Film > Pirati dei caraibi
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Autore: Blackmoody    22/12/2007    6 recensioni
– Vi parlo di tanti anni fa. – esordì la donna, lisciandosi la stoffa consunta della gonna.
– Vi parlo di quando il Mare era ancora giovane e libero, e giovani erano molti degli uomini che allora lo plasmarono - con il sudore delle loro fronti e la forza delle loro schiene, come amavano dire. Sono qui per narrarvi una vicenda vecchia di quarant’anni e forse più. – aggiunse poi riacquistando durezza: – Per narrarvi di quel tempo in cui il mondo sembrava ancora non avere confini e in cui i pirati solcavano le onde cantando canzoni e brindando alle vele. Di un tempo in cui tutto e niente, e tutti e nessuno, significarono ‘appartenersi’.

| sospesa |
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Davy Jones, Hector Barbossa, Joshamee Gibbs, Nuovo Personaggio, Tia Dalma
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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eight

 

 

eight .  e i g h t h  t a l e

 

 

 

 

Non era stato affatto semplice eludere i tentativi operati da Jack con l’intento di raggiungere suo padre e gli altri sull’isola. Prima aveva cercato di calarsi nella barcaccia subito dopo Maeve, ma un urlaccio del carpentiere lo aveva fatto sobbalzare e scivolare sulle assi del ponte, facendogli perdere così l’attimo propizio. Poi Cotton lo aveva sorpreso in procinto di tuffarsi in acqua dalla battagliola del castello di poppa e lo aveva trattenuto a forza di mani. Infine, il piccolo Sparrow aveva cercato di corrompere uno dei mozzi affinchè lo aiutasse a utilizzare la seconda lancia – e forse ci sarebbe riuscito, se non fosse stato per l’intervento suadente di Tia Dalma, che con voce divertita aveva domandato al ragazzino cosa avesse in mente di fare, una volta sbarcato.

E siccome Jackie non ne aveva la più pallida idea, aveva scelto di arrendersi.

Con estrema ed estenuante lentezza era trascorsa circa un’ora e mezza, da quando i tre capitani, i due nostromi e i tre giovani si erano allontanati. Dapprima il tempo era scivolato via senza destare preoccupazioni, mentre gli uomini della Scarlatta impiegavano l’attesa sonnecchiando, giocando a dadi e bevendo occasionali sorsate alcoliche, le palpebre semichiuse per il riverbero del giorno. Il veliero dondolava, scricchiolava come suo solito, e tutti erano, in fondo, tranquilli.

Ma scattarono in piedi nell’udire, trasportati dal maestrale che si alzava, i rumori degli spari e l’eco delle voci rabbiose. Certuni erano corsi a riprendere le armi lasciate da parte, altri si erano appollaiati al parapetto scalpitando d’impazienza e dalla voglia di gettarsi nella mischia. La ciurma si spenzolava oltre la murata, allungando il collo e aguzzando la vista, e un marinaio arrampicatosi sulle sartìe di mezzana descrisse ai compagni la scena che si scorgeva da lassù: c’era una casa malmessa, nell’interno, e un nutrito numero di persone vi si stava chiaramente azzuffando di fronte. L’aria di tanto in tanto si sporcava col fumo lasciato dalle pistolettate. Sul cassero, il bambino, la donna e mastro Cotton rimasero in silenzio, in netto contrasto col brusìo crescente che serpeggiava sul ponte.

Passarono dieci minuti e dieci minuti ancora, finchè un uomo non lanciò un grido d’avvertimento, indicando col braccio teso la macchia di vegetazione che coronava la piccola spiaggia, e gli astanti, nessuno escluso, si sporsero dalla nave fin quasi a caderne giù. A terra, Teague, Davy e Wyvern aprivano la fila, pistola e sciabola in mano, seguiti dappresso da Bill, Barrett e Josh, che ansimava voltandosi spesso indietro e facendo cenni frenetici a qualcuno che l’equipaggio non riusciva a vedere. Quel ‘qualcuno’ si rivelò essere Maeve, trafelata e rossa in viso: correva talmente veloce da proseguire ruzzolando, ma non si fermò un solo istante.

