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Ed eccolo, finalmente era arrivato.
Quell’evento tanto importante, sognato, desiderato per anni era
arrivato.
Il giorno del diploma.
Ma per me, per i miei amici, per tutti coloro che si apprestavano
ad una giornata come quella della consegna del diploma questo non era solo un
evento.
Questa data segnava l’inizio di una nuova vita, una vita in cui si
smetteva di avere la scusante di essere dei ragazzini e bisognava impegnarsi per
essere qualcosa in più. Bisognava impegnarsi per diventare adulti onesti e rispettosi,
bisognava impegnarsi per essere persone giuste in un mondo che, forse, non lo
era poi così tanto.
Era così che avevo sempre considerato il diploma e, in fondo, la
pensavo anche oggi così, nonostante adesso fossi un vampiro.
Nel corso della mia immortalità avrei conseguito mille e mille
diplomi, ma questo era il primo e avrei solo voluto godermelo fino in fondo.
Peccato che non mi era possibile visto che quello che doveva
essere uno dei giorni più belli della mia vita si era appena straformato in un
inferno.
Il velo era stato alzato intorno al triangolo d’Espressione e i fantasmi
di tutti coloro che erano morti, di tutti coloro che avevano un conto in
sospeso con questa città e con tutti i suoi abitanti erano tornati.
E come se non bastasse, come se tutte le tragedie avvenute negli
ultimi tempi non fossero abbastanza, un nuovo insormontabile problema rischiava
di rovinare questo giorno.
“Klaus non è questo il momento di decidere che non ti interesso
più” urlai come una schizofrenica contro il telefono “ti chiamerò ogni dieci
minuti finchè non verrai qui a salvare la vita di Damon” continuai prima di
chiudere la chiamata.
Da quando, pochi istanti prima, Stefan mi aveva telefonato per
informarmi del problema del fratello non avevo perso neanche un istante di
tempo cercando di rintracciare l’Originale, l’unico in grado di guarire Damon.
Ma cosa avevo guadagnato fino ad ora? Solo quella dannata,
stupida e insopportabile segreteria telefonica che mi spiegava con garbo che
quel fottuto idiota aveva avuto la splendida idea di spegnere il cellulare.
Non sapevo cosa fare, come rintracciarlo e in più la cerimonia
stava per iniziare.
***
Finalmente
potevamo considerarci diplomati. Non sapevo spiegarmi nemmeno bene come ci
fossimo riusciti visto tutto quello che avevamo dovuto affrontare nel giro di
quell’anno, ma c’è l’avevamo fatta.
Peccato che, come
prevedibile, il momento idilliaco quale quello doveva essere si era trasformato
davvero in un incubo.
Stavo continuando
a chiamare Klaus da tutto il pomeriggio, ma ovviamente a rispondermi c’era
ancora quella dannata segreteria.
Nel frattempo
Stefan stava parlando al cellulare con Rick, il quale lo avvisava che per Damon
non c’era più tempo per le suppliche.
Sapevamo che Klaus
non sarebbe mai arrivato in tempo e l’unica possibilità per salvare la vita al
maggiore dei fratelli Salvatore era solo quella di costringerlo a prendere la
cura.
Se lo avessimo
fatto ero certa che Damon non ci avrebbe mai perdonati, ma non c’era altra
soluzione. Nessuno di noi lo voleva morto, nemmeno io.
Damon non era
perfetto e da quando lo avevo conosciuto era stata una persona terribile, ma
diavolo, era Damon. Era fatto così. In fondo non era cattivo.
E poi Elena,
legame di asservimento o no, non sarebbe mai riuscita a superare anche
quell’altra terribile perdita.
Scossi la testa
verso Stefan per fargli capire che si, Klaus aveva ancora il cellulare staccato
e dalla sua espressioni compresi che, in assenza di altre soluzioni possibili,
aveva deciso.
Avrebbe detto a
Rick di dare la cura a Damon, anche se ciò avrebbe significato farsi odiare per
sempre da suo fratello.
All’improvviso,
però, prima che lui potesse dire o fare qualcosa un rumore assordante costrinse
tutti noi ad urlare. Lo sentivo, lo sentivamo in testa e sembrava come se
questa ci stesse per scoppiare. Faceva male, tanto, troppo.
