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Autore: altraprospettiva    06/06/2013    2 recensioni
- Ti piace il tuo professore di matematica- sentenziò mentre mi andavo vestendo. -No!- esclamai forse con troppa enfasi senza neppure guardarla in faccia. -Tu non me la dai a bere ragazzina. E poi come darti torto? Non è messo per niente male- le lanciai una maglia -Vedi che lo dico a Francesco- dissi ridendo -Ha-ha ti ho beccato, non hai negato. Ad Alice piace Edoardo ad Alice piace Edoardo- si mise a canticchiare come una bambina. -Senti, non ti mettere nei guai e non mettere nei guai neppure lui. È il tuo professore!- disse ad un tratto tornando seria.
mi hanno detto che dal terzo capitolo migliora molto, quindi continuate a leggere!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Ogni inizio Maggio la scuola organizzava quella che veniva chiamata: “Giornata per la vita”, un’iniziativa che doveva raccogliere fondi da donare in beneficienza. L’intero edificio scolastico era a disposizione degli studenti che potevano fare di tutto per poter raccogliere fondi.
C’era chi vendeva braccialetti fatti in casa, chi ti scriveva una poesia sul momento inserendo una parola scelta da te oppure chi ti faceva un corso accelerato di chitarra. Io e Paola avevamo preparato alcuni cupcake che depositammo al bancone del cibo dove, per un’offerta minima di cinquanta centesimi, potevi comprare qualcosa da mangiare. Ci toccava un’ora di turno al bancone e io e Paola scegliemmo la prima in maniera tale da avere il resto della giornata a disposizione. Sistemammo la tavola, tagliammo le torte, tirammo fuori i bicchieri di plastica dalla confezione, sistemammo la cassa e aspettammo i primi clienti. C’era una bellissima giornata soleggiata, guardai i cupcake e pensai alla discussione del giorno prima a casa di Paola mentre li preparavamo.
 
«Immagina io e Coco che facciamo i cupcake stile scena di Ghost. Invece della creta abbiamo le decorazioni da mettere sulle tortine. Lui messo dietro di me che mi abbraccia…» fece la faccia di una che fantastica la scena.
«Guarda, non sarei per niente incoraggiata poi a mangiarli».
«Tranquilla, il ripieno sarebbe comunque crema».
Feci la faccia disgustata. «Ma che schifo!»
«A dire il vero Coco è un po’ grande per i miei gusti. Preferisco…Manuele Bertolli» disse il nome velocemente.
«Quello della quinta C? Ma da quando questa novità?»
«Dalla gita. In discoteca c’era un tedesco che non si voleva staccare di dosso. Manuele mi ha abbracciato e l’ha mandato via. Abbiamo ballato abbracciati…ora messaggiamo da un paio di giorni. È così dolce».
 