- Dov’è capitan Barbossa? – chiese il quartiermastro nell’accorgersi dell’assenza del biondo.

Tia Dalma gli gettò un’occhiata e non aprì bocca. Nemmeno lei sapeva né immaginava cosa fosse accaduto in quel lasso di tempo.

I sette si precipitarono sulla scialuppa e si misero disordinatamente ai remi, prendendo il largo proprio nel momento in cui un manipolo di figuri inferociti balzava sulla sabbia chiara imprecando e agitando le armi contro i fuggiaschi; dalla Scarlatta si sollevò un coro d’incoraggiamento, e persino Jackie non nascose una scrollata di spalle di sollievo quando capì che suo padre era fuori pericolo. I nemici indugiarono un po’ sul bagnasciuga, prima di sputare con sdegno nella rena ed allontanarsi rapidi nella direzione da cui erano venuti. La ciurma esultò, e la barcaccia toccò la fiancata del vascello.

Subito gli uomini si protesero ad aiutare i comandanti ed i colleghi a risalire la scaletta, accogliendoli con pacche sulle spalle e boccali già riempiti di rum o birra fino all’orlo: ma per quanto si sforzassero non riuscirono ad eliminare l’ansia dipinta sui volti dei membri del gruppo di spedizione. Hector Barbossa mancava all’appello, e non si decideva a comparire. Tutti fissarono la ragazza, pallida e nervosa, che esitava vicino alla murata.

- Che fine ha fatto quel gradasso? – sbottò il moro Sparrow, rivolgendosi a lei.

Maeve si accigliò ulteriormente: - L’ho visto sparire verso la scogliera – rispose, con il tono di chi si stava ponendo il medesimo quesito. Se avesse potuto permetterselo avrebbe dato sfogo alla sconcertante angoscia che ciò le procurava. Invece si limitò a corrugare la fronte.

- Aveva il forziere con la Bussola con sé – aggiunse Joshamee, titubante.

- Ecco perché mi preme che ritorni – grugnì Teague. E non diceva esattamente il vero.

Jack li osservava con malcelata curiosità: - Da chi stavate scappando?

- Abbiamo combattuto contro i contrabbandieri locali – glissò suo padre, incerto se rivelare o meno la presenza della nave nera.

- E vi hanno seguiti fin qui? – insistette il bambino. Gli occhi scuri rivelavano una volta di più quanto fosse acuto.

Fu Jones a prendere la parola. Stava mormorando qualcosa a Tia Dalma, ai piedi del cassero, e non sembrava intenzionato ad allontanarsi da lei. Eppure alzò subito la testa, alla pedante domanda del piccolo Sparrow, le labbra increspate in un’espressione seria.

- I nostri inseguitori sono ormeggiati sulla costa orientale – spiegò alla ciurma – E lui vuole la Bussola.

- Lui?

- Greedy Dalma – sillabò Calypso con voce roca.

Si diffuse una sorta di panico, in coperta. Qualcuno si precipitò ad afferrare le drizze, qualcuno prese ad arrampicarsi sui sartiami come preda di una frenesia incontrollabile. Non c’era uomo, tra loro, che non temesse il nome dell’Avido, e il saperlo a poche miglia di distanza era un’immagine che non piaceva affatto.

Al parapetto, Maeve non si muoveva. Scrutava il mare calmo che si andava ombreggiando e aveva i palmi delle mani coperti di stille di sudore gelato. Perché non arrivava, perché? Si dette dell’idiota per non aver ucciso il ragazzo che l’aveva sorpresa nella sala del tiglio, quello che aveva dato l’allarme ai briganti greci; si dette dell’idiota per averci messo troppo nell’estrarre lo scrigno dall’albero. Avrebbero potuto filarsela, se gli occupanti della vecchia magione non li avessero smascherati e trattenuti lottando, e non sarebbero stati raggiunti dagli scagnozzi del loro nemico, e non sarebbero stati costretti a dividersi.