Dietro i miei
amici, ma proprio davanti a me comparvero le streghe, quelle stesse streghe che
avevo ucciso per salvare la vita di Bonnie, della mia migliore amica.
“Ti ricordi di noi,
Caroline?” mi disse una di loro puntando il palmo della sua mano di fronte a
noi.
La sua mano si
muoveva e nel farlo il dolore sembrava aumentare a dismisura.
All’improvviso
vidi un tocco muoversi ad una velocità spropositata e subito dopo colpire la
strega con così tanta forza da farle saltare la testa.
Il dolore
improvvisamente sparì e tutto sembrò tornare normale.
“C’è ne sono
tanti ancora di questi, qui intorno. Chi è il prossimo? Potrei continuare tutto
il giorno” disse una voce proprio dietro di me.
Non mi serviva un
genio per riconoscere a chi appartenesse. Anche se faticavo ad ammetterlo,
quella voce l’avrei riconosciuta fra mille.
Mi voltai e lo
vidi che guardava nella mia direzione sorridendomi.
Lo guardai anche
io e non potei non sorridergli e pur non potendo guardare la mia faccia, sapevo
perfettamente che genere di espressione avevo messo su.
La sua presenza
di fronte a me non aveva più nulla a che vedere con la paura che mi procurava qualche
tempo prima, né con l’odio che per troppo tempo avevo giustamente provato nei
suoi confronti.
No, la mia
espressione, il mio sorriso era solo un misto di gioia e sollievo.
C’avevo messo un
po’ per capirlo, ma proprio in quell’istante, mentre lui mi guardava e mi
sorrideva compresi che lui non mi avrebbe mai fatto del male, anzi, che con lui
nei paraggi io era al sicuro molto più che in qualsiasi altro momento della mia
vita.
***
Era già sera e
quella giornata, nonostante fosse iniziata nel peggiore dei modi, sembrava,
fortunatamente, si stesse concludendo senza ulteriori tragedie.
Klaus aveva dato
il suo sangue a Damon senza fare nessun tipo di storie, senza ricatti, né
secondi fini. Glielo avevamo chiesto e lui semplicemente aveva annuito
scrollando le spalle.
Ero certa che ci
sarebbe voluto chissà quale opera di convincimento, chissà quale proposta o
peggio ancora chissà che genere di richiesta per avere il suo sangue in
cambio…invece, invece niente.
Nulla e, per un
attimo, mi domandai che fine avesse fatto quell’Originale oscuro che, solo
qualche tempo prima, in cambio del suo sangue aveva costretto Stefan a tornare
ad essere “Lo Squartatore” solo perché questi potesse salvare la vita di suo
fratello.
Con questi
pensieri in testa stavo sistemando i tocchi e tutto ciò che restava in giro della
cerimonia di qualche ora prima e proprio mentre ero intenta a fare ciò sentii
una presenza dietro di me.
Uno dei tanti
aspetti positivi dell’essere un vampiro era anche questo: nessuno poteva
coglierti di sorpresa.
Mi voltai e nello
stesso istante in cui lo feci compresi che, in quel momento, c’era sol una
persona che avrei voluto vedere…una sola.
Quando i miei
occhi scrutarono la figura di fronte a me, non potei non sorridere.
Era lui.
“Come hai fatto
ad arrivare così in fretta?” gli domandai curiosa.
“Ero già per
strada” mi rispose.
Lo guardai con
faccia sorpresa non riuscendo a spiegarmi il perché e lui continuò.
“Ho ricevuto
l'annuncio del tuo diploma” iniziò a spiegarmi mentre lo prese da una tasca
interna della giacca “davvero molto velato” continuò.
Giorni prima
avevo spedito tutti gli inviti per la cerimonia e fino all’ultimo ero stata
indecisa se farglielo avere oppure no, poi, però, la mia parte irrazionale
aveva vinto e così eccolo lì.
In fondo, mi ero
detta, glielo dovevo. Klaus aveva fatto cose orribili, ma con me, beh con me
aveva mostrato anche qualcosa di diverso dal suo terribile lato oscuro.