Mi guardai intorno alla ricerca del prof ma non c’era alcuna traccia. Vennero un paio di ragazzi a comprare da bere e finalmente finimmo il turno.
«Ti dispiace se vado da Manuele?» Mi chiese Paola accennando già ad andarsene.
«Vai, vai» le dissi sorridendo, poi mi guardai intorno in cerca di compagnia.
Per fare qualche soldo avevano escogitato di tutto. C’erano dei ragazzi che vendevano palloncini, ragazze che facevano la manicure o che ti truccavano. Non troppo lontano da me c’era un lenzuolo steso a terra, accanto ad esso c’era un tavolino con dei piatti pieni di vernice e uno scatolo dove infilare i soldi. Pagavi 50cent, sceglievi il colore che ti piaceva, immergevi la mano e la stampavi sul lenzuolo. Non so quale fosse l’utilità, ma sul momento, priva di alternative, andai a scegliermi il colore. Viola. Pagai e immersi la mano, quando Carlo si avvicinò a me infilando la mano nel rosso.
«Ehi» mi disse «Volevo dirti che sono stato scelto al “Ballo del tuo sogno” mi piacerebbe vederti».
“Ballo del tuo sogno” era un’altra iniziativa per ricavare soldi.
Qualche giorno prima della gita c’era stata assemblea d’istituto il cui scopo era la votazione per eleggere quattro maschi e quattro femmine, studenti, del corpo insegnante od operatori scolastici, con cui avresti pagato per farti un ballo. Carlo era stato scelto, con quei riccioli ribelli e gli occhi azzurri non poteva passare di sicuro inosservato. Inutile dire per chi avevo votato io, che venne eletto pure. Tra le femmine ci fu Silvia, Paola aveva commentato che sicuramente i ragazzi che l’avevano votata speravano di riuscire a toccare qualcosa mentre ballavano.
«Sì, certo, verrò sicuramente. Quando iniziate?»
«Fra mezz’ora. A dire il vero ero venuto per chiederti se ti andava di uscire qualche sera con me».
Mi imbarazzai. Avevo così poca esperienza con i ragazzi e lui sicuramente ne aveva tanta con le ragazze. Ma soprattutto non ero sicura di voler uscire con lui, perché io avrei voluto uscire con qualcun altro. Ma non potevo. Rimasi a guardarlo un secondo. Forse dovevo uscire con lui. Forse era meglio così. Pensare ad un coetaneo, non impelagarmi in storie impossibili. Fare tutto normalmente, rendere tutto più semplice.
«Certo, qualche sera si potrebbe uscire» dissi.
Lui mi sfiorò la punta del naso colorandomela di rosso «Ottima risposta, non te ne pentirai».
Sorrisi e mi portai la mano sul naso per pulirlo ma così facendo sporcandolo pure della mia vernice.
«Oddio, combino sempre pasticci» dissi sorridendo.
Un braccio si interpose tra me e Carlo. Era un braccio muscoloso, con la camicia arrotolata fino al gomito, i tendini in rilievo, un bracciale di cuoio al polso e delle lunghe dita affusolate che si stavano immergendo nel giallo.
«Ciao ragazzi» disse il prof infilandosi tra di noi.
Sembrava leggermente infastidito.
«Carlo, devi andare a scegliere le canzoni» disse rivolto al ragazzo.
Carlo andò a stampare la mano e mi disse: «Allora a dopo Ali» mentre correva verso il bagno per pulirsi.
Il prof si rivolse verso di me. Aveva uno sguardo più dolce.
«Posso lasciare anche io una piccola traccia?» mi chiese toccandomi la guancia con l’indice e colorandola. «Devo andare a ballare». Poi depositò i soldi e scappò via pure lui. Rimasi interdetta.
Il cuore mi stava tamburellando nel petto. Era stata una sorta di gelosia quella? Mi toccai sulla guancia e sorrisi. Solo dopo realizzai che avevo sicuramente la faccia tutta colorata.
 
Paola si avvicinò sorridendo. «Se ti vuoi truccare devi andare al bancone del trucco, non puoi usare le vernici» disse mettendo i soldi nello scatolo e immergendo la mano nel verde.
Mi si avvicinò mi diede un buffetto sulla guancia e andò a stampare la mano.
«Ti si sarà asciugata la vernice, non stamperà più».
Mi avvicinai a lei e posai la mano sul lenzuolo. Il medio, il palmo e qualche ombra del pollice. Fantastico, sembrava avessi mandato tutti a quel paese.
Paola scoppiò a ridere.
«Dove hai lasciato Manuele?» chiesi quasi scontrosa.
«Sta facendo stretching, fra dieci minuti ci sarà il torneo di calcio».
Una voce dall’altoparlante interruppe la nostra conversazione: «Ragazzi e ragazze attenzione, sta per iniziare “Ballo del tuo sogno”, affrettatevi a comprare i biglietti sono solo quarantacinque per ogni ballerino. Ricordo le regole, con un biglietto potete fare un ballo, una sola canzone, quindici balli per ora. Un’ora, mezz’ora di pausa, un’ora di ballo, mezz’ora di pausa, un’ora di ballo. Quindi sappiate che c’è da aspettare, ma ne vale la pena è il ballo del vostro sogno no? Su, su da ora aperte le biglietterie».
«Oddio!» esclamai correndo verso le file.
Fila per Coco, fila per Carlo.
 