Così, Hector sarebbe rimasto con loro. E lei non si sarebbe sentita tanto inquieta, né tanto debole.

- Cosa diavolo credete di fare? Fermatevi! – abbaiò Teague. L’equipaggio si bloccò di colpo: - Non ce ne andremo senza il bottino, né tantomeno senza un capitano. Piantatela di pisciarvi sotto, pusillanimi, e restate in attesa di ordini. Sono stato chiaro?

Gli interpellati mollarono le cime e tornarono sul ponte, imbarazzati e contriti, irritati dal loro stesso spavento.

Il sole tremolava al di sopra della linea dell’orizzonte, ormai pronto a tuffarvisi dentro, disco enorme ed aranciato nel cielo in cui l’azzurro cupo scivolava nel verde pallido, nel violaceo, in una striscia di rosa e in un tripudio dorato che accecava. Le onde pigre schiaffeggiavano lo scafo del veliero, ed ogni cosa stava assumendo le tinte soffuse e dolci del tramonto. Eppure il silenzio regnava a bordo, e quella luce pareva avere un che di sanguigno.

D’un tratto, finalmente, Jackie sgranò gli occhi, emise un suono strozzato e si precipitò di nuovo sul castello di poppa.

- C’è un tizio in acqua! – esclamò sbracciandosi.

La giovane Gibbs fu la più rapida a raggiungerlo alla battagliola, il cuore in gola, e in men che non si dica anche i due comandanti, Tia Dalma e la maggioranza dell’equipaggio furono loro intorno, spintonando e sgomitando per vedere meglio. Ed effettivamente una figura si stava avvicinando a nuoto alla Scarlatta, avanzando tra i flutti con movenze vigorose nonostante avesse un oggetto tra le dita della mano destra: i raggi calanti mettevano in risalto l’espressione trionfante e quasi divertita del viso di Hector Barbossa, incorniciato da ciocche di capelli bagnati, lo sguardo acceso.

Maeve avvertì le proprie labbra distendersi in un sorriso, suo malgrado. Gli altri esultarono, e Barrett gli lanciò una corda.

- Che io sia dannato se non ci hai fatti stare in pensiero, idiota! – lo apostrofò ridendo Sparrow, una volta che il biondo si fu issato sul cassero.

- Io o la Bussola? – replicò Hector, ammiccante e grondante da capo a piedi. Fece oscillare in aria il piccolo forziere.

Teague parve soddisfatto della risposta: - Tu con la Bussola. Ottimo lavoro, compare.

- Complimentati con la Lince, piuttosto. È stata lei a tirare fuori dal tronco quest’aggeggio – disse Barbossa, piegando il capo verso la ragazza, la quale gli stava ronzando intorno e non si decideva a posargli sulle spalle la propria giacca.

Ci fu un mormorìo d’approvazione, cenni di assenso dedicati a lei che, per contro, si concentrò sul ciuffo che le pendeva davanti agli occhi:

- Sì, e se non mi fossi fatta beccare non avremmo avuto problemi – rammentò, asciutta.

- Ci avrei scommesso che ti avrebbero beccata, Lince – rise Hector – Ecco perché penso che tu sia stata comunque abilissima.

- Fottiti, capitano – proruppe Maeve, buttandogli l’indumento addosso. Tuttavia la sua voce non era irata.

La ciurma scoppiò in una grassa risata collettiva, e tutti si mossero per seguire i capitani, scendendo dal castello di poppa con facce incuriosite e dimentiche dello spavento precedente. Davy entrò nel quadrato e ne uscì recando la vecchia, ingombrante chiave consegnata loro dal vecchio Pat. Nessuno parlò, mentre i tre uomini armeggiavano con la rugginosa serratura dello scrigno e ne sollevavano cauti il coperchio: se la Bussola non ci fosse stata, se l’intero viaggio e la messa a repentaglio delle loro vite si fossero rivelate inutili non avrebbero davvero saputo che pesci prendere.

O, peggio ancora, né Barbossa, né Teague, né il rosso avrebbero potuto prevedere le reazioni dell’equipaggio, deluso e scontento. Erano perfettamente consci della facilità con cui i marinai sarebbero stati capaci di toglierli di mezzo, destituirli e sostituirli in blocco. Era così che funzionava.