Mi ero decisa ad
invitarlo perché inconsapevolmente ero andata contro i miei pregiudizi e
l’avevo fatto non perché pensavo che lui fosse diventato una persona migliore,
ma semplicemente perché senza rendermene conto una parte di me voleva cedere
all’attrazione verso quell’uomo terribile a cui, però, stranamente importava
solo di me.
Sorrisi
comprendendo subito a cosa si riferisse, ma non ebbi il tempo di dire nulla
perché lui continuò.
“Deduco che tu
voglia dei soldi da me” mi disse scherzando, ma restando serio come solo lui
sapeva essere.
“I soldi o un
mini frigo” gli risposi sorridendo.
Era strano
parlare con così tanta tranquillità con lui, eppure quella sera c’era qualcosa
di diverso nell’aria. Forse era lui, forse ero io o forse era solo la mia
felicità nel vederlo dopo settimane dalla sua partenza. Non sapevo dirlo con
certezza.
“Ho preso in
considerazione l'idea di regalarti un biglietto in prima classe per venire con
me a New Orleans, ma sapevo quale sarebbe stata la tua risposta, quindi ho
optato per qualcosa che sapevo avresti accettato” mi spiegò con fare serio e
pacato.
Lo guardai con
espressione curiosa e stupita allo stesso tempo.
Dove voleva andare
a parare? Era forse l’ennesimo giochetto dei suoi?
“Da questo
momento Tyler è libero di tornare a Mystic Falls” mi rivelò e nel suo sguardo
non c’era traccia di presa in gira.
Era sincero, lo
era davvero e io, io invece avevo già pensato male di lui.
Lo guardai sconvolta
comprendendo che tra tutto ciò che lui avrebbe potuto dire o fare quel gesto
era certamente l’unico che non avrei mai preso in considerazione. Non me lo
sarei mai aspettato.
“Che cosa?”
domandai con poca convinzione solo per capire se avevo sentito bene o se era
tutto frutto della mia fantasia.
“Lui è il tuo
primo amore” iniziò a dirmi mentre la mia espressione doveva essere una
maschera di caos e disordine, ma anche di felicità e soddisfazione “io voglio
essere l’ultimo, non importa quanto tempo dovrò aspettare” mi rivelò e pur non
mostrandolo apertamente quelle parole mi sconvolsero.
Sapevo
perfettamente cosa quell’uomo di fronte a me provasse nei miei confronti, ma
non pensavo che si sarebbe esposto così tanto in quella che sembrava tanto una
specie di promessa.
Una cosa come: “è
impossibile, ma non smetterò mai di provarci”.
Non sapevo cosa
dire, né cosa fare. Ero solo lì, ferma, immobile con la testa che continuava a
ripropormi le parole che avevo appena sentito pronunciare, poi all’improvviso
lo vidi avvicinarsi sempre di più.
Riuscii a sentire
il suo respiro sulla mia faccia e, per un attimo, ebbi la sensazione che mi
avrebbe baciata, ma in realtà non lo fece. Si limitò solo a posare un delicato
bacio sulla mia guancia e una parte di me, quella stessa parte che da troppo
tempo tenevo segregata per paura che uscisse fuori, beh, quella parte restò
delusa aspettandosi, probabilmente, qualcosa in più.
“Congratulazioni,
Caroline” mi sussurrò appena, quando si staccò.
A quel punto non
riuscii più a mantenere la compostezza che avevo avuto fino a quel momento e
sorrisi, sorrisi davvero. Uno di quei sorrisi che non mi concedevo da troppo
tempo, uno di quei sorrisi veri, di quei sorrisi di gusto che non appena li fai
ti senti già meglio.
“Andiamocene di qui”
mi disse prendendomi delicatamente sottobraccio “prima che dodici ibridi
arrabbiati non decidano di attaccare briga” aggiunse mentre ci incamminavamo
verso l’uscita del campetto della scuola.
E per un istante,
mentre camminavamo così vicini, tutte le certezze che avevo avuto fino a qualche
tempo prima mi sembrarono vacillare.
Sic58