eight .
e i g h t h t a l e
Non era
stato affatto semplice eludere i tentativi operati da Jack con l’intento di
raggiungere suo padre e gli altri sull’isola. Prima aveva cercato di calarsi
nella barcaccia subito dopo Maeve, ma un urlaccio del carpentiere lo aveva
fatto sobbalzare e scivolare sulle assi del ponte, facendogli perdere così
l’attimo propizio. Poi Cotton lo aveva sorpreso in procinto di tuffarsi in
acqua dalla battagliola del castello di poppa e lo aveva trattenuto a forza di
mani. Infine, il piccolo Sparrow aveva cercato di corrompere uno dei mozzi
affinchè lo aiutasse a utilizzare la seconda lancia – e forse ci sarebbe
riuscito, se non fosse stato per l’intervento suadente di Tia Dalma, che con
voce divertita aveva domandato al ragazzino cosa avesse in mente di fare, una
volta sbarcato.
E
siccome Jackie non ne aveva la più pallida idea, aveva scelto di arrendersi.
Con
estrema ed estenuante lentezza era trascorsa circa un’ora e mezza, da quando i
tre capitani, i due nostromi e i tre giovani si erano allontanati. Dapprima il
tempo era scivolato via senza destare preoccupazioni, mentre gli uomini della
Scarlatta impiegavano l’attesa sonnecchiando, giocando a dadi e bevendo
occasionali sorsate alcoliche, le palpebre semichiuse per il riverbero del
giorno. Il veliero dondolava, scricchiolava come suo solito, e tutti erano, in
fondo, tranquilli.
Ma scattarono
in piedi nell’udire, trasportati dal maestrale che si alzava, i rumori degli
spari e l’eco delle voci rabbiose. Certuni erano corsi a riprendere le armi
lasciate da parte, altri si erano appollaiati al parapetto scalpitando
d’impazienza e dalla voglia di gettarsi nella mischia. La ciurma si spenzolava
oltre la murata, allungando il collo e aguzzando la vista, e un marinaio
arrampicatosi sulle sartìe di mezzana descrisse ai compagni la scena che si
scorgeva da lassù: c’era una casa malmessa, nell’interno, e un nutrito numero
di persone vi si stava chiaramente azzuffando di fronte. L’aria di tanto in
tanto si sporcava col fumo lasciato dalle pistolettate. Sul cassero, il
bambino, la donna e mastro Cotton rimasero in silenzio, in netto contrasto col
brusìo crescente che serpeggiava sul ponte.
Passarono
dieci minuti e dieci minuti ancora, finchè un uomo non lanciò un grido
d’avvertimento, indicando col braccio teso la macchia di vegetazione che
coronava la piccola spiaggia, e gli astanti, nessuno escluso, si sporsero dalla
nave fin quasi a caderne giù. A terra, Teague, Davy e Wyvern aprivano la fila,
pistola e sciabola in mano, seguiti dappresso da Bill, Barrett e Josh, che
ansimava voltandosi spesso indietro e facendo cenni frenetici a qualcuno che
l’equipaggio non riusciva a vedere. Quel ‘qualcuno’ si rivelò essere Maeve,
trafelata e rossa in viso: correva talmente veloce da proseguire ruzzolando, ma
non si fermò un solo istante.
- Dov’è
capitan Barbossa? – chiese il quartiermastro nell’accorgersi dell’assenza del
biondo.
Tia
Dalma gli gettò un’occhiata e non aprì bocca. Nemmeno lei sapeva né immaginava
cosa fosse accaduto in quel lasso di tempo.
I sette
si precipitarono sulla scialuppa e si misero disordinatamente ai remi,
prendendo il largo proprio nel momento in cui un manipolo di figuri inferociti
balzava sulla sabbia chiara imprecando e agitando le armi contro i fuggiaschi;
dalla Scarlatta si sollevò un coro d’incoraggiamento, e persino Jackie non
nascose una scrollata di spalle di sollievo quando capì che suo padre era fuori
pericolo. I nemici indugiarono un po’ sul bagnasciuga, prima di sputare con
sdegno nella rena ed allontanarsi rapidi nella direzione da cui erano venuti.