Ma non accadde niente del genere. Ciò che il biondo estrasse dal forziere era un oggetto squadrato, un contenitore di legno dipinto di scuro e oro con una cupoletta sulla sommità, grande abbastanza da coprire interamente il palmo della mano di Hector; e nell’aprirlo si mostrò agli astanti un elaborato quadrante munito di una sottile freccia che ruotava e vibrava senza posa, come confusa dalla luce che per decenni le era mancata e, forse, dall’altissima concentrazione di desideri e brame che empivano il ponte affollato. A qualcuno sfuggì un basso fischio di meraviglia.

A Jackie brillavano gli occhi, e aveva le guance arrossate. Quell’oggetto era maledettamente attraente.

- Signori. La missione è compiuta! – decretò il moro, e afferrò la Bussola di Morgan, alzandola.

- Hooray per i nostri comandanti! – gli fece eco il giovane Turner, lanciando in aria il cappello.

- Hooray! Hooray! – ripeterono i pirati, e tricorni e copricapi d’ogni foggia e colore danzarono nel cielo imbrunito.

Jones sorrideva, più distaccato, e osservava compiaciuto i festeggiamenti che si andavano propagando da un capo all’altro della Scarlatta, gli uomini che applaudivano e facevano a gara per ammirare la Bussola da vicino, pronti ad una notte di baldoria in onore del successo. Hector e Teague stavano al centro di quella allegra confusione, ricevendo di buon grado pacche sulla schiena e qualche boccale di rum che già circolava in coperta, elargendo strette di mano e sottolineando l’importanza delle gesta compiute da chi li aveva accompagnati a terra: Joshamee e Bill si beavano dei complimenti, gonfiando il petto, al contrario di Wyvern e Barrett che erano abituati a tali manifestazioni entusiastiche e meritate; la Lince, invece, se ne restava più in disparte, regalando rari sorrisi a chi la circondava e non smettendo un solo istante di guardare Barbossa, che si era effettivamente sistemato la sua giacca sulle spalle.

Poi Davy avvertì dietro di sé il profumo e il calore di Tia Dalma: - Mio capitano – disse lei.

Lui allungò un braccio per toccarla: - È andata come speravamo.

- No. È andata come tu speravi, Davy Jones. La Bussola avete, adesso. Non la userai, dunque?

Il rosso si girò: - Sai che lo farò. Credevo che ciò ti fosse chiaro – rispose.

La donna abbassò le lunghe ciglia, intrecciando le dita con le sue: - Lo è. Per questo vorrei poterti dissuadere.

- Ancora una volta?

- Ancora una volta – ripetè Calypso in un soffio secco – Rinuncia, Davy Jones, rinuncia.

L’uomo l’attirò a sé, serio: - Tuo padre ci sta alle costole e vuole la Bussola. Quale pensi che sia il suo obbiettivo?

- Detto non è che sia lo stesso tuo – ribattè Tia Dalma mordendosi il labbro inferiore.

- Ma se lo fosse? – incalzò Davy – Se lo fosse… non preferiresti vedere quella nave sotto il mio comando?

La dea si sciolse con decisione dall’abbraccio e lo squadrò con durezza, tormentandosi la stoffa della gonna:

- Preferirei ch’egli mai ci raggiungesse e che tu desistessi, mio capitano.

E così dicendo se ne andò, sparendo oltre la porta del salone di poppa. Jones ne scorse la sagoma passeggiare irrequieta su e giù, offuscata dai vetri, e infine sedersi con un vago atteggiamento esasperato. Il comandante sospirò, passandosi entrambe le mani tra i capelli scarlatti. Tia Dalma non avrebbe mai compreso. Lui medesimo faticava a dare un senso alla propria ossessione per l’Olandese Volante, eppure non si sforzava di scacciarla. La Bussola lo avrebbe condotto fino ad esso, e una volta trovato avrebbe anche affrontato le conseguenze del suo gesto, le conseguenze contro cui Calypso non mancava di metterlo in guardia. Ci avrebbe pensato al momento opportuno. Ora come ora, l’importante era non permettere all’Avido di vanificare quei piani.

