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Autore: Cocconut_N    06/06/2013    2 recensioni
Durante la WW2, ci sono state molte storie che poche persone conoscono, qui vi racconto una storia di un gruppo di giovani partigiani proveniente da tutta l'Europa.
E tutto ciò dobbiamo iniziare dal Marzo di 1939, sul punto di fine della guerra civile spagnola, quando le Brigate Internazionali e gli spagnoli stessi sono obbligati ad abbandonare la Spagna. Alcuni ritornano alla patria, alcuni immigrarono in una delle poche nazioni non in guerra, e ci sono altri che poi divennero uno dei partigiani in Italia.
E uno di loro, un ragazzo di nome Antonio fece parte della prima brigata "Garibaldi", e proprio dei membri di questa brigata parleremo, il ragazzo italiano Lovino, il "filosofo" tedesco Gilbert, la zingara Elizabeta, il vide comandante francese della brigata Francis, il misterioso Robinson Arthur e la bellissima russa Natalia.
coppie: SpaMano, PruHungary, FrUk.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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• Quarto capitolo •



Il vento notturno porta le stelle nel cielo, gli Appennini inizia a chiacchierare con i campi ai suoi piedi. Sotto queste stelle che osservano la terra come fosse un amante, l’unici ancora svegli sono gli Appennini e i suoi ammiratori partigiani.
Quando i tre ragazzi di tre etnie diversi arrivano finalmente ai piedi della montagna, il sole sta già per spuntare la testa dall’oriente. Un venticello attraversa la foresta e porta con sé la sonnolenza all’altra parte del mondo.
Gilbert cammina ancora davanti agli altri due, e toglie via i rami e i fogliame dell’abete senza mai girarsi indietro, intanto le gocciole che si trovavano sulle foglie cadono sulle sue spalle bagnandole. Riesce a sentire tanto in tanto il respiro profondo della ragazza facendogli capire che si trova poco più dietro di lui, e poi il caro Don Chisciotte avrebbe sicuramente camminato dietro alla ragazza facendo in modo che lei si trovasse in mezzo ai due, che bravo cavaliere! “Questa stupida donna è proprio in gamba!” Gilbert disse tra sé e sé, “Può saltare giù dal treno, sa lavorare abbastanza bene, e riesce anche a fare molta strada, forse in futuro riuscirà anche ad usare il fucile.”
Attraversano colline e villaggi, ci sono alcuni villaggi che sono composti solo da cinque o sei famiglie. La gente dei villaggi offrono del latte fresca e del pane a due partigiani come fanno sempre e anche a quella ragazza mai visti prima dell’allora. In questo villaggio di nome Victoria, il sessantenne Romo Vargas li dice: “Ieri erano venuti dei soldati fascisti nel villaggio a fare casino, dicevano che stavano cercando partigiani, nonostante avevano rovinato mezzo villaggio non avena trovato nulla! Pff! Se riuscivano veramente a trovare qualcuno, e quello sarebbe un partigiano?!”
“Hey, bella signorina!” Romolo si gira verso Elizabeta, “Ah, se potessi avere quaranta anni in meno, ti chiederei di sposarmi.”
“Guardati nello specchio, caro vecchio!” Gilbert appoggiò la mano sulle spalle del vecchio Romolo, “Ma gli italiani veramente non possono cambiare mai, eh? Con l’idea di ‘belle ragazze = paradiso’ dalla nascita alla morte!”
Il vecchio lasciò stare Elizabeta e si gira verso i due partigiani abbracciandoli come se fosse i suoi nipoti:
“Dico, em… quei piccoli mocciosi… l’altra volta, Francis era passato da qui, e mi aveva detto che Lovino sta bene, molto in salute…quando ritornate della brigata e quando lo rincontrerete, digli che stanno molto bene anche i nonni, ci manca veramente un sacco…” subito dopo aggiunse, “ah, non fa niente, non è mica Feli, non ama alla follia queste frasi dolci.”
 