Fila per Coco, fila per Carlo.
Alla fine optai per fila per Coco e poi quella di Carlo, non potevo rischiare di non trovare quelli per Coco.
Alla cassa c’era Marta, una ragazzina del terzo con i capelli rossi arruffati. Quando mi guardò stranita ricordai che avevo ancora la faccia sporca di vernice. Diedi l’euro alla ragazzina che mi diede un biglietto con scritto COCO 31.
«Trentuno? Devo aspettare tre ore!» sbuffai.
«Fai passare gli altri cortesemente» mi disse Marta.
Feci la fila per Carlo.
CARLO 17. Andai verso Paola del tutto sconsolata.
«Coco 31» dissi.
«Ottimo, vuoi fare cambio con il mio? Non ho capito perché l’abbiano messo in contemporanea con la partita di calcio. Voglio vedere Manuele» tirò fuori dalla tasca un biglietto con scritto COCO 9.
Strabuzzai gli occhi. «Come hai fatto ad averlo?»
Paola fece la faccia di chi non la raccontava tutta. «Diciamo che Marta mi doveva un favore, non poteva darmi il numero uno per non insospettire…però ho rimediato questo».
Presi forse un po’ troppo euforicamente il biglietto dalle sue mani e le diedi il mio.
«Grazie. Tu si che sei un’amica. Vado a lavarmi» e corsi via, prima che potesse cambiare idea.
Mi lavai con cura la faccia per riuscire a lasciare solo una piccola traccia del giallo, mi sistemai i capelli con attenzione e mi passai la lingua sulle labbra. Poi uscii fuori e sentii che erano arrivati al quarto ballo. Mi andai a sedere aspettando il mio turno e vidi Carlo che mi sorrise. Che stavo facendo? Perché stavo andando ancora appresso al professore? Perché mi ostinavo con questa idea quando un ragazzo, così carino da essere il desiderio di almeno un ballo di molte ragazzine, voleva uscire con me?
Ma mentre me lo chiedevo guardai verso il prof. Che aveva un po’ la barbetta incolta. Con la camicia fuori dai pantaloni. Il bracciale che io gli avevo regalato al polso e mi chiesi se la risposta positiva data a Carlo non fosse la cosa sbagliata.
«E ora tocca a voi numero nove» disse la voce all’altoparlante facendomi sobbalzare. Mi diressi verso il prof che mi sorrise. Scese con le mani lungo la mia schiena e mi mise le braccia attorno alla vita.
«Non balli con Carlo?» mi chiese
«Ci ho già ballato a capodanno».
«Capodanno?» Contrasse leggermente la mandibola.
«Già, ma comunque ballo con lui dopo».
«Fai due balli?»
«È per beneficienza, no?»
A chi la davo a bere? Quello con Carlo era per beneficienza.
«È per beneficienza e devo ballare per tre ore. Che male ho fatto per dovermi sopportare delle ragazzine che mi abbracciano?»
«Siamo così appiccicose e insopportabili?»
«Chi ha detto che tu ci sei inclusa? No, no, parlo di quelle che si strofinano in maniera un po’ esagerata. Non so fino a quando potrò mantenere il mio contegno se continuano così».
Inarcai le sopracciglia.
«Senti. Mi mettono le mani sulla loro vita dove mi fanno sentire il filo del loro perizoma. Spero di non aver figlie femmine, credo che le relegherei in casa».
«Ma su che canzone stiamo ballando?»
«È di Amos Lee. “keep it loose, keep it tight”. Ci hanno fatto scegliere quattro canzoni a testa, almeno ogni tanto balliamo qualcuna che ci     piace».
«Ah, ecco perché mi sembrava scon…misteriosa».
Sorrise.
«Ti è rimasto un po’ di vernice gialla sulla guancia»
«Oh…non ci avrò fatto caso» si capì perfettamente che stavo mentendo ed abbassai lo sguardo.
Lui non parlò. Spostò la mano destra dal fianco e prese la mia mano, intrecciando le sue dita con le mie.
Io appoggiai la testa sulla sua spalla, respirai il suo odore e passai i più bei due minuti dell’anno.
 
Note dell’autrice
Vi è piaciuto questo capitolo? Fatemelo sapere : )
Alla prossima.
  
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