La ciurma esultò, e la barcaccia toccò la fiancata del vascello.
Subito
gli uomini si protesero ad aiutare i comandanti ed i colleghi a risalire la
scaletta, accogliendoli con pacche sulle spalle e boccali già riempiti di rum o
birra fino all’orlo: ma per quanto si sforzassero non riuscirono ad eliminare
l’ansia dipinta sui volti dei membri del gruppo di spedizione. Hector Barbossa
mancava all’appello, e non si decideva a comparire. Tutti fissarono la ragazza,
pallida e nervosa, che esitava vicino alla murata.
- Che
fine ha fatto quel gradasso? – sbottò il moro Sparrow, rivolgendosi a lei.
Maeve si
accigliò ulteriormente: - L’ho visto sparire verso la scogliera – rispose, con
il tono di chi si stava ponendo il medesimo quesito. Se avesse potuto
permetterselo avrebbe dato sfogo alla sconcertante angoscia che ciò le
procurava. Invece si limitò a corrugare la fronte.
- Aveva
il forziere con la Bussola con sé – aggiunse Joshamee, titubante.
- Ecco
perché mi preme che ritorni – grugnì Teague. E non diceva esattamente il vero.
Jack li
osservava con malcelata curiosità: - Da chi stavate scappando?
-
Abbiamo combattuto contro i contrabbandieri locali – glissò suo padre, incerto
se rivelare o meno la presenza della nave nera.
- E vi
hanno seguiti fin qui? – insistette il bambino. Gli occhi scuri rivelavano una
volta di più quanto fosse acuto.
Fu Jones
a prendere la parola. Stava mormorando qualcosa a Tia Dalma, ai piedi del
cassero, e non sembrava intenzionato ad allontanarsi da lei. Eppure alzò subito
la testa, alla pedante domanda del piccolo Sparrow, le labbra increspate in
un’espressione seria.
- I
nostri inseguitori sono ormeggiati sulla costa orientale – spiegò alla ciurma –
E lui vuole la Bussola.
- Lui?
- Greedy
Dalma – sillabò Calypso con voce roca.
Si
diffuse una sorta di panico, in coperta. Qualcuno si precipitò ad afferrare le
drizze, qualcuno prese ad arrampicarsi sui sartiami come preda di una frenesia
incontrollabile. Non c’era uomo, tra loro, che non temesse il nome dell’Avido,
e il saperlo a poche miglia di distanza era un’immagine che non piaceva
affatto.
Al
parapetto, Maeve non si muoveva. Scrutava il mare calmo che si andava
ombreggiando e aveva i palmi delle mani coperti di stille di sudore gelato.
Perché non arrivava, perché? Si dette dell’idiota per non aver ucciso il
ragazzo che l’aveva sorpresa nella sala del tiglio, quello che aveva dato
l’allarme ai briganti greci; si dette dell’idiota per averci messo troppo
nell’estrarre lo scrigno dall’albero. Avrebbero potuto filarsela, se gli
occupanti della vecchia magione non li avessero smascherati e trattenuti
lottando, e non sarebbero stati raggiunti dagli scagnozzi del loro nemico, e
non sarebbero stati costretti a dividersi.
Così,
Hector sarebbe rimasto con loro. E lei non si sarebbe sentita tanto inquieta,
né tanto debole.
- Cosa
diavolo credete di fare? Fermatevi! – abbaiò Teague. L’equipaggio si bloccò di
colpo: - Non ce ne andremo senza il bottino, né tantomeno senza un capitano.
Piantatela di pisciarvi sotto, pusillanimi, e restate in attesa di ordini. Sono
stato chiaro?
Gli
interpellati mollarono le cime e tornarono sul ponte, imbarazzati e contriti,
irritati dal loro stesso spavento.
