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Autore: _Frency_    05/06/2013    1 recensioni
Dal testo:
[...] Lei, la ragazza senza nome dallo sguardo assente, aveva dei meravigliosi occhi verdi speranza. Una speranza così forte e disarmante da palesarsi in tutta la sua meraviglia. E tutta la speranza che celava in fondo a quegli specchi smeraldini sembrava aver abbandonato il suo corpo, per andare a rifugiarsi solamente nei suoi occhi. [...]
Lei si chiama Nesta. Come il secondo nome del famoso Bob Marley. Non è nessuno e non cerca di diventare qualcuno. Agli occhi di molti è senza età, e ad altrettante tante persone appare molto più trasandata e provata dei suoi coetanei. Ha una famiglia numerosa, ma non ha genitori. Anzi sì, ci sono, però sono lontani. O forse è lei ad essere distante da loro. Patita del reggae, è una fumatrice incallita e odia ballare. Non è bella, almeno non a prima vista: è strana.
Quando i Tokio Hotel al gran completo fanno la sua conoscenza, è un caso: Bill e Nesta sono ricoverati nello stesso ospedale, ma per motivi ben differenti. Nesta non ha paura della morte, ma non per questo si definisce coraggiosa, no. Lei si definisce incosciente. Quando la sua vita si ritrova legata a quella di "quattro mocciosi ricchi sfondati" come li definisce lei, non è felice. Affatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
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Capitolo 9: Trust Me.

§


Bill aveva osservato tutta la scena, e in quel momento detestò essere così indissolubilmente legato a suo fratello. Odiò capire così bene ciò che provava, si nauseò per la sua incapacità di potere fare qualcosa nonostante capisse, provasse le stesse emozioni che il fratello provava. Era stato un susseguirsi di smorfie ed espressioni che mutavano ad ogni parola di quei due sconosciuti. Aveva visto Tom assonnato che faceva accomodare quegli inusuali ospiti sul loro divano, lo aveva visto sprofondare tra i cuscini a sua volta, mentre gli invitava a parlare con un timore così poco accennato – ma presente – da risultare invisibile agli occhi di chiunque. Se non hai suoi, lo sguardo color caramello a cui niente sfuggiva. Poi, Bill avrebbe voluto solamente correre tra le braccia del fratello, stringerlo al suo petto ossuto e dirgli che sarebbe andato tutto bene, che avrebbero trovato un rimedio a tutto. Insieme, sarebbero venuti fuori anche da quella storia. Invece, si era imposto contegno: era rimasto pietrificato al suo posto, difronte al divano, mentre lottava con tutto sé stesso per mantenere le membra ferme. Tom, invece, aveva combattuto inutilmente quella battaglia già persa in partenza. Però Bill lo ammirò ugualmente, nonostante vide i suoi lineamenti indurirsi, rendendo il suo viso una maschera grottesca, mentre gli occhi trattenevano le lacrime che lui sapeva bruciargli la pelle.
Solo i due ospiti sembravano non rendersi conto di quel piccolo caos di emozioni celato dai due gemelli, momentaneamente scossi da una tempesta interiore che condividevano appieno. Perciò avevano continuato a parlare sommessamente, senza tradire nessuna emozione.

-Non è la prima volta che succede. Speravamo solamente che questa volta fosse venuta a cercare riparo qui- stava dicendo la ragazza mora, che si era presentata loro come Jacqueline.

-Scusa se interrompo, ma come avete fatto a trovare casa nostra?- domandò Bill, che certo non desiderava che altre mandrie di ragazzi, o più probabilmente ragazze e fans, venissero a disturbarli.

-Ci abbiamo messo un po’, ma Nesta ci aveva accennato del suo “ricovero” da parte di un gruppo di ragazzi gentili, che abitavano vicino al parco. So che posti frequenta mia sorella, e quello era una delle sue mete preferite- rispose Chris.

-Sentite, ma io, noi, non possiamo fare nulla. Ci dispiace, davvero, ma non abbiamo i mezzi necessari per trovare vostra sorella- fece spiccio Bill, odiandosi nel vedere quell’ombra di preoccupazione e tristezza segnare il volto del gemello.

Tom, ti prego, guarda in faccia la realtà: non possiamo fare nulla.


La macchina bianca di Tom sfrecciava veloce sull’asfalto nero solo un quarto d’ora dopo. Erano state inutili le proteste di Bill, il suo continuo “Noi non possiamo fare niente per lei”. Dopo che avevano congedato con un sorriso forzato i due fratelli, si era messo le chiavi della macchina in tasca e il cappellino in testa. Il ragazzo volse leggermente il capo verso la sua destra: la chioma di suo fratello era sparpagliata sul cuscino, e Bill sonnecchiava tranquillamente. Tom non poté fare a meno di sentirsi felice, in fondo. Suo fratello, dopotutto, l’aveva seguito in quella follia anche quella volta.
Il ragazzo non aveva un’idea precisa dove incominciare a cercare Nesta, ma era certo che prima o poi avrebbe ritrovato la ragazza: non importava quanto ci avrebbe messo.

