lo so che è colpa mia, ma non l'ho fatto di proposito».
Destiny esitò. Poi tornò a guardarmi, con un tono quasi di sfida. «Se ti avessero chiesto di rimanere qualche ora in più, pur sapendo perfettamente che stasera avresti dovuto cenare con me, saresti rimasto» fece secca, e la sua non era una domanda o una supposizione, ma un'affermazione chiara e sicura, e questo più di tutto mi colpì. Feci per replicare, ma lei riprese: «Non ti rendi conto che è solo una delle tante volte in cui mi hai delusa, Harry. E ne sono stanca».
Sbuffai, roteando gli occhi al cielo. «Non capisco perché continui a sostenere che io ti ponga in secondo piano. Vuoi capire che non è vero? Se solo... Se solo me ne fossi ricordato, avrei passato tutto il pomeriggio a cercare di rendere questa serata speciale».
«Lo dico perché è la verità! E vorrei riuscire ad abituarmi al fatto che continui a darmi buca per impegni di lavoro, al fatto che ci vediamo pochissimo e quando lo facciamo litighiamo, ma non ci riesco. Lo so che fai di tutto, ma evidentemente non è abbastanza». Destiny sollevò le spalle, con fare sincero. Sospirai, e quel sospiro era quello di una persona stanca e afflitta. Le sue parole erano come l'aria ghiacciata: quella che si trova in montagna, che ti penetra dentro, nei polmoni, e la senti bruciare e consumarti fino all'anima.
«Credi che a me piaccia?» dissi semplicemente, guardandola «Credi che mi faccia piacere litigare con te o non vederti mai? No. Lo odio Destiny, ma non è vero che ti metto in secondo piano. Sono solo più occupato in questo periodo, perché non riesci a capirlo? Non ti va giù l'idea che possa avere dell'altro da fare? Sto... Sto cercando di conciliare i miei impegni con te, vuoi davvero farmene una colpa se qualche volta fallisco?».
A quelle parole il volto di Destiny, fino ad ora calmo, anche se rassegnato e stanco, assunse una nuova colorazione. Adesso, sì, era arrabbiata.
«Certo, hai ragione, pretendo troppo e sono decisamente troppo esigente!» esclamò ridendo sarcasticamente, con una punta di cattiveria nella voce. «Scusami, davvero, perdonami! Sai, io do per scontato che in una relazione il mio ragazzo si ricordi della mia esistenza, ma è colpa mia. È tutta quanta colpa mia!» ribattè alzandosi dal divano ed osservandomi dall'alto. «Ma sai cosa, Harry? Va bene! Ho realizzato solo adesso di essere un peso per te, del fatto che stai facendo tutto il possibile per stare con me ma io sono cattiva e ingrata, e sono decisamente di troppo. Non ti devi più preoccupare, da oggi puoi stare tranquillo: non dovrai più cercare di conciliare niente perché ora sei solo tu e il tuo lavoro».
A quelle parole mi alzai anch'io dal divano, per fronteggiarla: odiavo litigare con lei ma era necessario, e di certo non l'avrei lasciata sbraitare da sola; no, io non ero il tipo che non si difendeva pur di non litigare. E forse questo era uno dei motivi per cui litigavamo così spesso, avendo due caratteri così simili ed essendo entrambi testardi e orgogliosi...
«Perché devi metterti a sparare cazzate, Destiny?» commentai con uno sbuffo, tirando la testa all'indietro, visibilmente stanco di tutto quel dramma. «Lo sai benissimo che sei importante per me. Mi sto solo concentrando anche su un'altra cosa al momento, scusami tanto se cerco di realizzare una cosa a cui tengo! Non avevo realizzato che per te “relazione” significasse che ti devo stare appiccicato ventiquattr'ore al giorno» sbottai acidamente, guardandola negli occhi. L'amavo, ma non riuscivo più a reggere quella sua testardaggine. Scossi la testa, amareggiato. «Sai che cosa non sopporto? Che non ti importa niente. Ruota sempre tutto intorno a te, non ti interessa quello che faccio né cerchi di capirmi, vedi tutto dalla tua prospettiva». Se solo avesse avuto idea! Io ci stavo provando veramente, a far funzionare quella relazione che adesso sembrava più complessa del cubo di Rubik, ma tutto ciò che lei riusciva a fare era sedersi lì e lamentarsi tutto. Perché sei in ritardo, perché non ci sei, perché te ne sei dimenticato... Ero umano, per diamine!