Il sole
tremolava al di sopra della linea dell’orizzonte, ormai pronto a tuffarvisi
dentro, disco enorme ed aranciato nel cielo in cui l’azzurro cupo scivolava nel
verde pallido, nel violaceo, in una striscia di rosa e in un tripudio dorato
che accecava. Le onde pigre schiaffeggiavano lo scafo del veliero, ed ogni cosa
stava assumendo le tinte soffuse e dolci del tramonto. Eppure il silenzio
regnava a bordo, e quella luce pareva avere un che di sanguigno.
D’un
tratto, finalmente, Jackie sgranò gli occhi, emise un suono strozzato e si
precipitò di nuovo sul castello di poppa.
- C’è un
tizio in acqua! – esclamò sbracciandosi.
La
giovane Gibbs fu la più rapida a raggiungerlo alla battagliola, il cuore in
gola, e in men che non si dica anche i due comandanti, Tia Dalma e la
maggioranza dell’equipaggio furono loro intorno, spintonando e sgomitando per
vedere meglio. Ed effettivamente una figura si stava avvicinando a nuoto alla
Scarlatta, avanzando tra i flutti con movenze vigorose nonostante avesse un
oggetto tra le dita della mano destra: i raggi calanti mettevano in risalto
l’espressione trionfante e quasi divertita del viso di Hector Barbossa,
incorniciato da ciocche di capelli bagnati, lo sguardo acceso.
Maeve
avvertì le proprie labbra distendersi in un sorriso, suo malgrado. Gli altri
esultarono, e Barrett gli lanciò una corda.
- Che io
sia dannato se non ci hai fatti stare in pensiero, idiota! – lo apostrofò
ridendo Sparrow, una volta che il biondo si fu issato sul cassero.
- Io o
la Bussola? – replicò Hector, ammiccante e grondante da capo a piedi. Fece
oscillare in aria il piccolo forziere.
Teague
parve soddisfatto della risposta: - Tu con
la Bussola. Ottimo lavoro, compare.
-
Complimentati con la Lince, piuttosto. È stata lei a tirare fuori dal tronco
quest’aggeggio – disse Barbossa, piegando il capo verso la ragazza, la quale
gli stava ronzando intorno e non si decideva a posargli sulle spalle la propria
giacca.
Ci fu un
mormorìo d’approvazione, cenni di assenso dedicati a lei che, per contro, si
concentrò sul ciuffo che le pendeva davanti agli occhi:
- Sì, e
se non mi fossi fatta beccare non avremmo avuto problemi – rammentò, asciutta.
- Ci
avrei scommesso che ti avrebbero beccata, Lince – rise Hector – Ecco perché
penso che tu sia stata comunque abilissima.
-
Fottiti, capitano – proruppe Maeve, buttandogli l’indumento addosso. Tuttavia la
sua voce non era irata.
La
ciurma scoppiò in una grassa risata collettiva, e tutti si mossero per seguire
i capitani, scendendo dal castello di poppa con facce incuriosite e dimentiche
dello spavento precedente. Davy entrò nel quadrato e ne uscì recando la
vecchia, ingombrante chiave consegnata loro dal vecchio Pat. Nessuno parlò,
mentre i tre uomini armeggiavano con la rugginosa serratura dello scrigno e ne
sollevavano cauti il coperchio: se la Bussola non ci fosse stata, se l’intero
viaggio e la messa a repentaglio delle loro vite si fossero rivelate inutili
non avrebbero davvero saputo che pesci prendere.
O,
peggio ancora, né Barbossa, né Teague, né il rosso avrebbero potuto prevedere
le reazioni dell’equipaggio, deluso e scontento. Erano perfettamente consci
della facilità con cui i marinai sarebbero stati capaci di toglierli di mezzo,
destituirli e sostituirli in blocco. Era così che funzionava.
Ma non
accadde niente del genere. Ciò che il biondo estrasse dal forziere era un
oggetto squadrato, un contenitore di legno dipinto di scuro e oro con una
cupoletta sulla sommità, grande abbastanza da coprire interamente il palmo
della mano di Hector; e nell’aprirlo si mostrò agli astanti un elaborato
quadrante munito di una sottile freccia che ruotava e vibrava senza posa, come
confusa dalla luce che per decenni le era mancata e, forse, dall’altissima
concentrazione di desideri e brame che empivano il ponte affollato. A qualcuno
sfuggì un basso fischio di meraviglia.