- Ompf… Umm…- una serie di mugolii comunicarono al ragazzo che il fratello aveva appena abbandonato il mondo dei sogni.

Merda.

-Haw, Tomi, ma da quanto siamo in macchina? Che ore sono?-

Appunto.

-Sono quasi le due e mezza di mattina, e siamo in macchina da una quindicina di minuti- rispose paziente il ragazzo, senza distogliere gli occhi dalla strada. Aveva bisogno di un indizio, qualsiasi qualcosa…

-Fermiamoci un attimo, devo assolutamente sgranchirmi le gambe!- fece Bill stiracchiando le lunghe braccia.

Grandioso.

Il primo bar che decisero poteva fare al caso loro era piuttosto piccolo e dismesso. L’insegna luminosa era per metà spenta, e il tendone color crema doveva aver visto giorni migliori. All’interno non c’era quasi nessuno, se non una giovane ragazza dietro il bancone e un paio di uomini di mezza età dal volto pallido e lo sguardo spento. Tom alzò istintivamente il cappuccio della felpa sul capo, stringendosi nelle spalle.

-Ne approfitto e chiedo se per caso è passata di qui una ragazza che possa anche solo lontanamente somigliare a Nesta- bisbigliò Tom all’orecchio del gemello.

Quest’ultimo scrollò le spalle, senza mostrare grande interesse. Infilò le mani in tasca, sbirciando dalla vetrata del locale l’oscurità che andava lentamente incontro alla luce, nella vastità del cielo punteggiato di stelle luminose. Sorrise, nonostante tutto anche lui sperava che prima o poi suo fratello ritrovasse quella ragazza così strana e decisamente imprevedibile. Lo distolse dai suoi pensieri la mano del fratello che si posava leggera sulla sua spalla ossuta, facendogli cenno di uscire fuori. L’espressione del ragazzo valeva più di mille parole, e il sorriso speranzoso sulle labbra del cantante sfumò via, veloce come era comparso.

Da quella notte erano passati tre giorni, e a nulla erano valsi i vari tentativi di soccorso in  cui i due gemelli si erano cimentati. Ne avevano parlato con Georg e Gustav, ma nemmeno loro avevano potuto fare molto. Il fratello e la sorella di Nesta non erano più tornati a fare loro visita, e a tutti cominciava a stare stretta quella situazione di tensione.
Quando il campanello aveva suonato, fastidioso come mai, Bill era andato ad aprire svogliato, pensando al fratello che aveva dimenticato le chiavi in casa, o a Georg e Gustav che erano andati a trovarlo e non avevano avuto il tempo di avvisare in tempo. Pensava ad una visita normale da parte di un conoscente normale. Si sbagliava.

Era forse il primo giorno di pioggia violenta da quando era iniziata l’estate. Non le usuali goccioline delicate che cadono verso l’inizio di luglio, no, era un vero e proprio acquazzone estivo, di quelli che lasciano nell’aria la tanto agognata frescura. Lei sembrava sempre più uno strano pulcino inzuppato fino alle ossa, con quei rasta incollati al volto come tanti serpentelli e gli occhi grandi sgranati. Sorrideva stentatamente, e Bill poté chiaramente distinguere, sotto quel sorriso timido, una smorfia di dolore. Aveva abbozzato un saluto, poi gli era praticamente crollata tra le braccia a peso morto. Fortunatamente, era difficile stabilire chi tra i due fosse più mingherlino. La pelle di Nesta era fredda e calda al tempo stesso: ogni volta che le sfiorava le mani o le braccia nude sentiva uno strano calore avvolgerlo, che contrastava con la freddezza che il suo corpo emanava. Ed era profumata: vento, pioggia, nicotina.
Il ragazzo l’aveva sorretta e condotta in salotto, dove l’aveva fatta sedere con delicatezza, lasciando che si accoccolasse tra i cuscini. Lei socchiuse gli occhi, esalando un sospiro lieve.

-Grazie- bisbigliò, prima di cadere addormentata.

Tom quando aveva rimesso piede in casa quasi non aveva creduto ai suoi occhi. Batté le palpebre un paio di volte, sgranando gli occhi, come per volersi accertare che lei fosse veramente lì. Scalza, sdraiata sul suo divano. Salva. Sentì il braccio di Bill circondargli le spalle, mentre gli sorrideva sereno e ammiccante.

-Vi lascio soli. Penso abbiate parecchio da dirvi- fece, con nonchalance. Tom, per una volta, ringraziò l’intuito del gemello.