- Miei compagni capitani – chiamò a gran voce, distogliendo i due colleghi da piacevoli conversazioni.

Hector e il moro Sparrow gli prestarono subito attenzione: - Vieni a prenderti la tua parte di merito, compare!

- Non c’è tempo – li redarguì il rosso – Propongo di andarcene di qui immediatamente, col favore del crepuscolo.

- Hai paura di un attacco di Greedy? – interloquì Teague.

- Gradirei prendere le dovute precauzioni. Non vorrei ritrovarmelo in cabina.

Barbossa inarcò un sopracciglio: - Non hai torto. Ordina di sbrogliare le vele, allora – convenne.

Davy annuì e iniziò a gridare direttive alla ciurma, e frattanto che si cazzavano le drizze e che le vele porpora si gonfiavano della brezza della sera, il crocchio di gente che fino ad allora aveva occupato il ponte si disperse; Teague raggiunse il figlio sotto coperta, esausto ed estremamente desideroso di regalarsi un minimo di riposo.

Hector, dal canto suo, che aveva scorto Maeve arrampicarsi in fretta sulle sartìe di gabbia, ne seguì il percorso con estrema calma, gustandosi il vento crescente man mano che saliva e la sensazione di freddo degli abiti umidi sulla pelle – e immaginando di far trasalire la ragazza di sorpresa.

La giovane Gibbs si era rifugiata nel suo solito, esiguo spazio tra mare e cielo nel tentativo di riprendersi dall’ondata di emozioni contrastanti che l’avevano assalita nelle ultime ore. La tensione del combattimento, il timore per un non-ritorno di Barbossa, la contentezza nell’appurare che se l’era cavata splendidamente: un miscuglio di cose che le avevano procurato un’accelerazione non indifferente al ritmo cardiaco e una spossatezza che le aveva reso pesanti ed indolenti mente e membra, al punto da essersi accasciata sul pavimento della coffa con ogni intenzione di rimanerci.

- Si batte la fiacca, Lince?

La voce di Hector a poca distanza dal suo orecchio sinistro la fece sobbalzare: - No! – ululò con uno scatto.

Il biondo sghignazzò, scavalcando il basso parapetto e sedendolesi accanto: - Hai tutto il diritto di oziare, bimba.

Maeve fece una smorfia e roteò le pupille per imitarlo: - Onorata della concessione – commentò.

- Sono venuto a restituirti la giacca – proseguì l’uomo, mettendogliela sulla testa – Un po’ striminzita per i miei gusti.

- Scusami tanto se sono la metà di te – cantilenò lei. La indossò di nuovo, riconoscendovi l’odore di lui, e si strinse nelle spalle.

Barbossa le tirò appena una ciocca di capelli, come aveva fatto durante la tappa in aperto oceano, e per una manciata di minuti se ne rimasero così, zitti e fermi, ad ascoltare il rumore delle onde solcate dalla Scarlatta e dei velàmi che flottavano nell’aria serale. La ragazza non osava muoversi, non sapendo se rispondere in una qualche maniera ai gesti di Hector o se buttarla sul ridere, oppure se fingersi infastidita dall’eccessiva confidenza – una vera idiozia, dacchè si erano baciati. Ma non riusciva nemmeno a ragionare con autentica lucidità: erano incastrati assieme entro il diametro non esattamente vasto della coffa, nella penombra che scivolava nel buio, con il respiro tranquillo del biondo comandante a solleticarle la nuca. Rabbrividì di piacere.

- Credi che quel bastardo di Dalma ci inseguirà? – se ne uscì per spezzare la propria tensione.

- Sarà furioso e umiliato per lo smacco – rispose lui con leggerezza – Non ci darà pace finchè non avrà la Bussola.

Maeve gli scoccò un’occhiata in tralice: - E contempli tale visione senza preoccuparti?

- Me ne preoccuperò quando e se ci verrà addosso a cannoni spianati.