A Jackie
brillavano gli occhi, e aveva le guance arrossate. Quell’oggetto era
maledettamente attraente.
-
Signori. La missione è compiuta! – decretò il moro, e afferrò la Bussola di
Morgan, alzandola.
- Hooray
per i nostri comandanti! – gli fece eco il giovane Turner, lanciando in aria il
cappello.
-
Hooray! Hooray! – ripeterono i pirati, e tricorni e copricapi d’ogni foggia e
colore danzarono nel cielo imbrunito.
Jones
sorrideva, più distaccato, e osservava compiaciuto i festeggiamenti che si
andavano propagando da un capo all’altro della Scarlatta, gli uomini che
applaudivano e facevano a gara per ammirare la Bussola da vicino, pronti ad una
notte di baldoria in onore del successo. Hector e Teague stavano al centro di
quella allegra confusione, ricevendo di buon grado pacche sulla schiena e
qualche boccale di rum che già circolava in coperta, elargendo strette di mano
e sottolineando l’importanza delle gesta compiute da chi li aveva accompagnati
a terra: Joshamee e Bill si beavano dei complimenti, gonfiando il petto, al
contrario di Wyvern e Barrett che erano abituati a tali manifestazioni
entusiastiche e meritate; la Lince, invece, se ne restava più in disparte,
regalando rari sorrisi a chi la circondava e non smettendo un solo istante di
guardare Barbossa, che si era effettivamente sistemato la sua giacca sulle
spalle.
Poi Davy
avvertì dietro di sé il profumo e il calore di Tia Dalma: - Mio capitano –
disse lei.
Lui
allungò un braccio per toccarla: - È andata come speravamo.
- No. È
andata come tu speravi, Davy Jones.
La Bussola avete, adesso. Non la userai, dunque?
Il rosso
si girò: - Sai che lo farò. Credevo che ciò ti fosse chiaro – rispose.
La donna
abbassò le lunghe ciglia, intrecciando le dita con le sue: - Lo è. Per questo
vorrei poterti dissuadere.
- Ancora
una volta?
- Ancora
una volta – ripetè Calypso in un soffio secco – Rinuncia, Davy Jones, rinuncia.
L’uomo
l’attirò a sé, serio: - Tuo padre ci sta alle costole e vuole la Bussola. Quale
pensi che sia il suo obbiettivo?
- Detto
non è che sia lo stesso tuo – ribattè Tia Dalma mordendosi il labbro inferiore.
- Ma se
lo fosse? – incalzò Davy – Se lo fosse… non preferiresti vedere quella nave sotto
il mio comando?
La dea
si sciolse con decisione dall’abbraccio e lo squadrò con durezza, tormentandosi
la stoffa della gonna:
-
Preferirei ch’egli mai ci raggiungesse e che tu desistessi, mio capitano.
E così
dicendo se ne andò, sparendo oltre la porta del salone di poppa. Jones ne
scorse la sagoma passeggiare irrequieta su e giù, offuscata dai vetri, e infine
sedersi con un vago atteggiamento esasperato. Il comandante sospirò, passandosi
entrambe le mani tra i capelli scarlatti. Tia Dalma non avrebbe mai compreso.
Lui medesimo faticava a dare un senso alla propria ossessione per l’Olandese
Volante, eppure non si sforzava di scacciarla. La Bussola lo avrebbe condotto
fino ad esso, e una volta trovato avrebbe anche affrontato le conseguenze del
suo gesto, le conseguenze contro cui Calypso non mancava di metterlo in
guardia. Ci avrebbe pensato al momento opportuno. Ora come ora, l’importante
era non permettere all’Avido di vanificare quei piani.
- Miei
compagni capitani – chiamò a gran voce, distogliendo i due colleghi da
piacevoli conversazioni.
Hector e
il moro Sparrow gli prestarono subito attenzione: - Vieni a prenderti la tua
parte di merito, compare!
