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Autore: AloneAgainstZombies    04/06/2013    1 recensioni
« Appena Rajah vide piccoli puntini bianchi annebbiarle la vista come lo schermo di un televisore rotto, capì che non avrebbe visto il giorno seguente. Un vampiro gentiluomo la stava prosciugando e lei… non avrebbe mai più visto il sole sorgere. Non sarebbe più tornata nella sua piccola casa a qualche chilometro da Sharm el Sheik. Chiuse gli occhi sperando solo che quella fine arrivasse in fretta. Alla fine capì di non aver nulla da perdere: «Finiscimi…» sussurrò con voce fioca. »
[Interrotta ma possibile ripresa]
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo scusa per questo ritardo! Ho avuto qualche problema e l'ispirazione faticava ad arrivare. Ma eccomi qua con i nostri Raphael e Rajah! ♥
Spero recensiate!



Capitolo 3 – Perché io?
 
Il ticchettio incessante della pioggia contro i vetri disturbava il suo sonno, così ricercato durante quegli ultimi giorni. Erano le 9 del mattino e il temporale non aveva ancora esaurito l’acqua dalla sera prima.
Rajah si alzò dal suo economico letto a una piazza e mezzo, le coperte a tema scozzese lasciarono entrare gli spifferi freddi dell’inverno, facendola rabbrividire. Si riavviò i capelli morbidi in un gesto mattutino, sbadigliando. Volse lo sguardo, ancora stanco, alla finestra contemplando le gocce che scivolavano lungo il vetro; non amava le giornate uggiose, troppo distanti da quelle calde e soleggiate del suo paese d’origine.
I piedi nudi toccarono il parquet, liscio e ghiacciato, restituendogli una sensazione di freddo tale da farle strofinare le maniche dell’ampia camicia che usava come pigiama; le arrivava giusto a coprirle gli slip neri, le gambe nude.
Lasciò la piccola camera da letto addentrandosi nella stanza che si divideva tra la cucina e il soggiorno. Il suo appartamento non era molto grande, tre stanze in tutto, ma per l’affitto che pagava era giusto.
Si avvicinò ai fornelli, aprì la dispensa a lato e ne estrasse una caffettiera in alluminio un po’ consumato, per allontanare la stanchezza del risveglio un po’ di caffeina non poteva mancare.
L'aroma dolce-amaro del caffè invase quel piccolo cucinotto, risvegliando i sensi dell'egiziana che piegò gli angoli della bocca in un lieve sorriso. Versò il contenuto in un'ampia tazza gialla a pois blu, aggiunse quattro cucchiaini di zucchero e mosse due passi per raggiungere il tavolino.
Durante quel piccolo tragitto la sua attenzione si posò sul proprio riflesso, intravisto nello sportello lucido del frigorifero. Sul suo collo dorato si poteva ancora scorgere la ferita, che andava a cicatrizzarsi, del morso di quel vampiro dagli occhi di fuoco. Si passò delicatamente due dita sottili sul quel punto, nella sua mente poteva ancora ricordare le parole di quell'essere che tanto l'aveva affascinata.
Si erano conosciuti da poco tempo e già portava un soprannome da lui donatole.
«Chocolat...» si trovò a sussurrare mentre ancora i suoi pensieri vagavano nel ricordo di lui.
Fortunatamente il telefono la riportò alla realtà, il caffè era ancora tra le sue mani senza essere stato  assaggiato.
Rajah si alzò velocemente e raggiunse lo squillo irritante e continuo del suo cellulare. Non guardò nemmeno il nome sul piccolo schermo e rispose immediatamente: era Bill, il suo fidato collega durante le sue serate lavorative.
Rajah lavorava come intrattenitrice, si esibiva in vari locali con le sue seducenti danze esotiche; Bill era quello che più si avvicinava come suo manager e ogni qualvolta individuava una serata produttiva, l'avvisava. Era un uomo dal cuore d'oro, nonostante l'aspetto burbero e freddo. La carnagione scura, la folta barba da motociclista e la sua corporatura non proprio magra e atletica rendevano l'illusione di cattiveria, il tutto completato dall'altezza degna di un giocatore di palla canestro.
«D'accordo Bill, stasera al Coconut.» concluse lei con un sospiro amareggiato.
Chiuse la chiamata e ritornò alla sua colazione. Il solo pensiero di quel locale le dava la nausea; il Coconut era uno dei discopub più in voga del momento. Durante l'inverno la gente desidera l'estate e quel locale era ciò che faceva per loro; con il suo arredamento in stile caraibico, la musica dalle note calde e balneari, e i cocktail tropicali degni di un’isola del Pacifico. La sua danza era arte, non una mera attrazione per turisti; soprattutto non doveva essere scambiata per un ballo da intrattenimento.
Un sospiro amareggiato si sprigionò dalle sue labbra e andò a smuovere alcuni fogli sul tavolo, scoprendo il giornale di ieri.
Il suo cuore perse un battito nel vedere la foto in prima pagina di quella stampa. Lo prese tra le mani e la osservò meglio, non aveva dubbi: l’uomo che stringeva la mano del sindaco era Raphael, quel vampiro.
Si pose una mano sul collo, dove il cerotto copriva il morso che andava cicatrizzandosi, e lesse l’articolo: I vampiri sbarcano in città.
Descriveva l’apertura di un nuovo locale in stile gotico e dark, molto popolare negli ultimi tempi tra i ragazzi, e il proprietario non era altri che quel dannato vampiro!
La ragazza arrossì di rabbia nel ricordare come l’aveva trattata, cosa le aveva proposto e il modo in cui glielo aveva chiesto. Sbuffò lanciandolo nel cestino, prendendo così a bere il suo caffè.
«Ne ho avuto abbastanza di vampiri.» sibilò.
 