Dopo un’ora che lasciarono Victoria, i tre arrivano finalmente ai pieni di un’alta montagna.
“Siamo finalmente a casa!” Antonio sorrise e fece un lungo fischio. Subito dopo, da un piccolo sentiero alla salita della montagna, sento un altro fischio segno di risposta. Elizabeta vede degli occhi negli cespugli vicino al sentiero, nello stesso momento sente Gilbert che inizia a fischiare una melodia, una melodia che tutta la penisola appenninica lo conosce, forse anche il resto dell’Europa, ogni posto che c’è un partigiano lo conosce, questa canzone…
 
 “Una mattina, mi son svegliata,
 Oh, bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao!
 Una mattina, mi son svegliata,
 e ho trovato l’invasor…”
 
“Anche tu conosci questa canzone?” Gilbert si girò verso di lei e disse.
Lei si dondola la testa, “Te l’avevo detto che conosco parecchi gente come voi, no?!”
 
“Oh, partigiano, portami via,
 Oh, bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao!
 Oh, partigiano, portami via,
 che mi sento di morir…”
 
 
Il quartier generale della prima brigata “Garibaldi”, si trova proprio su questa montagna. Tutte le sentinelle  che portano sulla montagna sono sempre sorvegliate da dei soldati. E questa sentinella su cui ci camminano i tre giovani sono sorvegliati più duramente, perché è una delle vie principali per la comunicazione della brigata con altri partigiani nascosti tra le colline circostanti.
In un spazio vuoto tra gli alberi di pioppo sopra questa montagna, c’è una grande villa che inizialmente apparteneva a ricco turco. Appena iniziata la guerra, il ricco tornò nella sua patria, e quando dei partigiano scoprirono questo ‘tesoro’, questa villa diventò il loro quartier generale. Adesso che è quasi mezzogiorno, nella villa c’è da per tutto i partigiani appena tornati dalle missioni che stanno dormendo beatamente a terra. Alcuni di loro sono ancora travestiti da contadini, alcuni da mercanti, alcuni da soldati fascisti, alcuni da grandi ricconi. Invece quelli che sono svegli, alcuni cuciono dei vestiti, alcuni giocano alle carte, altri puliscono i propri fucili o chiacchierano a bassa voce.
All’improvviso, la porta viene aperta, e la voce allegra di Antonio rimbalza per tutta la villa:
“RAGAZZI! Son tornato!”
Le persone che inizialmente si trovano sul letto, sopra i tavoli e/o sedie, sul davanzale delle finestra e alcuni persino sulle scale e pavimento si alzano in piedi e circondano gli appena tornati chiedendoli di un po’ tutto. I due partigiani dopo essere usciti finalmente dal cerchio dei saluti salgono al secondo piano aprendo la porta all’estremo del corridoio del piano. Il loro generale, un uomo italiano di nome Giovanni Zavattini, prende da loro quel importante borsa cerata, ascoltando attentamente il rapporto dei fatti successi in questi giorni a Milano.
Solitamente è sempre Gilbert che fa questo lavoro di riferire le notizie. Un tempo era uno studente filosofica dell’Università di Monaco di Baviera, è in grado di riferire tutte le notizie importanti in modo ordinato. Parlò de “Il Comitato Italiano di Liberazione Nazionale”, delle attività dei partigiani nella città di Milano, anche il fatto dei soldati ubriachi nazi-fascisti sul treno e la direzione dove dovrebbero dirigere. Ha detto tutto tranne quello di quando è stato stupito, ha malapena accennato della ragazza affidabile che aveva conosciuto.
“Scrivere spesso il diario ha una grande funzione: dopo tanto tempo, anche se non lo scrivi, la tua mente riesce a ricordare tutto come se fosse scritto su un diario.”
Ahi, purtroppo non è permesso ai partigiani di scrivere il diario sulla carta. Infatti, tutto ciò che Gilbert segna sul suo piccolo quaderno sono delle cose insensate. Ma ha già pensato che quando finirà la guerra, scriverà un libro nel quale parlerà dei partigiani del Nord Italia. Sarà una gara tra il tempo e la sua memoria.
“Milano è un bel posto.” Dice Zavattini ormai quarantenne, “L’attività future, sarò il centro del Nord Italia. A proposito, è l’ora che il piccolo Peter fa un salto a Genova, è da tempo che i due fratelli non si incontrano.”
 