- Sei assurdo – borbottò la vedetta, pur non essendo granchè diversa.

- Grazie, Lince – rise Barbossa, e si sollevò sulle ginocchia – Ti abbandono al tuo compito. Ho un’accogliente cuccetta che mi reclama.

La giovane Gibbs fece una smorfia: - Accidenti a te.

Hector le si chinò sopra e, rapido, le stampò un bacio a piene labbra sulla bocca. Poi si calò giù dall’albero maestro senza permetterle di reagire, e Maeve se ne restò con la schiena appoggiata al pennone a guardare le stelle che iniziavano a bucare il soffitto celeste.

 

 

Per circa quattro giorni la Scarlatta solcò le acque dell’Egeo e del Mediterraneo del sud senza avvistare, sulla sua scia, sagome di navi che potessero essere quella dell’Avido. O almeno, questo pareva alla ragazza, che dalla coffa scrutava la foschia all’orizzonte; era però impossibile sperare che il galeone nero avesse rinunciato a tallonarli o che non ci avesse neppure provato. E poiché loro pescavano molto, avendo le stive ancora gonfie del bottino conquistato durante la traversata atlantica, non potevano veleggiare rapidi quanto avrebbero invece voluto.

Venne proposto di fare tappa nel primo porto importante che avessero incontrato lungo la rotta, in modo da scambiare merci e preziosi in denaro sonante e disfarsi così di buona parte del carico – acquistando contemporaneamente ciò che poteva servire più avanti. Non era un’idea cattiva né infattibile, ma Davy fu irremovibile: gli scali più vicini erano quelli italiani, e non sapeva come le genti del posto avrebbero reagito alla loro presenza. Era meglio attendere e ripiegare su mercati più sicuri e dunque mal frequentati, il che significava non fermarsi fino alle coste spagnole o del nord Africa. Quando Teague gli fece notare che era rischioso proseguire in quel modo, il rosso replicò che i pericoli non sarebbero mancati comunque, e non aveva torto.

La ciurma scalpitava, tornata preda del nervosismo che li aveva accompagnati attraverso l’Oceano, e più di una volta i tre capitani pensarono seriamente che gli uomini si sarebbero ammutinati, che li avrebbero buttati in pasto agli squali assieme a chi li avesse sostenuti e che avrebbero infine consegnato con umile sottomissione la Bussola a Dalma, pur di salvarsi la pellaccia e liberarsi da quella minaccia incombente. E li avrebbero quasi capiti.

Comunque, nessuno dette segno di voler mettere in pratica una ribellione a bordo. Fu poi con una forma di dolorosa rassegnazione che, al sorgere del quinto giorno, udirono Maeve urlare qualcosa dall’alto, e non ebbero bisogno di domandarsi quale fosse la novità: il vascello dalle vele scure era sulla loro scia, silenzioso nella sua minaccia incombente, e guadagnava terreno ad ogni nodo. Li aveva raggiunti con estrema facilità.

- Gabbie ai bracci, signor Wyvern! – ordinò Davy dal cassero, e il nostromo non perse tempo a passare parola al gabbiere.

- Spiegate tutte le vele il più possibile! – aggiunse Hector battendo un piede sul legno del ponte.

Josh e Bill si erano intanto affacciati alla murata, pistole già in pugno, e non staccavano lo sguardo dalla sagoma a dritta di poppa.

- Possiamo ancora seminarli, no? – azzardò il giovane Gibbs con forzato ottimismo.

L’altro gli dedicò un ghigno di pura compassione: - Con il vento a favore di entrambi e lo scafo appesantito? Oh, certo.

- Saggia osservazione, Turner – s’intromise Teague, accigliato, fermandosi accanto a loro.

- E allora cosa c’inventiamo, capitano? – chiese Joshamee. Gli seccava che Barbetta avesse fatto bella figura.

- Volate ai posti di combattimento – disse il biondo, che li aveva appena raggiunti – Caricheremo i cannoni su entrambi i lati, aspettando di vedere da quale parte ci abborderà. Procuratevi quante più armi potete e non osate prendere iniziative senza permesso. Forza, scattare!