- Non
c’è tempo – li redarguì il rosso – Propongo di andarcene di qui immediatamente,
col favore del crepuscolo.
- Hai
paura di un attacco di Greedy? – interloquì Teague.
-
Gradirei prendere le dovute precauzioni. Non vorrei ritrovarmelo in cabina.
Barbossa
inarcò un sopracciglio: - Non hai torto. Ordina di sbrogliare le vele, allora –
convenne.
Davy
annuì e iniziò a gridare direttive alla ciurma, e frattanto che si cazzavano le
drizze e che le vele porpora si gonfiavano della brezza della sera, il crocchio
di gente che fino ad allora aveva occupato il ponte si disperse; Teague
raggiunse il figlio sotto coperta, esausto ed estremamente desideroso di
regalarsi un minimo di riposo.
Hector,
dal canto suo, che aveva scorto Maeve arrampicarsi in fretta sulle sartìe di
gabbia, ne seguì il percorso con estrema calma, gustandosi il vento crescente
man mano che saliva e la sensazione di freddo degli abiti umidi sulla pelle – e
immaginando di far trasalire la ragazza di sorpresa.
La
giovane Gibbs si era rifugiata nel suo solito, esiguo spazio tra mare e cielo
nel tentativo di riprendersi dall’ondata di emozioni contrastanti che l’avevano
assalita nelle ultime ore. La tensione del combattimento, il timore per un
non-ritorno di Barbossa, la contentezza nell’appurare che se l’era cavata
splendidamente: un miscuglio di cose che le avevano procurato un’accelerazione
non indifferente al ritmo cardiaco e una spossatezza che le aveva reso pesanti
ed indolenti mente e membra, al punto da essersi accasciata sul pavimento della
coffa con ogni intenzione di rimanerci.
- Si
batte la fiacca, Lince?
La voce
di Hector a poca distanza dal suo orecchio sinistro la fece sobbalzare: - No! –
ululò con uno scatto.
Il
biondo sghignazzò, scavalcando il basso parapetto e sedendolesi accanto: - Hai
tutto il diritto di oziare, bimba.
Maeve
fece una smorfia e roteò le pupille per imitarlo: - Onorata della concessione –
commentò.
- Sono
venuto a restituirti la giacca – proseguì l’uomo, mettendogliela sulla testa –
Un po’ striminzita per i miei gusti.
-
Scusami tanto se sono la metà di te – cantilenò lei. La indossò di nuovo, riconoscendovi
l’odore di lui, e si strinse nelle spalle.
Barbossa
le tirò appena una ciocca di capelli, come aveva fatto durante la tappa in
aperto oceano, e per una manciata di minuti se ne rimasero così, zitti e fermi,
ad ascoltare il rumore delle onde solcate dalla Scarlatta e dei velàmi che
flottavano nell’aria serale. La ragazza non osava muoversi, non sapendo se
rispondere in una qualche maniera ai gesti di Hector o se buttarla sul ridere,
oppure se fingersi infastidita dall’eccessiva confidenza – una vera idiozia,
dacchè si erano baciati. Ma non riusciva nemmeno a ragionare con autentica
lucidità: erano incastrati assieme entro il diametro non esattamente vasto
della coffa, nella penombra che scivolava nel buio, con il respiro tranquillo
del biondo comandante a solleticarle la nuca. Rabbrividì di piacere.
- Credi
che quel bastardo di Dalma ci inseguirà? – se ne uscì per spezzare la propria
tensione.
- Sarà
furioso e umiliato per lo smacco – rispose lui con leggerezza – Non ci darà
pace finchè non avrà la Bussola.
Maeve
gli scoccò un’occhiata in tralice: - E contempli tale visione senza
preoccuparti?
- Me ne
preoccuperò quando e se ci verrà addosso a cannoni spianati.
- Sei
assurdo – borbottò la vedetta, pur non essendo granchè diversa.
-
Grazie, Lince – rise Barbossa, e si sollevò sulle ginocchia – Ti abbandono al
tuo compito. Ho un’accogliente cuccetta che mi reclama.