«Ci ho provato a capirti, più di una volta. Ma sai, è difficile poter comprendere il punto di vista di qualcuno che non c'è mai, e che quando ti parla lo fa solo per urlarti contro» sbottò Destiny, incrociando le braccia al petto. «Parli come se io fossi il tuo impedimento maggiore, come se non potessi realizzare i tuoi sogni per colpa mia, quando io ti chiedo solo di stare con me una volta ogni tanto, di telefonarmi quando esci dallo studio; ma tu sei sempre troppo stanco o troppo occupato, e io mento a me stessa dicendomi che è solo un periodo, che ogni cosa tornerà come prima, ma non è vero un cazzo perché tu hai semplicemente smesso di interessarti ad ogni cosa che non sia il tuo album o la tua chitarra» la vidi scuotere la testa e mordersi ossessivamente il labbro inferiore, mentre i suoi occhi si facevano sempre più lucidi. «Compresa me» aggiunse con un'espressione sconfitta, puntando i suoi occhi scuri nei miei.
Quella situazione era assurda. Avrei voluto prendere a pugni qualcosa, gridare. Stava succedendo davvero? Stavamo davvero rompendo, così, per sempre? «Lo sai che ti amo, Destiny! Lo sai benissimo. E sai anche che non sei un impedimento, per me. È solo che non riesci a vedere la cosa dal mio punto di vista, è questo il problema» spiegai, con più enfasi ed urgenza del necessario.
Lei scosse la testa alle mie parole, con un'espressione di rassegnazione in viso: ora non era più arrabbiata, era tornata ad essere stanca e afflitta, e questo per me era peggio che mai. «Non voglio più tapparti le ali, Harry. Non ho mai voluto farlo, ma se davvero pensi che questo sia il mio obiettivo... allora basta».
Sbuffai, irato. «Va bene. Sai che ti dico? Hai vinto. Forse è la cosa migliore: così magari finalmente ti troverai qualcuno che pensa a te ogni istante della giornata» dissi acidamente.
«Forse non lo sai, ma solitamente una persona innamorata dovrebbe pensare all'altra in ogni momento, ma onestamente penso che tu sia innamorato della tua carriera e non di me, quindi tutto questo non ha più senso» ammise, con una scrollata di spalle. Come a voler dire “Non possiamo più farci niente”. E avrei voluto replicare, dirle che l'amavo, a dispetto di tutto il resto, ma niente sembrava avere più senso, a quel punto. «E sai cosa, sinceramente? Credo che chiunque mi tratterebbe meglio di come fai tu» ammise infine lei, incrociando le braccia al petto come a difendersi da qualcosa.
«E allora ti auguro veramente di trovare qualcuno che ti tratti meglio di come faccio io» dissi con tono acido, anche se dopo tutto parlavo seriamente. Voleva qualcuno più attento? Bene, non ero la persona giusta per lei, visto che al momento ero troppo impegnato con il lavoro. Era colpa mia? No, decisamente no. E avevo fatto di tutto pur di farla felice, ma evidentemente – come lei stessa aveva precisato, d'altronde – non era stato abbastanza.
Quindi questo era quanto.
Senza dire altro le lanciai un'ultima occhiata e mi avviai verso l'uscita dell'appartamento: chiusi la porta alle mie spalle provocando un rumore secco e sordo che riecheggiò nella mia mente fino a quando non entrai in macchina. E continuavo ancora a sentire quel rumore, e quelle parole, e quegli sguardi addosso: avevo la mente annebbiata da migliaia di immagini e pensieri confusi. A mala pena misi in moto la macchina, superai quella strada, per poi fermarmi in quella successiva. Posteggiai di fronte ad una villetta a caso, mentre sentivo il cuore picchiare fortissimo contro il petto e le tempie pulsare.
Spensi il motore con un sospiro; poi appoggiai la testa al volante, e piansi.