I due ragazzi non se lo fecero ripetere e si precipitarono a comunicare l’ordine ai compagni, e in men che non si dica da poppa a prua fu tutto un vociare e un passamano frenetico di polvere da sparo e palle e micce; Maeve scese dall’albero maestro, pur sapendo che avrebbe potuto evitarselo e scampare così lo scontro imminente. Ma non se lo sarebbe mai permesso. Avevano tutti sudato per quella maledetta bussola: Dalma e i suoi avrebbero dovuto sudare per portarsela via.

Nel frattempo, la donna dalla pelle di cannella era scomparsa e Jack era stato confinato sottocoperta, nella piccola cabina di suo padre, assieme alla Bussola stessa. Era pericoloso e azzardato, forse, porre il bambino a guardia di essa, eppure nessuno, lì per lì, contrastò la decisione del moro Sparrow. Erano impegnati a stringere i denti, costringendosi a non farsela addosso alla vista della possente nave nera che avanzava nel chiarore perlaceo del mattino. Erano pirati, gente rude, canaglie, fuorilegge che amavano tanto le razzie quanto i festini e capaci di uccidere col sorriso sulle labbra, e tuttavia non potevano nemmeno lontanamente paragonarsi a Greedy Dalma e alla sua ciurma di diavoli – quei diavoli che adesso avevano affiancato la Scarlatta e che si spenzolavano dalle sartìe brandendo sciabole e mazze e colmando l’aria con il coro infernale della vanteria. Davy serrò i pugni sul timone.

- Pronti ai cannoni! – urlò Hector sguainando la spada.

- Fuoco! – gli fece eco Teague con tutto il fiato che aveva in corpo.

L’effetto sorpresa sortì i suoi risultati: presi com’erano dalla propria entrata in scena, i loro avversari vennero investiti in pieno dalla prima raffica di bordate, e almeno una decina caddero in acqua o all’indietro, dilaniati dall’impatto. La vanteria tacque, e mentre l’equipaggio dei tre comandanti preparava il secondo attacco una scarica di ferro e fuoco partì dal galeone scuro, restituendo lo smacco colpo su colpo. Ogni cosa allora divenne fumo e scintille, e schegge di legno che schizzavano ovunque, e strepiti di uomini feriti e sbalzati oltre i parapetti; un paio di palle stracciarono le vele di mezzana, e una pioggia di trucioli e brandelli di stoffa color porpora finì sulla testa castana di Maeve, la quale, odiando profondamente le cannonate, attendeva al riparo l’inizio dell’arrembaggio.

D’improvviso si udì il raschiare secco dei rampini che artigliavano il legno, e i due galeoni cozzarono tra loro, gli scafi che strusciavano e i pennoni scossi dalle vibrazioni. I filibustieri dell’Avido si lanciarono sulla preda ululando e ridendo sguaiatamente, ma gli uomini della Scarlatta non avevano niente da invidiare a chicchessia, in materia d’abbordaggi: con la lame roteanti e gli indici pronti sui grilletti, falciarono in un paio di minuti un cospicuo numero di nemici, e a quel punto pure i capitani, i due fratelli Gibbs, il giovane Turner e il resto di coloro che non erano addetti alle bordate si unirono ai compagni con un impressionante ruggito.

Di nuovo, per la seconda volta in pochi giorni, tutto si fece battaglia. L’aria era satura di fumo e di odori forti, e persino il vivido cielo azzurro pareva scomparso in quella foschia artificiale di polvere da sparo. Ciascuno combatteva senza far caso a ciò che gli accadeva attorno, senza preoccuparsi di sapere se l’ennesimo corpo caduto vicino a lui era di un amico o di un rivale, conscio unicamente dell’elsa e del cane nelle sue mani sudate, magari lottando al contempo contro la paura medesima, la paura di morire. E c’era chi, invece, nel menare fendenti e nello schivarne, si sentiva più vivo che mai – Hector, ad esempio.