La
giovane Gibbs fece una smorfia: - Accidenti a te.
Hector le
si chinò sopra e, rapido, le stampò un bacio a piene labbra sulla bocca. Poi si
calò giù dall’albero maestro senza permetterle di reagire, e Maeve se ne restò
con la schiena appoggiata al pennone a guardare le stelle che iniziavano a
bucare il soffitto celeste.
Per
circa quattro giorni la Scarlatta solcò le acque dell’Egeo e del Mediterraneo
del sud senza avvistare, sulla sua scia, sagome di navi che potessero essere
quella dell’Avido. O almeno, questo pareva alla ragazza, che dalla coffa
scrutava la foschia all’orizzonte; era però impossibile sperare che il galeone
nero avesse rinunciato a tallonarli o che non ci avesse neppure provato. E
poiché loro pescavano molto, avendo le stive ancora gonfie del bottino
conquistato durante la traversata atlantica, non potevano veleggiare rapidi
quanto avrebbero invece voluto.
Venne
proposto di fare tappa nel primo porto importante che avessero incontrato lungo
la rotta, in modo da scambiare merci e preziosi in denaro sonante e disfarsi
così di buona parte del carico – acquistando contemporaneamente ciò che poteva
servire più avanti. Non era un’idea cattiva né infattibile, ma Davy fu
irremovibile: gli scali più vicini erano quelli italiani, e non sapeva come le
genti del posto avrebbero reagito alla loro presenza. Era meglio attendere e
ripiegare su mercati più sicuri e dunque mal frequentati, il che significava
non fermarsi fino alle coste spagnole o del nord Africa. Quando Teague gli fece
notare che era rischioso proseguire in quel modo, il rosso replicò che i pericoli
non sarebbero mancati comunque, e non aveva torto.
La
ciurma scalpitava, tornata preda del nervosismo che li aveva accompagnati
attraverso l’Oceano, e più di una volta i tre capitani pensarono seriamente che
gli uomini si sarebbero ammutinati, che li avrebbero buttati in pasto agli
squali assieme a chi li avesse sostenuti e che avrebbero infine consegnato con
umile sottomissione la Bussola a Dalma, pur di salvarsi la pellaccia e
liberarsi da quella minaccia incombente. E li avrebbero quasi capiti.
Comunque,
nessuno dette segno di voler mettere in pratica una ribellione a bordo. Fu poi
con una forma di dolorosa rassegnazione che, al sorgere del quinto giorno,
udirono Maeve urlare qualcosa dall’alto, e non ebbero bisogno di domandarsi
quale fosse la novità: il vascello dalle vele scure era sulla loro scia,
silenzioso nella sua minaccia incombente, e guadagnava terreno ad ogni nodo. Li
aveva raggiunti con estrema facilità.
- Gabbie
ai bracci, signor Wyvern! – ordinò Davy dal cassero, e il nostromo non perse tempo
a passare parola al gabbiere.
-
Spiegate tutte le vele il più possibile! – aggiunse Hector battendo un piede
sul legno del ponte.
Josh e
Bill si erano intanto affacciati alla murata, pistole già in pugno, e non
staccavano lo sguardo dalla sagoma a dritta di poppa.
-
Possiamo ancora seminarli, no? – azzardò il giovane Gibbs con forzato
ottimismo.
L’altro
gli dedicò un ghigno di pura compassione: - Con il vento a favore di entrambi e
lo scafo appesantito? Oh, certo.
- Saggia
osservazione, Turner – s’intromise Teague, accigliato, fermandosi accanto a
loro.
- E
allora cosa c’inventiamo, capitano? – chiese Joshamee. Gli seccava che Barbetta
avesse fatto bella figura.
- Volate
ai posti di combattimento – disse il biondo, che li aveva appena raggiunti –
Caricheremo i cannoni su entrambi i lati, aspettando di vedere da quale parte
ci abborderà. Procuratevi quante più armi potete e non osate prendere
iniziative senza permesso. Forza, scattare!