Si sedette sul pavimento, vicino al divano, in modo da avere il volto all’altezza di quello di Nesta. Infatti, la prima cosa che lei vide quando si risvegliò furono proprio le iridi calde di Tom. Non se li ricordava così belli i suoi occhi, anzi, per un certo lasso di tempo nemmeno gli rammentava. Vedeva solo nero, dappertutto, poi i colori comparivano a macchie sfocate e le inondavano la mente, e questa riportava alla luce ricordi passati. La sua testa diveniva teatrino di una storia dove passato, presente e futuro non c’erano. Erano tutt’uno, e lei viveva l’attimo.

-Come stai?- domandò il ragazzo. Appena le parole lasciarono le sue labbra, però, si pentì di quella domanda così inutile.

-Bene Rastaman, sto bene adesso- rispose lei, mentre un altro sorrisino le increspava le labbra.

Sei bella quando sorridi.

Tom glielo avrebbe voluto dire, avrebbe desiderato ripeterglielo fino allo sfinimento. Eppure, non poteva. Se fosse stata una delle tante ragazza glielo avrebbe confessato senza problemi, ma lei… lei era Nesta. E non poteva permettersi passi falsi proprio adesso, ora che era così vicino a lei, e non solo fisicamente.

-Dai, Rastaman, chiedi quello che vuoi- biascicò, allungando una mano per scostargli dal viso un ciuffo di capelli sfuggito all’elastico. Tom si beò della carezza della sua mano fresca, esitando un istante prima di porle quella domanda che tanto gli premeva sul cuore.

-Perché?- soffiò il ragazzo ad un nonnulla dalle labbra della ragazza.

-Perché no? Dopotutto, non ho più niente da perdere- sibilò lei.

-Ti sbagli- ribatté Tom, anche se ormai faceva fatica a formulare frasi di senso compiuto, poiché la sua mente riusciva a focalizzare solo lei, con i suoi occhi smeraldini, le labbra piene e screpolate, la pelle profumata di aria e la voce arrochita dal tempo passato sotto la pioggia fredda.

-Hai tua sorella- continuò, sfiorandole la guancia con le nocche della mano.

-E tuo fratello- aggiunse, continuando quella lieve carezza.

Come fai a saperlo?

Nemmeno riuscì a pronunciare quell’insulsa domanda, perché ciò che affermò in seguito il ragazzo la lasciò totalmente spiazzata.

-Hai me-

Tom cercò gli occhi della ragazza, per scovarvi la benché minima reazione alle sue parole. E scorse un bagliore si sorpresa, stupore e gioia nei suoi occhi. Che fosse vera e propria felicità non ne era proprio sicuro, ma volle convincersi che sì, lei era contenta che lui le avesse detto quelle due semplici parole.

-E con ciò? Che cosa ti dice che me ne importi qualcosa di averti con me?- sbottò, sdraiandosi sulla pancia e incrociando le braccia sotto il seno, per poi sporgersi leggermente verso di lui. Il ragazzo sorrise: era una sfida ogni volta, con quella maledetta rompiscatole.

-Fidati- sussurrò direttamente sulle sue labbra, prima di sfiorarle leggermente con le proprie.

Pesca. Velluto.

Ecco come erano le labbra di Nesta: morbide come il velluto e dolci, proprio come il frutto estivo. E il suo respiro caldo sulla pelle era una delle cose più belle del mondo, faceva sentire protetti e al sicuro.

Droga. Musica. Metallo.


Sorrise quando la pelle calda delle sue labbra venne a contatto con il metallo freddo del piercing del ragazzo.

Non si sentiva così bene dall’ultima volta che aveva appoggiato la siringa. Baciare Tom era un po’ la stessa cosa: stava così dannatamente bene che, se avesse potuto, non avrebbe mai smesso. Era una droga e avrebbe creato dipendenza, ne era certa. Baciare Tom la faceva sentire libera, ad ogni lieve carezza sentiva il cuore più leggero e la mente libera da ogni pensiero. E il suo, di cuore, che sentiva battere veloce sotto la propria mano poggiata sul petto del ragazzo – come era finita lì la sua mano? Perché non se ne era accorta? – era come musica. Potente, vigorosa. Soprattutto, era una melodia che avrebbe anche potuto ascoltare per sempre







My Space:

Eccomi!

Scusate il ritardo, ma trovarsi un ritaglio di tempo è sempre più difficile. Ad ogni modo, non perdo tempo in chiacchiere.

Allora, diciamocelo... FINALMENTE! ;)

Che dite, era ora che i nostri due protagonisti si lasciassero un po' andare, sì o no?  Come avete notato Nesta mantiene sempre, nonostante tutto, il suo atteggiamento di costante sfida, poichè le è difficile fidarsi. Sarà riuscito Tom, con le sue parole, ha fare breccia nel suo cuore? Nel prossimo capitolo si farà chirezza anche su questo. 
Tranquilli, non temete che arriveranno anche tutte le spiegazioni necessarie per la "fuga" di Nesta.

Ne approfitto per ringraziare ancora mille volte everlastingbeing per le meravigliose recensioni! <3

Grazie a tutti per il sostegno, siete importantissimi.

Alla prossima!




   
 
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