 
 
Doveva seriamente decidersi di comprarsi un’automobile, i taxi erano diventati decisamente troppo costosi per lei.
Scese dal veicolo, il vento gelido dell’inverno le investì subito il viso come se ci fossero milioni di piccole lame, e corse immediatamente all’interno del locale, passando dal retro.
Subito la musica, tipica di un’isola tropicale, invase le sue orecchie disegnandole sul viso un’espressione disgustata.
Si sedette sulla piccola seggiola davanti alla grande specchiera e iniziò a truccarsi per il suo numero. I capelli scuri, quella volta, erano legati in una lunga treccia, lasciata cadere morbida sul lato destro del collo. Gli occhi di lupo furono decorati da brillantini dorati e qualche linea sottile di eyeliner, tutto in contrasto con la sua carnagione calda e bronzea.
Stava tamponandosi il viso con un po’ di cipria quando una mano gelida si pose sulla sua spalla nuda. Sussultò e quasi non cadde dalla sedia per lo spavento, allo specchio non vi era alcun riflesso.
«Che deliziosa sorpresa, Chocolat.»
Un brivido percorse tutta la sua schiena, giungendo sul punto dove vi era posta la mano. Quell’uomo… quel vampiro.
Rajah si alzò velocemente dalla sedia e raggiunse la parete opposta, rivolgendo a quell’essere uno sguardo pieno d’astio.
«Cosa vuoi ancora? Perché sei qui?!» il tono irritato consegnò a Raphael un sorriso beffardo, quasi divertito.
I suoi occhi, rossi come il sangue di cui si nutriva, presero a gustarsi tutta la bellezza africana di quella ragazza. Dischiuse le labbra lasciando intravedere le zanne acuminate, il suo sguardo tradiva un desiderio che da molto, troppo tempo non soddisfaceva.
Non rispose, si limitò a inchinarsi elegantemente, con garbo.
«Monsieur Brown mi ha tenuto un posto speciale per la vostra danza.» ancora quel sorriso, Rajah sentì che le gambe stavano per cedere, non ne capiva il motivo ma la presenza di Raphael le faceva uno strano effetto.
Riuscì a trovare un briciolo di lucidità per distogliere l’attenzione dai suoi occhi di rubino e subito si sentì più sollevata, il suo respiro tornava regolare e le gambe erano ben piantate a terra. Una cosa l’aveva imparata: non guardare mai più un vampiro negli occhi.
«Dannato Bill, dovrebbe essere un po’ più severo con i tipi strani come te!» sibilò acida dandogli le spalle. Afferrò la propria borsa ed estrasse un foulard giallo ocra, a cui lembi vi era qualche piccolo sonaglio, si sposava perfettamente con il suo abito di scena.
Continuò ad ignorare quell’essere e si sedette nuovamente davanti alla specchiera. Adagiò il foulard attorno al collo, coprendo così la vistosa cicatrice delle fauci del presente Raphael.
«Ti ringrazio per questo regalo.» disse con sarcasmo sistemando meglio quell’accessorio.
Una volta in piedi, si voltò nuovamente verso di lui e, questa volta, si concentrò sulla gemma rossa incastonata su una cinghia, che teneva unito uno di quei tipici fazzoletti del 1700.
Il suo viso, deformato in un’espressione di collera, turbamento e agitazione si opponeva a quello canzonatorio e perennemente rilassato del vampiro.
«Qualcosa non va, Chocolat?» domandò con totale naturalezza, allargando le braccia facendo si che le larghe maniche della camicia bordeux seguissero il movimento con dolcezza.
Rajah si umettò le labbra e gli puntò l’indice smaltato di nero addosso.
«Primo: non chiamarmi così; e secondo: dimmi per quale motivo mi stai seguendo?»
L’ultima domanda la pronunciò come se fosse una supplica, i suoi occhi divennero lucidi e la sua postura segnalava la sua insicurezza davanti a lui.
In quei pochi secondi, Raphael la vide ancora più indifesa di come le era parsa qualche giorno prima.
La sua maschera beffarda si ruppe e il suo viso si aprì in un’espressione di totale sbigottimento. Era confuso nel vederla abbassare il tono dopo tutto il suo comportamento ribelle, lo stesso che aveva visto anche nella sua dimora.
Per cosa la stava seguendo? Raphael doveva fare ancora mente locale. Quell’incontro casuale aveva insinuato nella sua testa un unico pensiero: lei.
Da quando ne aveva saggiato il sangue, dolce come non mai; e osservatone il corpo, morbido e caldo, quella ragazza gli era entrata nella testa come solo un’altra donna era riuscita a fare.
Aprì la bocca per parlarle chiaramente, quando dall’altra parte, dove vi era il palco vero e proprio, la voce dell’annunciatore si prestava a presentare la ragazza.
Rajah rialzò gli occhi verso di lui, nuovamente vispi e vivi, e aggiungendo un solo «Vattene.» varcò le sottili tende nere del palco.
Potette udire le amabili melodie di un’arpa prima di sparire nel nulla, come Rajah gli aveva chiesto, lasciando solamente una goccia di sangue come segno del suo passaggio
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