I due
ragazzi non se lo fecero ripetere e si precipitarono a comunicare l’ordine ai
compagni, e in men che non si dica da poppa a prua fu tutto un vociare e un
passamano frenetico di polvere da sparo e palle e micce; Maeve scese dall’albero
maestro, pur sapendo che avrebbe potuto evitarselo e scampare così lo scontro
imminente. Ma non se lo sarebbe mai permesso. Avevano tutti sudato per quella
maledetta bussola: Dalma e i suoi avrebbero dovuto sudare per portarsela via.
Nel
frattempo, la donna dalla pelle di cannella era scomparsa e Jack era stato
confinato sottocoperta, nella piccola cabina di suo padre, assieme alla Bussola
stessa. Era pericoloso e azzardato, forse, porre il bambino a guardia di essa,
eppure nessuno, lì per lì, contrastò la decisione del moro Sparrow. Erano
impegnati a stringere i denti, costringendosi a non farsela addosso alla vista
della possente nave nera che avanzava nel chiarore perlaceo del mattino. Erano
pirati, gente rude, canaglie, fuorilegge che amavano tanto le razzie quanto i
festini e capaci di uccidere col sorriso sulle labbra, e tuttavia non potevano
nemmeno lontanamente paragonarsi a Greedy Dalma e alla sua ciurma di diavoli –
quei diavoli che adesso avevano affiancato la Scarlatta e che si spenzolavano
dalle sartìe brandendo sciabole e mazze e colmando l’aria con il coro infernale
della vanteria. Davy serrò i pugni sul timone.
- Pronti
ai cannoni! – urlò Hector sguainando la spada.
- Fuoco!
– gli fece eco Teague con tutto il fiato che aveva in corpo.
L’effetto
sorpresa sortì i suoi risultati: presi com’erano dalla propria entrata in
scena, i loro avversari vennero investiti in pieno dalla prima raffica di
bordate, e almeno una decina caddero in acqua o all’indietro, dilaniati
dall’impatto. La vanteria tacque, e mentre l’equipaggio dei tre comandanti
preparava il secondo attacco una scarica di ferro e fuoco partì dal galeone
scuro, restituendo lo smacco colpo su colpo. Ogni cosa allora divenne fumo e
scintille, e schegge di legno che schizzavano ovunque, e strepiti di uomini
feriti e sbalzati oltre i parapetti; un paio di palle stracciarono le vele di
mezzana, e una pioggia di trucioli e brandelli di stoffa color porpora finì
sulla testa castana di Maeve, la quale, odiando profondamente le cannonate,
attendeva al riparo l’inizio dell’arrembaggio.
D’improvviso
si udì il raschiare secco dei rampini che artigliavano il legno, e i due
galeoni cozzarono tra loro, gli scafi che strusciavano e i pennoni scossi dalle
vibrazioni. I filibustieri dell’Avido si lanciarono sulla preda ululando e
ridendo sguaiatamente, ma gli uomini della Scarlatta non avevano niente da
invidiare a chicchessia, in materia d’abbordaggi: con la lame roteanti e gli
indici pronti sui grilletti, falciarono in un paio di minuti un cospicuo numero
di nemici, e a quel punto pure i capitani, i due fratelli Gibbs, il giovane
Turner e il resto di coloro che non erano addetti alle bordate si unirono ai
compagni con un impressionante ruggito.
Di
nuovo, per la seconda volta in pochi giorni, tutto si fece battaglia. L’aria
era satura di fumo e di odori forti, e persino il vivido cielo azzurro pareva
scomparso in quella foschia artificiale di polvere da sparo. Ciascuno combatteva
senza far caso a ciò che gli accadeva attorno, senza preoccuparsi di sapere se l’ennesimo
corpo caduto vicino a lui era di un amico o di un rivale, conscio unicamente
dell’elsa e del cane nelle sue mani sudate, magari lottando al contempo contro
la paura medesima, la paura di morire. E c’era chi, invece, nel menare fendenti
e nello schivarne, si sentiva più vivo che mai – Hector, ad esempio.