Quando i due scendono nel salotto, tutti quanti iniziano a ridere di loro. E Elizabeta che sta al centro dei partigiani sta dicendo qualcosa. Sicuramente del le loro figure da niente, stupida donna! Persino Natalia, quella ragazza che sembra sempre depressa che non fa un sorriso da l’era dell’arte arcaica, adesso sembra che non riesce più a trattenere il sorriso.
 
Antonio ha sempre chiamato la brigata “Garibaldi” come la brigata internazionale. Questa brigata gli fa sempre ricordare quei tempi emozionanti dal 1936 al 1938, a quelle persone provenienti da tutto il mondo per lottare per la repubblica spagnola nella penisola iberica. Adesso, un’altra tempestosa guerra è iniziata tra le montagne e colline del Nord Italia. Anche qua ci sono italiani, francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli, ungheresi, russi e figli di tante altre nazioni. Parlano italiano come base, poi aggiungono degli accenti, grammatica della propria lingua, nonostante ciò riescono a capire bene ognuno di essi.
Un giovane italiano si dirige verso Antonio uscendo dalla folla. I suoi capelli castani coprono tutto il fronte, e negli quegli occhi ribelli nascondono rabbia, ma certe volte sembrano soltanto dei capricci. Il ragazzo ha ventuno o ventidue anni, ma quel impazienza gli fa dimostrare solo diciassette.
 “Allora tu sei appena tornato da Milano, vedo.” L’italiano dice con un tono arrabbiato, “Pff, se ci andava un italiano sarebbe meglio. Se quando voi eravate partiti non stavo con Sandro e gli altri a prendere quella macchina dai nazisti!”
Antonio si appoggia sulle spalle dell’italiano, e gli dice sorridendo:
“Scusa, Lovino, so che vuoi andare a vedere Feliciano… avevi detto che hai un fratello studia a Milano, vero?”
“Non dire cazzate, chi se ne frega di come sta messa quello stupido.” Lovino urla con tutta la faccia rossa, “Vo…voglio solo visitare tutte le grandi città di nord Italia…”
“O~kay…Lovino, vuoi andare a Victoria?”
Lovino inizia a mordere le labbra, invece Antonio lo guarda come se volesse subito sapere la risposta, anche se sa benissimo che Lovino è un ragazzo che sembra indifferente ma in realtà è un pomodoro tanto dolce.
 “Non serve che me lo dici tu, ci vado anche da solo! È solo per andare a vedere la nonna, e non per quel vecchio!”
In quel momento, un ragazzo quattordicenne scende dalle scale velocemente con in mano un cesto, e per sbaglio si butta addosso a qualcuno per la fretta. Tutta la sala inizia a ridere:
“Dove vai, il nostro piccolo grande eroe Peter?”
“Vado a Genova! Vado a trovare Robinson!” il ragazzo dice con orgoglio, ed esce dalla porta senza dimenticare di dare un saluto alla ragazza russa che è appoggiata alla porta.

 
Nota:

1) Quei tempi, il Comitato Italiano di Liberazione Nazionale faceva sempre le riunioni a Milano.
2) La canzone famosa si chiama “Bella ciao”, come sapete. 
Parole dell’autrice:
Ciaoo a tutti, eccomi dopo aver finito di correggere anche questo capitolo, non mi farebbe dispiacere se lasciate qualche recensione *faccia tenera*. Spero che vi sia piaciuto il capitolo ^^ 
  
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