charlie's corner.
So... This is it.
Non ci credo davvero che sto postando questo capitolo! È l'ultimo... e il prossimo è l'epilogo. So che adesso sarete curiosissime di sapere cosa succederà, se torneranno insieme o no... e io non ve lo dico :P ahahah, a parte gli scherzi, questo capitolo è stato un po' una gestazione perché questi due tesori sono troppo belli per separarsi ma ho dovuto farlo ç__ç Ad ogni modo, spero tanto che non ce l'abbiate con quell'idiota di Harry per quello che ha combinato. Lo so, è un deficiente, è stato un cretino, ma, andiamo, non vi fa neanche un po' di pena quando piange? çç a me sì! E spero che sia lo stesso per voi. Sono davvero affezionatissima a questo personaggio in particolare quindi non appena lo vedrò insultato nelle recensioni (sempre che ci saranno, delle recensioni, lol) vi uccido tutti! *faccia da killer*
Okay, la smetto di blaterare, vi lascio alle minchiate di Manu <3 
Se volete essere avvertiti quando posterò l'epilogo questo è il mio
twitter (fate la richiesta e vi accetterò) mentre questo è il mio ask.
Un bacio! xx



Le Minchiate di Zia Manuela
Ciao belline! Dunque, se nelle note scorse ho detto che leggere il capitolo era stato difficile, allora questo è stato un parto la cui gestazione è durata qualcosa come 48 ore. NOT KIDDING!
Ho riletto spesso questa litigata, anche dalle role, eppure mi fa lo stesso effetto tutte le volte. Urlo sempre a entrambi di smetterla di scannarsi perché sono bellissimi e non devono mai mai mai separarsi, devono sposarsi, fare tanti bambini e comprarsi una casa in campagna E INVECE NO, loro continuano ad urlare come coglioni e non mi ascoltano mai! Beh a chi volete dare la colpa? A loro! Hanno vita propria, credetemi, quando io e carla abbiamo scritto quelle cose eravamo possedute dal demonio, poi è arrivato un esorcista e ci ha guarite ma NON AGGREDITECIII, NON è STATA COLPA NOSTRA! (in realtà, a nostra difesa posso dire che questo litigio aveva uno scopo, ma non vi accennerò nient'altro, k? no, non ricattatemi, non servirà! ((se mi pagate in biscotti vi dico tutto immediatamente))) (scheeerzo!) (ma anche no!) (dai la pianto che sembro più deficiente di quanto non sia)
Bene dopo questa(e) piccola parentesi, ritorniamo seri! Ma quando mai lo siamo stati? ahaha dai, scherzavo! No dai, cazzate a parte, se nel capitolo scorso stavate piangendo, arrivati a 'sto punto, casa vostra assomiglierà un po' all'oceano pacifico. Guardate il lato postivo: quest'estate non avete bisogno di andare al mare, perché sarà lì, a portata di mano!
Beh, care donzellette, siamo quasi arrivati al capitolo conclusivo. So che i Derry rimarrano sempre nei vostri cuori, come rimarranno nei nostri. Per ultima cosa voglio che sappiate che Carla si è impegnata tanto a scrivere il capitolo del litigio, e che non dovete lasciarvi condizionare dagli eventi negativi nel giudicarlo: è uno dei più belli, a livello emotivo, di tutta la fanfic!
Alla prossima belline. - Zia Manuela says bye

 

 

 

 

   
 
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