Maeve
faceva del suo meglio, nella mischia. Era più sicura di sé, rispetto a quando
aveva fronteggiato i contrabbandieri nella stanza del tiglio, e di tanto in
tanto avrebbe potuto giurare di essersi sentita nascere un piccolo ghigno di
soddisfazione sul viso. Sembrava che le cose non si stessero mettendo affatto
male per lei e gli altri, almeno a giudicare dalla maggioranza di facce
sconosciute riverse a terra, e nessuno era sceso sottocoperta per cercare la
Bussola.
Fu
quindi con un notevole stupore che avvertì un bruciore pungente all’altezza
della spalla sinistra, appena sopra il cuore martellante, mentre le voci
cambiavano timbro e si facevano più allarmate, rabbiose. La ragazza abbassò gli
occhi: farsetto e camicia erano bucati, e del sangue denso stava cominciando a
impregnarne i tessuti. Con un conato di vomito totalmente incontrollato, Maeve
si appoggiò alla murata, le gambe divenute d’un tratto debolissime. Qualcuno le
aveva sparato a tradimento, e lei non si era accorta di nulla, nulla. Le si era
informicolito il braccio, e i suoi movimenti erano pesanti.
Con le
pupille appannate gettò uno sguardo ai piedi del cassero, laddove si
concentrava lo scontro. E scorse un uomo massiccio, slanciato, con la pelle
color cioccolata e un fazzoletto turchese legato sul capo, che indossava abiti
privi di fronzoli ma che possedeva il portamento di chi è avvezzo a comandare;
era bello, e per un attimo quel volto scolpito e altero le ricordò qualcuno. Greedy
Dalma era salito sulla Scarlatta.
- Portatemi
quella bussola, cani! – urlò questi in direzione della sua ciurma.
Il rosso
Jones gli si parò davanti, deciso a non farlo avanzare di un passo sul ponte. Non
ebbe però il tempo di incrociare la sciabola con lui: un’imprecazione uscita
dalla bocca di Teague sovrastò per intero il frastuono, prima che esso si
affievolisse e cedesse spazio ad un attonito brusìo.
Le teste
di tutti si voltarono in direzione della prua, compresa quella di Maeve che,
ormai, si era accovacciata sulle assi e cercava invano di comprimere l’emorragia
a mani nude – si voltarono e non credettero a quel che videro.
Sgattaiolato
fuori dal boccaporto nel momento culminante dell’arrembaggio, nessuno aveva
prestato attenzione a Jack Sparrow, mingherlino e agile com’era. E adesso se ne
stava ritto a gambe divaricate alla punta estrema della nave, con un pugno
alzato e qualcosa tra le dita. Fissava l’Avido e tremava da capo a piedi, e
tuttavia riuscì a gridare, con il suo spudorato tono di bambino impertinente:
- Cercavi
questa, vecchio?
Con sé aveva
la Bussola.
eighth tale : end
piccole
note (volendo trascurabili):
giusto in tempo
per Natale, come avevo pianificato, sono riuscita a pubblicare questo capitolo!
Tutt’altro che
facile, come e forse più del precedente, perché più la storia prosegue e più
cose al fuoco ci saranno,
e per me non
sarà una passeggiata scrivere facendo combaciare ogni singolo pezzo… ma è il
motivo per cui adoro farlo.
Oh sì, amo le
sfide, me mateys.
Jackie è tornato
alla ribalta in una maniera non esattamente felice, con tutte le buone
intenzioni di dare una mano.
Nel prossimo
capitolo si vedranno altre scintille – e non solo di genere bellico…
Siccome a questo
giro non ho, purtroppo, disegni nuovi da mostrarvi, passo subito ai
ringraziamenti:
alle compari Laura, Acchan e Peeves, alla collega Kairi, a Sesshy, a messer Felio,
alle Sis del forum, alla mia Sparriku la cui recensione è andata
perduta durante i lavori al sito
e a tutti coloro
che hanno letto senza lasciare recensioni. Ahrrrr, mantenete la rotta!
Passate delle
buone vacanze e… have a pirate Christmas.
Alla prossima, dunque, se vorrete essere inclini ad
ottemperare alla mia richiesta ♥ Black ~