Maeve faceva del suo meglio, nella mischia. Era più sicura di sé, rispetto a quando aveva fronteggiato i contrabbandieri nella stanza del tiglio, e di tanto in tanto avrebbe potuto giurare di essersi sentita nascere un piccolo ghigno di soddisfazione sul viso. Sembrava che le cose non si stessero mettendo affatto male per lei e gli altri, almeno a giudicare dalla maggioranza di facce sconosciute riverse a terra, e nessuno era sceso sottocoperta per cercare la Bussola.

Fu quindi con un notevole stupore che avvertì un bruciore pungente all’altezza della spalla sinistra, appena sopra il cuore martellante, mentre le voci cambiavano timbro e si facevano più allarmate, rabbiose. La ragazza abbassò gli occhi: farsetto e camicia erano bucati, e del sangue denso stava cominciando a impregnarne i tessuti. Con un conato di vomito totalmente incontrollato, Maeve si appoggiò alla murata, le gambe divenute d’un tratto debolissime. Qualcuno le aveva sparato a tradimento, e lei non si era accorta di nulla, nulla. Le si era informicolito il braccio, e i suoi movimenti erano pesanti.

Con le pupille appannate gettò uno sguardo ai piedi del cassero, laddove si concentrava lo scontro. E scorse un uomo massiccio, slanciato, con la pelle color cioccolata e un fazzoletto turchese legato sul capo, che indossava abiti privi di fronzoli ma che possedeva il portamento di chi è avvezzo a comandare; era bello, e per un attimo quel volto scolpito e altero le ricordò qualcuno. Greedy Dalma era salito sulla Scarlatta.

- Portatemi quella bussola, cani! – urlò questi in direzione della sua ciurma.

Il rosso Jones gli si parò davanti, deciso a non farlo avanzare di un passo sul ponte. Non ebbe però il tempo di incrociare la sciabola con lui: un’imprecazione uscita dalla bocca di Teague sovrastò per intero il frastuono, prima che esso si affievolisse e cedesse spazio ad un attonito brusìo.

Le teste di tutti si voltarono in direzione della prua, compresa quella di Maeve che, ormai, si era accovacciata sulle assi e cercava invano di comprimere l’emorragia a mani nude – si voltarono e non credettero a quel che videro.

Sgattaiolato fuori dal boccaporto nel momento culminante dell’arrembaggio, nessuno aveva prestato attenzione a Jack Sparrow, mingherlino e agile com’era. E adesso se ne stava ritto a gambe divaricate alla punta estrema della nave, con un pugno alzato e qualcosa tra le dita. Fissava l’Avido e tremava da capo a piedi, e tuttavia riuscì a gridare, con il suo spudorato tono di bambino impertinente:

- Cercavi questa, vecchio?

Con sé aveva la Bussola.

 

 

 

 

eighth tale : end

 

 

 

piccole note (volendo trascurabili):

giusto in tempo per Natale, come avevo pianificato, sono riuscita a pubblicare questo capitolo!

Tutt’altro che facile, come e forse più del precedente, perché più la storia prosegue e più cose al fuoco ci saranno,

e per me non sarà una passeggiata scrivere facendo combaciare ogni singolo pezzo… ma è il motivo per cui adoro farlo.

Oh sì, amo le sfide, me mateys.

Jackie è tornato alla ribalta in una maniera non esattamente felice, con tutte le buone intenzioni di dare una mano.

Nel prossimo capitolo si vedranno altre scintille – e non solo di genere bellico…

Siccome a questo giro non ho, purtroppo, disegni nuovi da mostrarvi, passo subito ai ringraziamenti:

 alle compari Laura, Acchan e Peeves, alla collega Kairi, a Sesshy, a messer Felio,

alle Sis del forum, alla mia Sparriku la cui recensione è andata perduta durante i lavori al sito

e a tutti coloro che hanno letto senza lasciare recensioni. Ahrrrr, mantenete la rotta!

Passate delle buone vacanze e… have a pirate Christmas.

Alla prossima, dunque, se vorrete essere inclini ad ottemperare alla mia richiesta  Black ~

 

 

 

  
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